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Cultura

Proverbi marinareschi a Pantelleria / 4: “Babbaluci a sucari e fimmini a vasari”

Orazio Ferrara

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A varca senza sivu nun camina
La barca senza grasso non cammina.

Questo proverbio fa il paio con il seguente “Senza sivu la varca nun scìddica” (Senza grasso la barca non scivola). Ci si riferiva al tempo in cui il varo in mare di una barca o di un veliero avveniva su rulli lignei, che bisognava ben oliare con grasso per far scivolare agevolmente in acqua l’imbarcazione. La taccagneria di qualche armatore, che impiegava poco grasso sui rulli, era subito sentenziata ad alta voce col predetto detto dai marinari presenti. Col passare del tempo il proverbio passò, per analogia, a significare che bisognava ungere ben bene le ruote di certi meccanismi arrugginiti (a bella posta) per portare a buon fine in porto un affare o una pratica, altrimenti fermi e dimenticati nei meandri oscuri di una delle tante burocrazie nostrane. Bustarella o raccomandazione? Scegliete voi. I napoletani, i più pessimisti e realisti di tutti, avevano intanto coniato il “Chi tene sante va ‘mparaviso” ovvero soltanto chi tiene un santo per amico va in Paradiso. Perfino in cielo c’è bisogno della chiave giusta! Bustarelle no, ma raccomandazioni sì.

Avemu l’acqua na li bunnali!
Abbiamo l’acqua fino agli ombrinali.

Quest’ultimi sono fori passanti praticati poco sopra la linea di galleggiamento e che consentono lo scarico delle acque delle onde che investono la coperta. Quando l’acqua del mare arriva agli ombrinali e lo scolo non è più quindi assicurato l’imbarcazione è in pericolo immediato di affondamento.
Era il grido disperato del marinaio al patrun o capitano per avvertirlo della situazione disperata. Veniva detto anche dal capofamiglia ai suoi quando tutto andava a rotoli e non c’era nemmeno l’ombra di un “picciolo”. Insomma il significato ultimo di questo proverbio è “tutto è perduto”. Come tutti i detti antichi era ed è usato, fortunatamente, anche in senso ironico.

Babbaluci a sucari e fimmini a vasari nun ponnu mai saziari
Lumachine a succhiare e femmine a baciare non possono mai saziare.

Questo è un bijoux di proverbio e, credo, un omaggio dei panteschi e dei siciliani in genere del buon tempo antico alle loro donne, il baciarle non poteva mai saziarli, più romantici di così! L’accostamento dei babbaluci alle fimmini in uno stesso detto sembra alquanto ardito e irrispettoso, ma a pensarci bene non è così. Infatti altri accostano ostriche e femmine, caviale e femmine e nessuno se ne è mai lamentato e i babbaluci (se cucinati come si deve) rispetto alle ostriche e al caviale tengono il punto o almeno pareggiano i conti.

Il termine babbaluci deriva dall’arabo babuch, che sta per lumaca e ci si riferisce alla particolare forma del guscio delle lumachine. Non a caso le scarpe o i sandali con la punta rivolta all’insù, tipiche delle popolazioni arabe, ancora oggi in Sicilia le pantofole di ugual forma sono dette babusce.
I babbaluci del detto sono lumachine di mare generalmente la Natica millepunctata e la Natica castanea, anche se occorre precisare che per i palermitani il detto si riferisce di solito alle lumachine di terra, di cui fanno grandi abbuffate il 14 luglio durante i festeggiamenti in devozione della “Santuzza”, il cosiddetto “fistino di Santa Rusulia”.
Sia quelle di mare che di terra vanno preparate in bianco con molto aglio, prezzemolo e pepe o  in rosso con pomodori a “picchi pacchiu” e assai peperoncino piccante. Vanno assaporati rumorosamente in quanto succhiati o con uno stuzzicadenti per quelle lumachine che non hanno voluto saperne, durante la cottura, di uscire dal guscio.

La prima volta che sentii il termine babbaluci fu grazie alla mia compianta cugina Rosetta Salsedo. Il termine mi piacque subito molto e non tardai ad identificarli immediatamente con i napoletani maruzzielli, di cui già allora era ghiotto. Ancora oggi sono un buongustaio dei babbaluci o maruzzielli che dir si voglia sia in bianco che in rosso, sempre però accompagnati da un buon vino rosso.
In mancanza di un rosso delle kuddie opto per un Lacryma Christi del Vesuvio. Il risultato non cambia. Ad equilibrare un po’ questa sperticata lode in favore dei babbaluci aggiungerei il detto “Babbaluci, fungi e granci spenni assai e nenti mangi” (Lumachine, funghi e granchi spendi assai e niente mangi”. Fortunatamente non c’è alcun riferimento alle donne. O è sott’inteso?

