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Cultura

I caduti originari da Pantelleria, dalla parte dei vinti

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“Mi chiedo se l’Italia di oggi – e quindi noi tutti – non debba cominciare a riflettere sui vinti di ieri; non perché avessero ragione o perché bisogna sposare, per convenienze non ben decifrabili, una sorta di inaccettabile parificazione tra le parti, bensì perché occorre sforzarsi di capire, senza revisionismi falsificanti, i motivi per i quali migliaia di ragazzi e soprattutto di ragazze, quando tutto era perduto, si schierarono dalla parte di Salò e non dalla parte dei diritti e delle libertà [Applausi]. Questo sforzo, a distanza di mezzo secolo, aiuterebbe a cogliere la complessità del nostro paese, a costruire la liberazione come valore di tutti gli italiani, a determinare i confini di un sistema politico nel quale ci si riconosce per il semplice e fondamentale fatto di vivere in questo paese, di battersi per il suo futuro, di amarlo, di volerlo più prospero e più sereno. Dopo, poi, all’interno di quel sistema comunemente condiviso, potranno esservi tutte le legittime distinzioni e contrapposizioni”. Queste le parole pronunciate da un galantuomo qual è Luciano Violante, al momento del suo insediamento quale presidente della Camera dei Deputati nella tornata del 10 maggio 1996 (XIII Legislatura della Repubblica Italiana). Parole coraggiose e controcorrente per un uomo di sinistra (quella vera!) mai rinnegate. Anni dopo a un giornalista che gli chiedeva di quella parte del discorso “sui ragazzi di Salò”, alla perentoria domanda “Lo rifarebbe?”, rispose lapidariamente “Certo che lo rifarei. Fare politica significa sforzarsi di capire le ragioni degli avversari. Non guardarsi allo specchio”. Potremmo riportare anche le parole di Carlo Azeglio Ciampi, presidente della Repubblica, antifascista e partigiano vero, che il 14 ottobre 2001, davanti a un folto pubblico di ex partigiani disse “Questa unità nazionale che sentiamo essenziale per noi – scandì con voce ferma – quell’unità che, in fondo oggi, a mezzo secolo di distanza, dobbiamo pur dirlo, era il sentimento che animò molti dei giovani che allora fecero scelte diverse; che le fecero credendo di servire ugualmente l’onore della propria Patria”. Potremmo continuare, riportando al riguardo il pensiero di tante altre famose personalità, ma ci fermiamo. Questa premessa è stata ritenuta necessaria per evitare che la solita vestale integralista si stracciasse le vesti e gridasse al sacrilegio. La Storia, quella con la esse maiuscola, ha già parlato e deciso chi stava dalla parte “giusta” e chi da quella “sbagliata”. Purtroppo per noi italiani è sempre stato difficile fare i conti con la nostra Storia e avere una memoria condivisa. Pensate che ancora

