Cultura
Wild & Slow Food Festival Pantelleria, la promozione del cibo tradizionale con tanti chef dal 24 al 26 giugno
Dal 24 al 26 giugno si terrà il Wild & Slow Food Festival Pantelleria, da una idea di Ines Lommatzsch e dell’associazione Pantelleria Isola Slow.
Il progetto vuole promuovere il cibo isolano tradizionale, valorizzando sopratutto il patrimonio degli ortaggi e frutti antichi locali, delle erbe spontanee alimurgiche così come dei viti, ed in seguito la loro trasformazione con metodi salutari e “slow”, quale ad esempio la fermentazione spontanea, una volta praticata in ogni casa, pensando al pane quotidiano. Tante di queste buone pratiche si adattano anche alla autoproduzione e quindi, attraverso minicorsi, lezioni e conferenze ci sarà l’occasione di apprendere alcune tecniche ed idee d’uso innovativo per i partecipanti.
Un’ altra priorità sarà la riscoperta delle erbe e verdure selvatiche come interessante e salutare arricchimento in cucina, ancora piuttosto facile da trovare a Pantelleria per via del paesaggio pressoché incontaminato e presenti in notevole biodiversità. Solo ciò che si conosce si tutela ed in questo senso sarà di prima importanza divulgare questa farmacia al cielo aperto.
Sono invitati quindi importanti esperti di questo settore di tendenza, come Eleonora Mattarese con il suo libro uscito un anno fa, “La cuoca selvatica”, il laboratorio Wood*ing come esperti del Wild Foraging, Annalisa Malerba, esperta in erbe spontanee, e chef di spessore nell’ambito del Slow Food come Martina Caruso del Hotel Signum di Lipari. Ospiti speciali come lei favoriscono inoltre un augurabile scambio fra le isole siciliane per tessere una rete di collaborazione, un altro importante obbiettivo.
Naturalmente il festival sarà una grande occasione di scambio per chi lavora nel settore gastronomico a Pantelleria e non solo, per i chef locali in primis, il ché si riscuoterà in un secondo tempo anche sull’agricoltura pantesca, dando un incentivo ed il messaggio di riscoprire i sapori delle colture locali poco valorizzati.
La 1. edizione del festival è dedicata al tema dei 4 elementi: fuoco/acqua/terra/aria, in quanto parti primordiali del processo alchemico che rappresenta la trasformazione del cibo in cucina. I quattro elementi si mettono in mostra senza mezze note a Pantelleria: roccia nera, vento forte, il fuoco attraverso vapori e acque termali. Per raccontare questa identità vulcanica, si propone di eseguire il programma in due location differenti 1) il ristorante “ I Giardini di Rodo”, una fattoria di stampo tradizionale, con tutti gli elementi classici del mondo contadino antico, il mulino, le varie stallette, il giardino pantesco per gli agrumi, l’aia ecc. e 2) il ristorante “Da Andrea”, sul mare, al porticciolo di Gadir. La prima parte sta sotto il motto “Una terra ed un vento forte..”, per proseguire con “…dove acqua e fuoco si incontrano”, ai termali di Gadir.



L’isola di Pantelleria è un complesso vulcanico di malapena 83km2 che custodisce oltre 500 habitat differenti. Per aiutare l’immaginazione, ciò significa che su ogni chilometro quadrato incontriamo mediamente 6 biotopi distinguibili, una diversità geobiologica delle più alte in Europa. In questo microcosmo labirintico passarono gente di ogni dove, interagendo con l’isola per millenni, e, poco per volta, pietra su pietra, solco in solco, riuscendo a trasformare il suo volto completamente, in un lento processo alchemico. La netta distanza dell’isola di Pantelleria dalla terra ferma, insieme al suo ruolo come terra di confine fra due continenti, ha fatto sì che il tempo scorresse sull’isola da sempre infinitamente “slow”.
Ciononostante, anche a Pantelleria le ultime decadi hanno portato l’agricoltura al bando ed in conseguenza ad un declino dell’enorme patrimonio delle colture tradizionali, di cereali, viti, ulivi, capperi, ortaggi, frutti, erbe officinali e selvatiche utilizzate in cucina.
Durante gli ultimi dieci anni si è risvegliata gradualmente la consapevolezza riguarda al germaplasma genetico peculiare che i campi a Pantelleria ancora in gran parte custodiscono, un tesoro caduto nell’oblio, che rischia fortemente l’estinzione. Nel frattempo, da ca. tre anni, l’isola ospita la banca genetica dei frutti antichi delle isole minori della Sicilia, grazie alla volontà di pochi ricercatori che tramano instancabilmente per tutelare questo patrimonio.
Con la recente costituzione del parco nazionale di Pantelleria è nata anche la speranza che l’impiego del glifosfato e d’altri diserbi sistemici nei terreni termina presto e si divulgherà finalmente un’ agricoltura organica e rigenerativa, fatto che si ripercuoterà senz’altro positivamente anche sull’ecosistema isolano.
