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Cultura

Erice, Istituto Alberghiero Florio promuove eccellenze esclusive di Pantelleria

Redazione

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L’Istituto alberghiero di Erice promuove le eccellenze
esclusive di Pantelleria

L’IIS “I. E V. FLORIO” di Erice (TP), abbinato alla Polvere di
capperi dell’azienda Kazzen di Pantelleria, è stato premiato con la
Gran Menzione di merito nel concorso “La scuola alberghiera e il
suo territorio” bandito dall’Accademia delle 5T (Territorio,
Tradizione, Tipicità, Trasparenza, Tracciabilità).

La finale si è svolta nel prestigioso ambiente di Palazzo Farnese a
Caprarola (VT) grazie alla collaborazione e ospitalità dell’Istituto
Istruzione Superiore Alessandro Farnese.

È questa la scuola di riferimento per gli studenti panteschi che
scelgono la strada dell’accoglienza alberghiera e della gastronomia.
La squadra premiata è composta dagli studenti di cucina Dario
D’Amico e Daniele Stabile, seguiti dai docenti Antonino La Sala e
Giuseppe Mazzeo, e dai loro compagni di sala Giuseppe Galante,
Chiara Tilotta e Stefania Tranchidda, seguiti dai docenti Vincenzo
Cataldo e Paolo Torrente, con la supervisione della dirigente
scolastica Giuseppa Mandina: hanno presentato e raccontato un
piatto davvero interessante e che rappresenta un compendio del
territorio di Pantelleria, “Giardino pantesco”.

L’idea nasce dalla creatività e innovazione nella trasformazione del
cappero portata avanti dall’azienda familiare (ma ormai nota fin
anche oltreoceano) “Kazzen Oro di Pantelleria”, leader della
produzione di questa delizia simbolo dell’agricoltura e gastronomia
isolana quasi al pari dello Zibibbo. Che il cappero di Pantelleria sia
al top nel mondo è da sempre riconosciuto e il primato non è
dovuto solo all’unicità di un ambiente naturale che, pur mettendo a
dura prova la fatica e l’ingegno dei Panteschi, si è rivelato
generoso, ma anche a un’abilità atavica nel trattare questo fiore in
bocciolo. Dal cappero sotto sale o sotto aceto, da sempre
apprezzato dalle cucine di mezzo mondo, recentemente sono nati i
capperi croccanti, ovvero sotto sale e poi essiccati, e la polvere di
cappero. Non solo, tra le nuove idee che stanno conquistando il
mercato dei gourmet, stanno trovando spazio pure le foglie. La
polvere di capperi è un tocco in più in piatti semplicissimi come i
carpacci, nei primi piatti e in ricette creative e, partendo da loro i
ragazzi di Erice hanno realizzato un primo piatto che rappresenta la
tradizione gastronomica locale con le Frascatole (una sorta di cous
cous più spesso), mettendo insieme i prodotti simbolo dell’Isola
(capperi, la loro polvere e le foglie; l’uva passa di Zibibbo della 
stessa Kazzen; il limone di un Giardino pantesco, che ha dato il
nome alla preparazione) con l’aiuto del meglio della Sicilia a
cominciare dal loro territorio, quello trapanese (lo straordinario
aglio rosso di Nubia, l’olio extra vergine Valli Trapanesi DOP
dell’organismo produttori, il pescato locale, ovvero la seppia, le
verdure dell’orto degli stessi studenti), per continuare con la semola
bio di varietà siciliana antica Timilia della Cooperativa Valdibella, le
mandorle di Avola di Tossani).

