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Cultura

Il racconto della nonna Marianna e la vera storia della cassata siciliana – di Salvatore Battaglia

Redazione

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Lacrime sulla cassata siciliana Buonanotte goccia… – e dormi la notte più tranquilla – che c’è, ti starò vicino. Sogna il sogno più grande che hai. E se, aprendo gli occhi, domattina – non farò parte dei tuoi pensieri, se non mi sarai vicina – avrò comunque combattuto – questa battaglia. Mi lascerò arenare come naviglio – senza più vela – sulla fetta di cassata rimasta.

La cassata pasquale della nonna Marianna è uno dei tantissimi dolci che si preparano nel periodo pasquale e vi confesso che fino a pochi anni fa non sapevo l’origine di tale prelibatezza culinaria della mia regione… perché a casa mia nel vecchio quartiere degli Archi a Ragusa Ibla la mia famiglia l’abbiamo sempre preparata e faceva parte di una delle tante ricette tramandata di madre in figlia.

A Pasqua si realizzavano sempre tanti dolci diversi, tipici siciliani, ma tutti magistralmente buoni… Il giorno della preparazione era attesa da tutti noi bambini che frequentavamo “u Curtigghiu” il cortile di via Ioppolo con grande apprensione e giustificata attesa… a quei tempi si aspettavano le feste per degustare le prelibatezze e le specialità culinarie delle nostre tradizioni…

La Marianna (mia nonna…) era la memoria storica del cortile e tutte le comari prendevano come oro colato le sue indicazioni e suoi suggerimenti per la preparazione di tali prelibatezze… ma la cosa più bella che riguarda la nonna che oltre ad avere avuta la capacità di sapersi destreggiare bene nella preparazione di tali squisitezze era anche un’ottima comunicatrice… cioè sapeva raccontare bene tutto ciò che faceva…

La Marianna raccontava sia degli ingredienti che i suggerimenti per fare tutti i piatti e i dolci della nostra tradizione siciliana! Voi capirete che io e i miei amici ascoltavamo parlare mia nonna e fantasticavamo troppo per il risultato finale; quindi, non mettevamo tanta attenzione agli ingredienti per realizzare tali prelibatezze…quanto al piacere di mangiare il prima possibile i dolci preparati.

Ed è per questo che ho voluto spolverare dei libri della biblioteca di Nunzio Dimartino, uno appassionato di cucina e tradizione siciliana per colmare quell’aspetto informativo che da piccolo avevo tralasciato… Ricordo bene un giorno di primavera… quando andai a trovarlo, era precisamente il 3 aprile del 1967, nella sua dimora in via Giulia al numero civico 54…. Erano i tempi della mia fanciullezza, in quel quartiere modesto con tratti pittoreschi sia sotto il profilo architettonico che umano, avevo visto poeti e cantastorie animarsi tra vigneti e grotte, tra antichi monasteri, strade, piazze e borghi abbandonati… mi sembrava di trovarmi in un backstage di un film…

Avevo visto picciriddi, figghioli, menzani, vecchi, cani e iatti stare tutti insieme allegramente senza telefonini in mano, per condividere la vita e ballare al richiamo di un canto o un cuntu in siciliano. Avevo visto l’ultimo re degli scacchi di Ibla Nunzio Licitra animarsi con Carmelo Tirella (inteso Scupetta) per una partita a scacchi persa malamente; poi in angolo della taverna Ro Muricanu (del Modicano…) in salita commentatore di fronte la barberia di Giovanni Battaglia (inteso Testa Rossa… alias mio padre) Don Firili e Don Guglielmo arricriarsi allo stesso tavolo con cozze di Ganzirri, favi a maccu, pasta ccu’ niru da siccia, pisci stoccu a ghiotta, braciolettini di pisci spada du’ strittu e caponatina… e alla fine i due giocatori hanno offerto cannola e malvasia ppi tutti… gustai pure io quel giorno un cannolo di ricotta, indimenticabile il sapore e la bontà…

Mentre mi recavo dal Dimartino ho ancora visto ronna (donna…) Lucia a trapanisi fari l’amuri di nascosto c’un Turi Ciolla, a quei tempi capitava che un contadino di giorno diventasse cantastorie di sera e che un semplice orto diventasse teatro e un teatro diventasse chiesa… tutto grazie a quei personaggi che animavano tale quartiere… gli Archi.

