Cultura
Pantelleria 1943, Francesco Martello difensore della piazzaforte. Dal diario del capitano di Galatone – I parte
Dal diario del capitano galatonese Francesco Martello / Un difensore della piazzaforte di Pantelleria nel 1943
Si deve alla intelligente lungimiranza della prof.ssa Teresa Gatto della città di Galatone (LE), nonché al suo certosino e paziente lavoro di recupero di scritti ormai ingialliti dal lungo tempo trascorso e a volte quasi indecifrabili per la loro scoloritura, se oggi siamo in grado di leggere e meditare le pagine, a volte davvero struggenti, del diario di guerra e di prigionia di un suo zio materno, il capitano Francesco Maria Martello dei Granatieri di Sardegna, nativo di Galatone, uno dei difensori dell’isola di Pantelleria nel 1943.
Il diario del Capitano Martello
Il diario è stato pubblicato in un libro del 2020, a cura sempre della Gatto, per i tipi dell’Editrice Salentina di Galatina col titolo “Ricordi. Diario di guerra e di prigionia”. Il diario riveste un certo interesse per gli storici e gli studiosi, che si occupano della controversa caduta della piazzaforte di Pantelleria nel giugno del ’43 ad opera degli anglo-americani. Esso è un’ulteriore testimonianza, ma ne sono ormai uscite tante altre al riguardo, che la guarnigione dell’isola non era per niente fiaccata nel morale e tantomeno pronta ad arrendersi. Eppure una vulgata nazionale, che oggi però fa acqua da tutte le parti, afferma il contrario, ciò fa il paio con l’altro falso storico duro a morire, che la guarnigione dell’isola, dopo circa un mese di eroica e testarda resistenza malgrado i diuturni e terroristici bombardamenti degli Alleati, l’11 giugno 1943 si sia arresa senza sparare nemmeno un colpo.
Questa tesi si deve alla propaganda anglo-americana del tempo che voleva dimostrare all’opinione pubblica internazionale come una piazzaforte nemica si fosse arresa senza combattere solo a seguito di “offesa aerea”. Questa bugiarda vulgata venne poi confermata dalla fervida fantasia di Winston Churchill, che raccontò della perdita di un unico soldato inglese per il calcio ricevuto da un ostinato e irriducibile asino pantesco. Così oltre al danno si ebbe anche la beffa per gli sfortunati difensori di Pantelleria, malgrado la loro ostinata resistenza per più di un mese e costata loro lacrime e sangue. Eppure non andò così. L’ignominiosa resa della piazzaforte si dovette solo all’incompetenza e alla pavidità, se non peggio, dei capi militari, in primis dell’ammiraglio Pavesi. Ma andiamo con ordine e torniamo al capitano Francesco Maria Martello dei Granatieri di Sardegna. Il Nostro nasce a Galatone in provincia di Lecce il 23 luglio 1907 da Giuseppe Maria e Carmela Paolina Riccardi, che appartengono ad agiate famiglie di proprietari terrieri della zona. Francesco compie i suoi studi presso l’Istituto per Geometri “Francesco Calasso” in Lecce, dove consegue il relativo diploma.
La chiamata alla leva
La chiamata alla leva lo vede frequentare il corso di allievo ufficiale di
complemento alla Scuola di Reclutamento del Corpo d’Armata di Bari, da cui ne esce col grado di sottotenente. In questo periodo è in forza al 2° Reggimento Granatieri di Sardegna. Dal suo foglio matricolare ricaviamo una succinta descrizione fisica: statura 1.75, torace 0.84, capelli neri forma liscia, naso e mento regolari, occhi castani, colorito roseo, dentatura normale. Ritornato alla vita civile, Francesco Martello esercita la professione di geometra nella sua città natale, Galatone, dove, per le sue spiccate doti umane e professionali, raccoglie la stima e la benevolenza di tutti i compaesani. Nel 1939 è richiamato alle armi per alcuni mesi e riceve la nomina a tenente, quindi successivamente si trasferisce a Taranto, dove conosce Gianna, una ragazza di Avetrana, che sarà il grande e unico amore di tutta una vita e che ricorderà poi in pagine accorate e struggenti nelle sue memorie di prigionia. Il 31 ottobre 1941 è nominato capitano.
