Cultura
Pantelleria e la truvatura a Grazia di Sopra
Il ritorno di Carmelo a Pantelleria
Dopo aver chiuso con esasperata lentezza la porta, Carmelo si lasciò andare con uno sbuffo, tutto vestito com’era, sull’ampio letto al centro dell’alcova. Si accese quindi una sigaretta e ne guardò il fumo salire in lente e pigre volute spiraliformi verso la volta a cupola del dammuso.
Stranamente avrebbe voluto che in quel momento anche i suoi pensieri fossero stati spiraliformi e lenti e in procinto di svanire come il fumo, e invece nulla di tutto ciò, quei suoi pensieri sembravano guizzare vividi l’uno contro l’altro armati, e nello scontrarsi emettevano balenii azzurrini, che gli facevano dolere la testa.
Quella giornata così intensa l’aveva tremendamente stancato, ma soprattutto terribilmente annoiato,
ed era quest’ultima cosa a renderlo esausto e sfinito. E adesso questo suo inutile pensare lo sfiniva
ancora di più.
Già, da quando, dopo anni, era tornato nella sua Pantelleria, niente era sembrato andare per il verso
giusto.
Né gli odori né i sapori gli erano apparsi quelli di una volta, neppure i volti della gente che
conosceva gli erano apparsi gli stessi. D’altronde le assenze in quei volti erano tante, forse troppo
per poterne sopportare il peso. E gli occhi si socchiudevano nel cercare di ricordare i visi di quelli
che un tempo lontano gli erano stati cari e che adesso non c’erano più. E si accorse, amaramente,
che per quanto si sforzasse non riusciva a focalizzarli.
Fu sul punto di addormentarsi, quando il mozzicone di sigaretta gli bruciò le dita e lo riportò
nuovamente e dolorosamente alla realtà. Già, anche la serata appena trascorsa lo aveva tediato oltre
modo.
Certo gli aveva fatto piacere passarla a Grazia di Sopra nel dammuso del suo vecchio amico
d’infanzia Ninì ed assaporare i vecchi e saporiti piatti tipici della cucina pantesca, che erano stati
veramente ben cucinati.
Carmelo e Ninì
Lui e Ninì avevano cercato di ricreare quella magica atmosfera di quando
erano giovani, del tempo delle loro tante scorribande amorose, delle beffe, spesso atroci, agli altri
amici, ma per quanto si sforzassero c’era sempre qualcosa di artefatto, d’incompiuto, di falso in
quell’atmosfera forzatamente rivissuta e in cui le parole sembravano suonare vuote e senza senso
alcuno.
E poi ci si era messa anche la moglie di Ninì, una forastera di nome Laura, che vedeva per la prima
volta, ma lei sosteneva di conoscerlo bene dai tanti racconti e aneddoti che le aveva narrato il
marito.
Laura la forestera, fimmina di lusso
Era davvero una splendida donna, una bruna dal corpo formoso e slanciato ad un tempo, con gambe lunghe e nervose. Insomma una fimmina di lusso come gli erano sempre piaciute.
Se l’era mangiato con lo sguardo quella Laura e in alcuni momenti Carmelo s’era sentito veramente a disagio incrociando quello sguardo, che lo invitava in modo così sfrontato.
Vi si leggeva chiaro
l’urlo del desiderio lancinante. In un primo momento sembrò partecipare anch’egli a quel gioco
intrigante e fascinoso degli sguardi che s’incrociavano, si sfioravano, si rincorrevano, ma infine,
facendo forza su se stesso, decise fermamente che poi e poi mai avrebbe tradito la fiducia di Ninì,
anche per tutto l’oro del mondo.
Quando la serata finì, Ninì, per i troppi bicchieri di rosso delle kuddie, cominciava già a
sonnecchiare, sprofondandosi sempre più in una vecchia poltrona. Farfugliò qualcosa
d’indecifrabile al saluto dell’amico e poi si addormentò di colpo.
Intanto Laura si era avvicinata,
quasi a sfiorarlo, a Carmelo e gli chiese se poteva portarla a vedere l’interno, che sapeva
magnificamente arredato, di quello splendido dammuso di sua proprietà e che aveva visto finallora
sempre chiuso.