non abbiamo chiuso i conti con il periodo post-unitario e si parla ancora di necessaria repressione del brigantaggio, mentre era soltanto una ribellione delle popolazioni meridionali ai metodi brutali di un vero e proprio esercito d’occupazione, qual era quello Piemontese. Certo l’Unità d’Italia era nell’ordine ineludibile delle cose da farsi, ma non in quel modo, con quella Malaunità che portò a massacri indiscriminati nell’ordine di decine di migliaia di vittime, a innumerevoli paesi devastati e incendiati, a stupri di massa e infine costrinse centinaia di migliaia di meridionali sulla triste strada dell’emigrazione. E quella ribellione “giusta”, o almeno da capire, ancora la chiamano brigantaggio nei nostri libri di testo per la scuola! Figuratevi quindi se abbiamo chiuso i conti e abbiamo una memoria condivisa su pagine di storia a noi più vicine. Si ha addirittura terrore di sfogliarle. Una di queste è sui “ragazzi di Salò”, eppure sono passati più di 75 anni. E noi, a costo di far arrabbiare qualcuno, abbiamo deciso di ricordare ai Panteschi questi caduti dalla parte dei “vinti”. Probabilmente il gruppo di Panteschi che nel 1943 scelse Salò, ovvero la Repubblica Sociale Italiana, non fu un numero esiguo, almeno dalle tracce che abbiamo trovato. Dei caduti ne abbiamo trovato, per il momento, cinque. Escluso uno, che all’epoca aveva 44 anni, gli altri sono tutti giovani che vanno dai 18 ai 25 anni e, stranamente, ben tre portano lo stesso cognome e nome, quello di Valenza Giovanni (allo stato delle ricerche non sappiamo se erano parenti tra di loro, ma propendiamo di sì). Cominciamo col più giovane tale Andreani Marcello di Ettore, nato a Pantelleria il 28 luglio 1926. Si era arruolato nella X MAS di Junio Valerio Borghese e militava, quale marò col grado di Sotto Capo, nel famoso battaglione Barbarigo, costituito a La Spezia nel novembre 1943. Cadeva con le armi in pugno, combattendo contro gli americani sul fronte di Nettuno. Era la domenica del 7 maggio 1944 e Marcello Andreani aveva solo 18 anni. Il suo corpo venne sepolto presso l’Abbazia di Valvisciolo, in provincia di Latina. Greco Concetto di Domenico è il caduto più anziano, avendo al momento della sua morte 44 anni. Era nato a Pantelleria il 2 dicembre 1900 ed era un appuntato della I Legione della Guardia di Finanza repubblicana, di stanza a La Spezia. Moriva, in quest’ultima città, sotto uno dei periodici e pesanti bombardamenti anglo-americani in data 10 aprile 1944. Valenza Giovan Battista di Giovanni era nato a Pantelleria il 29 luglio 1919. Anch’egli si era arruolato nella X MAS di Borghese ed era stato imbarcato, in qualità di marò Sotto Capo, sul Mas 562. Questo Mas, dopo aver operato prima nel Canale di Sicilia e poi nel Tirreno, al momento dell’armistizio del ’43 era stato catturato dai tedeschi a Voltri (Genova). Successivamente veniva ceduto alla marina repubblicana di Salò. Giovan Battista Valenza trovò la morte in combattimento, allorché il Mas 562, su cui era imbarcato, nella notte tra il 30 giugno e il 1 luglio 1944 tentò di violare la rada di Portoferraio in mani

americane. A contrastare il raid del Mas italiano intervennero due PT Boat (le Patrol Torpedo 306 e 308) e una T Boat (la Transport 309) americane. Il tragico epilogo per il naviglio italiano era scontato, considerata l’evidente disparità delle forze contrapposte. Al momento della morte Giovan Battista aveva 25 anni. Valenza Giovanni di Salvatore, nato a Pantelleria il 13 dicembre 1919, era un 2° Capo della X MAS, in forza al 21° Battaglione marò Scirè (personale proveniente in prevalenza dai sommergibilisti). Nel marzo del 1945 faceva parte del piccolo presidio repubblicano (32 accasermati) di Quarna di Sopra sulle montagne sovrastanti il lago d’Orta in Val d’Ossola. Nella notte sul 13 marzo 1945 la Brigata partigiana Moscatelli attaccò il presidio e ne ebbe ragione dopo un’ora di aspro combattimento. Privati delle armi, tutti i marò della X MAS furono poi rimandati liberi, ad eccezione dei loro sottufficiali: Giacomo Cichello di Zungri (Vibo Valentia), Carlo Alberto Mazzei di Livorno, Mario Silvestri di Ficulle (Terni) e Giovanni Valenza di Pantelleria. Unitamente a quest’ultimi furono trattenuti quali prigionieri tutte le Camicie Nere del presidio, anche quelle gravemente ferite. La faticosa marcia dei prigionieri lungo le impervie montagne, che circondano il lago d’Orta, durò ben due giorni, ma giunti a Boleto, proprio nei pressi del santuario della Madonna del Sasso, furono tutti sommariamente uccisi. I loro corpi vennero poi sepolti in una fossa comune nel luogo stesso della morte. Erano le ore 17:30 del 15 marzo 1945, come si evince dalla documentazione e testimonianza di un parroco del luogo. Valenza Giovanni di Salvatore, nato a Pantelleria il 27 febbraio 1921, era un Sotto Capo della Marina Repubblicana di Salò ed era imbarcato sulla corvetta Cervo (UJ 6086). Durante una missione di guerra, in data 9/10 novembre 1944, il dragamine, con tutti i suoi 32 uomini di equipaggio, andò perduto nel mare Adriatico al largo di Grado (GO). A tutt’oggi s’ignorano le vere cause dell’affondamento: un violento fortunale o l’urto con una mina.

