Sociale
Violenza di genere: la Sicilia è la prima regione per violazioni provvedimenti di allontanamento e seconda per revenge porn
Alla videoconferenza del centro Pio La Torre gli interventi della sociologa Alessandra Dino e della penalista Monica Genovese. La prontezza delle mafie: “Donne ai vertici del clan”
“La violenza di genere è una violenza strutturale, capillare, sistemica, complessa e trasversale a tutte le classi sociali. Secondo l’ultimo rapporto del ministero dell’Interno sui reati puniti dal cosiddetto ‘codice rosso’ la Sicilia ha un triste primato: con 881 casi è la prima regione per le violazioni dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare, ed è al secondo posto per i casi di ‘revenge porn’, cioè la diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti”. Con queste parole la sociologa Alessandra Dino, dell’Università di Palermo, è intervenuta alla conferenza sulla “Violenza di genere nella società civile e nelle organizzazioni mafiose” promossa dal centro studi Pio La Torre nell’ambito del progetto educativo antimafia. Il dibattito, dopo i saluti della presidente Loredana Introini, è stato moderato dal presidente emerito Vito Lo Monaco, e ha avuto tra le relatrici anche la penalista Monica Genovese che, insieme alla professoressa Dino, ha risposto alle domande degli studenti. Oltre 225 le scuole collegate in videoconferenza che insieme agli studenti delle case circondariali hanno seguito l’incontro.
Secondo il report citato, “le lesioni permanenti al viso nei primi 9 mesi del 2022 sono aumentate del 17% rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente”. “Sulla violenza di genere la legge è arrivata sempre un po’ in ritardo –ha dettol’avvocato Monica Genovese – il legislatore ha aperto un varco solo nel 1996 con una serie di provvedimenti che poi sono sfociati nell’approvazione del Codice rosso. La convenzione di Istanbul, poi, ha posto il tema della necessità di passare dalla repressione alla prevenzione dell’abuso. In questo senso la misura protettiva del ricorso alle case rifugio per le vittime è una conquista in termini di tutela, ma perché costringere le donne a subire un’ulteriore violenza lasciando la propria casa? Una misura cautelare adeguata sarebbe quella di allontanare il maltrattatore”.
Le due relatrici hanno sottolineato anche il ritardo nella percezione del ruolo svolto dalle donne nei clan mafiosi: “Ci sono donne che hanno ricoperto ruoli apicali – ha aggiunto Dino – come Nunzia Graviano, sorella dei boss Graviano, e Maria Filippa Messina, prima donna condannata nel 1997 al 41bis”. L’avvocato Genovese ha aggiunto: “La sorella del boss Matteo Messina Denaro ha svolto un ruolo chiave nella sua latitanza, eppure abbiamo rischiato che venisse assolta. Un ribaltamento nella sentenza è stato possibile grazie alle dichiarazioni di un parente del boss che ha rivelato il suo ruolo strategico. Le mafie evolvono anche nei costumi e sono pronte a mimetizzarsi come un camaleonte per necessità: con ritardo ci si sta finalmente rendendo conto dell’importanza del ruolo svolto dalle donne nelle consorterie mafiose, non più limitato alla tutela del silenzio, soprattutto quando gli arresti di fratelli, mariti e padri hanno decimato all’interno del clan elementi di rango gerarchico superiore. Purtroppo – ha concluso la penalista – quasi tutte le donne legate a uomini che hanno un ruolo di vertice nelle associazioni mafiose sono state oggetto di violenze fisiche e psicologiche”.
“Anche nei contesti mafiosi le donne spesso tentato di giustificare l’uomo, lo abbiamo visto con Lea Garofalo e Carmela Iuculano”, ha aggiunto Dino. Per quanto riguarda poi il ricorso alla violenza nei clan, la sociologa ha sottolineato come ad esempio “nel caso della ‘Ndrangheta la rabbia inaudita che si esercita sul luogo della donna esprima la volontà di distruggerne il corpo e annullarne la voce”. O l’uso strumentale della violenza fatto dalla “mafia nigeriana che attraverso riti vodoo ha costretto alla prostituzione delle donne sottoposte sia a violenza fisica che a profondi abusi psicologici”.
Al centro dell’incontro anche lo stereotipo della mafia che ‘non colpisce’ le donne e i bambini – e qui il presidente Lo Monaco ha ricordato oltre al barbaro omicidio del piccolo Giuseppe di Matteo, l’assassinio del pastore Giuseppe Letizia che nel lontano 1947, 12enne, aveva assistito all’esecuzione del sindacalista Placido Rizzotto.
Lungo sembra poi il percorso per sfuggire alla cosiddetta “vittimizzazione secondaria”, come ricordato dalle due relatrici in alcune sentenze. “La vittima deve essere perfetta, passiva, oltrepassando ogni questione di disuguaglianza. Nel 2021 la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo ha condannato l’Italia per stereotipi sessisti – ha sottolineato Dino – Il caso riguardava lo stupro commesso da sette uomini (noto alle cronache come lo ‘stupro della Fortezza da Basso’, ndr) diversi passaggi della sentenza della corte di Appello di Firenze, poi impugnata, avevano stigmatizzato la vittima, bisessuale, con commenti ingiustificati su ciò che indossava”.
“La prevenzione è possibile se ci sono dei reati sentinella, come lo stalking, che precedono il femminicidio, ma occorre una rivoluzione culturale – ha aggiunto la sociologa Dino – in una democrazia compiuta ci devono essere spazi nuovi e liberi dove la violenza può essere immediatamente riconosciuta”.