E fu così che attorniato da tutto ciò mi trovai davanti alla porta di Nunzio Dimartino, e con mia meraviglia sopra il campanello notai una piastrella in ceramica di Caltagirone con la scritta “Cu’ mancia e nun vivi, mai saturu si cridi” (Chi mangia e non beve, mai sazio si crede). Suonai e immediatamente mi apri la porta il Dimartino che casualmente aveva un libro di ricette di piatti tradizionali siciliani… (teneva tale libro come il nostro prelato padre Accetta teneva il breviario…), gli spiegai il motivo della mia visita e lui senza battere ciglio mi portò nella parte bassa della sua casa… dove con mio grande stupore vidi una moltitudine di libri e libricini sparsi in modo casuale in tutte due le stanze adibite alla raccolta di tali volumi…, dopo pochi minuti estrasse da una pila di volumi un libricino intitolato “La cassata Siciliana e la sua storia” e con grande piacere mi accingo a riportare ciò che ho appreso in quell’occasione …

La cassata siciliana è un dolce che risulta essere il frutto di diverse entità, cioè la sintesi di tutte le popolazioni che si sono susseguite nella nostra isola e che hanno lasciato traccia della loro cultura. Questo racconto è come un viaggio che ci porta alla scoperta della storia e dell’evoluzione della cassata siciliana, ricostruendone in particolar modo la ricetta.

Sono in molti a credere che l’origine della cassata sia araba, in realtà non è proprio così! Già i romani in Magna Grecia, come testimonia Catone, avevano l’abitudine di mescolare il formaggio fresco con il miele e nei suoi scritti ci descrive una focaccia a base di farina, formaggio e miele successivamente cotta a fuoco lento. Dunque, molto probabilmente l’antenato della cassata a forno. Anche Petronio, nel I secolo d.C., narra di una pasta di pane similare a quella descritta da Catone.

Gli arabi invece, nel IX secolo d.C. durante la loro dominazione in Sicilia, introdussero lo zucchero di canna, ma non furono i precursori della cassata. In seguito, lo zucchero di canna iniziò ad essere utilizzato per la cassata infornata. Infatti, si racconta di un pastore saraceno che iniziò ad impastare la ricotta con questo tipo di zucchero. Un passante chiese al pastore cosa stesse facendo e lui rispose “casat” riferendosi più che altro al recipiente di rame contenente il formaggio.

Fino al XVIII secolo si parlerà solo di cassata a forno, priva di qualsiasi decorazione esterna e decisamente diversa dalla cassata odierna.

Fino al 1800 la cassata siciliana ha subito un’evoluzione ben precisa, partendo dai romani, passando dagli arabi, normanni, spagnoli e giungendo al pasticcere Salvatore Gulì.

Questa evoluzione riguarda sia gli ingredienti utilizzati sia le varie sostituzioni. Invece l’aspetto esteriore, dunque la sua forma sferica, non è mai mutata. Quest’ultima richiama il sole, elemento cardine della nostra

terra. Per quanto riguarda gli ingredienti sono: la ricotta dolce, la pasta reale che è stata introdotta dai normanni, il pan di spagna e cioccolato a scaglie importati dagli spagnoli e infine la glassa zuccherata. Nel 1873 il pasticciere Gulì possedeva a Palermo una pasticceria che era anche una fabbrica di canditi. Quell’anno gli rimase invenduta una cospicua quantità di frutta candita e partecipando all’esposizione di Vienna pensò bene di addobbare con i suoi canditi la cassata. Quando gli chiesero come si chiamasse il dolce presentato egli rispose: “Cassata alla siciliana”.

Perché cassata alla siciliana? Lo scrittore Gesualdo Bufalino scrisse nel suo libro “Cere perse” che “la Sicilia soffre di un eccesso di identità”. Non possiamo dargli torto se pensiamo a tutte le stratificazioni culturali che hanno dato vita alla ricetta della nostra cassata.

