Cultura
Missione Marte. Gli arabi alla conquista del Pianeta Rosso

A quasi 57 anni dalla prima missione marziana (era il 28 novembre 1964), dopo gli americani della Nasa, i russi della Roscomos, gli europei dell’Esa e gli indiani della Isro, anche gli arabi della Uae lanciano una sonda verso il Pianeta Rosso. Si chiama Emirates Mars Mission (EMM) ed è la prima missione dell’agenzia spaziale degli Emirati Arabi Uniti (Uae Space Agency) verso Marte. Nel nome stesso del veicolo è racchiuso tutto il desiderio di raggiungere l’obiettivo, fallito da più della metà delle missioni fino a oggi lanciate verso il Pianeta Rosso: Al-Amal, più nota con il nome di Hope, in italiano Speranza.
La missione, che aveva una finestra di lancio di 30 giorni (dal 14 luglio al 12 agosto 2020), è iniziata il 20 luglio scorso alle 1:58 (orario degli Emirati Arabi Uniti). Quella notte la sonda Al-Amal è decollata dal centro spaziale dell’isola di Tanegashima (Giappone) su un razzo Mitsubishi H-IIA verso est, in una traiettoria che l’ha portata oltre l’Oceano Pacifico. Dopo che la sonda si è separata dallo stadio superiore, una sequenza automatica l’ha “svegliata” permettendole così di usare i sensori per “trovare” il sole e dispiegare i pannelli solari per caricare le batterie di bordo. Con l’energia accesa, la sonda ha inviato la sua prima trasmissione alla Terra, captata dalla stazione della Nasa a Madrid (la Deep Space Network). Il team di scienziati ha quindi affinato (da terra) la traiettoria verso Marte eseguendo una serie di manovre di correzione della traiettoria. La sonda dovrà percorrere un tragitto di 493.500 mila km per raggiungere il Pianeta Rosso.
Intanto, dopo circa 480 milioni di chilometri e 204 giorni, lo scorso 9 febbraio la sonda Al-Amal è entrata con successo nell’orbita di Marte. Tutto perfettamente calcolato dal team di scienziati, il cui obiettivo era farla entrare nell’orbita marziana proprio in questo mese, dal potere simbolico per gli arabi, che festeggiano il 50esimo anniversario dell’unificazione degli Emirati. Manovra tutt’altro che semplice: il giusto posizionamento nell’orbita è infatti una delle fasi più critiche della missione, perché la sonda ha dovuto frenare bruscamente per ridurre la sua velocità (relativa al Sole) passando, in circa mezz’ora, da 121 mila a 18 mila chilometri orari. Tutto avvenuto con precisione e successo.
Intanto, alle 10.46 del 14 febbraio, nella pagina facebook della missione è stata pubblicata la prima foto di Marte di questa prima sonda araba della storia. Scattata a 25 mila km di altezza dalla sua superficie, ne suggella ancora una volta il fascino misterioso.
Ma facciamo un passo indietro e scopriamo qualcosa di più sul perché della missione e sul suo obiettivo.
Il Pianeta Rosso cattura da sempre l’immaginazione umana: anche se oggi ne sappiamo molto di più e anche se negli anni sono state fatte scoperte che ne hanno messo in luce intriganti similitudini ed esotiche differenze con la Terra, l’attuale tecnologia ci permette di indagarlo in modo sempre più approfondito. L’esplorazione di Marte è un obiettivo ovvio per molte ragioni: come dichiarato nello stesso sito istituzionale della Uae “Marte serve come progetto a lungo termine e collaborativo per l’intera razza umana, dalla ricerca di una vita extra-terrestre all’espansione della civiltà umana su altri pianeti”.
Il principale obiettivo della Emirates Mars Mission (EMM) è studiare le dinamiche che agiscono nell’atmosfera marziana su scala globale (sia diurna che stagionale). Utilizzando tre strumenti scientifici a bordo del veicolo spaziale, fornirà una serie di misurazioni fondamentali per comprendere meglio la circolazione e il tempo atmosferico nella bassa e media atmosfera marziana e le differenze nei modelli meteorologici tra le diverse zone del pianeta. Combinando tali dati con il monitoraggio degli strati superiori della stessa atmosfera, le misurazioni della EMM riveleranno i meccanismi che sono alla base del trasporto verso l’alto di particelle ed energia e la conseguente fuga delle particelle atmosferiche dalla gravità di Marte.