Tanto avevano tempo, Ninì non si sarebbe svegliato nemmeno con le cannonate. Carmelo accampò delle scuse alquanto banali, salutò e uscì. Fece però in tempo a leggere la subitanea delusione e il dispetto furioso in quei begli occhi un istante prima tanto bramosi.
Ma in
fondo non gli importò più di tanto e si avviò a passi spediti al suo dammuso, che si trovava lì vicino
al termine di una breve ed erta salita.
Probabilmente, spossato dall’aggroviglio di pensieri, Carmelo finì con l’addormentarsi, ma
improvvisamente si svegliò di colpo.
Guardò l’orologio al polso, era notte fonda. Forse aveva
dormito per un paio d’ore.
Ma che cosa l’aveva svegliato? Dei gridolini e delle risate soffocate. Non
aveva mai creduto ai fantasmi, quindi non ebbe alcuna paura. Si alzò e si guardò attorno, intanto si
rendeva conto di essersi addormentato completamente vestito. Fece qualche passo e concluse di non
aver affatto sognato, quei gridolini e quelle risate soffocate provenivano proprio dall’interno del
dammuso.
Subito pensò a Ninì, sicuramente aveva fatto finta di addormentarsi e ora, da burlone
qual era, gli giocava uno di quegli scherzi di cui andava famoso nell’isola.
Carmelo aguzzò gli occhi per meglio vedere nel buio e così scorse una fioca luce dorata filtrare da
una fessura della parete. Si avvicinò e tastò, così facendo sentì sotto le dita una grossa pietra
smuoversi.
La tolse, quindi continuò a togliere altre pietre, finché aperse uno stretto passaggio nella
parete. La luce dorata ora era più evidente e vide una piccola scala in pietra che portava giù.
Il dammuso, dimora di principe saraceno
Gli ritornò subito alla mente quello che aveva sentito raccontare tante volte da suo nonno Saro: quel dammuso apparteneva alla sua famiglia da più di cinquecento anni, ma prima ancora, mille anni fa, era stata la dimora di un principe saraceno, che, tornando da un’incursione contro i cristiani di Trapani e delle città vicine, vi aveva nascosto le immense ricchezze predate.
Aveva dunque trovato la truvatura di cui parlava spesso il nonno, il quale, sospirando, aggiungeva che essa conteneva un così favoloso tesoro da lastricare d’oro tutta la muntata che da Grazia di
Sopra portava a Bukkuram. Ed aveva ragione, perché, appena discese le scale, Carmelo si trovò in
vasto antro sotterraneo in cui giacevano alla rinfusa enormi sacchi e grosse pignate piene di monete
d’oro e d’argento, ma anche di pietre preziose.
C’erano inoltre grandi forzieri ricolmi di monili
preziosi principeschi.
Era il così tanto oro a diffondere quella luce dorata che permetteva a Carmelo di vedere bene tutta la
scena.
Gli abitanti del dammuso: i fatuzzi
E solo allora si rese conto che l’antro era abitato da tanti piccoli folletti o gnomi che dir si voglia, tutti indaffarati e presi nelle loro occupazioni. Tutti, nessuno escluso, avevano in testa un cappidduzzu di colore rosso. Si trattava senza dubbio dei famosi fatuzzi, di cui gli aveva parlato anche nonno Saro e che diceva fossero a guardia e protezione dei tesori delle truvature sparse nell’isola.
Questi fatuzzi, secondo i tanti racconti popolari, sono degli gnomi ancora più bassini del solito,
hanno sempre dei comportamenti bizzarri e sono di un’astuzia senza pari. Amano sempre scherzare.
Ognuno ha una sua propria caratteristica: così abbiamo il fatuzzo dispettoso, il fatuzzo bevitore, il
fatuzzo innamorato, il fatuzzo brontolone, il fatuzzo pazzo e così via di seguito. Sono di una
golosità insaziabile e, spesso, di notte fanno delle proprie e vere razzie nei dammusi in cui sono stati
preparati i tipici dolci panteschi quali pasticciotti, cannateddri, ravioli fritti, sfinci, baci.
