Cultura
Pantelleria e la matticata del 25 novembre 1944
Quando una particolare mareggiata segna la storia. Dicevano gli antichi: “ ‘u mare trasia unni Policardo a picchiarise ‘u café ”
“Matticata” è un termine marinaresco prevalentemente pantesco, infatti sulle coste della Sicilia Occidentale era ed è più usato, con lo stesso significato, il termine “Ammatticata”.
La “matticata” sta letteralmente per “ammucchiata selvaggia delle onde” ovvero una violenta e temibile burrasca di mare e di vento provocata dal maestrale, che a Pantelleria, quando si verifica, squassa da cima a fondo (oggigiorno, per le nuove opere portuali, molto di meno rispetto al passato) il vecchio porto dell’isola.
Un antico adagio degli anziani di Pantelleria soleva recitare al riguardo di queste incredibili mareggiate che “ ‘u mare trasia unni Policardo a picchiarise ‘u café ” ovvero il mare entrava da Policardo, storico e antico bar sul lungomare, a prendersi il caffè. Ma non solo il caffè, infatti per tutto il Novecento non pochi velieri della flotta pantesca sono andati a fondo per quell’incredibile e selvaggio “mari grossu”.
Una curiosità
Confessiamo di non sapere del perché il fascinoso e slanciato motoveliero pantesco “La Madonnina” (caro nel ricordo di chi scrive), al tempo del capitano Dario Tartamella sia stato soprannominato col vezzeggiativo di “Matticata napolitana”. Una “matticata” di particolare “spessore” fu quella del 25 novembre 1944, ormai scomparsa del tutto nella memoria dei panteschi.
La guerra era ormai terminata per Pantelleria, ma infuriava ancora, sanguinosa e tremenda come solo le guerre civili possono esserlo, nel Nord Italia. Quel giorno una tremenda “matticata” sconvolse e devastò il porto vecchio dell’isola.
Numeroso naviglio minore (tra cui molte barche di pescatori) andò a picco, ma ugual sorte toccò a tre velieri della flotta isolana. Si trattava dell’ ”Annita”, del “Maria” e del “Francesco Padre”. L’ “Annita” era un veliero di 9 tonnellate, costruito nel 1894 e appartenente all’armatore Giuseppe Farina. Era iscritto al Compartimento Marittimo di Trapani col n° di matricola 162. Durante la guerra non era stato requisito dalla Regia Marina né iscritto nel ruolo del naviglio ausiliario dello Stato. Il “Maria” era un vecchio veliero di 11 tonnellate.
Era stato varato nel lontano 1877 ed era di proprietà dell’armatore pantesco Francesco Pavia (famiglia con qualche corsaro nel Settecento). Era iscritto al Compartimento Marittimo di Trapani col n° di matricola 478. Anch’esso, per l’eccessiva vetustà, durante la guerra non era stato requisito dalla Regia Marina né iscritto nel ruolo del naviglio ausiliario dello Stato.
Di maggiore tonnellaggio il terzo veliero andato a fondo in quella giornata da tregenda. Era il motoveliero goletta “Francesco Padre” di 97 tonnellate ed era di proprietà dell’armatore, nonché comandante, Salvatore Mangiapanelli da Pantelleria.
I Mangiapanelli erano. da qualche secolo, una delle famiglie storiche della Pantelleria marinaresca.
Il moderno motoveliero Francesco Padre
Il motoveliero “Francesco Padre” era relativamente moderno, essendo stato costruito dai cantieri “Aurilla Vincenzo” di Torre del Greco nell’anno 1933.
Le dimensioni erano di metri 20,25 di lunghezza, metri 6,26 di larghezza, metri 2,81 di pescaggio. Aveva due alberi e il bompresso, ed era dotato di un motore diesel 6 cilindri della ditta Deutschen Werke di Kiel. Era iscritto al Compartimento Marittimo di Trapani col n° di matricola 571 ed era uno dei motovelieri più veloci della flotta pantesca. Si raccontava che raggiungesse Mazara del Vallo in poco più di quattro ore. Il “Francesco Padre”, durante la guerra, era stato protagonista di un singolare episodio quando era stato attaccato da un sommergibile inglese a colpi di cannone. Era la mattina del 18 febbraio 1943 e il motoveliero pantesco si trovava in navigazione, essendo partito la notte precedente da Trapani alla volta di Reggio Calabria.