A premiare la scuola un pool di giurati del calibro di Andrea
Beltrami e Mario Raggi per l’AMIRA, Maria Cristina Beretta,
Donatella Cinelli Colombini, Andrea Fabbri, Livia e Alfonso
Iaccarino, Veronica Ruggiero, Giampaolo Sodano, Guido Stecchi e i
docenti della scuola ospitante Luigi Ceriello e Riccardo Minciotti.
Le novità di questo concorso sono il gioco di squadra e il
“racconto”: infatti non viene premiato il piatto in sé, che dev’essere
comunque buono e genuino, ma la valorizzazione della cultura del
territorio attraverso gli ingredienti, lo stile di cucina e la capacità di
esprimere i valori culturali e ambientali che ne danno origine.
Questo perché il made in Italy non si esprime solo con una
superiorità organolettica ma anche e soprattutto per la cultura e la
storia di cui il buon mangiare è la più popolare e nel contempo
raffinata espressione.

L’Accademia delle 5T, nell’ambito della propria mission per formare
e informare sulla biodiversità, la sostenibilità e il valore dei prodotti
tipici per la nostra cultura e la salute dell’uomo e dell’ambiente, ha
voluto con questo concorso dare un segnale per incentivare un
rapporto concreto tra produttori e scuole alberghiere del loro
territorio, l’unico mezzo per rimediare da un lato alla scarsità di
fondi per le materie prime e di ore dedicate al laboratorio nelle
scuole, il tutto aggravato da una burocrazia disarmante, dall’altro
alla sfiducia da parte di ristoratori e produttori nei confronti dei
giovani diplomati scarsamente inseriti nel contesto territoriale.
La scuola potrebbe essere infatti una soluzione per la crescita del
settore e la soluzione del problema attuale di reperimento del
personale solo ci fossero maggiori sinergie territoriali, ovvero se gli
operatori capissero che sostenerla non costa niente ed è di fatto la
meno costosa delle promozioni.

Pertanto il concorso incentiva il più semplice dei rapporti tra gli
artigiani agroalimentari e gli agricoltori con le scuole alberghiere del
loro territorio: se gli operatori agroalimentari collaborassero con le
scuole fornendo i loro prodotti tipici a prezzo di costo, queste ultime 
potrebbero insegnare agli allievi una cucina più sana, più buona e
più tradizionale. Inoltre se i produttori, insieme ai ristoratori,
collaborassero con incontri nelle scuole e stages più consapevoli e
formativi otterrebbero giovani più recettivi e promettenti. E i
produttori farebbero di fatto un’operazione di marketing,
raggiungendo direttamente i clienti del futuro, intelligente e che
non costa nulla.

È così ovvio, eppure avviene in poche scuole per merito esclusivo di
singole persone – docenti, dirigenti, artigiani, ristoratori – con la
“testa dura” ovvero che non si fanno scoraggiare da idioti ma
superabili ostacoli burocratici.

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Cultura

Pantelleria in Val d’Aosta al salone internazionale dei vini estremi

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La Figlia del Vento alla manifestazione enogastronomica aostana “Vins Extremes” 22 e 23 novembre – Link di partecipazione

Pantelleria, i giorni 22 e 23 novembre prossimi, sarà presente a “Vins Extremes, –  Salone
internazionale dei vini estremi” che si terràin Val d’Aosta, presso il Forte di Bard, struttura militare restaurata ed oggi polo culturale e turistico di respiro internazionale, sede di musei, esposizioni, eventi, servizi informativi e di accoglienza
all’avanguardia.

In tale occasione sarà coinvolto anche Peppe D’Aietti, conoscitore profondo dell’isola, nonchè abile e affascinante narratore della nostra cultura e un giovane enologo pantesco.

Ma i dettagli verranno successivamente riportati.

Intanto di seguito il link della partecipazione di Pantelleria: https://www.vins-extremes.it/visitatori/catalogo-aziende-partecipanti/zona-ospite-comune-di-pantelleria

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Cultura

Pantelleria – Agricoltura, prospettive e progetti per il rilancio di un settore in via di abbandono

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Intervista all’Assessore Massimo Bonì, investimenti su produzione di olio, origano e uva

Sono anni e anni che il settore dell’agricoltura è in lenta ma costante discesa: abbandono delle terre troppo difficili da coltivare, per preferire altri tipi di lavoro, senza considerare la specialità che si va perdendo.
A Pantelleria, diversi enti si stanno muovendo per un ritorno all’apprezzamento della terra, della preziosità di quella pantesca. Anche il Parco di Pantelleria sta organizzando eventi a tal proposito.