Verso le persone, sempre secondo i racconti del popolino, hanno poi un comportamento altalenante,
in quanto soffrono di antipatia e simpatia.
A chi è loro simpatico fanno ritrovare gli oggetti perduti,
danno i numeri vincenti al lotto e si racconta che, per il passato, nei dammusi abitati da giovani e
belle fimmine non era raro il caso di ritrovare al mattino, sotto il guanciale delle stesse, una o più
monete d’oro.
Chi è loro antipatico se la vede veramente brutta in quanto, per fargli dispetto, di
notte tre o quattro di loro si posano sulla pancia della persona presa di mira e la pisano fino a fargli
mancare il respiro.
Intanto Carmelo, aggirandosi nell’antro per meglio guardare le ricchezze ivi custodite, aveva notato
che i fatuzzi non davano alcun segno di aggressività, solo qualcuno lo guardava di sbircio con i suoi
occhietti furbi. Eppure il nonno aveva sempre detto che essi diventavano oltremodo cattivi quando
vedevano il tesoro che custodivano in pericolo.
Per metterli alla prova Carmelo prese tre o quattro grosse monete d’oro da una pignata lì vicino e se
le mise tranquillamente in tasca. Niente, nessuna reazione.
Come era possibile? Si ricordò allora quello che gli diceva sempre la madre quando da piccolo aveva paura del buio della sua stanza. Figlio mio, diceva, tu non devi temere gli spiritelli perché sei “venerino” ovvero nato la notte di un venerdì. Chi nasce in tale congiunzione non può essere stregato, né affatturato e può vivere tranquillamente anche in una casa in dominio degli spiritelli, che riesce anche a vedere e a volte parlarci.
Rinfrancato da questo ricordo, Carmelo adocchiò un grosso sacco, colmo fino all’orlo di monete d’oro, e cominciò a trascinarlo (per la sua pesantezza) verso le scale. Nessuno dei fatuzzi sembrò opporsi a tale gesto. D’ora in avanti farò la vita del nababbo, pensò contento. Ma, passata l’apertura che portava alle scale, non c’erano più quest’ultime, ma un’altra stanza con diverse numerose porte. Cominciò ad entrare e uscire sempre in nuove stanze e sempre attraverso altre porte. Si rese conto che era in trappola. Era caduto in un vero e proprio labirinto creato dalle arti magiche dei fatuzzi.
Il tesoro del dammuso
Per portare via il tesoro o parte di esso si doveva quindi aspettare la venuta in aiuto dai tre angoli della Sicilia dei “tri Santi Turrisi” e fare poi il conseguente successivo rito liberatorio. Ma egli non conosceva affatto le parole giuste e ignorava le modalità del rito. Ad alta voce Carmelo disse che avrebbe riportato il sacco d’oro dove l’aveva preso e d’incanto ricomparve nuovamente l’antro. Rimesso il sacco al suo posto, si guardò intorno e fu felice nel vedere ricomparire il sorriso sulle bocche dei fratuzzi, poi risalì le scale e si ritrovò finalmente nel suo dammuso.
L’indomani mattina, al risveglio, ricordava poco e male. Quel sogno irreale era stato veramente confuso e aggrovigliato, sicuramente dovuto ad una cattiva digestione per la cena a casa di Ninì. Guardò attentamente la parete, ma non notò nessuna apertura o passaggio. Aveva semplicemente sognato.
Comunque fu proprio quel sogno a farlo decidere per una partenza immediata nella stessa
giornata. Troppi ricordi, troppe leggende lo avviluppavano all’isola e gli stregavano il cuore.
Occorreva tagliare quei nodi.
A bordo del traghetto Carmelo guardava la Montagna Grande allontanarsi sempre più. Era contento
e triste ad un tempo. L’animo umano è così, sempre ambivalente.
Trascorsa la notte…
Decise quindi di prendersi un bel caffè amaro al bar di bordo. Quando fu il momento di pagare, cercò degli spiccioli nella tasca e, con sua grande sorpresa, ne cavò quattro luccicanti monete d’oro.
