Cultura
Pantelleria e i suoi marinai ardimentosi: Giuseppe Valenza al comando di un MAS
Giuseppe Valenza. Un ardimentoso marinaio pantesco
Nell’immediato dopoguerra del primo conflitto mondiale accadde un episodio che fece conoscere all’opinione pubblica nazionale il coraggio e l’abilità del marinaio scelto della Regia Marina, Giuseppe Valenza da Pantelleria, conduttore di MAS. Correva l’anno 1920 e in Adriatico i rapporti tra gli italiani e gli slavi del neonato Regno dei Serbi, Croati e Sloveni (la futura Jugoslavia) erano pessimi, in particolare a Spalato dove la minoranza italiana subiva vessazioni e violenze di ogni sorta. Proprio per tutelare quella minoranza il governo italiano aveva inviato nel porto di Spalato la regia torpediniere Puglia, al comando del capitano di corvetta Tommaso Gulli. Verso la sera dell’11 luglio 1920 il comandante Gulli ebbe notizia che due sottufficiali italiani del cacciatorpediniere Aquilone si trovavano al Caffè Nani, quest’ultimo circondato da una folla minacciosa di nazionalisti slavi.
Quindi il Gulli ordinò al tenente di vascello Gallo e a dei marinai di andare a terra con un motoscafo per prendere i due sottufficiali asserragliati nel caffè. Se ci fossero stati problemi il Gallo doveva sparare dei razzi illuminanti con la pistola Very, in tal caso sarebbe stato inviato in aiuto un MAS. Il MAS (Motobarca Armata Svan, ma anche Motoscafo Armato Silurante), impiegato dalla Regia Marina nella prima guerra mondiale, era un piccolo motoscafo militare usato come mezzo d’assalto veloce. Dotato di due motori a benzina a combustione interna da 500 cavalli l’uno, era generalmente armato da due siluri, bombe di profondità antisommergibile e una mitragliatrice o un cannoncino.
Equipaggio max 8 uomini. Ai MAS si devono i più esaltanti e strepitosi successi della Regia Marina nella Grande Guerra, quali l’affondamento delle corazzate austriache Wien, Szent Istvan (Santo Stefano) e Viribus Unitis. Fu il mezzo navale preferito da Gabriele D’Annunzio per le sue leggendarie gesta sul mare, che ne faceva derivare il nome MAS dall’alato motto latino da lui coniato per l’occasione “Memento audere semper” (Ricordati di osare sempre). Ma torniamo alla nostra storia. Intanto al Molo Veneto, dove il tenente Gallo doveva sbarcare, si era assiepata numerosa gente da cui partirono diversi colpi di pistola all’indirizzo del motoscafo italiano. A quel punto il Gallo sparò dei razzi illuminanti per avvertire del pericolo il suo comandante. Il MAS era già pronto e lo stesso Gulli decise di prendervi il comando per verificare di persona la situazione.
L’equipaggio del MAS era così costituito: il sottocapo cannoniere Gino Mario Pavone, il 2° capo meccanico Luigi Granato, il motorista Aldo Rossi, il marinaio Marco Serfaino.
Conduceva il MAS il marinaio scelto Giuseppe Valenza da Pantelleria. Dunque in tutto sei uomini, compreso il Gulli. Il mezzo navale italiano era quasi giunto a riva quando fu fatto segno a numerosi colpi di armi da fuoco, in particolare fucili, e lancio di bombe a mano. Sotto quella gragnuola di colpi restarono gravemente feriti il comandante Gulli, il sottocapo Pavone e il motorista Rossi. Il Gulli e il Rossi moriranno poi di lì a qualche ora.
Benché mortalmente ferito al ventre da un colpi di fucile il capitano Tommaso Gulli ebbe ancora la forza, in quei concitati momenti, di ordinare ai suoi uomini di non far fuoco assolutamente con il cannoncino di cui era munito il MAS e ciò evitò una sicura strage tra i facinorosi assiepati sul molo. Quindi ordinò al marinaio Giuseppe Valenza di ricondurre il MAS presso la nave Puglia. Per il Valenza non fu cosa facile perché gli spari continuavano sul casotto del timone e un colpo di fucile aveva colpito uno dei motori. Ma grazie all’eccezionale sangue freddo del pantesco, che non perse la testa in quei momenti drammatici, il mezzo fu portato fuori tiro e dopo poco raggiunse la nave Puglia.
