Cultura
Pantelleria tra le contrade – Sibà. Incontro con la zà Rosa: “Durante la guerra di notte…”
Di Franca Zona
Viaggio tra le contrade – Siba’, incontro con la ”za”’ Rosa ”DURANTE LA GUERRA, ‘DI NOTTE E NOTTE’ SCAPPAVAMO IN MEZZO AI TERRENI PER SALVARCI”
A dispetto della classica risonanza di personaggi maschili nella storia, protagonista di quest’oggi ancora un’anziana donna, il cui legame con Sibà è una grande eredità di vita miscelata, a giuste dosi, con il ‘modello’ paesano successivamente assimilato negli anni della maturità. “Ho chiari ricordi della giovinezza in contrada”, ci rassicura la ‘za’ Rosa, che ha superato da un bel pezzo gli ottant’anni e non rinuncia, pur con la sua caratteriale ritrosia, ad illuminare uno scorcio d’infinita saggezza del mondo contadino delle proprie origini.
“Raccontateci una storia”, la invogliamo, poggiando con delicatezza una mano sulla sua spalla, suscitandole il sincero desiderio d’esprimere discorsi interiori ad altri taciturni. “Sono nata a Sibà, nella casa che apparteneva a mia madre, una donna tanto energica e combattiva da sembrare quasi un uomo. Quinta di sei figli, avevo circa cinque anni quando mio padre morì, forse colpito da qualche brutta malattia che al tempo non si conosceva. Passammo un lutto ‘forte’. Mia madre tinse di nero ogni tendaggio, e noi figli avevamo tanta paura di rimanere soli a casa: tutto ci appariva lugubre. Mi ricordo il ‘visito’: tanta gente che andava e veniva, ci portava da mangiare e si fermava per il tempo del rosario. Quando moriva qualcuno, si bloccava tutto: non si cucinava, non si lavorava, si piangeva e basta”.
E poi, come avete affrontato la vita, in mancanza della figura paterna? “Anche se mia madre si ‘ammazzava’ di lavoro facendo soprattutto le ‘gabbiette’ d’uva nei terreni, fu mio fratello Cola, il più grande fra noi, ad assumersi la responsabilità della famiglia, a ‘darci da mangiare’. Le proprietà non ci mancavano, ma c’erano ‘scarsezze’, siamo cresciuti in mezzo alla miseria della guerra! Mio fratello Cola, dicevo, aveva il mulo, e andava in montagna a fare fasci di rami che poi vendeva ai fornai in paese; mi ricordo il forno qua, vicino casa, in via Bovio: ora non c’è più. L’altro fratello andava a ‘giornata’; e noi sorelle ogni tanto a scuola, ma quasi sempre sopra il tetto del dammuso a stendere uva e a ‘spaccare’ fichi e pomodori da essiccare. Che volete, la vita era dura, ‘atru chi ora’!”
E del periodo della guerra, cosa ricordate ancora? “Ero una ragazzina, potevo avere sì e no dieci anni, però mi ricordo tutto. Si campava ‘ghiustu ghiustu’, si passava la fame! ‘Di notte e notte’, scappavamo in mezzo ai terreni per salvarci. Nemmeno un briciolo di ‘viscottu’ da mangiare, solo cipolle. Eravamo spaventati, quando ci dissero che dovevano arrivare gli Americani, che poi, invece, regalarono sigarette a tutti: a me no, io non fumavo! Quando ci dissero che la guerra era finita, rientrammo nei nostri dammusi trovando le porte spalancate, per via della caduta delle bombe sui terreni. E quando gli Americani lasciarono l’isola, tutti i panteschi ad assaltare le cisterne nei campi, per cercare di recuperarne farina, pasta, olio, zucchero, formaggio là nascosti, ora avanzati ai militari”.