Probabilmente trasportava del materiale bellico
Tra le ore 11:00 e 11:30 di quella mattina del 18 fu individuato da un sommergibile inglese, in agguato a 10 miglia per 250° da Capo Orlando (Sicilia Settentrionale).
Forse per l’alta velocità del motoveliero il sommergibile nemico valutò non utilizzabili al meglio i suoi siluri, quindi emerse e attaccò a colpi di cannone il naviglio italiano, che però venne colpito in modo non grave (nessun ferito a bordo) e, data la sua alta velocità, alla fine riuscì a sottrarsi alle mortali grinfie britanniche.
Per la storia il sommergibile britannico, che aveva attaccato il “Francesco Padre”, era stato l’HMS
Sahib, al comando del tenente John Henry Bromage.
Il Sahib, sempre nella mattinata del 18, aveva
cannoneggiato anche il motoveliero “Santa Teresa”, non affondandolo, ma causando seri danni e
quattro feriti tra l’equipaggio.
Per ironia della sorte questo sommergibile inglese verrà affondato qualche mese dopo, il 24 aprile 1943, proprio nel tratto di mare tra Capo Orlando e Capo Milazzo da bombe di profondità lanciate dalla corvetta italiana Euterpe.
Dopo il ‘45 il motoveliero “Francesco Padre” venne poi recuperato.
Orazio Ferrara
Cultura
Pantelleria, per i Morti il Vespa Club in tour nei suggestivi cimiteri dell’isola
In occasione della giornata dedicata ai defunti il Vespa Club Pantelleria si presenta in formazione ridotta per visitare i 3 cimiteri isolani iniziando alle 8.30 da quello di Pantelleria centro , poi giunti a quello di Khamma dove hanno partecipato alla Santa Messa, da lì si sono diretti a quello di Scauri dove hanno concluso la mattinata.
Come sempre, le escursioni dei nostri vespisti sono momento di attrazione, per i colori dei mezzi che sfrecciano, per l’atmosfera leggera che aleggia intorno a ciascuno di loro come un’aurea benefica. Abbiamo sentito il Presidente del Club di Pantelleria, Giovanni Pavia, per chiedergli di fare il punto della compagine dopo questa giornata tra i suggestivi cimiteri dell’isola.

Presidente ma come mai così pochi vespisti oggi siete in organico ristretto? “Eh si purtroppo e per fortuna di alcuni soci continua la raccolta delle olive , altri influenzati ed altri impegnati con il lavoro , cmq l’importante è essere presenti e portare avanti la nostra passione.”
Quando si chiuderà il campionato vespistico del 2025? “Abbiamo ancora due giornate la prossima domenica, il 16 novembre sempre se il tempo lo permette oppure si posticipa alla domenica successiva.”
Vuole anticiparci la classifica dei soci adulti e dei minori? “Ma guardi preferisco di no , cmq posso dirvi che quest’anno sarà un po’ diversa dagli anni precedenti , abbiamo una classifica bella di soci che hanno meritato il risultato fino a ora ottenuto, tantissimi saranno i premi di partecipazione per i vari eventi svolti oltre il campionato che vedrà vincitori i primi 10 soci in classifica adulti e altrettanti soci minorenni o Accompagnatori minorenni.
“Vi terremo cmq informati , al momento auguro a tutti una felice domenica.

Ambiente
Pantelleria, vendemmia 2025: i risultati tra siccità pregressa e peronospera
Soddisfacente la vendemmia 2025. Dati alla mano
Ogni anno teniamo sott’occhio quella che una eccellenza indiscussa di Pantelleria: la viticultura.
Grazie a questa pratica di agricoltura decisamente eroica anche ai nostri tempi, l’isola ha conquistato uno spazio nei patrimoni dell’umanità, per cui l‘UNESCO ha conferito, lo ricordiamo, il riconoscimento proprio per la vite ad alberello.
Quest’anno abbiamo voluto fare un approfondimento, con una intervista, viste le recenti problematiche ambientali. Abbiamo contattato, all’uopo, Giovanni Bonomo, agricoltore eroico soprattutto per la passione che mette nel suo lavoro. Solerte, studioso, conosce i nomi latini di tutti o buona parte i parassiti che aggrediscono la vite, ma anche i capperi e altre colture importanti nella nostra economia. Con quel suo fare un pò romantico e un pò nostalgico, si sofferma ad analizzare soluzioni possibili per arginare problematiche simili, anche in modo sostenibile, si veda la conferenza che si terrà il 13 novembre prossimo e di cui parleremo in questo articolo.
