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Cultura

Pantelleria ceduta all’Inghilterra? Pillole di storia di Orazio Ferrara

Redazione

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Forse aveva ben ragione la banda legittimista pantesca dei fratelli Ribera a ribellarsi in armi negli anni immediatamente successivi all’Unità d’Italia. Quei giovani generosi avevano compreso, come tanti altri giovani dell’ex Regno delle Due Sicilie, che quella che si presentava all’orizzonte non era altro che un’Unità nazionale (che pur doveva farsi) malamente perseguita, insomma una Malaunità, che sarebbe costata al Sud, considerato alla stregua e peggio di una colonia, molte lacrime e sangue, prima con il cosiddetto brigantaggio, poi con l’emigrazione di massa. Da lì è nata la Questione Meridionale, tutt’ora irrisolta. A Pantelleria a reprimere la ribellione sarà poi mandato il macellaio garibaldino, colonnello Eberhard. Ma questa è un’altra pillola di storia, che racconteremo un’altra volta. Appena dopo l’Unità anche a Pantelleria il nuovo governo sabaudo si presentò con l’odioso volto di inique nuove tasse e della leva obbligatoria, quest’ultima toglieva, per anni, le più giovani e forti braccia alle famiglie pantesche nella coltivazione dei propri terreni. Con quale danno al già magro bilancio familiare è facile immaginare. In più si andava allargando a dismisura la colonia dei coatti, con il trasferimento in massa di pericolosi camorristi e mafiosi. Anzi, nelle alte sfere, si pensava addirittura di fare dell’intera isola un vero e proprio bagno penale. Ma qualcuno della nostra “astuta” diplomazia pensava ancora più in grande. Nientemeno che cedere l’isola all’Inghilterra in cambio di una sperduta e insignificante isoletta nel Mar Rosso di nome Perim. Che la nostra diplomazia sia stata sempre “astuta” citiamo un esempio fra tanti. Le malcondotte e svogliate trattative con l’Austria allo scoppio della prima guerra mondiale. Potevamo avere facilmente le terre irredenti restando neutrali. Invece si preferì dar man forte alla Francia e all’Inghilterra in una sanguinosa guerra, che ci costò la bellezza di settecentomila morti e un milione di mutilati. Per soprammercato degli accordi segreti con gli anglo-francesi (a guerra vittoriosa, oltre le terre irredenti avremmo dovuto avere Fiume e tutta la Dalmazia e spartire le ex colonie tedesche in Africa) non avemmo un bel niente. Avemmo invece la cosiddetta Vittoria Mutilata, che ci portò poi al fascismo. Ma torniamo al tempo in cui l’Italia voleva cedere Pantelleria all’Inghilterra, che voleva fare dell’isola un immenso lazzaretto per i malati di peste bubbonica (incredibile, ma vero!). Lo

apprendiamo dal giornale “Italia”, stampato in italiano in San Francisco (Stati Uniti), numero 66 del 18 marzo 1897: “Extra scambio di isole. Fra Italia e Inghilterra. l’Italia cede Pantelleria. L’Inghilterra le darebbe Perim sul Mar Rosso. Un giornale francese spera che il cambio sarà impedito. (Dispaccio telegrafico) Parigi. 17. – L’Echo de Paris afferma che l’Italia è alla viglia di cedere alla Gran Bretagna l’isola di Pantelleria situata a circa mezza strada tra la Sicilia e la Costa Africana in cambio dell’isola di Perim vicino alle Coste dell’Arabia, sullo stretto di Babel Mandeb, all’ingresso del Mar Rosso. L’isola di Perim è tutta una nuda roccia, lunga circa 5 miglia dove si raccoglie una quantità di tartaruche (sic). L’isola di Pantelleria ha un’area di 58 miglia quadrate con una popolazione di 7000 abitanti. Produce eccellenti frutti ed ha un conveniente porto, Oppodilo (ma Oppidolo, nda). Potrebbe venir convertita in una stazione ben fortificata. L’Echo de Paris manifesta la speranza che le potenze rifiuteranno il permesso a questo scambio. Questo improvviso annunzio del prossimo probabile scambio fra Italia e Inghilterra delle due isole di Pantelleria e Perim è senza dubbio una sorpresa, la quale però non è così strana come appare a prima vista. Da tempo esistono fra i due Governi di Londra e di Roma continue trattative – forse anche delle intese – a proposito degli interessi che le due nazioni hanno in Africa. Si è lungamente parlato, fra altro, della cessione di Kassala all’Inghilterra. Venendo allo scambio accennato dall’odierno telegramma non ci par molto facile il giudicare se detto scambio sia o non sia conveniente per l’Italia. Non neghiamo l’importanza dell’isola di Perim, data la sua posizione a cavalcioni dello stretto di Babel Mandeb, nel punto più angusto dell’ingresso del Mar Rosso, a circa 80 chilometri da Obok e 130 da Gibuti, i due porti francesi sulla Costa dell’Abissinia; e a circa duecento chilometri da Aden e 150 da Zeila. Ma a poca distanza, a circa 100 chilometri, abbiamo digià noi pure un porto, Assab, e non crediamo che Perim possa esserci gran che più utile di Assab. Mentre l’isola di Pantelleria costituisce per noi una specie di baluardo avanzato sul Mediterraneo, dalla parte della costa della Tunisia, vicino a quel Tunisi dove ci sono i nostri fratelli francesi. Lo stesso telegramma accenna al fatto che detta isola potrebbe esser convertita in una stazione fortificata. E a parte anche la quistione strategica, Pantelleria può essere sempre utile dato che in un prossimo avvenire iniziassimo davvero un commercio col Mar Rosso e coll’Abissinia e se volessero concretare i progetti che … abbiamo su Tripoli. Crediamo, comunque, che la notizia meriti una conferma che non verrà tanto facilmente”.

