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Cultura

Il Melograno: tra storia, racconto e leggenda di questo frutto

Redazione

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A pazienza e comu u ranatu, iavi a scorza amara, ma u fruttu e aruci…

Il modo migliore di iniziare questa storia sarebbe con un C’era una volta, in un tempo lontano, lontano, come nelle migliori favole. Sì perché la storia del frutto del melograno trae le sue origini dalle Persia quasi 5000 anni fa. Il melograno chiamato in botanica Punica granatum L, fa derivare il suo nome dal latino “malum” e “granatum” ovvero mela coi grani. Nonostante si tenda a chiamarlo in tanti modi diversi, melo granato, pomo granato, ecc.., secondo l’Accademia della Crusca quando ci riferiamo all’albero dobbiamo chiamarlo melograno, quando invece parliamo del frutto è corretto usare il termine melagrana. Come ben sappiamo il melagrana è un cibo altamente nutriente utilizzato sia in cucina, nei modi più disparati, che nella cosmesi. Molti anni fa questo frutto era considerato un dono prezioso da regalare a qualcuno, proprio grazie ai suoi grani rossi e succosi in grado di, come si racconta, portare fortuna. In Italia, le coltivazioni di melograno, sono principalmente situate nel sud Italia dove la pianta ha trovato il clima ideale per crescere. In Sicilia, tra le zone prescelte per la coltivazione del frutto, vi sono: Agrigento, Catania, Ragusa e Trapani. Benefici e proprietà della melagrana Tra le proprietà della melagrana emerge il fatto che i suoi chicchi contengono l’80% d’acqua, ma anche acido ascorbico, acido citrico e polifenoli. Di questi ultimi, buona parte sono antociani, importanti per le attività protettive, comprese quelle antiossidanti. I gustosissimi chicchi della melagrana possono essere sfruttati non solo per realizzare un gustoso succo, ma anche in qualità di ingredienti per preparare alcune deliziose ricette. Ad esempio, possono diventare il tocco di sapore e di colore in più di una gustosa insalata. Si possono accompagnare allo yogurt, o ancora impiegarli per la preparazione di un gustoso risotto oppure di salse. Sgranare la melagrana per ricavarne i chicchi non è semplicissimo, poiché questi risultano perfettamente “incastrati” nell’involucro che li contiene. Con un po’ di pazienza e, soprattutto, un po’ di pratica, è però possibile familiarizzare con il procedimento, in modo da imparare a sfruttare il più possibile le fantastiche proprietà della melagrana.