E così, esordiamo: Signor Bonomo, com’è andata la vendemmia di quest’anno? “Partiamo dalla siccità dell’anno scorso che ha portato una certa sofferenza alle piante. Quest’anno invece è piovuto circa 600 mm, quindi un po’ d’acqua è entrata nel terreno, però le piante venivano da un periodo di indebolimento, in cui la vendemmia è stata pessima.
Quest’anno però le viti, queste viti che hanno piantato i nostri antenati, che le hanno scelte fondamentalmente molti migliaia di anni fa, potendo risalire sino ai fenici, perchè lo zibibbo arriva a Pantelleria con i fenici, hanno avuto un buon ristoro grazie appunto all’azione della pioggia. Seppur non sia stata abbastanza generosa.
Ma ciò che ha afflitto quest’anno le piante è stata la peronospera che ha inflitto loro un effetto di “bruciatura”.
Vuole spiegare a chi non è del settore cos’è la peronospera? “La peronospera, è un parassita, venuto dall’America, come anche lo Oidio, che in Italia si chiama malaria. Esso si riproduce, si replica, e alla fine le foglie tenere e i grappoli teneri che vengono colpite restano come “bruciate”. L’intera isola ha sofferto di questo “attacco”.
Siamo a novembre, la vendemmia ormai è arrivata quasi al termine. A Pantelleria si fanno più raccolti, ce li vuole spiegare? “Sì, oramai l’abbiamo terminata. La prima raccolta si fa all’incirca ad agosto, nelle zone troppo veloci, partendo dalla scogliera con le uve primizie.
Queste primizie, una volta partivano per fare le cosiddette gabbiette ed essere distribuite come uva da tavola. Fatta questa prima raccolta, via via si risale di quota.”
Quali sono i vitigni della tradizione pantesca? “In gran parte è lo zibibbo, poi i panteschi avevano, un tempo per uso personale, il catarrato, il nero nostrale l’insolia, il garignano e altri vitigni secondari. Però ripeto, una volta questi coltivati per uso personale, l’uva che andava alla vendita era lo zibibbo.
“Questo perchè, in genere, l’agricoltore pantesco non gradisce tanto lo zibibbo, specie il vino dalla prima raccolta che sa essere stucchevole.
“Ma, negli ultimi decenni, sono cominciati ad arrivare i Merlot, i Cabernet, i Shiraz e via discorrendo così.”
Soddisfacente la vendemmia 2025. Dati alla mano
La vendemmia di quest’anno ha prodotto un quantitativo e un qualitativo che ci (6:40) lascia soddisfatti? “Come quantitativo si potrebbe fare un po’ di più, se non venissimo da un anno molto arido, come qualità è molto buono. L’uva passa appassisce sempre a quel livello là, quindi poi sono sia i viticoltori con la loro cura, sia gli enologi che fanno dei grandi vini.
Questo quando non piove proprio quando è durante la vendemmia, perchè va a peggiorarsi la qualità dell’uva. Questo, per fortuna non si è verificato in questa annata.
Ho parlato ieri con l’Antonio D’Aietti l’enologo, forse il principale professionista dell’isola, e lui mi ha detto che stanno guardando gli ultimi arrivi delle varie particelle, delle varie produzioni: siamo sui un 22 mila, si potrebbe arrivare a 24-25 mila quintali.”

Tra qualche giorno si darà via a un corso formativo all’avanguardia, che vuole esporre l’isola ad uno step nel progresso dal punto di vista dei trattamenti. Organizzato dal Centro Giamporcaro e nato da una sua idea, cosa può anticiparci? “L’Università di Palermo ci ha indicato questo formatore, il prof. Luigi Rotondo. Il corso si terrà dal 13 al 16 ottobre e durerà 14 ore, distribuite in tre pomeriggi e una mattinata, cercando di conciliare l’orario con le esigenze degli agricoltori, che di solito lavorano sempre e non hanno mai tempo di fare i corsi.
L’idea è di chiarirci le idee sulla peronospora e altri parassiti, formando i lavoratori del settore anche con l’autoproduzione di alcuni preparati, per cercare anche di ridurre l’impatto chimico sulle coltivazioni, che poi la parte anche li mangiamo noi.”
“L’argomento è molto grande, rispetto anche a come si mantengono i terreni, tenendo presente pure l’età delle persone, i mezzi che hanno a disposizione, i guadagni.”