Orazio Ferrara

Foto: spilla del Battaglione Barbarigo

Marina Cozzo è nata a Latina il 27 maggio 1967, per ovvietà logistico/sanitarie, da genitori provenienti da Pantelleria, contrada Khamma. Nel 2007 inizia il suo percorso di pubblicista presso la testata giornalistica cartacea L'Apriliano - direttore Adriano Panzironi, redattore Stefano Mengozzi. Nel 2014 le viene proposto di curarsi di Aprilia per Il Corriere della Città – direttore Maria Corrao, testata online e intraprende una collaborazione anche con Essere Donna Magazine – direttore Alga Madia. Il 27 gennaio 2017 l'iscrizione al Consiglio dell'Ordine dei Giornalisti nel Lazio. Ma il sangue isolano audace ed energico caratterizza ogni sua iniziativa la induce nel 2018 ad aprire Il Giornale di Pantelleria.

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    Gianbattista+Del+Campo

    17:10 - Febbraio 8, 2021 at 17:10

    Sono perfettamente daccordo,su totto ciò che lei ha scritto,la storia va letta da ambo le parti,il sapere solo ciò che i “vincitori” ci dicono porta ad una errata visione di periodi che hanno segnato intere generazioni. Dalla “mala unità” ,che io definirei piuttosto un invasione di ladri e assassini visto come hanno ridotto la nostra terra,a quei ragazzi e non solo che scelsero per il loro “Amor di Patria” di continuare la guerra contro gli alleati,e non dobbiamo dimenticare che la X del principe Borghese fu impegnata sopratutto ad evitare che i titini yugoslavi avanzassero oltre al dovuto (facendo un favore anche agli alleati) tant’è che quelli che si arresero furono tutti passati per le armi.
    Le scelte si fanno nella vita e il giudicarle non spetta certo a noi. La storia va studiata senza discriminazioni.

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Cultura

Progetto MARLIN – Le scuole esplorano in diretta web l’itinerario subacqueo “Le Mazzere” a Siracusa

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Splendida iniziativa che si potrebbe pensare anche per Pantelleria

Il mondo sommerso diviene fruibile a tutti. Lunedì e martedì prossimi, 17 e 18 novembre, sarà possibile esplorare in diretta i fondali dell’area marina protetta Plemmirio, a Siracusa, e interagire via web con i subacquei che illustreranno l’itinerario culturale sommerso “Le Mazzere”. L’iniziativa, rivolta a istituzioni e scuole, offrirà l’opportunità unica di ammirare i reperti archeologici situati tra i 10 e i 20 metri di profondità e di scoprire il paesaggio sottomarino della zona con tutte le sue ricchezze naturalistiche. Il progetto “Marlin”, promosso dall’assessorato regionale dei Beni culturali e dell’identità siciliana con la Soprintendenza del Mare, è realizzato dalla startup Immersea srl, in collaborazione con l’itinerario culturale del Consiglio d’Europa “Rotta dei Fenici”, e l’area marina protetta Plemmirio.

«Un’esperienza innovativa – dice l’assessore Francesco Paolo Scarpinato – che permetterà di parlare e porre domande in tempo reale ai subacquei, rendendo accessibile a tutti un mondo solitamente riservato agli esperti di immersione. Un progetto che punta alla diffusione di pratiche di osservazione partecipata e all’utilizzo di tecnologie digitali interattive per la valorizzazione dei siti culturali sommersi siciliani».
Oltre alla dimensione didattica, l’iniziativa rappresenta un banco di prova per nuovi format di comunicazione scientifica dedicati all’archeologia subacquea, alla divulgazione delle metodologie di monitoraggio e citizen science, e alla promozione di sinergie tra enti di ricerca, università e aree marine protette per la tutela integrata del mare.

«Superare le barriere – dichiara il Soprintendente del mare, Ferdinando Maurici – e portare, grazie alle nuove tecnologie, il patrimonio sommerso siciliano nelle scuole, rappresenta un valore aggiunto alla costante opera di valorizzazione e promozione che la Soprintendenza porta avanti da oltre vent’anni. È fondamentale che i futuri fruitori del mare e delle sue ricchezze culturali, abbiano consapevolezza della storia che ha attraversato questa parte del Mediterraneo».

Dopo questo primo appuntamento di presentazione, rivolto alle istituzioni e a un gruppo di scuole selezionate, il progetto “Marlin” sarà progressivamente esteso al mondo scolastico e scientifico, aprendo la possibilità di interagire in diretta, attraverso internet, con realtà e interlocutori di qualsiasi parte del mondo, abbattendo barriere e distanze fisiche.

