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Cultura

Pantelleria – Storia dei collegamenti marittimi, Navi e traghetti di fine ‘900 / 1

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La Compagnia Si.Re. Na

Come già accennato in un precedente articolo, nel 1953 la linea di Pantelleria e tutte le altre del settore “D” (Isole Egadi, Pelagie e Ustica) erano state aggiudicate, mediante incanto, alla Si.Re.Na. (Sicula Regionale di Navigazione) di Palermo con una convenzione di validità ventennale, che andava dal 1° gennaio 1954 al 31 dicembre 1973, quest’ultima poi prorogata fino al 31 dicembre 1975.

Le motonavi gemelle Antonello da Messina e Vittore Carpaccio

La bandiera di navigazione della Società Si.Re.Na. era a strisce orizzontali, alternate, azzurre e bianche con al centro un ovale bianco caricato da una S rossa. Agli inizi degli anni Sessanta entrarono in servizio, per conto della Si.Re.Na., le motonavi gemelle “Antonello da Messina” e “Vittore Carpaccio” sulle tratte per Pantelleria e Lampedusa.

Queste moderne motonavi, costruite presso i Cantieri Navali Apuania di Marina di Carrara, andavano a sostituire gli ormai sorpassati piroscafi Egadi e Mazara. Qui di seguito una breve descrizione delle caratteristiche della motonave “Antonello da Messina”, la prima ad essere consegnata e impiegata sulla tratta per Pantelleria.

L’unità, dalla sagoma slanciata ed elegante, era dotata di tutti i comfort più moderni per quei tempi: televisione, aria condizionata, celle frigorifere, bar, ristorante e confortevoli cabine. Lunghezza fuori tutto 72,250 metri, larghezza massima 11,300 metri, stazza lorda 1.300 tonnellate. Apparato motore Diesel FIAT B. 486 TS, velocità di linea 14 nodi, velocità alle prove 18 nodi. Equipaggio n° 30 uomini. Capacità di trasporto passeggeri: cabine classe di lusso n° 6 posti; cabine prima classe n° 36 posti; cabine terza classe n° 84 posti; totale passeggeri con sistemazione in cabina n° 84. Senza sistemazione in cabina n° 481 passeggeri. Totale max dei passeggeri imbarcati n° 565.

Particolare cura era stata poi impiegata nella eliminazione delle vibrazioni e dei rumori, con impiego di sospensioni elastiche nei macchinari e di materiali antiacustici e antitermici.

La motonave poi univa alla sicurezza e al comfort la raffinatezza e la cura dei particolari proprie di uno yacht da crociera, infatti la decorazione degli interni era ispirata ai motivi decorativi e allo stile del grande pittore siciliano Antonello da Messina. Ma i tempi evolvevano rapidamente e mutava notevolmente la domanda dei passeggeri, che chiedevano nuovi servizi quali il trasporto di auto al seguito. I disagi erano evidenti soprattutto in estate per il vertiginoso aumento dell’afflusso di turisti verso le isole siciliane, in particolare verso Pantelleria.

La trasformazione delle navi

Così la Società Si.Re.Na., già sul finire degli anni ‘60, si vide costretta ad inviare le due

motonavi, sempre presso i cantieri navali Apuania di Marina di Carrara, per i lavori di trasformazione in navi traghetto o meglio polivalenti. In sostituzione della “Antonello da Messina” e della “Vittore Carpaccio”, fermi per lavori nei bacini, la Si.Re.Na. noleggiò le motonavi “Andrea Mantegna” e “Gentile da Fabriano”, in precedenza in servizio delle Linee Marittime dell’Adriatico (LIMARA).

Soltanto nella primavera del 1972 la “Antonello da Messina” e la “Vittore Carpaccio” ripresero il mare. I lavori di trasformazione in navi del cosiddetto tipo polivalente (stiva più garage), quindi con la possibilità di imbarcare automezzi dal lato di poppa attraverso un portellone, non avevano certo giovato all’estetica delle due motonavi, una volta dalla linea snella ed elegante. Adesso, alla vista, apparivano, e lo erano, veramente tozze e antiestetiche, decisamente brutte. Altra innovazione era stata l’introduzione della classe pullman con poltrone reclinabili.

D’altronde il loro garage era di assai limitata capacità, potendo ospitare circa cinque camion di medie dimensioni e circa quindici automobili. Quest’ultimo handicap le faceva già risultare superate al momento in cui ripresero il mare, in quanto potevano soddisfare solo in minima parte le richieste dell’utenza, in particolare nel periodo estivo.