L’assegnazione alla guarnigione di Pantelleria
Richiamato nuovamente alle armi in data 11 dicembre del ‘42, parte per Siracusa, venendo infine assegnato alla guarnigione dell’isola di Pantelleria. Qui l’11 giugno 1943 viene fatto prigioniero degli Alleati. Trascorre la prigionia in diversi assolati e terribili campi di concentramento del Nord-Africa, prima in Tunisia, poi in Algeria e infine in Marocco. Per le terribili condizioni di vita di questi campi, veri e propri lager, contrae una grave malattia che lo prostra fortemente nel fisico, ma non nel morale.
A riguardo di questi famigerati campi nord-africani degli Alleati, in particolare quelli in mano dei francesi che uguagliavano in mortalità nientemeno che i lager tedeschi, si veda la testimonianza di Giuseppe Ferrara, anch’egli uno dei difensori della piazza di Pantelleria, nel suo libro “Memorie di un 2° Capo della Regia Marina” (Aviani & Aviani Editori, 2011). A causa del continuo peggiorare della malattia, il Martello viene rimpatriato e il 24 luglio del 1944 sbarca a Taranto, dove viene subito ricoverato nel locale ospedale militare. Il 1° ottobre di quello stesso anno viene quindi mandato in convalescenza a Galatone, ma le sue condizioni di salute non fanno che peggiorare sempre più. Il 17 gennaio 1945 il capitano Francesco Maria Martello dei Granatieri di Sardegna muore.
Ha solo 37 anni e non ha potuto coronare il suo sogno d’amore con Gianna. Appena giunto nell’isola di Pantelleria, il capitano Martello ebbe il comando di una compagnia di fucilieri, attestata in località “Cuddia Bruciata” e posta a difesa del vicino aeroporto della Margana. In quel medesimo caposaldo c’era anche una compagnia di mitragliatrici agli ordini del capitano Fortunato Di Pumpo. Il diario di Francesco Martello ha inizio proprio il giorno della resa dell’isola, l’11 giugno 1943. Il giorno precedente, il 10, la guarnigione, e per essa l’ammiraglio Pavesi, ha respinto sdegnosamente e coraggiosamente l’ennesimo invito alla resa fatto dal nemico.
I raids dei bombardieri
Nella notte tra il 10 e l’11 continuano quindi ininterrottamente i devastanti raids dei bombardieri inglesi Vickers Wellington.
In quelle ore da tregenda Martello e la sua compagnia sono avvicendati per riposo nei sicuri hangar del campo di Margana. Intanto, in quelle stesse drammatiche ore, nell’animo dell’ammiraglio Pavesi, matura l’inopinata decisione di arrendersi. Del come e del perché, il comandante italiano della piazza sia passato dal fermo rifiuto alla resa del giorno precedente a quello di arrendersi senza condizioni del giorno successivo, resta a tutt’oggi ancora un mistero insoluto.
E’ quello che possiamo denominare l’enigma Pavesi. Eppure sarebbe bastato attendere alcune ore e sarebbe giunta l’autorizzazione alla resa di Mussolini, autorizzazione che peraltro si aspettava da un momento all’altro. La guarnigione per la sua indomita resistenza avrebbe sicuramente ricevuto l’onore delle armi da parte dell’avversario e perfino l’ammiraglio sarebbe stato insignito di una prestigiosa onorificenza. E invece si preferì mandare ignominiosamente tutto a carte quarantotto Ma vediamo la pagina del diario del capitano Martello riguardante quel fatidico giorno 11.
Giorno 11 ore 11
“11.6.1943 –(Ricordi) Ore 11, sono da poche ore al campo d’aviazione, riposavo tranquillamente e, che dolce sonno che facevo, in quanto la sicurezza del luogo mi consentiva finalmente, dopo tante notti insonni, di riposare con calma e senza timore.
Da tredici giorni che non si dormiva, non si mangiava, non ci potevamo concedere un po’ di riposo. Si era proprio arrivati al non se ne può più. Ancora nel sonno sentiamo lo scoppio delle bombe, ma, o per la stanchezza o per la sicurezza del luogo in cui eravamo, continuavamo a dormire. Un bel momento degli scoppi fanno tremare l’hangar ed uno squillo di tromba mi fa balzare dal lettino. Suona l’allarme. Scappo giù e incontro l’ufficiale di servizio al quale domando: “Che c’è di nuovo?” “Gli Inglesi sbarcano”, egli mi risponde, “bisogna difendere l’aeroporto”.