E degli anni dell’adolescenza seguiti alla guerra, Vi è rimasto qualcosa nel cuore? “Ah, certo..il mio matrimonio con Titta, buonanima! Lo conobbi al Circolo nel periodo di Carnevale. Fra noi scattò subito l’attrazione, ma lui dovette ‘chiedere il permesso’ a mio fratello Cola per venire in casa. Avevo circa 14 anni, e il fidanzamento durò otto anni perché volevo un matrimonio ‘giusto’, con l’abito bianco e il velo. Non avevamo libertà, è vero: se usciva mia madre, uscivo anch’io! Ma io seppi aspettare, mentre lui lavorava la terra e cacciava i conigli con il ‘firetto’. Per la nostra festa, nessuna foto: chi ci doveva pensare, a quei tempi? L’unico ricordo, un ritratto della settimana dopo, eccolo qua! In quel periodo, poi, non c’erano ristoranti, e festeggiammo quindi nel nostro dammuso, con i parenti più stretti a mangiare e ballare fino all’indomani. Ah…non vi ho detto che ci sposammo a Margana! La strada era lunga, tutta a piedi, con i parenti al seguito e ‘u me zitu’ ad aspettarci! Ci tenevo a sposarmi là, nel Santuario della ‘Nostra’ Madonna…poi, di nuovo tutti a piedi sulla strada del ritorno: quanta fatica, ma tanta felicità!”.
Poi vi siete trasferiti nei pressi del Centro… “Sì, finalmente un periodo più tranquillo. La guerra era ormai un ‘lontano’ ricordo, e noi si lavorava e si mangiava, queste le cose importanti. Dopo aver preso in affitto varie case, questa dove ci troviamo è diventata di nostra proprietà. Ci siamo allontanati dalla nostra contrada, è vero, ma non abbiamo mai rinnegato nulla delle nostre abitudini; e mai potrò dimenticare la giovinezza nella bassa montagna: Tikirriki, Firisciakki, Mastru Chiccu e tutte le terre ‘sibbaòte’ della nostra famiglia: paesaggi che restano nel mio cuore, perché rappresentano la mia ‘televisione antica’!”
Dopo aver teneramente catturato i ricordi remoti della ‘za’ Rosa, per riporli con cura emozionante nel baule delle nostre esperienze, facciamo fatica, anche stavolta, a dimetterci dal suo appassionato mondo di rievocazioni, fermamente convinti che lo stupore vero è fatto di memoria, non di novità’.
Franca Zona
Cultura
Buscemi: Un Borgo da Riscoprire dagli Iblei a Pantelleria
Nell’antico borgo i ruderi del Castello Requesenz, il casato del principe di Pantelleria
Buscemi, piccolo borgo montano nel cuore della Sicilia, non è solo un luogo ricco di tradizioni e bellezze naturali, ma un crocevia di storia, economia e nobiltà, che affonda le sue radici nell’influenza della potente famiglia dei Requesens. Questo paese, che conserva intatto il fascino di un tempo, è stato la culla di una delle famiglie nobili più significative della Sicilia.
Buscemi
I Requesens, di origini catalane, hanno avuto un impatto profondo sulla storia del borgo e dell’isola, e la loro presenza a Buscemi risale almeno al XV secolo. Il Castello Requesenz, i cui ruderi ancora svettano sulle colline circostanti, testimoniano la grandezza del passato di Buscemi, quando il borgo era al centro della vita politica, culturale ed economica dell’isola. La dinastia dei Requesens, attraverso le sue numerose generazioni, ha contribuito a fare di Buscemi un centro di cultura e arte, influenzando anche le tradizioni artigianali locali. Buscemi è infatti da sempre nota per la sua tradizione di lavorazione del cuoio, del legno e della ceramica, che ha avuto un’importanza fondamentale non solo per l’economia locale, ma anche per il legame stretto con territori vicini come Pantelleria e Solarino.
Quest’ultimo, insieme a Buscemi, faceva parte dei domini dei Requesens, unendo la Sicilia interna alla costa e alle isole. Il commercio tra Buscemi, Pantelleria e Solarino ha alimentato un florido scambio di beni artigianali e risorse naturali, rafforzando la coesione sociale e culturale tra questi territori. La ceramica di Pantelleria, celebre per la sua qualità, si univa a quella di Buscemi, mentre le produzioni agricole e artigianali dei due territori si integravano, creando una rete di scambi che ha reso questi luoghi particolarmente ricchi di tradizioni.
Il legame tra Buscemi e Pantelleria è rafforzato dalla figura del Principe di Pantelleria, che era anche Conte di Buscemi e Barone di San Paolo Solarino, una figura nobiliare che ha unito questi territori sotto un’unica egemonia.
Il Principe di Pantelleria, con la sua influenza, ha giocato un ruolo fondamentale nel consolidamento dei legami tra questi luoghi, creando una rete che non solo ha promosso gli scambi commerciali, ma ha anche contribuito a un forte intreccio culturale e sociale. La sua posizione di prestigio ha contribuito a favorire l’integrazione delle risorse naturali e dei prodotti artigianali dei diversi territori, dando vita a un’unica area prospera, in cui la nobiltà dei Requesens aveva un ruolo determinante.