Nel 1974 la motonave “Gentile da Fabriano” venne restituita alla LIMARA, mentre la “Andrea Mantegna” restò ancora in noleggio in sostituzione della “Nuova Egadi”, disarmata e demolita l’anno successivo, e per far fronte all’aumentato traffico passeggeri. (continua – 1)

Orazio Ferrara

Foto: l’elegante profilo della motonave “Antonello da Messina” prima della trasformazione in traghetto

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Marina Cozzo è nata a Latina il 27 maggio 1967, per ovvietà logistico/sanitarie, da genitori provenienti da Pantelleria, contrada Khamma. Nel 2007 inizia il suo percorso di pubblicista presso la testata giornalistica cartacea L'Apriliano - direttore Adriano Panzironi, redattore Stefano Mengozzi. Nel 2014 le viene proposto di curarsi di Aprilia per Il Corriere della Città – direttore Maria Corrao, testata online e intraprende una collaborazione anche con Essere Donna Magazine – direttore Alga Madia. Il 27 gennaio 2017 l'iscrizione al Consiglio dell'Ordine dei Giornalisti nel Lazio. Ma il sangue isolano audace ed energico caratterizza ogni sua iniziativa la induce nel 2018 ad aprire Il Giornale di Pantelleria.

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Pantelleria, ultima settimana di vendemmia: l’eccellente qualità delle uve compensa il calo di produzione

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L’arido vento di Scirocco accompagna gli ultimi giorni di raccolta delle uve a Pantelleria. È tempo di bilanci per la vendemmia 2023 che ha dovuto fare i conti con condizioni meteorologiche davvero difficili. Le allegagioni del mese di maggio hanno rappresentato la preoccupazione maggiore per i vitivinicoltori panteschi che, loro malgrado, non hanno avuto danni da peronospora, ampiamente presenti nel territorio siciliano.

Interagire con i cambiamenti climatici sarà sempre più una prassi che viene studiata e migliorata, anche in termini di ricerca, da parte dell’Ente Parco Nazionale in sinergia con il Consorzio dei Vini Doc Pantelleria a tutela dell’identità di un prodotto unico come il Passito. Ogni sorso è capace, infatti, di sprigionare l’essenza dell’isola di Pantelleria e dei suoi agricoltori eroici che sfidano per tutto l’anno le avversità atmosferiche con muretti a secco, terrazzamenti e conche per proteggere le viti ad alberello di Zibibbo sapientemente scavate nel terreno vulcanico. Ogni singolo grappolo raccolto esclusivamente a mano e sistemato delicatamente nelle apposite gabbiette rappresenta un pezzo importante nel racconto della tradizione agricola pantesca. Dentro le bottiglie di Zibibbo e Passito, infatti, bisogna sempre ricordare che c’è dentro la cura paziente della mano dell’uomo, la stessa che l’Unesco ha riconosciuto Patrimonio dell’Umanità.

Sono valori aggiunti che devono essere interpretati e definiti anche in termini di mercato al quale, quest’anno, Pantelleria propone una qualità eccellente delle uve, nonostante un calo di produzione del 20% secondo una media fra le ultime tre vendemmie.

©parconazionaleisoladipantelleria

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Pantelleria, Nervi e le aviorimesse militari: ieri la conferenza su storia e realizzazione dell’hangar

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Si è svolta, nella sala conferenze del distaccamento dell’Aeronautica Militare di Pantelleria la conferenza sulla storia e le opere dell’ingegnere e progettista Luigi Nervi, le aviorimesse militari negli anni ’30/’40 e la progettazione e costruzione dell’hangar di Pantelleria.
L’evento, organizzato dall’Areonautica Militare, in collaborazione con l’Ente Parco Nazionale isola di Pantelleria, è stato introdotto dal Comandante del Distaccamento, Colonnello Franco Linzalone e da Italo Cucci, Commissario Straordinario dell’Ente Parco Nazionale Isola di Pantelleria. Cucci ha valorizzato l’impegno dell’ingegnere Nervi, anticipatore nella progettazione di grandi opere anche nel settore civile. Ricorda così la creazione della struttura degli stadi moderni di Firenze, oggi Franchi e il Flaminio di Roma, che portano proprio la firma di Nervi.
Un evento di confronto, ricerca e approfondimento, che ha visto avvicendarsi i contributi di esperti e ricercatori – del mondo accademico e di quello militare – per aggiungere dei tasselli in più all’ormai annosa questione dell’autore del progetto architettonico dell’aviorimessa, “mimetizzata” e perfettamente integrata nel paesaggio naturale, uno dei simboli più importanti della storia militare dell’isola e uno dei più grandi hangar bunker interrati in Europa.