(4 – continua)

Orazio Ferrara

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Cultura

Pantelleria e la Chiesa del Rosariello nella Città Murata. Parte 2 – fine

Orazio Ferrara

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I lavori di riattazione della chiesa del Rosariello terminarono nell’anno 1772, come attestava una lapide affissa sulla porta d’ingresso, che recitava (fonte lo storico Pietro Brignone Boccanera): “D. O. M. Templum hoc sumptibus militum A. pede reedificatum. Gubernatore D. Francisco Masnata T. C. exercituum M. S. Ferdinandi IV. Rectoribus Sar. Vivo Benedicto Salsedo et Mag. Ioanne Valentia – anno D.n. 1772″. (Dio Ottimo Massimo. Questo tempio fu ricostruito dalle fondamenta a spese dei soldati. Governatore Don Francisco Masnata Tenente Colonnello degli eserciti di M. S. Ferdinando IV. Rettori Sar. Benedetto Salsedo e Mag. Giovanni Valenza – Nell’anno del Signore 1772).

Sempre lo storico Boccanera ci viene poi in aiuto sull’esatta ubicazione della chiesa del Rosariello, scrivendo nel suo “Cenni storici su Pantelleria”, Partanna 1908: “Essa con grande probabilità, come si rileva dalla sua posizione dentro l’antica cittadella, anzi proprio ai piedi ed allato la scala del Castello, era di antica data, coeva forse alla città ed al Castello primitivo, in epoca araba, ovvero al tempo della ricostruzione ed ingrandimento di questo, sotto Carlo V e Filippo I”.

Quindi l’edificio sacro era contiguo al castello e precisamente alla torre di San Barnaba. Non c’è tema di sbagliare, Boccanera la vede di persona ancora esistente mentre scrive i suoi “Cenni”. D’altronde una conferma ulteriore, se necessaria, ci viene dal notar Angelo D’Aietti, storico affidabile, che, nel suo documentatissimo “Il libro dell’isola di Pantelleria” (Trevi, 1978), scrive: “Nella recente guerra il Castello ebbe la sua parte; fu mobilitato, fu armato di una mitragliera e tornò a fare fuoco dopo tanti secoli di silenzio.

Si buscò qualche bomba, che smozzicò l’angolo Nord Est della torre di S. Barnaba, che a guerra finita fu restaurata. Tra le pietre messe in opera per la rappezzatura capitò una pietra con il rilievo di una croce, che era piantata nell’altare della chiesa del Rosariello.
La pietra ora è murata poco al di sotto del davanzale dell’artistica finestra che si apre nella facciata Est della torre di S. Barnaba. Questa pietra con la croce scolpita ci fece a lungo considerare la pietà religiosa dei nostri antenati, che pure nell’atto di edificare una fortezza non dimenticavano il pensiero di Dio, ma poi scoprimmo la verità”.

Dunque le maestranze, nel riattare la torre di San Barnaba, utilizzarono la pietra con la croce scolpita dell’altare del Rosariello, che si trovava lì accanto tra le macerie del contiguo vecchio edificio religioso, letteralmente polverizzato in uno dei tanti bombardamenti terroristici degli Alleati in quel periodo.

Ma torniamo alla riedificazione del Rosariello del 1772.

Benché rifatta da capo, la chiesa restava ancora troppo angusta per i soldati della guarnigione e le loro famiglie. Il Boccanera la definisce “la più piccola e modesta di quelle del paese”. Così con regio dispaccio del 2 febbraio 1785 venne concessa in uso ai soldati del castello la nuova e più ampia chiesa del SS Rosario presso l’abolito ospizio dei padri cappuccini (piazza Cavour).

Successivamente l’antico Rosariello, restando sempre di proprietà governativa, venne dapprima adibito a caserma dei soldati, poi a magazzino di casermaggio e infine a camerone dei coatti. Da alcuni cartari militari, risalenti all’anno 1818, si evince l’esistenza di una “Real chiesa del castello nell’isola di Pantelleria”, senza specificarne l’intitolazione (SS Rosario anch’essa?), comunque dovrebbe trattarsi di una chiesa-cappella in un locale a piano terra all’interno del castello, come conferma una planimetria dell’epoca.
Ancora nel 1854 questa “Real chiesa” aveva un suo proprio cappellano militare.