Oggi, la riscoperta di questo legame storico rappresenta una grande opportunità di sviluppo.

Il borgo di Buscemi, con la sua storia nobiliare, può diventare un centro di attrazione per il turismo culturale e per la valorizzazione del patrimonio artigianale che ha forgiato nel corso dei secoli. Il legame con Pantelleria e Solarino, un tempo consolidato dalla figura del Principe di Pantelleria e dai suoi domini, può essere riproposto come un modello di sviluppo sostenibile, che coniuga la conservazione del patrimonio con l’innovazione. Il Comune di Buscemi, riconosciuto dal premio Honos come Comunità Honos 2025, sta puntando sulla valorizzazione della propria eredità storica per creare nuove opportunità di crescita economica e culturale.
La storia dei Requesens, la cultura artigianale e i legami storici tra Buscemi, Pantelleria e Solarino sono risorse preziose per un nuovo rinascimento del borgo, che sa restare fedele alla propria identità e tradizione mentre guarda al futuro con ottimismo. In questo contesto, Buscemi non è solo un luogo geografico, ma una comunità che si fa carico del suo passato, che cresce e si rinnova nel segno della sua tradizione storica, restando sempre fedele a se stessa e ai suoi valori. Un borgo che, attraverso la riscoperta delle proprie radici, ha tutte le potenzialità per diventare un punto di riferimento per il turismo, l’artigianato e lo sviluppo economico in Sicilia.
Come afferma il sindaco Michele Carbè: “A Buscemi fare impresa non è un’impresa. Qui, ogni iniziativa che nasce è un’opportunità di crescita collettiva, perché il nostro passato ci insegna che solo unendo le forze e valorizzando la nostra storia, possiamo costruire un futuro prospero.” Un messaggio che racchiude la speranza e la determinazione di un borgo che guarda al futuro con fiducia, portando avanti un cammino che unisce tradizione e innovazione.
Laura Liistro Tutte le immagini sono di gentile concessione di Rosario Acquaviva
Spettacolo
L’Arte di Essere sé Stessi: a Palermo presentazione del corto “Chi sono quando mi vesto”
Il 21 novembre nella Sala Teatro del Convitto, una giornata sui temi del rispetto di genere e dell’inclusività giovanile
Si concluderanno lunedì 17 novembre nelle aule del Convitto Nazionale di piazza Sett’Angeli, a Palermo, i laboratori tematici che hanno visto per tre giornate decine di ragazzi al lavoro insieme a docenti ed esperti di moda e immagine per il progetto “L’ Arte di Essere sé Stessi: corpo, moda e immagine”, proposto dalla associazione Significa Palermo, su idea de I Segni di Venere e del centro commerciale naturale Piazza Marina & Dintorni. L’iniziativa, sostenuta dall’assessorato regionale alla Famiglia, politiche sociali e lavoro della Regione Siciliana, si è avvalsa di un panel di esperti e docenti ed ha utilizzato i linguaggi di moda e immagine come strumenti per promuovere autenticità, rispetto e inclusione.
Ad essere coinvolti sono gli studenti della scuola secondaria e del liceo classico con indirizzo specialistico cinematografico del Convitto Nazionale e gli studenti dell’Accademia di Belle Arti. Grazie a Zonta International Palermo Zyz, l’iniziativa rientra nell’ambito della campagna internazionale “Zonta Says No” di sensibilizzazione contro la violenza di genere. A documentare i laboratori creativi sarà un cortometraggio realizzato da due giovani videomaker formatisi all’Accademia di Belle Arti di Palermo, Alessia Caruso e Vincenzo Marturana, con il contributo del professore Sergio Daricello dell’Accademia e del professore Giovanni Melazzo che cura le classi di produzione cinematografica del Convitto.
La presentazione del corto “Chi sono quando mi vesto?”
La giornata conclusiva, dal titolo “Chi sono quando mi vesto?”, si terrà il 21 novembre nella sala teatro, a partire dalle 9 e sino alle 14, e sarà aperta a studenti, famiglie e scuole della rete cittadina Al Qsar. Interverranno all’incontro la professoressa Cettina Giannino, rettrice del Convitto Nazionale “Giovanni Falcone”, Angela Galvano, consigliera di Parità per la Regione Siciliana, Giovanna Perricone, garante comunale per l’adolescenza e l’infanzia, Giulio Pirrotta, presidente dell’associazione Significa Palermo ETS, Giuseppe Veniero, presidente del CCN Piazza Marina & Dintorni e Maria Giambruno, giornalista, ideatrice del progetto “L’Arte di Essere sé Stessi”.