Al capitano di corvetta Tommaso Gulli fu concessa, alla memoria, la medaglia d’oro al valor militare. Medaglia d’argento, sempre alla memoria, al motorista Aldo Rossi. In ricordo di quella tragica notte di luglio del 1920, anni dopo, Gabriele D’Annunzio vorrà avere nel parco del suo Vittoriale degli Italiani la regia torpediniere Puglia, con la prua simbolicamente rivolta verso l’Adriatico. Bella la motivazione della medaglia di bronzo al valor militare concessa, per l’episodio di Spalato, al nostro Giuseppe Valenza. Sentiamola: A Valenza Giuseppe, marinaio scelto, nato a Pantelleria (Trapani).
“Conduttore di MAS accorso presso la banchina di Spalato per mettere in salvo gli ufficiali ed una imbarcazione della Regia Nave Puglia attaccati dalla folla, durante tutta l’azione, in cui furono mortalmente colpiti il comandante della nave ed uno dei motoristi e gravemente feriti altri dell’equipaggio, sotto un violentissimo fuoco di fucileria centrato sul casotto del timone tenne il suo posto con magnifica calma e coraggio, eseguendo con prontezza e precisione tutte le manovre ordinategli. Spalato, 11 luglio 1920”.
Orazio Ferrara
Foto: MAS, prima guerra mondiale
Cultura
Pantelleria, lavori di adeguamento, messa in sicurezza ed efficientamento energetico della palestra della Scuola Media “Dante Alighieri”
Alla cittadinanza, Il Sindaco comunica che l’Amministrazione comunale di Pantelleria ha portato a compimento l’iter amministrativo e progettuale necessario per il recupero e la piena rifunzionalizzazione della palestra della Scuola Media “Dante Alighieri”, struttura da tempo inagibile e fortemente attesa dalla comunità scolastica dell’isola. Il Sindaco comunica che l’intervento rientra in una più ampia strategia di riqualificazione dell’edilizia scolastica, con l’obiettivo prioritario di garantire sicurezza, accessibilità, sostenibilità energetica e qualità degli spazi destinati alle attività formative e sportive.
Il progetto prevede opere di adeguamento strutturale e funzionale, la messa in sicurezza dell’edificio, il miglioramento delle prestazioni energetiche attraverso l’installazione di impianti moderni e l’utilizzo di fonti rinnovabili, nonché il completo ripristino della fruibilità della palestra per studenti, associazioni sportive e iniziative collettive. Il Sindaco comunica che l’intervento consentirà di restituire alla cittadinanza una struttura fondamentale per la crescita educativa, sociale e sportiva dei giovani di Pantelleria, colmando una carenza che per anni ha inciso negativamente sull’offerta di spazi adeguati alle attività motorie.
L’Amministrazione è consapevole che l’esecuzione dei lavori potrà comportare disagi temporanei; tuttavia, il cronoprogramma è stato definito con l’obiettivo di contenere l’impatto sulle attività scolastiche, con una durata complessiva stimata in circa 14 settimane. L’Amministrazione continuerà a seguire con attenzione tutte le fasi successive, dall’affidamento dei lavori alla loro realizzazione, assicurando trasparenza, rispetto dei tempi e tutela dell’interesse pubblico. Pantelleria guarda avanti, investendo sulle scuole, sulla sicurezza e sul futuro delle nuove generazioni.
Cultura
Il violinista di Solarino Don Paolo Teodoro e le radici di una tradizione di due secoli
La storia nascosta di un paese che ha fatto della musica una firma identitaria
Nel 1827, quando il paese non era ancora Comune, un documento d’archivio rivela la presenza inattesa di un musicista professionista. Da allora Solarino non ha mai smesso di essere una comunità musicale.
Solarino – Nel 1827 il paese non era ancora autonomo e viveva un momento di transizione politica e amministrativa. Eppure, in quell’anno cruciale, emerge un dettaglio sorprendente che permette di leggere la storia locale da una prospettiva nuova. Tra gli atti conservati presso l’Archivio di Stato di Siracusa compare il nome di Don Paolo Teodoro, registrato come violinista.
Un dato che, per l’epoca, spacca in due l’immagine consueta di un borgo rurale fatto solo di agricoltori e artigiani.
Il musicista che rompe gli schemi
Il documento mostra chiaramente che Don Paolo Teodoro non era soltanto un residente rispettato di Solarino. Era un musicista. Un ruolo insolito in un contesto rurale del primo Ottocento, dove la musica raramente compariva nelle registrazioni ufficiali. Teodoro abitava in via Fontana, insieme alla moglie Costantino Eloisa, ma la sua formazione aveva radici ancora più profonde. Da giovane, infatti, era cresciuto in una parte dell’attuale Palazzo Requesens, allora indicato come Piano Palazzo n.2, oggi cuore dell’odierna Piazza del Plebiscito, luogo simbolo della vita sociale solarinese. Una crescita in un ambiente architettonico e culturale privilegiato che spiega – almeno in parte – la precocità di una vocazione musicale riconosciuta persino dagli atti civili borbonici.