La notte trascorsa non aveva affatto sognato!
Orazio Ferrara
Foto: i fatuzzi in una stampa popolare antica
Cultura
LA DIREZIONE INVESTIGATIVA ANTIMAFIA PRESENTA IL CALENDARIO ISTITUZIONALE
2026
L’11 dicembre 2025, alle ore 11.00, presso Villa Ahrens, sede del Centro Operativo della DIA di Palermo, i Capi Centro e i Capi Sezione Operativi della DIA dislocati in Sicilia, presentano il Calendario istituzionale 2026 della Direzione Investigativa Antimafia.
L’odierna presentazione segue quella tenutasi a Roma il 5 dicembre 2025, presso Palazzo San Macuto, alla presenza del Direttore della DIA, Gen. C.A. della Guardia di Finanza, Michele CARBONE, evento strutturato in una tavola rotonda moderata dalla giornalista Francesca FAGNANI, con l’intervento dell’On. Chiara Colosimo, Presidente della Commissione Parlamentare Antimafia, della Dott.ssa Lia SAVA, Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Palermo, prima donna a ricoprire tale incarico, della Dott.ssa Lorena DI GALANTE, Vice Direttore Operativo della DIA, nonché della Dott.ssa Elena FERRARO, imprenditrice del trapanese nota per essersi opposta a richieste estorsive dei Messina Denaro, finita per questo motivo sotto scorta. I lavori sono stati conclusi da un intervento del Dott. Giovanni MELILLO, Procuratore Nazionale Antimafia e Antiterrorismo.
Il Calendario Storico della Direzione Investigativa Antimafia del 2026 è dedicato alle donne della legalità. Donne che, spesso in silenzio ma sempre con assoluta determinazione, hanno rotto con il passato, hanno sfidato il peso della cultura mafiosa, hanno scelto – con sacrificio e lucidità – di stare dalla “parte giusta”. Questa edizione vuole essere non soltanto un racconto iconografico, ma un percorso di memoria civile, un tributo a un coraggio che ha cambiato e continua a cambiare il nostro Paese. Il calendario conferma la sua natura di strumento istituzionale prezioso, non solo per il significato simbolico che porta con sé, ma per il valore identitario che rappresenta per tutto il personale della DIA. E in questa edizione, più che mai, le donne emergono come protagoniste assolute, capaci di intrecciare – nelle istituzioni, nella società civile, nell’arte, nella politica e nella vita quotidiana – la trama viva della speranza e della legalità.
Ed è proprio attraverso questo spirito che possiamo leggere il calendario mese per mese: come una grande narrazione corale, che dà volto e voce alle donne che hanno inciso, e continuano a incidere, nella storia antimafia. Palermo, 11 dicembre 2025
Cultura
Pantelleria, dal 13 dicembre “Zero”, Mostra Arte Concettuale di Alice Bernardo
La personale di Alice Bernardo si profila come un viaggio dell’artista e dell’osservatore
Dal 13 al 23 dicembre 2025, in Via Napoli 2, verrà allestita “Zero” la mostra arte concettuale firmato Alice.
Alice Bernardo torna ad esporre i propri lavori dopo dieci anni, invitando i visitatori a compiere un viaggio.
Con il titolo “Zero” si profila il nuovo cammino di Alice nel mondo e nell’arte.
L’autrice, infatti, ci spiega che Zero non è una mostra da sfiorare con lo sguardo: non entri, guardi due quadri, commenti al volo e poi esci. Zero è un viaggio, prima di tutto per chi l’ha creata.
Dopo dieci anni senza pennelli, l’autrice si ferma, respira, conta fino a dieci e mentre lo fa ripercorre la sua storia.
Nel 2014 espone *VIVI* al Castello di Pantelleria.
Nel 2015 *SEMEN* alla Mediateca.
Due mostre che, nonostante la poca notorietà, hanno lasciato il segno.
Poi inizia un nuovo cammino: prima creativa artigiana, poi commerciante fuori dagli schemi.