Inoltre, la cassata diventa ambasciatrice della Sicilia nel mondo grazie ai Florio, in quanto spedirono in tutto il mondo questo dolce. Fu proprio Ignazio Florio a intuirne l’importanza e così iniziò a donarla ai vari sovrani e commercianti importanti di tutto il mondo.

Inoltre, all’epoca preparare la cassata siciliana richiedeva molto tempo ed è diventato un dolce tipicamente pasquale per un motivo ben preciso. In Sicilia era vietato mangiare e preparare la cassata durante la quaresima, in quanto religiosamente e tradizionalmente è un periodo dedicato al digiuno e alla rinuncia degli eccessi. La cassata, oltre alla lunga lavorazione, era molto costosa ed era decisamente un eccesso. È arrivato il periodo della mia esistenza che nel bene o nel male mi rende un po’ più sentimentale. Mi accorgo che diventa inevitabile fermarsi e pensare ai giorni in cui si era bambini che precedevano le tanto agognate feste di Pasqua. Non erano tanto i regali o le vacanze dalla scuola a rendere magico quel periodo quanto le tradizioni che i nonni ci hanno insegnato a seguire, ad apprezzare… e di cui oggi più che mai sentiamo la mancanza.

Era il tempo che sedersi a tavola, in famiglia, era un susseguirsi di risate, di dolci, di baci e di abbracci per augurarsi le sante feste… «Ricordi anche Tu com’era?» Beh…! Se ricordi sei anche Tu un mio coetaneo se non ricordi ciò e semplicemente una storia da ricordare come eravamo qualche anno fa in Sicilia…

Salvatore Battaglia

Accademia delle Prefi

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Attualità

Trapani, a lezione di Rotary con Giovanni Palermo. Il socio del Club di Pantelleria in un memorabile caminetto

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Palermo “” Servire al di sopra di ogni interesse personale” non è uno slogan, è la bussola che ci ricorda che la nostra professionalità , il nostro tempo e le nostre energie hanno senso quando diventano dono”

Ieri, 12 settembre, presso Villa Pampalone, in Trapani, si è tenuto il Caminetto di Formazione organizzato dal Rotary Action.

Relatore scelto per l’incontro, Giovanni Palermo, assistente per il secondo anno di fila del Governatore del Rotary Sicilia-Malta, Distretto 2110, nonchè socio del Club di Pantelleria. In cattedra, anche il Coordinatore Assistenti del Governatore per la Sicilia Occidentale Ludovico La Grutta, istruttore per i Club di Partanna e Salemi Salvatore Martinico, Patrizia Barbera Presidente Rotary Trapani-Erice e Francesco Maltese.

Nel suo discorso, che riporteremo di seguito come insegnamento dei principi cardini del Rotary, con fermezza ed energia, incita  al senso di amicizia, di comunione e condivisione di intenti, di mettere a disposizione del Rotary e, quindi, del prossimo la propria professionalità al di sopra di un interesse personale.
L’importanza di fare squadra e, non di meno, di far conoscere il Rotary in ogni dove, non come stemma, come blasone, ma con atti concreti.


Il discorso di Giovanni Palermo

Care amiche, cari amici,
ci ritroviamo, in questo momento, con il nostro caminetto di formazione.
E’ un’occasione rotariana che ci porta al dialogo, al confronto e alla voglia di crescere insieme.
il Rotary non è teoria, ma azione, è un cammino che viviamo insieme:
Il titolo ci guida: “il Rotary in azione: un percorso di amicizia, di servizio e crescita”
e’ il manifesto della nostra identità!!
Il Rotary è nato come amicizia tra professionisti, Paul Harris non fondò un’associazione, ma mise insieme degli amici.
Amicizia significa fiducia, rispetto, condivisione.
Senza questo legame umano, iI Rotary sarebbe un club come tanti.
E’ l’amicizia che ci dà la forza di guardare oltre a noi stessi e di pensare al bene comune.
L’amicizia e’ la radice: senza di essa non c’è comunità, non c’è azione duratura .
Il servizio. Non un servizio fatto di parole, ma di azione concrete.
“ Servire al di sopra di ogni interesse personale”
Non è uno slogan, è la bussola che ci ricorda che la nostra professionalità , il nostro tempo e le nostre energie hanno senso quando diventano dono. Che si tratti di progetti locali o internazionali, il servizio Rotariano porta frutti duraturi, perché nasce dalla passione e dalla competenza!!
Non beneficienza, ma mettersi in gioco in prima persona.
E infine, la crescita. Ogni volta che serviamo, cresciamo: come persone, come professionisti, come comunità’.
Il Rotary e’ palestra di leadership, ma anche scuola di umiltà e di ascolto.
Cresciamo insieme, e nel crescere rafforziamo il nostro club e la sua capacità di incidere nella società.
Chi serve, cresce; chi cresce, diventa testimone credibile.
Il Rotary in azione è proprio questo: amicizia che diventa servizio, e il servizio che diventa crescita.
Il nostro compito è semplice ma impegnativo: vivere questi valori non solo dentro le nostre riunioni, ma anche nella vita di ogni giorno, così Rotary diventa luce: una luce che illumina prima noi stessi, e poi il mondo intorno a noi, dove serve di più !
Grazie