Raduno subito la compagnia, do ordini ai miei due ufficiali e in pochissimo tempo tutti siamo al nostro posto. Passano circa 15 minuti in questa trepida attesa; ognuno attende il nemico per misurarsi, per vendicarsi dei tragici momenti dei bombardamenti aerei. Poi mi viene trasmesso un ordine: “Non sparare, l’isola si arrende”.
Arriva l’ordine: “Si facciano saltare gli hangar”
Poco dopo ancora un altro ordine: “Sgombrare l’aeroporto, si facciano saltare gli hangar”. Tragici momenti; si spezzano i fucili, si rompono le mitragliatrici, si distrugge tutto. In un angolo arde un bel fuoco, getto là tutto ciò che non deve capitare in mano al nemico: segreti, pianta topografica, giornale di contabilità, denari ed il cuore mi si stringe. Poi assieme a delle donne, a dei bambini e con altri miei soldati ci allontaniamo da quel posto andando nel senso opposto a quello dello sbarco.
Il segnale della resa
Sono circa le ore 12; al semaforo, dove sino a poco prima garriva la nostra bandiera di combattimento, sventola ora un drappo bianco!… E’ il segnale della resa. Non abbiamo potuto vendicare i nostri morti”.
L’interessante pagina diaristica del Martello merita alcune opportune considerazioni. Il morale delle truppe della guarnigione non è crollato affatto ed è ancora alto, tant’è che il capitano Martello e i suoi uomini sono pronti a rispettare la consegna militare ricevuta e quindi a difendere ad oltranza l’aeroporto contro lo sbarco del nemico. D’altronde appena il giorno precedente ci si era rifiutati di arrendersi alle preponderanti forze dell’avversario, quindi sono genuini lo stupore e l’amarezza del Nostro per quell’incredibile improvviso ordine di resa e vedere “dove sino a poco prima garriva la nostra bandiera di combattimento, sventola ora un drappo bianco!”. Anche la testimonianza del Ferrara, nel suo già citato “Memorie di un 2° Capo della Regia Marina”, racconta che non c’era stato alcun segno di cedimento dei marinai ai suoi ordini durante i terribili bombardamenti. Eppure Ferrara e i suoi venti marinai erano a guardia e a difesa di un grosso deposito di carburante a Villa Silvia. Se pur una soltanto delle migliaia di bombe, sganciate dagli anglo-americani, fosse caduta nelle vicinanze del deposito sarebbe scoppiato l’inferno, sarebbero stati tutti polverizzati.
Il Martello sente anche l’ordine “si facciano saltare gli hangar”, che peraltro erano già stati minati in previsione di un’invasione. Ma non si fecero affatto saltare e, utilizzati dagli aerei alleati, portarono poi successivamente morte e distruzione alle popolazioni siciliane.
Ciò è alto tradimento, roba da corte marziale, da plotone di esecuzione.
(1 – continua)
Orazio Ferrara
Cultura
Radici di pietra e di cielo: Lorenzo Reina, l’uomo che ha ascoltato la sua terra
Santo Stefano Quisquina saluta Lorenzo Reina non solo come il creatore del Teatro Andromeda, ma come un artista totale, capace di restituire senso, bellezza e dignità a un territorio e ai suoi simboli più profondi. La sua opera non si limita a un capolavoro architettonico incastonato tra i monti Sicani: è una visione del mondo che intreccia arte, natura e spiritualità.
L’arte di Lorenzo Reina nasce da un rapporto intimo con la terra e con il tempo naturale.
Le sue sculture, le installazioni e le architetture non impongono una presenza, ma sembrano emergere dal paesaggio stesso.
Pietra, luce, silenzio e cielo diventano materia artistica. Ogni gesto è misurato, essenziale, come se l’opera fosse il risultato di un ascolto profondo del luogo.
Il Teatro Andromeda rappresenta la sintesi più alta di questa ricerca: una scultura abitabile, un’opera totale in cui convergono arte visiva, architettura, astronomia e filosofia.