Cultura
Pantelleria, inaugurato il busto a dr. Zurzolo tra gente commossa, riconoscente e affiatata
L’opera è stata realizzata dal M° Michele Cossyro
Si è svolta ieri, 7 dicembre 2025, la cerimonia di scopertura del busto dedicato al compianto dottor Michele Zurzolo.
In una silenziosa Piazza Perugia, le gente arrivava quasi in punta di piedi, per non disturbare un momento che sarebbe stato prezioso per quel sito e per la comunità pantesca tutta.
Il Sindaco Fabrizio D’Ancona ha aperto la celebrazione annunciando diversi interventi tra cui quello di Maria Casano, che ha promosso l’idea, quello della moglie Anna Maria Brignone, delle due nipoti.
“Il Dottore Michele Zurzolo, nel corso della sua vita professionale, si è dedicato anima e corpo a tutta questa comunità e oserei dire anche a tutta la cittadinanza di Pantelleria – Ha esordito il primo cittadino – Ma molti di voi hanno avuto anche la possibilità di conoscere un amico, una persona che ha fatto della sua professione una storia di vita. Lui era una persona di altri tempi e lo ha dimostrato. Abbiamo ritenuto come di regola accade quando una persona si contraddistingue in questa vita terrena per le sue attività, per le sue azioni, per le sue gesta, di ricordarlo in una maniera particolare. Abbiamo deciso di fare un busto commemorativo e di posizionarlo in questa piazza Perugia che è sostanzialmente il cuore di questa contrada.”
Di poi i ringraziamenti alla giunta comunale e, in modo particolare, ai consiglieri Giuseppe Maddalena e Nadia Ferrandes che hanno perorato il progetto, fino al suo completamento.
Così, dopo i toccanti pensieri dei familiari del dr. Zurzolo, l’intervento di Michele Cossyro. L’artista che ha portato il nome di Pantelleria nel mondo con le sue opere ha ben accolto l’invito a realizzare la richiesta, facendo una vera copia non solo delle sembianze, ma anche dell’espressione del medico. Realizzando un basamento singolare, in pietra lavica, ha poi come proseguito l’opera con il busto di bronzo, adesso lucido e liscio.
Tra i presenti anche il presidente del Consiglio Comunale, Giuseppe Spata, diversi politici, i presidenti dei circoli e di alcune associazioni importanti, tutti testimoni della benevolenza, dell’umiltà, della nobiltà di un uomo coraggioso, che metteva il paziente sopra ogni altra esigenza e pensiero, elargendo diagnosi sempre precise e puntuali e mai sbagliate, nonostante la strumentazione dell’epoca, a Pantelleria.
Va ricordato, non in ultimo, che il Dr. Zurzolo era un grande studioso originario della Calabria, eppure, egli aveva eletto Pantelleria come sede della sua dimora e del suo lavoro, dove ha affrontato vita e professione sempre con un immancabile e inestimabile sorriso bonario e rassicurante.
La toccante cerimonia si è conclusa con la benedizione di Don Ramses.
Cultura
Pantelleria, oggi presentazione del libro “Le note stonate” di Antonino Maggiore
Questo pomeriggio, 7 dicembre 2025, dalle ore 16.30, presso i noti locali del Circolo Ogigia di Pantelleria Centro, si terrà la presentazione del libro “Le note stonate” di Antonino Maggiore.
Ad affiancare l’autore, Franca Zona e Giovanna Drago, apprezzate donne di cultura, che si alterneranno in una intervista conoscitiva del libro.
Antonino Maggiore, classe 1982, è un docente di musica presso la scuola primaria di Pantelleria, dove unisce rigore e creatività, nel quotidiano rapporto con l’infanzia.
Lo scrittore pantesco non è alla sua prima opera. Negli anni ha già pubblicato due raccolte poetiche: “Niente di importante” e una “Penna x amico“, grazie alle quali ha ricevuto diversi importanti riconoscimenti.
“Le note strane” è un romanzo autobiografico: in viaggio intimistico tra fragilità ed ironia, attraversando il confine spesso sottile tra disperazione e gioia, risa e pianto.
Con il delicato contributo musicale di Maria Bernardo, si profila un piacevole pomeriggio letterario, al caldo e tra “degustatori” di libri.
L’ingresso è libero
Cultura
I racconti del vecchio marinaio di Pantelleria: Il rito antico della dragunera
Quel giorno lasciai gli scogli di San Leonardo più presto del solito, mentre i miei amici erano ancora a mollo a mare, in un’acqua trasparente e azzurrina come solo il mare di Pantelleria sa esserlo. Mi soffermai ancora una volta a leggere le scritte multicolori che rendevano meno triste il vecchio bunker di cemento armato della seconda guerra mondiale. L’amore di sempre: “ti voglio bene, “un cuore solo”, “ti amerò per sempre” precedute da un nome femminile e tante altre scritte, eredità amorose di generazioni di giovani panteschi. Una però faceva a pugni con tutte le altre, “Mariuccia buttana”. Doveva essere stato davvero un brutto tradimento, per bollarlo con un marchio di fuoco e per tramandarlo così ai posteri.