Dalla pagina facebook di: https://www.facebook.com/sopmare

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Cultura

Pantelleria in Val d’Aosta al salone internazionale dei vini estremi

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La Figlia del Vento alla manifestazione enogastronomica aostana “Vins Extremes” 22 e 23 novembre – Link di partecipazione

Pantelleria, i giorni 22 e 23 novembre prossimi, sarà presente a “Vins Extremes, –  Salone
internazionale dei vini estremi” che si terràin Val d’Aosta, presso il Forte di Bard, struttura militare restaurata ed oggi polo culturale e turistico di respiro internazionale, sede di musei, esposizioni, eventi, servizi informativi e di accoglienza
all’avanguardia.

In tale occasione sarà coinvolto anche Peppe D’Aietti, conoscitore profondo dell’isola, nonchè abile e affascinante narratore della nostra cultura e un giovane enologo pantesco.

Ma i dettagli verranno successivamente riportati.

Intanto di seguito il link della partecipazione di Pantelleria: https://www.vins-extremes.it/visitatori/catalogo-aziende-partecipanti/zona-ospite-comune-di-pantelleria

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Cultura

Pantelleria – Agricoltura, prospettive e progetti per il rilancio di un settore in via di abbandono

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Intervista all’Assessore Massimo Bonì, investimenti su produzione di olio, origano e uva

Sono anni e anni che il settore dell’agricoltura è in lenta ma costante discesa: abbandono delle terre troppo difficili da coltivare, per preferire altri tipi di lavoro, senza considerare la specialità che si va perdendo.
A Pantelleria, diversi enti si stanno muovendo per un ritorno all’apprezzamento della terra, della preziosità di quella pantesca. Anche il Parco di Pantelleria sta organizzando eventi a tal proposito.

Ed ecco che, per fare il punto sull’argomento, abbiamo intervistato l’assessore Massimo Bonì. 

Assessore, che prospettive ci sono attualmente per l’agricoltura di Pantelleria? “Pantelleria rientra tra i Comuni che fanno parte del Gal-Elimos (la società per lo sviluppo rurale della Provincia di Trapani), con cui si posso realizzare molte cose importanti. Per uscire da questo loop della saga della salsiccia, ci siamo detti, perché noi non  utilizziamo i fondi che il GAL riceve dall’Unione Europea per rivitalizzare l’economia delle aree rurali? 
“Si pensi che se a Pantelleria è vero che l’ufficio tecnico è abbastanza attrezzato, l’ufficio agricoltura non ha nemmeno un dipendente a sua disposizione  e quindi non ci sono raccolte dati, non si quello che è stato fatto prima di “te”, non si ha idea di cosa c’è in ballo eccetera eccetera.

Quando invece l’agricoltura dovrebbe essere uno dei motori dell’economia? Infatti non lo è più ma il ragionamento è quello di farlo diventare un aspetto importante dell’economia pantesca, non tanto perché si possa tornare ai fasti del passato… Una volta cento anni fa in agricoltura era impiegato più del 90% della popolazione, adesso il 3-4%, quindi questo è un aspetto del quale bisogna tener conto. Per cui noi non potremo mai tornare all’agricoltura dei 300.000-450.000 quintali di uva e di cui ci raccontano gli anziani, ma questo non vuol dire che l’agricoltura non possa tornare ad essere fonte di reddito  e quindi darle dignità, cioè fondi. Se dall’agricoltura deriva un guadagno c’è dignità, se dall’agricoltura tu guadagni torni all’agricoltura, se  dall’agricoltura non ci fai niente come non ci hai fatto niente per gli ultimi 50-60 anni la gente normalmente la abbandona e immagina di fare soldi in altri settori. 


I progetti

Assessore, ma intanto ci sono dei progetti avviati o prossimi per il rilancio? “Si decisamente! Come dicevo non saranno progetti che potranno mirare ai fasti del passato però se noi leggiamo l’economia di Pantelleria come un mix fra turismo, agricoltura, ambiente e, perchè no, gastronomia, ci rendiamo conto che l’agricoltura ha un’importanza fondamentale.
Noi attraverso questo campo siamo in grado di attrarre più turismo, perché ci sono persone   che vanno cercando delle specialità enogastronomiche e noi ne possiamo vantare di parecchie perché  abbiamo dei dolci particolari che non ci sono da nessuna parte, il mustazzolo e il bacio pantesco, per fare un esempio; oppure ci sono dei piatti come il couscous e nostro è diverso da quello del Nordafrica, siciliano; abbiamo una cultura con il passito che ce l’abbiamo così,  altri cercano di imitarlo ma viene, fammi dire erano acquarella.
“Quindi noi possiamo vantare dei primati che altri non hanno!