Ma Andromeda è anche il cuore di un’esperienza rituale che Reina ha saputo riportare in vita, restituendo dignità ai riti dei solstizi e ricreando quel filo antico tra l’uomo e la natura.
Con le celebrazioni del solstizio d’estate e del solstizio d’inverno, Lorenzo Reina ha trasformato il teatro in uno spazio sacro laico, dove il passaggio delle stagioni viene celebrato attraverso la luce, la musica e la danza.
Eventi intensi e sospesi nel tempo, capaci di generare un’atmosfera definita da molti come “magica”.
Il momento culminante è l’ingresso del sole nella “Maschera della Parola”, un gesto simbolico in cui la luce diventa messaggio, “parola di luce”, sintesi perfetta della sua poetica.
Questi riti, che attirano visitatori da tutta Italia e dall’estero, non sono semplici spettacoli, ma esperienze collettive di contemplazione e consapevolezza.
Lo dimostrano anche iniziative recenti come il “Solstizio di Pace 2025”, che hanno rafforzato il valore spirituale e universale di Andromeda, rendendolo un luogo di incontro tra culture, sensibilità e pensieri diversi.
Nella cosiddetta “Sicilia fredda”, spesso relegata ai margini, Reina ha costruito un’estetica della resistenza e della lentezza.
Ha dimostrato che la bellezza non ha bisogno di clamore, ma di radicamento.
Il vero tesoro che lascia a Santo Stefano Quisquina è una visione: l’idea che l’arte possa ricucire il rapporto tra uomo e natura, tra passato e futuro, tra materia e luce.
Oggi, tra i Sicani, la sua opera continua a parlare.
Non come monumento immobile, ma come esperienza viva.
Lorenzo Reina ha saputo materializzare la bellezza e trasformarla in rito, in comunità, in memoria condivisa.
Quella luce, diventata parola, continua a illuminare chi sa fermarsi ad ascoltare.
Laura Liistro
Personaggi
Charlotte da Pantelleria a Live Box di Casa Sanremo 2026
Charlotte, all’ anagrafe Sabina Esposito, cantautrice siciliana originaria di Pantelleria, parteciperà martedì 24 Febbraio 2026 al Live Box di Casa Sanremo, nello spazio Web Music Promotion gestito della Lino Management Berlin e Kalan Eventi Group, presentando il suo ultimo singolo “Come le foglie e il vento“
https://youtu.be/8O17KOBqy38?si=5ZKTu_uTYYuRLypV
L’ artista arriva a questo appuntamento grazie alla collaborazione con l’agenzia
siracusana di eventi e spettacoli gestita da Walter Iannì, da anni operante nel settore
dello spettacolo e nella promozione di talenti emergenti, non solo in ambito musicale.
La stessa è partners commerciale per la Sicilia della Lino Management Berlin per
tutti gli eventi in programma in ambito nazionale.
Conosciamo meglio in breve Charlotte.
La carriera artistica di Charlotte
L’ artista pantesca consegue nel 2018 la
Laurea in “Musica, Spettacolo, Scienza e Tecnologia del suono” presso il Politecnico
Internazionale “Scientia et Ars” di Vibo Valentia con indirizzo Canto Moderno.
Nel corso della sua carriera partecipa a numerose manifestazioni canore nazionali e
internazionali, conseguendo ottimi risultati professionali e la vede sempre
protagonista in vari masterclass musicali.
A Febbraio 2023 supera i casting per il Talent televisivo “The Coach”
nel febbraio 2024, dopo aver superato i casting di Sanremo DOC, si esibisce con il
suo ultimo inedito al Palafiori di Sanremo durante la settimana del Festival di
Sanremo.
Conosce Walter Iannì grazie ad un progetto denominato “ L’ Angolo dei Talenti “,
live su piattaforma social Tik Tok, promosse dalla stessa agenzia è finalizzate alla
promozione e visibilità di artisti in genere.
Successivamente accede di diritto al “Talenti Special 2025 “, talent online, abbinato
al progetto “L’ Angolo dei Talenti “, dove tutt’ora la vede in gara fino al 30 Aprile
2026 con altri colleghi del ramo musicale e artistico.