Mitologia e leggende… Vi sono diverse leggende che raccontano la nascita del melograno. Secondo una delle più note, il primo albero di questa specie sarebbe nato per volere di Afrodite che lo piantò a Cipro e per questo divenne sacro agli abitanti dell’isola e alla dea stessa. Un’altra tradizione lo vuole invece nato dal sangue di Dioniso che, ancora bambino, fu rapito dai Titani su commissione di Era, stanca dei continui tradimenti di Zeus (il bambino era infatti figlio illegittimo di Zeus). Il povero Dioniso fu fatto a pezzi e messo a bollire in un calderone, proprio da una goccia del suo sangue caduta a terra sarebbe nato il primo albero di melograno. La melagrana è poi un frutto legato alla figura mitologica di Persefone (o Proserpina nella mitologia latina) figlia di Demetra e Zeus che rapita da Ade, signore degli Inferi, proprio per aver gustato 6 aspri semini della melograna (frutto proibito) viene punita ed è costretta a vivere due terzi di ogni anno con la madre sulla terra ed un terzo con Ade diventato poi suo marito. Quando era felicemente in compagnia di Persefone, Demetra faceva rifiorire la natura e sulla terra era primavera-estate, quando tornava negli Inferi, invece, triste e sola spogliava gli alberi facendo comparire l’autunno-inverno. Con questo mito i Greci spiegavano l’alternanza delle stagioni. Il Melograno del nonno Turiddu… Era cresciuto all’angolo più occidentale della casa di campagna, all’inizio stentato, timido, più volte mio nonno Turiddu aveva pensato di tagliarlo e sostituirlo con un’altra pianta, ma non l’aveva mai fatto. Mia Nonna Marianna, che aveva un debole per il melograno, aveva chiesto al nonno di piantarlo e così, dopo che lei se ne fu andata, per il nonno quella pianta stentata, che non sembrava dover mai dare frutto, era diventata un pezzo di anima e non aveva mai avuto il coraggio di tagliarla. Una pianta cocciuta, ad ogni inverno sembrava dovesse seccare e spegnersi e invece resisteva e piano piano, anno dopo anno, cresceva. La sua tenace lotta per la sopravvivenza, per imporre la sua presenza a quell’angolo della casa, alla fine fu vinta. Quando morì il nonno era un bell’albero di melograno, alto quasi 5 metri che in autunno si riempiva di frutti rossi; ricordo ancora quando io e mio cugino Franco, con le facce rosse di succo e le manine che a stento riuscivano a contenere il frutto, combattevamo per estrarre ogni singolo seme succoso. Inoltre ricordo le magliette macchiate di succo e i rimproveri che i grandi ci lanciavano, chiamandoci “monelli impenitenti”. Quando quella lunga primavera della mia esistenza finì, come sempre succede, senza che me ne accorgessi, io e mio cugino ci ritrovammo all’improvviso nella casa del nonno non più due monelli ma due ragazzi che presto sarebbero volati via in cerca della loro ragione di vita. Ormai ragazzo, che mi ero perso quella primavera, ero stato in viaggio e mia madre, indaffarata e affaticata per accudire la famiglia, pian piano diventò indifferente, poi insofferente, infine ostile. Quando finalmente riuscii a trovare lavoro Presso il Molino S. Lucia, oramai il castello della mia fanciullezza era del tutto crollato. Io e mio cugino sopportavamo sempre meno tutti i parenti; noi che non eravamo più bambini eravamo diventati insofferenti a quel tempo di baruffe, quando da piccoli erano motivo di svago e divertimento. Finì così quel tempo con qualche risentimento, qualche rimpianto, qualche accusa e qualche ripicca; tutti andarono via, nessuno più veniva in quella casa del nonno tranne io con la mia famiglia, ritrovandomi solo nella dimora del nonno.

È un giorno caldo di fine estate e mi siedo sotto il melograno, mi pare quasi che anche lui abbia sofferto, poiché fa sempre meno frutti. Aspetto l’autunno con impazienza per raccogliere quella ventina di bacche che ancora mi riserva, per spaccarne una e affondarci il viso dentro mordendo, succhiando e immaginando di scrutare nel mio riflesso alla finestra per un attimo, uno soltanto, i miei cuginetti bambini sporchi di succo e ciò mi asciuga il cuore. Che succede mai ad un uomo quando diventa più vecchio? Talvolta si indurisce come fosse pietra oppure si ammorbidisce come fosse burro. ma io no, come una vecchia carruba mi asciugo, rimane lo zucchero intrappolato senza più succo. Sono seduto all’ombra del melograno e guardo in alto, oltre i suoi rami nel cielo s’innalza un falco che, lentamente, comincia a fare un giro proprio sulla mia testa e infine, adagio, si libra fino al ramo più alto del melograno e vi si posa. Non mi teme. Mi osserva fisso con quel suo occhio, poi emette un lungo richiamo stridulo, riprende il volo, pochi battiti d’ali e si lascia trasportare da una corrente d’aria, risalendo verso la chiesa delle Anime del Purgatorio e vola via verso nord. Il sole caldo mi accarezza, non so dire se mi sono addormentato o se fosse tutto veritiero, so solo che, ad un tratto, il melograno mi ha parlato: “Totò, alzati. Ti regalerò il mio ultimo frutto, in esso ho concentrato tutta la mia forza, raccoglilo e non mangiarlo, non è per te, è il mio dono per Giulia, mettilo in valigia e parti, donagli la mia forza. Ho resistito ad inverni e a estati torride, lascia che io faccia un dono a tua figlia”. Apro gli occhi, è pomeriggio inoltrato, penso allo strano sogno che ho fatto, sorrido, alzo gli occhi e la vedo: una bacca rossa, grossa, gravida di semi, bellissima, una bacca che non avevo mai visto prima e che sono certo, non c’era quando mi sono seduto sulla sdraio all’ombra del melograno, pende davanti a me, a meno di un metro, pronta per essere colta. Sono in treno, il viaggio per Bologna è lungo, nella mia bisaccia ho un frutto rosso di cui ogni tanto saggio la consistenza con la mano temendo possa andare a male, riscoprendolo sempre turgido ed elastico nel palmo. Strano, quando ho chiamato Giulia sembrava quasi che se lo aspettasse, non ha fatto storie, non ha avuto impegni sia lavorativi che politici o altro, mi ha richiamato dopo poco dicendo che mi avrebbe aspettato alla stazione. Alberi, case e tanto grano sfilano fuori dal finestrino, ettari ed ettari di prati verdi e case bellissime immerse nella campagna si alternano a paesaggi urbani delle città che man mano raggiungo; a tratti il mare che scintilla sotto un sole di fine estate. Non ho mai portato con me mia figlia in treno per lunghi tragitti, eppure mi sarebbe piaciuto, ma non l’ho fatto e adesso, che di fronte a me, nello scompartimento, due giovani giocano con un bambino di 6 -7 anni raccontandogli del treno, provo una fitta dolorosa al cuore che non passa. Aspettano me. Ha occhi grandi mia figlia, quanti sguardi ho visto passare in quegli occhi, di paura davanti all’asilo il primo giorno e di lacrime vedendomi andar via, di allegria davanti all’albero di Natale e di preoccupazione il giorno di un esame. Sguardi di sfida e di indipendenza, gli sguardi dell’adolescenza e poi via via, gli sguardi innamorati della prima cotta, quelli decisi della prima scelta consapevole, quelli tristi delle piccole sconfitte e quelli distratti di donna in corsa per la vita. Si volta e mi vede e non mi raccapezzo di quello sguardo che vedo nei suoi occhi, non ha precedenti, non me lo ricordo, è uno sguardo nuovo…. Forse uno sguardo di tenerezza…
Mi commuovo come fanno sempre gli uomini quando si specchiano nei propri figli, lei ride e mi batte sulle spalle, andiamo a casa in via Mascarella papà…. In cucina dalla borsa, in silenzio, tiro fuori quel vecchio tovagliolo a quadroni rossi e bianchi, lo sciolgo e compare il melograno; lei lo guarda incredula e mi chiede