Il vero fine dell’ignobile baratto lo aveva però già svelato in precedenza un articolo de “La Dépêche tunisienne” del 13 febbraio 1897, di cui diamo la tradizione: “Il Patriota di Malte dà, a proposito di Pantelleria, la seguente nuova: Questa, tutti gli italiani si rallegrano al pensiero che il Governo Italiano non sarebbe lungi dal cedere al Governo Britannico l’isola di Pantelleria, al fine di stabilirvi un lazzaretto per tutti i provenienti che vengono dall’India e dagli altri possedimenti inglesi impestati dalla peste bubbonica. L’Italia domanderebbe in cambio l’isola di Périm, che fu messa a disposizione dalla conferenza sanitaria di Venezia per le quarantene che tendevano a garantire la salute pubblica nel continente. Si dice che una nave da guerra inglese avrebbe già ricevuto l’ordine di andare in Pantelleria per esaminare gli ormeggi”. Fortunatamente per Pantelleria l’incredibile e infame baratto organizzato dagli “astuti” diplomatici italiani non andò a buon fine. Ma andò a buon fine invece la cessione di Kassala agli inglesi, di cui si parla proprio nell’articolo dell’ “Italia”. Kassala, città strategica, al confine del Sudan, che ci era costata sangue per liberarla dai Dervisci. Nel 1940 per riprenderci nuovamente Kassala ci costò altro sangue italiano. D’altronde quella stessa incompetente diplomazia italiana ci aveva già regalato nel 1889 il trattato di Uccialli con il Negus Menelik, trattato che ci aveva portati dritti dritti nel 1896 alla tragica e luttuosa giornata di Adua, dove l’inettitudine e l’incompetenza del generale Baratieri fecero il resto, causando oltre 10.000 perdite alla parte italiana.

Cultura

Pantelleria, concluso il Corso “Agricoltura Bio Naturale” 4 giorni intensi senza perdere partecipanti

Direttore

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La soddisfazione di Giovanni Bonomo e del Presidente del Giamporcaro, Anna Rita Gabriele

Si è concluso ieri, 16 novembre, il Corso “Agricoltura Bio Naturale”, organizzato dal Centro Culturale Giamporcaro di Pantelleria.

La soddisfazione degli organizzatori, Giovanni Bonomo e Anna Rita Gabriele, è stata grande e il loro entusiasmo si percepisce nei loro occhi e attraverso le loro parole: vedere quel gruppo di uomini e donne che rimaneva colpito e interessato durante tutti e quattro i giorni dedicati al workshop.

Ma il centro del successo è nella modulazione del calendario, ma, non di meno, nelle capacità di Luigi Rotondo, ormai definito mattatore di quel teatro che aveva come copione l’agricoltura pantesca, quella difficile, quella eroica,

L’esperto per ben quattordici ore ha tenuto banco con passione verso l’argomento e verso l’attento auditorio, facendo sfiorare le menti dal ricordo del lavoro degli antenati panteschi, la riconoscenza e l’orgoglio di una comunità fiera del proprio lavoro e delle eccellenze che con sacrifici tenta di mantenere vivo.


Il corso si è articolato in una parte teorica conoscitiva dell’ambiente in generale, delle caratteristiche dei terreni panteschi, per poi passare alla pratica. In questa fase, il conferenziere palermitano ha mostrato praticamente come realizzare prodotti fertilizzanti ovvero antiparassitari, con quanto si ha in casa o nell’orto.
In buona sostanza ha dimostrato come l’orto possa aiutare l’orto stesso.