Una tradizione musicale che Solarino non ha mai abbandonato
Il caso di Don Paolo Teodoro non è un episodio isolato, ma il primo tassello visibile di una storia più lunga. Perché a differenza di tanti altri centri siciliani, Solarino non ha mai smesso di essere un paese musicale. Bande storiche, maestri locali, scuole di musica, gruppi giovanili, famiglie che tramandano strumenti da generazioni, musicisti nazionali , la musica, qui, non è un accessorio, ma un linguaggio collettivo. E questa continuità testimonia una capacità rara: fare dell’arte una parte della propria identità civile. Non tutte le comunità hanno saputo compiere questa scelta. Molti centri rurali hanno perso nel corso del Novecento le proprie tradizioni culturali, travolti da emigrazione e modernizzazione. Solarino, invece, ha seguito una traiettoria diversa: ha difeso la musica, l’ha fatta propria, l’ha trasformata in patrimonio comune.
Questo è il vero punto di forza del paese. Una maturità culturale che trova le sue prime radici in persone come Don Paolo Teodoro: uomini capaci, già due secoli fa, di portare l’arte dentro la vita quotidiana di una comunità in trasformazione. Oggi, quando strumenti e prove musicali risuonano nelle case, nelle scuole e nelle piazze, è possibile intravedere un filo diretto con quella firma d’archivio del 1827. Solarino continua a distinguersi per il suo fermento artistico. E la storia del violinista Don Paolo Teodoro si rivela allora molto più che una curiosità d’epoca: è l’origine documentata di un percorso identitario che il paese ha scelto di portare avanti con orgoglio. Due secoli dopo, Solarino resta un paese che suona e questa è, senza dubbio, una delle sue vittorie più grandi.
Laura Liistro
Cultura
Elena Pizzuto Antinoro: da Santo Stefano Quisquina alla scena internazionale della ricerca linguistica
Donna siciliana, studiosa di straordinaria competenza e voce autorevole della ricerca italiana, Elena Pizzuto Antinoro è considerata una delle figure più influenti negli studi contemporanei sulla comunicazione e sulle lingue dei segni.
Psicologa, linguista e ricercatrice del Consiglio Nazionale delle Ricerche, ha contribuito in modo determinante al riconoscimento della Lingua dei Segni Italiana (LIS) come sistema linguistico pienamente strutturato, superando visioni riduttive che ne avevano a lungo limitato la comprensione. Il suo percorso accademico si è svolto tra l’Italia e gli Stati Uniti, dove ha approfondito la Lingua dei Segni Americana (ASL) entrando in contatto con metodologie di ricerca all’avanguardia. Questa esperienza internazionale fu decisiva: rientrata in Italia, introdusse nuovi paradigmi analitici che avrebbero innovato radicalmente lo studio della LIS, collocando la ricerca italiana in un dialogo costante con quella mondiale. Caratteristica centrale del suo lavoro fu l’approccio interdisciplinare.
Elena operò a stretto contatto con persone sorde, analizzando i processi cognitivi, le strutture linguistiche e le dinamiche comunicative della lingua visivo-gestuale. Le sue pubblicazioni rappresentano oggi un riferimento fondamentale non solo in Italia, ma anche nel contesto internazionale degli studi sulle lingue dei segni. Tra le iniziative più rilevanti da lei guidate figura VISEL, progetto dedicato allo sviluppo di sistemi di scrittura per la lingua dei segni e alla definizione di strumenti didattici innovativi. Un contributo che ha ampliato le possibilità di ricerca e di accesso alla comunicazione visiva, rafforzando il ruolo dell’Italia nel panorama scientifico globale. Colleghi e collaboratori ricordano Elena Pizzuto Antinoro come una professionista rigorosa, dotata di una forte integrità etica e di una visione capace di anticipare nuove prospettive. Il silenzioso applauso con cui la comunità sorda l’ha salutata ne sottolinea il profondo impatto umano e scientifico.
Oggi, Elena Pizzuto Antinoro è riconosciuta come una figura chiave della linguistica internazionale e un esempio di eccellenza femminile nel mondo accademico. Siciliana, figlia di Santo Stefano Quisquina, ha portato la sua terra d’origine nei principali centri di ricerca del mondo, lasciando un’eredità destinata a influenzare a lungo gli studi sulla comunicazione e sulle lingue dei segni.
Laura Liistro
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