In programma, a seguire, Angela Chisena, psicologa, Sergio Daricello, docente di fashion design e storia della moda dell’Accademia di Belle Arti di Palermo, Daniela Ferrara, avvocata e presidente di Zonta International Palermo Zyz, Sofia La Porta, merchandiser, fashion coach e creatrice del metodo fashion-up, Anna Laurà, docente, counselor che ha coordinato i laboratori e Tiziana Schiavo, coordinatrice del progetto per il Convitto Nazionale. Modera la giornalista Maristella Panepinto.
Sarà anche inaugurata la “Biblioteca del Rispetto”, una raccolta di testi dedicati a i temi centrali dell’autostima, ricerca del sé, empatia, rispetto e libertà espressiva.
Cultura
Pantelleria – Corso Agricoltura Bio Naturale, grande partecipazione al primo incontro del Centro Giamporcaro
Oggi, 14 novembre, il secondo appuntamento: ecco il programma
Si è tenuto ieri, presso il Centro Giamporcaro di Pantelleria, il primo appuntamento del Corso di Agricoltura Bio Naturale.
I locali colmi di libri, cultura e socialità, erano gremiti di “addetti ai lavori” nel settore: agricoltori professionisti e per diletto, enologi, accolti dagli organizzatori, il presidente del Centro Giamporcaro, Anna Rita Raffaele, e Giovanni Bonomo.
Lo stesso presidente ci ha fatto rilevare un interessante dato: su 25 corsisti, 15 sono donne. Una quota rosa intensa e interessante in un settore assolutamente democratico, come l’agricoltura aperta a tutte le età e ai generi. L’unico elemento richiesto e distintivo è l’amore verso la terra, i suoi prodotti e quanto partecipi al successo di una raccolta, come a lungo spiegato anche tacitamente durante il workshop.
Tutti i presenti erano catturati dalle interessanti dissertazioni del mattatore dell’incontro, Luigi Rotondo.
L’esperto in agricoltura bionaturale, supportato dalla sua assistente Lisa Albanese, ha spiegato con maniere semplici ma efficaci, cosa si osserva per conoscere lo stato della pianta, il significato del il patogeno che è sintomo di uno squilibrio, capire la causa per procedere alla cura a livello eco-sistemico.
In sintesi, l’ecosistema è naturale, ma nel momento che lo affianchiamo all’agricoltura, diventa artificiale perchè andiamo ad alterare l’ecosistema, come per esempio quando estirpiamo le piante spontanee noi alteriamo quell’ambiente.
Così, avvalendosi anche di interventi online di altri professionisti ha spiegato come prendersi cura dell’agro-ecosistema, lo studio del suolo, che deve nutrire le piante, e dell’acqua e come realizzare un prodotto anti-patogeno di qualità ed efficace nel rispetto dell’ecosistema.

L’evento ha visto la partecipazione anche delle istituzioni che lo hanno patrocinato e sostenuto da subito con slancio. Erano così anche presenti, oltre rappresentanti delle aziende Donnafugata, con Baiata, Pellegrino con Poma, Emanuela Bonomo, per il Consorzio Vini Doc il vicepresidente Salvatore Murana e Fabrizio Basile, anche il direttore dell’Ente Parco, con Carmine Vitale e Andrea Biddittu, e l’Assessore all’Agricoltura del Comune di Pantelleria, Massimo Bonì.
Il programma di oggi
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Maria Silvia
11:31 - Ottobre 16, 2019 at 11:31
Bellissimo articolo, complimenti a “za” Rosa e a Franca Zona, che stimo tantissimo per la sua scrittura che prende l’anima. Come dimeniticare il suo libro “Il dammuso del Nibbio”..? Il giornale di Pantelleria, già prezioso, si arricchisce ancora di più grazie al suo contributo e alla sua capacità di entrare nel cuore di chi ama questa meravigliosa isola.
Un angolo di ricordi che unisce la vecchia generazione che ha vissuto la guerra e la nuova, nonni e nipoti. Ricordo quando ascoltavo i racconti di vita durante la guerra di mia zia e mio padre … avevano lo stesso sapore delle parole di “za” Rosa.
Complimenti ancora!…..Aspetto con trepidazione altri articoli del genere.