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Cultura

Un asso della Luftwaffe a Margana di Pantelleria

Orazio Ferrara

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Nell’estate dell’anno 1942 fu dislocato all’aeroporto della Margana in Pantelleria il 53° Gruppo Caccia (Jagdgeschwader 53 o più semplicemente JG 53) della Luftwaffe. I velivoli utilizzati erano i maneggevoli e potenti Messerschmitt Bf 109. Il Gruppo, temutissimo dalla RAF inglese, era soprannominato Pik-As ovvero Asso di picche per via dell’omonimo simbolo dipinto in nero sulle fusoliere degli aerei.

Abbiamo scritto temutissimo e non a caso, basti pensare che i suoi aerei nei primi cinque mesi di quell’anno avevano abbattuto circa 200 caccia britannici, soprattutto Hurricane e Spitfire, e quest’ultimi erano davvero degli ossi duri da combattere. Compito del 53° Gruppo a Margana era quello di scorta caccia ai bombardieri che attaccavano Malta e i convogli navali britannici che portavano i vitali rifornimenti alla stessa.

Al comando del 53° c’era il maggiore, nonché barone, Gunther von Maltzahn, che a quell’epoca era già un famoso asso della Luftwaffe avendo all’attivo l’abbattimento di ben 63 velivoli nemici e diverse onorificenze al valore conferitegli. Per tutto il periodo che fu a Margana von Maltzahn fu molto apprezzato anche dai comandi italiani per la sua signorilità e, soprattutto, per la professionalità con cui preparava le missioni di guerra dei suoi piloti, di cui peraltro era sempre il coraggioso e indomito capofila. Il barone Günther Freiherr von Maltzahn, discendente da un’antica famiglia aristocratica di tradizioni militari della Pomerania, era nato a Wodarg il 20 ottobre 1910 e quindi al momento della sua permanenza a Margana non aveva più di 32 anni, ma già era un capo indiscusso e carismatico per i suoi uomini, che lo avrebbero seguito anche all’inferno. E l’inferno nei cieli di guerra di quel tempo era la norma. Dopo aver frequentato il corso ufficiali all’Accademia Militare di Havel, von Maltzahn era diventato ufficiale della Luftwaffe, con la quale aveva partecipato finallora a tutte le campagne aeree di guerra: Polonia, Operazione Barbarossa (Russia), Francia, battaglia d’Inghilterra, Africa Settentrionale, Sicilia (e da qui, Pantelleria).

Probabilmente nel periodo appena precedente il suo trasferimento al campo di Margana, al comandante von Maltzahn era stata diagnosticata una grave forma di linfoma. Gli era stato quindi consigliato di andare a Berlino e lì curarsi, ma egli aveva decisamente rifiutato, avrebbe continuato a combattere e a guidare i suoi piloti fino allo stremo delle sue forze. La Battaglia di Mezzo Giugno o di Pantelleria, svoltasi tra il 12 e il 16 giugno 1942, vide una serie di scontri aeronavali nel Mediterraneo centrale, dove le forze dell’Asse contrastarono con successo

due convogli britannici che andavano a rifornire Malta, il primo detto Harpoon proveniente da Gibilterra e il secondo denominato Vigorous da Alessandria d’Egitto.