Origano prodotto dall’Azienda Kazzen


Le racconto questa esperienza: proprio quando dovevo pensare a delle attività economiche di rilancio dell’agricoltura, grazie all’amicizia con Gianfranco Rossetto, sono andato in Francia  nell’Occitania, dove producevano erbe condimentali, buone anche per la sanità diciamo, per la cosmesi e anche  per la farmaceutica. Per cui mi trovavo in questo impianto con metodi di essiccazione naturali, quindi lenti, a freddo eccetera eccetera e poi sono andato ad odorare le erbe . Tra esse  c’era l’origano, tu per sentirne l’odore, dovevi prendere un pugno, mettere sotto il naso, dici: si è origano. Il nostro confezionato sottovuoto, senti l’odore anche a distanza.

Cosa voglio dire? Noi abbiamo una base di partenza talmente importante su cui possiamo costruire un sacco di cose.

I progetti

“Il primo intervento: proprio uno stabilimento delle erbe, perché le erbe condimentali. Se  l’origano  va Eataly, o negozi di lusso simili  20 grammi costano 6 euro, quindi quanto costa l’origano a chilo, quanto ci costa produrlo e la percentuale di guadagno è elevatissima. Ecco perchè è una coltivazione sulla quale bisogna intervenire.
“Si pensa  poi l’estrazione degli oli essenziali dalle foglie di olivo che vengono dalle potature. 
“Le aziende avrebbero fondi: abbiamo fatto un bando di co-programmazione su questi lavori, a cui abbiamo invitato tutti a partecipare. Ha aderito  solo l’associazione Resilea, con cui abbiamo cominciato a ragionare di questi argomenti già dal primo giorno.  Speravamo in qualche altra iscrizione per esempio dalla cooperativa dei capperi ma, purtroppo questa cosa è stata sottovalutata.
“Invece Resilea ci ha dato la soddisfazione di cominciare a lavorare con noi e stiamo lavorando sulla messa a punto dei progetti per questo stabilimento dell’erbe di comunità. Tra l’altro Resilea, per un progetto di economia circolare,  ha avuto già un finanziamento di 500 mila euro, quindi noi abbiamo la quasi certezza assoluta che questo impianto dell’erba una volta realizzato funzionerà perché ci sono i soldi per farlo funzionare ai primi anni. Poi ovviamente questo stabilimento sarà in grado anche di guadagnare.”

Ma sull’uva cosa ci dice? “Adesso passiamo all’uva.

Secondo intervento
: Noi vogliamo fare anche una cantina di comunità, per cui il contadino, invece di portare l’uva ai grossi acquirenti, ai grossi conferitori, la porta alla cantina di comunità. Ivi, ci saranno gli enologi che ti affineranno il tuo vino e te lo mettono in un silos tuo  e poi viene imbottigliato, etichettato, venduto e ti vengono dati i soldi indietro.
“Praticamente un contadino che oggi fa 100 quintali di uva e rivende alle cantine maggiori, Pellegrino e Donnafugata, ricava un reddito che è la decima parte di quello che potrà ricavare un domani attraverso l’apertura di una cantina di comunità, che lo seguirà con  l’enologo, poi ci le fasi dette e si prende pure soldi, senza che hai fatto granché di lavoro.”