Nella giornata finale, cioè domenica scorsa, la platea è stata condotta presso diversi campi agricoli, tra cui uno presso il Lago, il cui proprietario ha dato mostra della sua maestria e attenzione nelle sue produzioni.

Ora, di quanto si è appreso, bisogna fare tesoro e mettere a disposizione quella preziosa conoscenza del resto della comunità che non è potuta essere presente e, infine, trovare la chiave per avvicinare i ragazzi verso una attività così importante per l’umanità, 

Il successo delle cose, spesso è nel lavoro di squadra, anche solo come supporto e quindi tutti i partners dell’evento sono stati grandi sostenitori e si parla, oltre che del Comune, rappresentato per l’occasione dall’Assessore all’Agricoltura Massimo Bonì, e dell’Ente Parco rappresentato dal suo direttore Carmine Vitale e Andrea Biddittu, anche di: aziende Donnafugata, con Baiata, Pellegrino con Poma, Emanuela Bonomo, per il Consorzio Vini Doc il vicepresidente Salvatore Murana e Fabrizio Basile, ma anche dell‘Autonoleggio Policardo, Stel Mond e Steri Gess.

Il Video 

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Cultura

Buscemi: Un Borgo da Riscoprire dagli Iblei a Pantelleria

Laura Liistro

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Nell’antico borgo i ruderi del Castello Requesenz, il casato del principe di Pantelleria

Buscemi, piccolo borgo montano nel cuore della Sicilia, non è solo un luogo ricco di tradizioni e bellezze naturali, ma un crocevia di storia, economia e nobiltà, che affonda le sue radici nell’influenza della potente famiglia dei Requesens. Questo paese, che conserva intatto il fascino di un tempo, è stato la culla di una delle famiglie nobili più significative della Sicilia.

Buscemi

I Requesens, di origini catalane, hanno avuto un impatto profondo sulla storia del borgo e dell’isola, e la loro presenza a Buscemi risale almeno al XV secolo. Il Castello Requesenz, i cui ruderi ancora svettano sulle colline circostanti, testimoniano la grandezza del passato di Buscemi, quando il borgo era al centro della vita politica, culturale ed economica dell’isola. La dinastia dei Requesens, attraverso le sue numerose generazioni, ha contribuito a fare di Buscemi un centro di cultura e arte, influenzando anche le tradizioni artigianali locali. Buscemi è infatti da sempre nota per la sua tradizione di lavorazione del cuoio, del legno e della ceramica, che ha avuto un’importanza fondamentale non solo per l’economia locale, ma anche per il legame stretto con territori vicini come Pantelleria e Solarino.

Quest’ultimo, insieme a Buscemi, faceva parte dei domini dei Requesens, unendo la Sicilia interna alla costa e alle isole. Il commercio tra Buscemi, Pantelleria e Solarino ha alimentato un florido scambio di beni artigianali e risorse naturali, rafforzando la coesione sociale e culturale tra questi territori. La ceramica di Pantelleria, celebre per la sua qualità, si univa a quella di Buscemi, mentre le produzioni agricole e artigianali dei due territori si integravano, creando una rete di scambi che ha reso questi luoghi particolarmente ricchi di tradizioni.

Il legame tra Buscemi e Pantelleria è rafforzato dalla figura del Principe di Pantelleria, che era anche Conte di Buscemi e Barone di San Paolo Solarino, una figura nobiliare che ha unito questi territori sotto un’unica egemonia.
Il Principe di Pantelleria, con la sua influenza, ha giocato un ruolo fondamentale nel consolidamento dei legami tra questi luoghi, creando una rete che non solo ha promosso gli scambi commerciali, ma ha anche contribuito a un forte intreccio culturale e sociale. La sua posizione di prestigio ha contribuito a favorire l’integrazione delle risorse naturali e dei prodotti artigianali dei diversi territori, dando vita a un’unica area prospera, in cui la nobiltà dei Requesens aveva un ruolo determinante. Oggi, la riscoperta di questo legame storico rappresenta una grande opportunità di sviluppo.


Il borgo di Buscemi, con la sua storia nobiliare, può diventare un centro di attrazione per il turismo culturale e per la valorizzazione del patrimonio artigianale che ha forgiato nel corso dei secoli. Il legame con Pantelleria e Solarino, un tempo consolidato dalla figura del Principe di Pantelleria e dai suoi domini, può essere riproposto come un modello di sviluppo sostenibile, che coniuga la conservazione del patrimonio con l’innovazione. Il Comune di Buscemi, riconosciuto dal premio Honos come Comunità Honos 2025, sta puntando sulla valorizzazione della propria eredità storica per creare nuove opportunità di crescita economica e culturale.