se è quello davvero il motivo per cui l’ho voluta vedere, gli racconto del melograno di casa e del sogno, poi spacco il frutto in due metà uguali e glielo offro. Assaporo i lunghi momenti della Giulia con il muso rosso di succo e con la camicia bianca macchiata di melograno, ride e scherzando la guardo intensamente, restituisce lo sguardo e mi sembra ritornata bambina. Penso al melograno e mi scendono due lacrime grosse al pensiero che non darà più frutto e che non potrò più rifarlo; riparto dopo qualche giorno per tornare da mia moglie la Silvana che per motivi di lavoro non era potuta partire… era arrivato il tempo di tornare a casa. Ho il cuore sollevato, non ho perso tutto, la stagione degli abbracci non è finita. Entro nel cortile, svolto l’angolo occidentale della casa e il melograno è lì, vivo, di nuovo carico di frutti da cogliere ancora. Sulla vecchia chiesa vicino la casa del nonno il falco fa larghi giri, mi viene sopra la testa, gira, fa un lungo richiamo e torna alla chiesa…

Salvatore Battaglia Presidente Accademia delle prefi

Cultura

Disagi voli, tutta colpa della “muffura” di Pantelleria. Cos’è in una sorta di ode alle suggestioni dell’isola

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C’è poco da fare, ma ogni evento ha una sua connotazione, una sua origine e un proprio nome. Così, quanto ha causato i disagi di incalcolabile portata ai passeggeri dei voli da e per Pantelleria, nel nostro forbito e curioso dialetto ha una definizione ben precisa, che va oltre la nebbia, la bruma, la nuvoletta di Fantozzi.
Descrive perfettamente questa condizione meteo Michela Silvia, gran conoscitrice ed estimatrice del territorio. 
Per allentare il disagio subito e l’imbarazzo provato, suggeriamo di vedere un’altra prospettiva del meteo avverso che ha preso il controllo dell’isola per giorni e che nessuno poteva prevedere o aggirare.