La battaglia si concluse con la limpida e netta vittoria delle armi dell’Asse. L’orgogliosa Royal Navy britannica conobbe in quelle giornate una delle sue più amare sconfitte sul mare. In quei giorni esaltanti il 53° Gruppo Caccia (JG 53) della Luftwaffe e il suo comandante von Maltzahn non si risparmiarono. Si decollava più volte al giorno da Margana per assicurare la scorta caccia ai bombardieri Junkers Ju 88, provenienti dalla Sicilia e che attaccavano le navi inglesi nel Canale.

Nel pomeriggio del 14 giugno 1942, alle ore 17:32, il barone von Maltzahn colse la sua 64a vittoria, quando nei pressi di Malta attaccò con determinazione due caccia inglesi del tipo Hawker Hurricane. Mentre uno riusciva a fuggire, l’altro fu centrato in pieno dai colpi del Messerschmitt. Fortunatamente il pilota britannico riuscì a salvarsi, lanciandosi col paracadute.

In seguito a quest’ultima prestigiosa vittoria, il successivo 18 giugno von Maltzahn ricevette la promozione a oberstleutnant (tenente colonnello). Comunque, a causa del linfoma, le sue condizioni di salute peggiorarono e gli tarparono di fatto la sua carriera di asso, infatti successivamente riuscì a cogliere soltanto altre quattro vittorie aeree. Fu pertanto giocoforza ricoverarlo presso la clinica Charité di Berlino, dove ricevette delle cure di radioterapia, che in qualche modo ne stabilizzarono le condizioni fisiche. Al termine del conflitto mondiale a Gunther von Maltzahn sono state riconosciute 68 vittorie aeree certe in 497 missioni di combattimento contro il nemico. Ha ricevuto le onorificenze della Croce di Ferro di I classe, della Croce di Ferro di II classe e della Croce di Cavaliere con Fronde di Quercia, quest’ultima una tra le più alte e ambite onorificenze militari tedesche.

Sempre nel corso del secondo conflitto tre dei suoi fratelli morirono in combattimento, mentre suo padre venne barbaramente trucidato da avvinazzati soldati sovietici nel 1945. Günther Freiherr von Maltzahn morì il 24 giugno 1953 a Düsseldorf sembra a seguito di un banale incidente automobilistico.

Orazio Ferrara

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Cultura

“Premio Letterario Isola di Pantelleria”, integrazione finalisti: errori di inserimento

Direttore

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Abbiamo già pubblicato l’elenco dei finalisti della II Edizione del Premio Letterario Isola di Pantelleria anno 2025, di seguito riportati

OPERE EDITE
N. PROG. AUTORE TITOLO CASA EDITRICE
5 Mariani Luigi: Dove non canta più il cielo Paoline Editoriale Libri
6 Arezzo Domenico: Lo spettro della notte Nino Bozzi – CTL Editore
7 Ferrara Andrea: Fantasmi a Portogreco Nulla Die Edizioni
24 Pinosio Corrado: Martina nel buio Leonida Edizioni
35 Iacono Giovanni Gianfranco: Scampoli di paese Nulla Die Edizioni

OPERE INEDITE (narrativa – romanzi mai pubblicati)
N. PROG. AUTORE TITOLO
18 Natale Carmine: Saio bianco e tuta blu
38 Da Ros Emanuela: Storia di una storia
40 Billardello Camilla: Il viaggio di Aron e Anessa. Pellegrini di speranza
43 Grimaldi Anna: Pittore di stelle (Volume 2)
53 Rosso Marco Antonio: Io sono aquila

Tuttavia, con successiva e-mail del 12/09/2025, la Commissione giudicante ha trasmesso un verbale in cui veniva attestato che:

  •  L’opera n. prog. 40, “Il viaggio di Aron e Anessa. Pellegrini di speranzadi Billardello Camilla, è risultata essere l’unico elaborato pervenuto per la sezione “Opere a Tema”, e pertanto non rientrante nella sezione “Opere Inedite” come inizialmente indicato;
  •  Si rende quindi necessario integrare la sezione “Opere Inedite” con un quinto finalista corretto, in sostituzione dell’opera erroneamente inserita.
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