La storia dei Requesens, la cultura artigianale e i legami storici tra Buscemi, Pantelleria e Solarino sono risorse preziose per un nuovo rinascimento del borgo, che sa restare fedele alla propria identità e tradizione mentre guarda al futuro con ottimismo. In questo contesto, Buscemi non è solo un luogo geografico, ma una comunità che si fa carico del suo passato, che cresce e si rinnova nel segno della sua tradizione storica, restando sempre fedele a se stessa e ai suoi valori. Un borgo che, attraverso la riscoperta delle proprie radici, ha tutte le potenzialità per diventare un punto di riferimento per il turismo, l’artigianato e lo sviluppo economico in Sicilia.

Come afferma il sindaco Michele Carbè:A Buscemi fare impresa non è un’impresa. Qui, ogni iniziativa che nasce è un’opportunità di crescita collettiva, perché il nostro passato ci insegna che solo unendo le forze e valorizzando la nostra storia, possiamo costruire un futuro prospero.” Un messaggio che racchiude la speranza e la determinazione di un borgo che guarda al futuro con fiducia, portando avanti un cammino che unisce tradizione e innovazione.

Laura Liistro

Tutte le immagini sono di gentile concessione di Rosario Acquaviva

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Spettacolo

L’Arte di Essere sé Stessi: a Palermo presentazione del corto “Chi sono quando mi vesto”

Direttore

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Il 21 novembre nella Sala Teatro del Convitto, una giornata sui temi del rispetto di genere e dell’inclusività giovanile

Si concluderanno lunedì 17 novembre nelle aule del Convitto Nazionale di piazza Sett’Angeli, a Palermo, i laboratori tematici che hanno visto per tre giornate decine di ragazzi al lavoro insieme a docenti ed esperti di moda e immagine per il progetto “L’ Arte di Essere sé Stessi: corpo, moda e immagine”, proposto dalla associazione Significa Palermo, su idea de I Segni di Venere e del centro commerciale naturale Piazza Marina & Dintorni.  L’iniziativa, sostenuta dall’assessorato regionale alla Famiglia, politiche sociali e lavoro della Regione Siciliana, si è avvalsa di un panel di esperti e docenti ed ha utilizzato i linguaggi di moda e immagine come strumenti per promuovere autenticità, rispetto e inclusione.

Ad essere coinvolti sono gli studenti della scuola secondaria e del liceo classico con indirizzo specialistico cinematografico del Convitto Nazionale e gli studenti dell’Accademia di Belle Arti. Grazie a Zonta International Palermo Zyz, l’iniziativa rientra nell’ambito della campagna internazionale “Zonta Says No” di sensibilizzazione contro la violenza di genere. A documentare i laboratori creativi sarà un cortometraggio realizzato da due giovani videomaker formatisi all’Accademia di Belle Arti di Palermo, Alessia Caruso e Vincenzo Marturana, con il contributo del professore Sergio Daricello dell’Accademia e del professore Giovanni Melazzo che cura le classi di produzione cinematografica del Convitto.

La presentazione del corto “Chi sono quando mi vesto?”

La giornata conclusiva, dal titolo “Chi sono quando mi vesto?”, si terrà il 21 novembre nella sala teatro, a partire dalle 9 e sino alle 14, e sarà aperta a studenti, famiglie e scuole della rete cittadina Al Qsar. Interverranno all’incontro la professoressa Cettina Giannino, rettrice del Convitto Nazionale “Giovanni Falcone”, Angela Galvano, consigliera di Parità per la Regione Siciliana, Giovanna Perricone, garante comunale per l’adolescenza e l’infanzia, Giulio Pirrotta, presidente dell’associazione Significa Palermo ETS, Giuseppe Veniero, presidente del CCN Piazza Marina & Dintorni e Maria Giambruno, giornalista, ideatrice del progetto “L’Arte di Essere sé Stessi”.  

In programma, a seguire, Angela Chisena, psicologa, Sergio Daricello, docente di fashion design e storia della moda dell’Accademia di Belle Arti di Palermo, Daniela Ferrara, avvocata e presidente di Zonta International Palermo Zyz, Sofia La Porta, merchandiser, fashion coach e creatrice del metodo fashion-up, Anna Laurà, docente, counselor che ha coordinato i laboratori e Tiziana Schiavo, coordinatrice del progetto per il Convitto Nazionale. Modera la giornalista Maristella Panepinto.

Sarà anche inaugurata la “Biblioteca del Rispetto”, una raccolta di testi dedicati a i temi centrali dell’autostima, ricerca del sé, empatia, rispetto e libertà espressiva.

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