Artista di carattere e professionalmente preparata, così la definiscono Walter Iannì e
Lino Sansone, responsabile diretto della Lino Management Berlin, augurano all’
artista siciliana il meglio per i prossimi appuntamenti in programma.
Personaggi
E’ morta Brigitte Bardot, icona del cinema e sex symbol degli anni ’60
Si è spenta a 91 anni Brigitte Bardot, diva del cinema per eccellenza e deli anni ’60, nonchè attivista memorabile per i diritti degli animali.
Mai attrice fu più simbolo di sensualità e libertà sessuale.
Le sue iniziali, BB, erano riconoscibili e subito riconducibili a quell’artista completa: oltre che attrice era cantante e modella.
Figlia di un ricco industriale parigino, era appassionata di danza ed entrò al Conservatorio di Parigi nel 1949 e a quindici anni divenne la mascotte della rivista Elle.
L’attrice ha recitato in 56 film prima di porre fine alla sua carriera nel 1973 e di dedicarsi alla difesa degli animali
Il primo ruolo nel cinema fu nel 1952 dal regista Jean Boyer in Le Trou normand al fianco del grande attore Bourvil.
A soli 18 anni sposò Roger Vadim, assistente alla regia di Marc Allegret, a cui si deve, di fondo, la scoperta della Bardot come viso e corpo per il cinema.
Da qui una serie di partecipazioni, come Poppea in Mio figlio Nerone con Alberto Sordi e Vittorio De Sica per la regia di Steno.
Bisogna aspettare il 1956 perchè entri nella leggenda del cinema, grazie al film del marito Vadim (dal quale si separerà nel ’57), E Dio creò la donna, che l’ha immortalata come icona di bellezza.
Dopo il film di Vadim i produttori iniziano a bussare con insistenza alla sua porta e ben presto BB diviene addirittura l’attrice più pagata del cinema francese. E’ arrivata addirittura a girare 4 film in 12 mesi: En cas de malheur (dove recita con Jean Gabin), Les Bijoutiers du clair de lune, Une Parisienne e La Femme et le Pantin. Il ’59 è l’anno di Babette va alla guerra (sul set conosce e si fidanza con l’attore Jacques Charrier) e di La verità di Clouzot dove interpreta un ruolo che la farà soffrire: quello di una donna che viene accusata dell’omicidio del marito, ma che i paesani giudicano come una mangiatrice di uomini e poco di buono.
Nel 1960 diventa mamma di Nicolas, suo unico figlio che tuttavia non accetta e lo affida ad una balia.
Con il film Vita privata, poi, conosce l’attore Sami Frey che diventa il suo nuovo amante dopo la liaison con Raf Vallone e prima di quella con il ricco playboy tedesco Gunther Sachs, che sposerà per divorziare nel 1969.
Le battaglie animaliste
Il 1963 segna l’inizio delle battaglie animaliste, promuovendo un’arma che uccida in modo indolore le bestie nei macelli; a questa iniziativa ne seguiranno decine di altre – forse la più celebre e significativa sarà quella contro le pellicce.
Nel 1964 recita in Viva María! e poi comincia a incidere dischi come Le Soleil (1966), Harley-Davidson (1967), poi il regalo d’amore di Serge Gainsbourg: Je t’aime… moi non plus (1967).
BB continua la sua carriera cinematografica dove incontra le colleghe Annie Girardot – Les Novices (1970) e Claudia Cardinale con la quale rifà una coppia di pistolere sexy in Les Pétroleuses. L’Histoire très bonne et très joyeuse de Colinot trousse-chemise (1973) è l’ultimo film della sua carriera.
Dopo questo film, l’artista parigina si dedica anima e corpo alla lotta per la protezione degli animali, come quella contro la caccia alle foche. Alla sua battaglia anche il presidente francese Valéry Giscard d’Estaing si allinea e vieta l’importazione di pelli di foca in Francia. Nella sua lotta, Bardot fu sostenuta da numerose personalità dello showbiz francese e non solo come Isabelle Adjani, Kim Basinger, Johnny Hallyday, Alain Delon e Jacques Chirac.
Con la sua tenacia e il suo impegno riesce a influenzare l’intero paese tanto da vietare l’importazione e il commercio di pelli di cane e gatto.
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