Secondo i calcoli l’ammartaggio (si chiama in tal modo l’azione di toccare il suolo di Marte, così come la stessa azione sulla Terra si chiama atterraggio) della sonda Al-Amal avverrà giovedì 18 febbraio. Ma non sarà da sola: dovrebbe essere la prima a “tagliare il traguardo”, seguita dalla sonda cinese Tianwen-1 e da quella della Nasa Mars2020, che trasporterà sul pianeta Perseverance, il quinto rover americano (in collaborazione con l’Agenzia Spaziale Europea) che dovrà prendere campioni di suolo marziano.
Il 18 febbraio prossimo gli appassionati potranno seguire l’ammartaggio di Perseverance in diretta sul canale Focus a partire dalle ore 21 con il conduttore e autore Luigi Bignami.
(Credit immagine: la prima foto di Marte scattata dalla sonda Al-Amal degli Emirati Arabi Uniti dalla pagina facebook della Uae)
Giuliana Raffaelli
Cultura
Gianni Bernardo porta “La casa dei silenzi” in Liguria ed è sold out. Ecco l’arte di Pantelleria

Gianni Bernardo, attore narrante, incontra un nuovo pubblico. Due nuove tappe, 7 e 9 giugno, in due speciali piccoli habitat teatrali, nel centro storico di Genova e a Chiavari, al centro del golfo del Tigullio.
Gianni torna a raccontare “La casa dei silenzi”, pièce da lui scritta e liberamente ispirata a “L’uomo dal fiore in bocca” di Pirandello, rappresentata in molte città italiane per oltre 150 repliche.
Una performance suggestiva che racconta “una storia fatta di tante piccole storie” legata al filo fascinoso e incantante della memoria.
Sold out nelle due date.
Cultura
2 giugno festa della repubblica 2025: il Presidente Mattarella ricorda il voto del 2 giugno 1946

La prima celebrazione della Festa della Repubblica Italiana avvenne il 2 giugno 1947, mentre nel 1948 si ebbe la prima parata militare in via dei Fori Imperiali a Roma; il 2 giugno fu definitivamente dichiarato festa nazionale nel 1949.
Il presidente Sergio Mattarella ricorda il referendum del 2 giugno 1946, la nascita della Repubblica italiana e l’importanza della Costituzione, sottolineando il ruolo chiave dei prefetti per sicurezza e coesione sociale. Il messaggio del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per la festa del 2 giugno richiama un momento chiave della storia italiana: il referendum che sancì l’inizio della Repubblica italiana, con la partecipazione delle donne al voto. Quel passaggio ha segnato una svolta fondamentale nella costruzione democratica e sociale del Paese, gettando le basi della Costituzione che guida ancora oggi la convivenza civile.
Nel 2025, Mattarella sottolinea l’importanza di continuare a tradurre quei principi in azioni concrete, a partire dalle funzioni svolte dai prefetti, figura centrale per l’ordine pubblico e la coesione nel territorio.
Il referendum del 2 giugno 1946 e la nascita della repubblica italiana
Il 2 giugno 1946 rappresenta una data storica per l’Italia: per la prima volta le donne poterono votare in
modo libero e diretto, scegliendo tra monarchia e repubblica. Questo referendum, seguito dagli elettori
italiani dopo la Seconda guerra mondiale e la caduta del fascismo, trasformò profondamente il destino del
Paese. L
’esito segnò la nascita della Repubblica, che si fonda su libertà, democrazia e solidarietà.
Un voto di libertà e rinascita
Quel voto fu il coronamento di anni di lotta per la liberazione dall’occupazione nazifascista. La scelta
popolare non solo scelse la forma di governo, ma dette l’impulso per la redazione di una Costituzione che
mira a tutelare la dignità umana, la centralità del lavoro e il confronto tra diverse culture e idee politiche.
Nel messaggio ufficiale Mattarella ricorda che quello fu un patto tra istituzioni e cittadini per costruire una
società più giusta e per rilanciare il Paese dal punto di vista sociale ed economico.
Ancora oggi, a ottant’anni da quei fatti, il ricordo di quella data serve a ribadire l’importanza di quei valori e
l’impegno permanente necessario per mantenerli vivi. Il presidente parla di una eredità di unità e
pluralismo, che ha consentito di avviare la ricostruzione dopo la guerra e di affrontare sfide nel tempo,
attraverso il rispetto delle regole e il confronto civile.