A questo link il report citato nella videoconferenza di oggi: https://www.interno.gov.it/sites/default/files/2022-11/2022_sac_brochure_violenza_sulle_donne.pdf
Sociale
Io sono Elisa: due giorni di memoria e responsabilità chiudono il mese contro la violenza di genere
Canicattini Bagni / Avola – Le due giornate dell’iniziativa “Io sono Elisa”, svoltesi il 28 novembre a Canicattini Bagni e il 29 novembre ad Avola, hanno rappresentato un momento di intensa partecipazione collettiva, chiudendo simbolicamente il mese dedicato alla lotta contro la violenza sulle donne. 
Un percorso che ha lasciato nei territori tre segni concreti: tre targhe commemorative destinate a custodire nel tempo la memoria di Elisa Claps e a trasformarla in un messaggio permanente di non violenza.
L’evento è stato organizzato dalla Galleria EtnoAntropologica, in collaborazione con il Presidio HONOS di Canicattini Bagni, il Comune di Avola, con il sostegno diretto dei Centri antiviolenza Work in Progress (Canicattini Bagni) e Doride (Avola)e le comunità scolastiche canicattinesi che hanno dimostrato una grande partecipazione ed operatività nell’accoglienza e nel risultato conoscitivo del caso Claps.
Una sinergia fortemente radicata nel territorio, che ha unito istituzioni, scuole, forze dell’ordine e realtà sociali in un percorso comune di memoria, responsabilità e cittadinanza attiva. A Canicattini Bagni, due targhe sono state posate presso il Liceo “Leonardo Da Vinci” e l’Istituto Comprensivo “Verga”, luoghi centrali della formazione giovanile. La loro collocazione all’interno delle scuole è un gesto che supera la dimensione commemorativa: è un invito quotidiano alla riflessione, al rispetto e alla consapevolezza civile.
Le dirigenti Rita Spada e Clorinda Coppa hanno sostenuto con convinzione questo percorso, inserendo la memoria di Elisa nel cuore dei progetti educativi.
Fondamentale è stata la partecipazione delle forze dell’ordine – Polizia di Stato e Arma dei Carabinieri – e di tutte le istituzioni sociali operative nel territorio, che con la loro presenza hanno testimoniato una collaborazione solida e determinata. Una rete che rappresenta la forza della comunità quando sceglie di agire insieme, con responsabilità e fermezza, nel contrasto al femminicidio e nella costruzione di un’autentica cittadinanza attiva. 
Il 29 novembre, ad Avola, la terza targa è stata posata presso il Centro antiviolenza Doride, luogo in cui la memoria trova una collocazione profondamente simbolica.
Qui, la targa dedicata a Elisa diventa luce e testimonianza proprio lì dove la violenza viene affrontata quotidianamente con professionalità e cura.
Un gesto voluto dal Comune di Avola e dalla sua Sindaca Rossana Cannata, che hanno scelto di intrecciare la memoria di Elisa con il lavoro prezioso svolto dal Centro Doride.
Il Centro antiviolenza Work in Progress di Canicattini Bagni ha ugualmente contribuito alla realizzazione dell’iniziativa, rafforzando il messaggio delle due giornate e ampliando la rete territoriale di protezione e sostegno.
La Presidente della Galleria EtnoAntropologica, Laura Liistro, ha ricordato come le targhe non siano semplici simboli, ma punti di riflessione permanente, capaci di mantenere viva la memoria di Elisa nel tempo e di trasformarla in un faro per la costruzione di una cultura della non violenza. La presenza della famiglia Claps, di Mariagrazia Zaccagnino, del giornalista Angelo Barraco e della forza luminosa di mamma Filomena ha dato alle due giornate una profondità emotiva intensa, trasformando il ricordo in un abbraccio collettivo.
Tre targhe. Tre luoghi.
Due giorni di memoria e responsabilità chiudono il mese contro la violenza di genere responsabilità condivisa:
fare in modo che il nome di Elisa continui a illuminare il cammino contro la violenza sulle donne perché la memoria non si posa: cammina.
E finché cammineremo insieme, la luce di Elisa continuerà a guidarci.
Sociale
Pantelleria – Violenza donne, tra Cinema e Circolo San Gaetano “3 panchine del rispetto”
Il 25 novembre 2025, nella Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, è stato completato il progetto “Le panchine del rispetto”.
Una collaborazione nata dall’impegno condiviso dell’ASD Scauri, del consigliere Valenza e dell’assessore Culoma, che hanno scelto di unire energie per lasciare alla comunità un segno chiaro di sensibilizzazione.
Davanti al cine-teatro San Gaetano e al Circolo sono state rinnovate tre panchine. Due sono diventate rosse, colore che richiama il contrasto alla violenza sulle donne; la terza è stata dipinta di bianco, a rappresentare la pace e il rifiuto di ogni forma di violenza.
Su ognuna è stata collocata una frase dedicata ai valori del rispetto, della dignità e della parità tra le persone.
Un gesto semplice, condiviso e visibile, che invita a fermarsi e riflettere.
Foto a cura di Clara Garsia
Sociale
Pantelleria sede di incontro tra Caritas diocesana Fonsdzione San Vito e animatori parrocchiali
Nei giorni scorsi si è tenuta una reunion tra Caritas diocesana con la sua direttrice, suor Chiara Seno, il presidente della Fondazione San Vito Onlus,, Vito Puccio, e gli animatori della Caritas parrocchiale di Pantelleria.

Negli accoglienti ambienti della parrocchia della Chiesa Madre Ss Salvatore, l’incontro verteva sulla conoscenza degli stessi animatori e delle esigenze della comunità da parte di Suor Chiara.
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