Nel 2018 apre il suo primo negozio, piccolo ma ricco di idee.
Vende abbigliamento per bambini, fa dirette sui social, usa la sua arte per dare forma al commercio.
Nel 2019 si sposta in un locale più grande.
Pochi mesi dopo arriva la pandemia.
La crisi economica la travolge, ma lei tiene duro: lavora più di dodici ore al giorno, pensa solo al negozio.
Fino a quando… fino a quando, nel 2023 il corpo si ferma: venti chili in più, notti senza sonno, pressione altissima, pronto soccorso.
Lì capisce che ha perso il suo riflesso. Capisce che non si vede più, che ha smesso di esistere per sé stessa.
Decide di combattere.
Comincia a guardarsi con sincerità: quel negozio le stava portando via tutto, soprattutto il tempo:
il tempo per essere sé stessa, per conoscersi, per amare.
Ci vogliono due anni per accettare la verità e per cambiare strada, con passi lenti ma chiari
Due anni fa incontra Tania.
Prima concorrenti, poi alleate che scoprono di avere lo stesso sogno e mettono insieme le forze.
Nasce *B_ART* (Bernardo – Alice – Rizzo – Tania), un piccolo negozio a Scauri che parla di resilienza, di cura e di amore per l’isola.
Ad oggi: Alice sta chiudendo un capitolo di dieci anni e torna a contare.
Tira fuori tutto quello che ha tenuto sospeso.
Ogni percorso ha un senso, ogni fine porta nuovi inizi, nuove possibilità, dove lo zero è la ripartenza è il punto da cui ricominciare.
Nella locandina leggiamo la frase “Chi entra porta luce” ma per capirla davvero bisogna entrare dentro: nello spazio, nelle opere, in sé stessi.
Nelle tele tornano i semini, tornano le impronte della sua mano: ognuno dovrebbe lasciare un segno, un’impronta vera, vissuta, felice o dolorosa.
Dietro il niente ci siamo noi, il nostro riflesso. e i dieci giorni di mostra vogliono far entrare dentro, e far entrare dentro di sé.
Un luogo che non è luogo, dove l’arte diventa voce e le possibilità diventano infinite.
Dal 13 al 23 dicembre, ogni giorno dalle 18 alle 23, imperdibile evento a Pantelleria.
Cultura
Pantelleria, calendario delle messe e delle confessioni nel periodo dell’Avvento
La Chiesa Matrice di Pantelleria ha resi noti i calendari delle messe fino al giorno domenica 21 dicembre 2025 e delle confessioni
Orario messe:

Le confessioni:
- Chiesa San Gaetano – Scauri: giovedì 18 e venerdì 19 dicembre dalle ore 16.00 alle ore 16,30
- Chiesa San Francesco – Khamma: durante tutta la novena dalle ore 16.30 al 17.00
- Chiesa Madre SS Salvatore – Capoluogo: da giovedì 18 a sabato 20 dicembre dalle ore 12.00 e dopo la messa.
-
Ambiente5 anni agoAMP, a Pantelleria Insieme Live: zonizzazioni e Guardia Costa ausiliario. Gadir e il brillamento de Il Caldo
-
Personaggi4 anni agoStasera 4 Ristoranti a Pantelleria, con Alessandro Borghese. Ecco chi sono
-
Ambiente4 anni agoPantelleria, il PD segnala colorazione anomala e artificiale nella spiaggia del Lago di Venere
-
Pantelleria4 anni agoPantelleria a lutto per Giovanni Maddalena, il galantuomo del Conitro
-
Personaggi4 anni agoPantelleria, è U Runcune il vincitore di 4 Ristoranti di Alessandro Borghese
-
Cronaca4 anni agoUltima Ora – Pantelleria. Identificata la donna morta per annegamento, il secondo suicidio in un mese
-
Capitaneria di Porto4 anni agoPantelleria, allarmanti condizioni meteo-marine nelle prossime 48/72 ore: onde 6 da metri
-
Pantelleria4 anni agoPantelleria, divieto di balneazione a Punta San Leonardo