In dialetto si chiama “muffura” ed è sinonimo di quel senso si incanto indomabile… noi non aggiungiamo altro ma invitiamo a leggere il significato narrato dalla Presidente della Proloco di Pantelleria

“Muffura”.
Parola dal suono incantevole.
E’ un soffio.
Ma cosa è la “muffura”?
Sull’isola di Pantelleria questo termine descrive la nebbia, la foschia, l’umidità che sale dal mare.
Il termine meteorologico esatto è “nebbia avvettiva”.
Ma “Nebbia avvettiva” suona male!
Al sud la chiamiamo anche “lupa” (che già ha un suo perché) per quanto risulti evocativa di cose non esattamente positive.
Come si forma la “muffura” (lo ripeto perché è una parola che quando la pronuncio mi esce un soffio, provate anche voi)
Accade che l’aria calda incontri il mare ancora freddo ( si tratta, infatti, di un fenomeno più primaverile o autunnale) e costringa questo ad un’evaporazione forzata, sicché questo vapore che proviene dal mare cammina e cammina fino a lambire la terra e, se non incontra particolari ostacoli, può cingerla in una specie di caldo e umido abbraccio.
A Pantelleria accade, non vi meravigliate.
E’ bellissimo vedere arrivare questo fronte grigiastro.
Talvolta è compatto, in certi momenti (specie quando tocca terra) si spezza.
Con tenacia e fatica arriva a lambire Montagna Grande e Monte Gibele, gli mette dei grossi anelli di “muffura” attorno.
Chi vive sull’isola si fa incantare meno sia dalla parola che dal fenomeno che ho descritto.
A Pantelleria è sinonimo di umidità, benedettissima perché inumidisce una terra poco bagnata dalle piogge, ma per gli abitanti significa anche aria ferma e sudore.
Soprattutto se si è chini su un cespuglio di capperi, a raccoglierne i frutti uno per uno, in una mattina qualsiasi con tanta “muffura” all’orizzonte.
Scrivo questo per render bene l’idea di quanto quest’isola sia magica ma tanto imprevedibile, con dispiacere immenso per chi è rimasto bloccato sulla Sicilia Isola, ma Pantelleria è questa, ma una volta raggiunta potrete ammirare anche voi la MUFFURA

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Cultura

Pantelleria, 7 luglio conferenza stampa presentazione MEGAF al Cineteatro San Gaetano

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Manca meno di una settimana all’inizio del MEGAF – Media Green Art Festival
Conferenza stampa ufficiale: lunedì 7 luglio ore 9.30, Cineteatro San Gaetano (Pantelleria)

Manca meno di una settimana all’inizio del Media Green Art Festival – MEGAF, la manifestazione dedicata al cinema, all’ambiente e ai giovani talenti che animerà Pantelleria dal 7 all’11 luglio 2025. L’apertura ufficiale del festival sarà preceduta da un’importante conferenza stampa lunedì 7 luglio alle ore 9.30, presso il Cineteatro San Gaetano.

Durante la conferenza verrà presentato il programma completo del festival, con tutti i dettagli sulle proiezioni, gli eventi e le attività collaterali. Saranno annunciati:

 

I cortometraggi in concorso, suddivisi per giornata;
La giuria ufficiale, composta da professionisti del settore cinematografico, artistico e culturale;
I premi in gara, con relative modalità di assegnazione;
Il numero totale dei talenti selezionati e premiati per questa edizione;
I nomi dei protagonisti della tanto attesa Notte dei Talenti, in programma venerdì 11 luglio;
Le modalità di partecipazione e votazione da parte del pubblico e della giuria popolare;
Le novità logistiche e organizzative, tra cui il nuovo numero WhatsApp ufficiale del festival, da utilizzare per richiedere informazioni, con indicazione delle fasce orarie di risposta attiva.
Tutti questi dettagli saranno illustrati esclusivamente durante la conferenza stampa di lunedì mattina.

In allegato a questo comunicato viene trasmesso il programma generale del festival.

La stampa, i media e il pubblico interessato sono calorosamente invitati a partecipare.

 MEGAF è un progetto a cura di Sincro Cult e nasce per mettere in dialogo arte, cultura e sostenibilità, con una proposta che valorizza il territorio e la comunità pantesca in chiave creativa e condivisa.

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Cultura

Pantelleria, tutte le messe dal primo luglio

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La Chiesa Forania di Pantelleria, SS Salvatore, ha reso pubblico il calendario di tutte le messe dal primo a tutto il mese di  luglio 2025.

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