(2 – fine)

Orazio Ferrara

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Cultura

Casa di Montalbano, apertura straordinaria per tutti i fan del Commissario Montalbano

Barbara Conti

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Casa di Montalbano, apertura straordinaria per tutti i fan del Commissario Montalbano

Santa Croce Camerina – RG Questo fine settimana, 13, 14 e 15 dicembre, la dimora sarà aperta al pubblico. In occasione del Natale 2024, la visita si inserisce nell’evento “Strade in Festa”, organizzato dalla Glocal e patrocinato dal Comune di Santa Croce Camerina

La casa di Montalbano sita in Piazzetta della Torre, a Punta Secca, è un affittacamere e una casa -vacanza.
Un’abitazione con un terrazzo con affaccio direttamente sul mare, scelta dal regista Alberto Sironi quale dimora del protagonista della serie televisiva “Il Commissario Montalbano”, interpretato da Luca Zingaretti, divenuta negli anni simbolo cult di tutti gli appassionati lettori di Andrea Camilleri.

Punta Secca è la frazione balneare più nota di Santa Croce Camerina. Il piccolo borgo marinaro è chiamato affettuosamente dagli abitanti anche «’a sicca» per una caratteristica scogliera che corre a pelo d’acqua e che si sviluppa davanti la spiaggia di levante. Gran parte della notorietà del piccolo borgo di pescatori che, qui, hanno vissuto fin dall’antichità è dovuta alla fiction Il Commissario Montalbano che per venti anni è stata parte integrante della Comunità, perché scelta come set della storica produzione della Palomar. La Fiction, o sceneggiato era nato inizialmente per Rai 2 e poi spostata sulla Prima rete, grazie al grande successo ottenuto già dai primi anni

 
La bellissima casa di Salvo Montalbano con la fantastica terrazza che si affaccia sulla spiaggia del piccolo borgo che si specchia nel mar Mediterraneo dove il commissario ama nuotare, il salotto arredato con i mobili originali della fiction, e la storica cucina di Adelina, saranno visitabili per tutto il fine settimana per chi vuole rivivere le emozioni della casa e di alcubi dei luoghi, dove viveva il Commissario più famoso d’Italia.

Sono tante le scene girate in questa casa e sulla splendida terrazza dove Montalbano, sorseggia il caffè appena sveglio, parla delle sue indagini o invita a cena conturbanti donne.

La storia della casa di Montalbano inizia nel 1904

La casa sul mare, in origine era un laboratorio per la dissalazione delle sarde. Punta Secca era un piccolo borgo di pescatori.
Nel 1904, il laboratorio, venne acquistato per 4000 lire dall’avvocato Giovanni Diquattro che lo trasformò nella residenza estiva della famiglia Diquattro. Nel 1920, due anni dopo il conflitto mondiale, l’avvocato ottiene la concessione demaniale di 36 mq di demanio marittimo, con l’autorizzazione a costruire quello che è oggi, il famoso terrazzo dal uale si gode la vista sul mar Mediterraneo

Solo alla fine degli anni Settanta, la Casa della famiglia Di Quattro da laboratorio di sarde, venne rifatta ex novo secondo i canoni moderni e più efficienti, con il piano sopraelevato e la magnifica terrazza

Nel 1999 Pasquale Spadola, incaricato di ricercare nuove location per delle nuove produzioni di Rai due, tratte dai romanzi dello scrittore siciliano, Andrea Camilleri, allora molto poco conosciuto se non agli addeti ai lavori come sceneggiatore della RAI, ad intuire che la residenza estiva dei Di Quattro, sarebbe potuta essere la casa ideale del Buen retiro del Commissario, reso poi celebre dalla penna dello scrittore, originario di Porto Empedocle.

La celebre casa, nota oramai in tutto il mondo, in passato è stata frequentata da illustri siciliani come Gesualdo Bufalino, Elvira Sellerio e Andrea Camilleri.
Oggi, in seguito al successo arrivato con la fiction Il commissario Montalbano è diventata un bed and breakfast ed un casa- vacanza fino ad ora….

Come visitare la casa di Montalbano

Per visitare la Casa di Montalbano, una delle dimore più famose d’Italia questo fine settimana è sufficiente recarsi sulla spiaggia di Punta Secca ma solo nei giorni 13-14 15 dicembre per l’ apertura straordinaria.

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Cultura

Trapani, dal 13 al 15 dicembre “Volti D_Vini” la mostra di Pietro Barbera in Sala Laurentina

Redazione

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Iniziativa culturale e di beneficenza “Volti D_Vini” 13-14-15 dicembre 2024. Sala Laurentina

Siamo lieti di annunciare un evento di straordinaria importanza che unisce arte, comunità e solidarietà. Il celebre pittore e poeta trapanese Pietro Barbera, noto per i suoi emozionanti vinarelli, ha deciso di celebrare la città di Trapani e i suoi protagonisti con una mostra unica nel suo genere.