Giunsi sulla banchina e lo vidi seduto sulla solita bitta di fronte al castello, la nuvola azzurrina del fumo della sua pipa gli conferiva una strana aureola di mistero. Avevo deciso di porgli alcune domande, ma appena mi vide cominciò a parlare con voce arrochita dal tabacco e dalla salsedine. “Il veliero Madonna di Trapani era un vero e proprio gioiello della marineria pantesca. Due alberi, bompresso lungo come una lancia, vele latine che sapevano piegarsi al vento, ma non alla paura. Patrun Vitu, il suo comandante, era un uomo di mare e di silenzi infiniti, con le mani dure come la nostra pietra lavica e gli occhi di un verde misterioso, che avevano visto tempeste e miracoli. Nelle sue mani il timone seguiva docilmente l’invisibile linea della rotta fissata.
Quel giorno, ero ancora picciotto ‘i varca, avevamo da diverse ore passatu l’isola di Ustica e puntavamo, con tutte le vele spiegate su Trapani, fermarci qui la notte e il giorno seguente tornare a Pantiddraria, dove dovevamo sbarcare delle merci comprate a Napoli. Il mar Tirreno sembrava quieto e il vento amico, ma ‘ogni marinaio sa che “Cu ventu e cu mari nun si fa cuntrattu” (Col vento e col mare non si fa contratto). Così all’improvviso il cielo cambiò.
Una linea nera si stese sull’orizzonte, e il vento cadde morto di colpo. I marinai si guardarono l’un l’altro muti e attoniti. Il capitano Vito salì sul ponte e scrutò quel cielo nerastro e la vide: una dragunera (tromba marina), la maledizione antica e rabbiosa per chi va per mare. Essa, sottile e affilata, scendeva dal cielo come il dito di dio marino irato, girando vorticosamente sull’acqua.
Il nostromo Turi colse l’ansia e il timore degli altri uomini dell’equipaggio e chiese a patrun Vitu di virare. Ma Vito no, non solo perché la cosa era impossibile per mancanza di vento, ma perché egli era uomo che accettava intrepido le sfide in mare. Lui conosceva lu ritu anticu, lo aveva visto fare
da suo nonno e da suo padre prima di lui. Aprì il baule sotto il timone e ne trasse un coltello d’ossidiana, nero come la notte e affilato come il silenzio che precede la burrasca. Poi disse deciso “Mantenete la rotta, non si fugge davanti alla dragunera. Si tagghia”.
Si diresse a prua e la sua figura alta e possente sembrò dominare le onde. Il vento intanto aveva ripreso a soffiare forte e impetuoso che a momenti gli strappava il berretto. La dragunera si avvicinava, ululando conne una magara. Vito attese, fermo, come nu parrinu davanti all’artari. Quando la coda della tromba marina fu a portata, egli disse vecchie parole che non si potevano intendere, poi tracciò con il coltello d’ossidiana una grande croce nell’aria e recitò a voce alta questa preghiera:
Nniputenza di lu Patri,
Sapienza di lu Figghiiu,
pi virtù di lu Spiritu Santu
e pi nnomu di Maria
sta cuda tagghiata sia
Un suono sordo, come un lamento, si levò dal mare. La vorticosa colonna d’acqua si dissolse e il cielo si aprì all’azzurro. Tutti noi marinai, increduli, guardavamo ammirati e a un tempo intimoriti il capitano come si guarda un uomo che ha parlato allora allora con gli spiriti. Vito tornò al timone, rimise il coltello di ossidiana nel baule e disse solo: “Adesso a casa”. Al tramonto del giorno dopo Pantelleria ci apparve all’orizzonte, nera e fiera e materna. Il Madonna di Trapani, come sempre, entrò in velocità nello stretto passaggio che dava al porto vecchio. Solo capitan Vito e qualche altro patrun si potevano permettere di sfidare la scogliera cartaginese semisommersa.
La voce del subitaneo taglio della dragunera si sparse, in un battibaleno, in tutte le contrade dell’isola e da quel giorno ogni marinaio pantesco che incrociava patrun Vitu lo salutava con rispetto misto ad ammirazione. Perché non tutti sanno tagghiare la coda a una tromba marina. E soprattutto non tutti hanno il coraggio di farlo”.
Il vecchio marinaio si tacque definitivamente.
Girò le spalle e si mise a guardare, assorto, il mare
come aspettasse l’arrivo di qualcuno, intanto la nuvola azzurrina del fumo della pipa, che lo
avvolgeva in tenui volute, gli conferiva un certo non so che di misterioso.
Orazio Ferrara

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