Abbiamo notato che questo corso è considerato talmente valido, che il centro Giamporcaro ha radunato parecchi sostenitori: oltre Comune e Parco Nazionale, il Consorzio Vini Doc, le cantine Pellegrino, Emanuela Bonomo e Donnafugata. Poi Fertigess e Stelmond Bio, ma anche l’Autonoleggio Policardo, seppur non sia del settore. “Infatti, già durante una riunione dello scorso marzo abbiamo invitato diverse aziende, le più importanti hanno risposto, quindi Donna Fugata, Pellegrino, adesso è arrivata anche Emanuela Bonomo. Abbiamo anche come sponsor il Noleggio Policardo che è sempre molto sensibile ad appoggiare iniziative per il territorio. Tutta questa gente ha creduto in questo progetto presentato dal Giamporcaro, con il suo presidente Anna Rita Gabriele. Il Giamporcaro dura da 30 anni con un grande lavoro alle spalle: è uno dei maggiori soggetti attivi dal punto di vista sociale, culturale, il tutto, essendo una associazione no profit lo fa gratuitamente per la comunità di Pantelleria.”
Cultura
Pantelleria, tutti a sgrappolare per il passito. Donne riunite tra uva passa, chiacchiere e cultura
Un gruppo di donne squisitamente tutte pantesche da generazioni, un pomeriggio un pò uggioso, ma tiepido, una tavola ospitale e si va in scena.
Mariuccia, Rosa, Maria, Annita, Anna, Michele e altre signore delle contrade attigue Khamma e Tracino, tra un grappolo e l’altro rievocano ricordi, improvvisano battute, risate, il tutto non con completa leggerezza, bensì con la consapevolezza di stare eseguendo un lavoro dal duplice valore: economico per la produzione del passito e culturale, per il gusto e lo stimolo sempre vivo di mantenere le tradizioni antiche della nostra straordinaria Pantelleria.
Una telefonata e via il gruppo si era creato. Ma anticamente come facevano ad accordarsi con le case distanti, senza mezzi di locomozione? Eppure belli e folti erano i gruppi che si adunavano in una casa per pomeriggio e serate a sgrappolare, tessere mustazzola, e sbucciare uva per la marmellata.
La finalità? Aiutarsi vicendevolmente e ritrovarsi in compagnia.
In tutto questo cast al femminile, l’unica quota azzurra è rappresentata da Michele, un gran signore galante e simpatico, di quelli di altri tempi che, temerariamente è riuscito a reggere e sopportare il chiacchiericcio infinito delle cummari. Le mani sapienti, appiccicose, che sanno di buono.
Il pomeriggio non è bastato poichè il quantitativo di raspi di uva è assai, quindi appuntamento al prima possibile, ma solo dopo aver raccolto le olive, perchè a Pantelleria non ci si ferma mai.
C’è sempre da fare.
Ma cosa accade agli acini appassiti, rigorosamente al sole su stenditoi che rivestono tetti, passiaturi e aie?
Tante le teorie e le modalità, per raggiungere tutti lo stesso risultato, un’eccellenza: il passito di Pantelleria.

Lo zibibbo, una volta essiccato, viene aggiunto al mosto dove riposerà e agirà chimicamente per tre mesi, ma anche su questo ciascun coltivatore ha la sua.
Alcuni, ancora, aggiungono l’uva passa in due o tre soluzioni, step; addirittura aziende che lo producono con 10 aggiunte.
A Pantelleria vi sono varie zone, sia a livello di latitudine che di altitudine e l’esposizione incide sulla dolcezza dell’uva.
Adesso le cantine hanno la tecnologia che permette per esempio di fare un mosto, metterlo in un serbatoio, refrigerarlo quindi a 5-6 gradi per evitare che fermenti e poi quando si ha l’uva secca, si unisce. Partita la fermentazione, questo mosto si ottiene il grado alcolico desiderato.
Si pensi che alcuni passiti sono sui 20 gradi di zucchero, che si ottengono aggiungendo 200 grammi di zibibbo appassito.
Il passito di Pantelleria è un gran prodotto che richiede molto lavoro, sacrificio, le cui origini risalgono all’antichità e che tutto il mondo corteggia.
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Marinella
12:18 - Agosto 1, 2024 at 12:18
Che bella storia! Sono arrivata sin qui cercando la parola “matticata” che non conoscevo. Un saluto dalla Puglia alla meravigliosa e misteriosa Pantelleria!