I ritratti saranno esposti presso la suggestiva Sala Laurentina il 13, 14 e 15 dicembre. L’artista esporrà 44 straordinari ritratti realizzati con vino rosso, una tecnica che da sempre lo contraddistingue per eleganza e originalità. Ogni ritratto è una libera interpretazione artistica dedicata a figure simboliche del nostro territorio, creando un ponte tra tradizione, identità locale e beneficenza.

Il ricavato della mostra sarà interamente devoluto alla ASD Trapani Baskin, una realtà sportiva che fa della inclusione il suo pilastro, permettendo a normodotati e disabili di giocare insieme in un’armonia che supera le barriere. I protagonisti della mostra avranno l’opportunità di acquistare il proprio ritratto attraverso un’offerta libera, trasformando l’arte in un gesto concreto di supporto.

Programma della mostra:

Venerdì 13 dicembre, ore 18:30:

Inaugurazione ufficiale, con la presentazione dell’artista Pietro Barbera e un approfondimento sul Baskin.

Sabato 14 e domenica 15 dicembre:

Mostra aperta al pubblico nei seguenti orari:

Mattina: 10:00 – 12:00

Pomeriggio: 16:30 – 20:30

Eventi speciali:

Sabato 14, ore 17:30:

Cerimonia di donazione del ricavato delle vendite del libro “Io sono Flavio Bomber 1”, un’opera che ha già conquistato il cuore di molti per il suo messaggio di speranza e inclusione.

Domenica 15, ore 18:00:

Incontro dal titolo “Non è Amore, l’Amore è Rispetto”, curato dalla Dott.ssa Francesca Spada delle ACLI, per riflettere sul valore del rispetto nelle relazioni umane.

Tutti gli appuntamenti saranno moderati da Flavio Bomber 1, il giovane simbolo di forza e positività, che porterà la sua contagiosa energia a ogni momento dell’evento.

Nei volti ritratti da Pietro Barbera troviamo personalità illustri che rappresentano l’anima della città: figure storiche, artistiche, culturali e sportive: Salvatore Costanza, Antonino Zichichi, Paolo Borsellino, Pietro Maria Fragnelli, Valerio Antonini, Ambra Ilari, Gaspare Panfalone, Vincenzo Fazio, Andrea Bulgarella, Alessandro Costa, Giuseppe Giuffrè, Alessandra Camassa, Dino Petralia, Salvatore Mugno, Nicola Baldarotta, Giacomo Pilati, Rino Giacalone, Salvatore Girgenti, Rosalia d’Alì, Giacomo Tranchida – Sindaco di Trapani, Daniela Toscano Sindaco di Erice, Dario Safina, Cristina Ciminnisi, Antonino Oddo, Giuseppe Bica, Antonio D’Ali’, Mimmo Fazio, Nino Barone, Dino Grammatico Alias Dino D’Erice, Prof.ssa Lina Novara, Giacometta Marrone D’alberti, Vincenzo Marrone D’alberti, Mauro Carpi, Anda Klavina, Mauro Spitaleri, Patrizia Lo Sciuto, Giovanni De Santis, Arturo Safina PH, Peppe Vento, Luigi Biondo, Giovanni D’aleo, Vincenzo Scontrino, Antonino Sugamele, Giovanni Emanuele Curatolo e molti altri che con il loro impegno hanno contribuito a plasmare l’identità di Trapani.

Questa mostra non è solo un evento artistico, ma un’occasione per dimostrare che l’arte e la solidarietà possono camminare insieme, trasformando un’idea in una realtà concreta di aiuto. Vi invitiamo a partecipare numerosi per sostenere questa causa, conoscere i protagonisti e vivere l’arte in una dimensione nuova, quella del dono. Non mancate a questa straordinaria celebrazione di arte, comunità e solidarietà!

Questo evento è reso possibile grazie alla preziosa collaborazione di Mons. Gaspare Gruppuso (Parroco della Cattedrale di San Lorenzo), Elena Vattiata (Presidente ASD Trapani Baskin), Flavio Gli amici di Flavio Bomber 1 (Flavio Barone), Francesca Spada, ACLI Trapani.

Grazie a tutti coloro che parteciperanno, l’arte di Pietro Barbera non solo abbellirà le nostre vite ma contribuirà a costruire un futuro più inclusivo per la nostra comunità.

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