Salvatore Battaglia
Presidente Accademia delle Prefi
Cultura
A Pantelleria primo ospedale Aeronautica Militare americana. Benemeriti della Sanità al tempo della Resa / 1

Al momento del fatidico sbarco dell’11 giugno 1943 nell’isola da parte del corpo d’invasione alleato, al commando del maggiore generale inglese Walter Edmond Clutterbuck, un’unità sanitaria britannica sbarcò al seguito del 1° Battaglione del The Duke of Wellington’s Regiment.
Nello stesso giorno sbarcava da un mezzo anfibio, il landing craft n° 242, il personale, i mezzi e il materiale medico della 34th Station Hospital americana. Quest’ultima nella sua interezza era imbarcata sul landing 242, alla stessa peraltro completamente riservato.
Pantelleria la 34th Station Hospital
La 34th Station Hospital era un’emanazione della 12a Forza Aerea americana (12th Air Force) ed
ebbe il privilegio di essere il primo ospedale dell’Aeronautica Militare americana (USAAF) in terra
d’Europa. Dipendeva direttamente dal brigadiere generale statunitense Auby Casey Strickland, in
quei giorni governatore con pieni poteri sull’isola.
Era stato il comandante in capo degli Alleati, generale Dwight D. Eisenhower, a volere fermamente
tale stazione sanitaria in quanto considerava Pantelleria, una volta conquistata, decisamente
strategica per la successiva invasione della Sicilia, in cui l’impiego in massa della forza aerea anglo-
americana era considerato determinante per la conquista.
Pantelleria, posta tra la Sicilia e la Tunisia, avrebbe abbreviato di molto il percorso di ritorno per
eventuali personale ferito degli equipaggi dei velivoli. Inoltre quest’ultimi, eventualmente
danneggiati e quindi abbisognevoli di riparazioni, avrebbero trovato un’attrezzata officina nel
campo di Margana, rimesso in pochi giorni in completa efficienza.
I giorni successivi alla resa
Nei giorni immediatamente successivi la Resa, mentre l’unità sanitaria inglese si reimbarcava col grosso delle truppe d’invasione alla volta della Tunisia, la 34th Station Hospital s’installava in pianta stabile nell’isola, tanto da essere in piena funzionalità e operatività già a far data dal 18 giugno. La capacità di ricezione di questa stazione era di tutto rispetto, potendo disporre di ben 250 posti letto, però ad esclusivo uso dei militari alleati in quanto essenziale supporto logistico alla già programmata invasione della Sicilia.
In quegli stessi giorni gli americani procedettero, con incredibile alacrità e determinazione, degni di
miglior causa, al sistematico smantellamento di tutti i presidi sanitari militari italiani nell’isola, a
cominciare da quello attrezzatissimo della Regia Marina per finire agli ospedali da campo del Regio
Esercito. Si poteva, come fatto peraltro per altri militari italiani nell’isola, soprassedere all’avvio
indiscriminato di tutti i medici italiani, quali POW (Prisoner Of War), nei duri campi di prigionia in
Tunisia e trattenerne benissimo una parte per le esigenze della popolazione civile.
Ma l’ottusa
burocrazia militare (anche quella degli Alleati non scherzava affatto!) ritenne la cosa non praticabile, probabilmente per motivi di sicurezza, ritrovandosi Pantelleria immediata retrovia nell’apertura del prossimo fronte siciliano, i cui sviluppi si profilavano ancora del tutto incerti e perigliosi.
A Khamma il 139° Ospedale Militare
Dunque praticamente si lasciò, con colpevole incoscienza e leggerezza, tutti i panteschi senza alcun presidio medico, considerato che i precedenti presidi sanitari e ospedali italiani, benché in linea di principio riservati esclusivamente ai militari, di fatto erano stati largamente utilizzati dalla popolazione civile durante tutto il precedente periodo di guerra.
Per la storia annotiamo alcuni di quei medici militari italiani ancora cari, nell’immediato dopoguerra, nei ricordi della gente che aveva vissuto quei cupi tempi di guerra: capitano medico Enzo Girone, direttore del 139° Ospedale Militare da campo a Khamma.
Il Girone di ritorno dalla prigionia scrisse poi un bellissimo libro di memorie “L’isola disperata” su quei giorni da tregenda a Pantelleria. Tenenti medici Olivo Bernardis, Antonio Cappello e Consuelo Tonso tutti in forza al 139° Ospedale Militare da campo a Khamma. Tenente medico Carlo Falaschi anch’egli aggregato al 139°, però con l’incarico di interessarsi in modo prevalente delle esigenze sanitarie della popolazione civile.
Orazio Ferrara
(1-continua)
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