Ma Donnafugata e Pellegrino non  sono contrari a questa cosa? “No, non sono contrari, perché loro sono dei tecnici molto  preparati e lungimiranti, che sanno come funziona l’economia agricola: gli sta molto bene questa cosa, perché loro sanno che se continueremo così fra dieci anni non ci sarà neanche niente da coltivare. Invece, con la cantina di comunità l’agricoltore  continuerà a portare a lui i 100 quintali, ma andrà a recuperare le terre che ha abbandonato. 
“Ma questo cosa produrrà? Produrrà pure la possibilità che l’uva sarà pagata a un prezzo molto più equo, come avviene già in altre realtà,  come il nord-est, il Veneto per esempio, dove ci sono grandi vini importanti. Sa quante bottiglie di prosecco vengono fatte in Veneto? Quasi 700  milioni di bottiglie!
“E quindi noi ci avvarremo di queste aziende per commercializzare i nostri prodotti in Cina e negli Stati Uniti.” Poi fra l’altro per esportare negli Stati Uniti ci sono delle certificazioni che devi fare, che non costano tanto, però ogni singolo prodotto deve essere certificato, cioè se tu hai una bottiglia, non puoi certificare con un colpo solo il vino: c’è il passito di Donna Fugata lo devi certificare, c’è il passito Pellegrino lo devi certificare, c’è il vino bianco, ogni cosa ha la sua certificazione, però penso avremo nel tempo la possibilità di aiutare tutti  a fare queste certificazioni.

E per l’olivocultura, cosa mi dice? E veniamo al terzo intervento: abbiamo il  progetto la realizzazione di un frantoio di comunità e stiamo anche spingendo per la costituzione di una cooperativa. Quando io parlo di un frantoio di comunità, penso ai contadini che fanno 10-20 quintali di olive, chi fa 50-60-100  quintali ovviamente si deve associare in una cooperativa, perché la cooperativa ti dà una  serie di vantaggi non soltanto fiscali, ma anche di riferimento dai finanziamenti dai bandi regionali.

“Per esempio adesso dovrebbe uscire un bando regionale che dovrebbe finanziare la realizzazione di frantoi e catene di imbottigliamento. Lo stiamo aspettando! Ci sono alcuni  panteschi insieme ad altre persone che vengono da fuori, che vogliono costituire questa cooperativa, noi cercheremo di dare una mano per ottenere finanziamenti.  Infatti noi abbiamo, per dare una mano ai contadini, per non perdere i bandi di finanziamento, abbiamo preso a contratto un agronomo che lavora già in regione che  segue tutti i bandi e ci aiuta a fare le domande. 

La cooperativa poi può ambire a questi bandi per avere un finanziamento per fare un frantoio con catena di imbottigliamento e quindi raccogliere tutti  i produttori grossi di Pantelleria, che fanno 500.000 litri di olio, per poterlo vendere. In  più abbiamo avuto, grazie a quel convegno sull’olio che abbiamo fatto a a Punta Spadillo a fine agosto, il  il presidente dell‘IGP Sicilia, Mario Terrasi, che ha dato la disponibilità a fare il riconoscimento subito dell’olio.
Alla fine soltanto i non-panteschi hanno fatto la richiesta di fare l’IGP, i non-panteschi usciranno con l’IGP Sicilia sotto zona Pantelleria e i panteschi  continueranno a scrivere l’olio italiano, perché hanno paura. 
“E per cui noi stiamo cercando anche attraverso questo convegno sull’olio che  si rifarà il prossimo anno sicuramente di creare una coscienza, una consapevolezza nelle persone. 
“Il frantoio di comunità  ha lo stesso principio: mettere in condizione i piccoli produttori di portare le olive, farle selezionare per uscire con un unico olio selezionato, magari una prima scelta piuttosto che una seconda scelta, ma questo poi lo decideranno i tecnici.  L’olio sarà venduto nel mercato internazionale, perché vendere in Cina piuttosto che negli Stati Uniti è un attimo,  perché in Cina ci sono 100 milioni  ricchi che vogliono mangiare italiano, vogliono vestire italiano, gli piace l’Italia, la cultura italiana e quindi lì facciamo il gioco, cioè quando arriva un prodotto di qualità, specie se certificato  IGP.

La cultura della molitura

Quarto intervento. Un’altra cosa sulla quale si lavorerà grazie a questo convegno sull’olio il prossimo anno sarà la cultura della molitura. Noi ieri ad un incontro che abbiamo fatto al Kouteck con alcuni contadini di Pantelleria per spiegare come funzioneranno le centraline che stiamo montando: esse ti indicano in anticipo, se c’è previsione di pioggia nelle prossime settimane, di fare questo tipo di trattamento  per evitare la cocciniglia piuttosto che la mosca.
“Non solo tu fai il trattamento giusto al momento giusto, ma fai solo i trattamenti che servono ai risparmi tempo e denaro.

Come possiamo sintetizzare in una frase sola questa intervista sui progetti sull’agricoltura? Non si parla solo di progetti ma sono tante cose che  insieme operano a ventaglio per spingere l’agricoltura verso il rilancio.”

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