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Sguardo sulla città di Modica attraverso le “Pietre nello stagno” di Carmelo Modica

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Lo stagno, si sa, è uno specchio d’acqua di limitato spazio, caratterizzato per lo più dall’assenza di mutamenti o di sviluppo. Tale forma statica può essere disturbata o, meglio, sollecitata da pietre la cui presenza spezza tale calma apparente. Dunque, metaforicamente, un momento quasi “unico” che può rivelarsi un utile e necessario “strumento per tentare di suscitare salutari reazioni” nell’ambito delle tre (e non solo) principali coordinate sociali, culturali e, non ultime, politiche in cui si inquadra una Città nelle sue molteplicità di funzioni di varia origine e indole.

In tale solco può essere inquadrato il recente libro dall’emblematico titolo “Pietre nello stagno” (pubblicato in E- book, 2023, pp. 533; illustrazione della copertina di Guglielmo Manenti) del modicano Carmelo Modica, conosciuto da tutti come “il Colonnello” (avuto riguardo alla sua carriera militare), con al suo attivo diverse pubblicazioni, collaborazioni giornalistiche a diverse testate ed un’intensa ed appassionata attività pubblicistica. Ha dato il suo contributo a testate del Sindacato autonomo di Polizia. Ha ricevuto incarichi di consulenza nel settore della riorganizzazione dei Servizi municipali. Il sottotitolo del poderoso volume, “Un eretico nel Laboratorio politico di Piero Vernuccio, quattro lustri di collaborazione al suo Dialogo”, fa intuire al lettore l’intento e l’obiettivo prefissato dall’autore, ovvero una sorta di “diario giornalistico mensile” attraverso cui è messo a nudo “lo spaccato della storia politica, sociale e culturale della città di Modica”, coprendo un arco temporale abbastanza lungo rappresentato dai primi due decenni del nuovo millennio.

Le argomentazioni discettate fanno parte di una rubrica intitolata “Carta bianca”, quasi “a voler sottolineare la assoluta e totale libertà di collaborazione” al mensile modicano “Dialogo”, così come era nello stile editoriale del suo direttore Piero Vernuccio (iniziata da Carmelo Modica nel giugno 1998 e chiusa a febbraio del 2020), che tutti ricordiamo per la sua splendida e sagace “apertura al dialogo fra gli opposti: la Destra Sociale, la Sinistra in tutte le sue sfaccettature, la Società Civile, il filone post-Anarchico”. Ieri, come anche oggi, risuonano sempre attuali gli intenti dichiarati da Carmelo Modica in quel giugno del ’98 quando inizia sul mensile “Dialogo” la periodica rubrica “Carta bianca” in quel magma di storia modicana che egli stesso definisce come “un ambiente dominato dalla scarsa riflessione, dalla valutazione per schemi e dalle gabbie partitiche e dalla cultura dell’immagine e della frase ad effetto” per cercare di smuovere, appunto, le acque stagnanti della poliedrica dimensione urbanistica della città di Modica, facendo “grande ricorso alle provocazioni” e cercando di operare “una saldatura tra cultura e politica”. Molteplici si rivelano le tematiche riportate sul libro sistemate in maniera organica ed affrontate nel corso della pubblicazione dei citati articoli (oltre duecento) dedicati alle varie amministrazioni cittadine che si sono susseguite nel tempo.

Una vena emotiva e di rigoroso ed affabile ricordo percorre l’animo dell’autore nel menzionare il compianto “amico e maestro” Piero Vernuccio (direttore responsabile del mensile modicano “Dialogo” sin dal 1976) unitamente al gruppo affiatato di amici collaboratori (tra cui Peppe Ascenzo, Carmelo Parisi, Giovanni Dormiente, Franco Antonio Belgiorno). Il corposo volume “è uno spaccato attento, consapevole – annota il prefatore Piergiorgio Barone – condotto con una attenzione quasi maniacale a tutte le azioni amministrative scoperte, ma anche sotterranee, quasi invisibili, dei vari sindaci, assessori, gruppi di potere, che si sono succeduti dal 1998 e fino al 2020”. Un’attenzione che pone sotto i riflettori della coscienza civile “le attività consiliari, propositive, dialogiche, costruttive, effervescenti, ma anche inutili, tediose, inconcludenti” da parte di soggetti che, non di rado, prestano il fianco ad un becero e sistematico “voltagabbana”. “La visione che il Nostro ha riguardo alla politica della città – continua il prefatore – è dettata da un legame alto, stretto e significativo con Modica”. Non poche si rivelano le riflessioni che l’autore propone ai lettori in maniera sagace e con una punta di sana e graffiante ironia a suggello del suo dichiarato intento di genuina provocazione culturale e sociale. Un testo,

dunque, che si presta non solo alla lettura ma anche alla consultazione “per conoscere e ricordare i fatti, gli avvenimenti, la storia della città di Modica negli ultimi due decenni”.

Giuseppe Nativo

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