Ed ecco che, per fare il punto sull’argomento, abbiamo intervistato l’assessore Massimo Bonì. 

Assessore, che prospettive ci sono attualmente per l’agricoltura di Pantelleria? “Pantelleria rientra tra i Comuni che fanno parte del Gal-Elimos (la società per lo sviluppo rurale della Provincia di Trapani), con cui si posso realizzare molte cose importanti. Per uscire da questo loop della saga della salsiccia, ci siamo detti, perché noi non  utilizziamo i fondi che il GAL riceve dall’Unione Europea per rivitalizzare l’economia delle aree rurali? 
“Si pensi che se a Pantelleria è vero che l’ufficio tecnico è abbastanza attrezzato, l’ufficio agricoltura non ha nemmeno un dipendente a sua disposizione  e quindi non ci sono raccolte dati, non si quello che è stato fatto prima di “te”, non si ha idea di cosa c’è in ballo eccetera eccetera.

Quando invece l’agricoltura dovrebbe essere uno dei motori dell’economia? Infatti non lo è più ma il ragionamento è quello di farlo diventare un aspetto importante dell’economia pantesca, non tanto perché si possa tornare ai fasti del passato… Una volta cento anni fa in agricoltura era impiegato più del 90% della popolazione, adesso il 3-4%, quindi questo è un aspetto del quale bisogna tener conto. Per cui noi non potremo mai tornare all’agricoltura dei 300.000-450.000 quintali di uva e di cui ci raccontano gli anziani, ma questo non vuol dire che l’agricoltura non possa tornare ad essere fonte di reddito  e quindi darle dignità, cioè fondi. Se dall’agricoltura deriva un guadagno c’è dignità, se dall’agricoltura tu guadagni torni all’agricoltura, se  dall’agricoltura non ci fai niente come non ci hai fatto niente per gli ultimi 50-60 anni la gente normalmente la abbandona e immagina di fare soldi in altri settori. 


I progetti

Assessore, ma intanto ci sono dei progetti avviati o prossimi per il rilancio? “Si decisamente! Come dicevo non saranno progetti che potranno mirare ai fasti del passato però se noi leggiamo l’economia di Pantelleria come un mix fra turismo, agricoltura, ambiente e, perchè no, gastronomia, ci rendiamo conto che l’agricoltura ha un’importanza fondamentale.
Noi attraverso questo campo siamo in grado di attrarre più turismo, perché ci sono persone   che vanno cercando delle specialità enogastronomiche e noi ne possiamo vantare di parecchie perché  abbiamo dei dolci particolari che non ci sono da nessuna parte, il mustazzolo e il bacio pantesco, per fare un esempio; oppure ci sono dei piatti come il couscous e nostro è diverso da quello del Nordafrica, siciliano; abbiamo una cultura con il passito che ce l’abbiamo così,  altri cercano di imitarlo ma viene, fammi dire erano acquarella.
“Quindi noi possiamo vantare dei primati che altri non hanno!

Origano prodotto dall’Azienda Kazzen


Le racconto questa esperienza: proprio quando dovevo pensare a delle attività economiche di rilancio dell’agricoltura, grazie all’amicizia con Gianfranco Rossetto, sono andato in Francia  nell’Occitania, dove producevano erbe condimentali, buone anche per la sanità diciamo, per la cosmesi e anche  per la farmaceutica. Per cui mi trovavo in questo impianto con metodi di essiccazione naturali, quindi lenti, a freddo eccetera eccetera e poi sono andato ad odorare le erbe . Tra esse  c’era l’origano, tu per sentirne l’odore, dovevi prendere un pugno, mettere sotto il naso, dici: si è origano. Il nostro confezionato sottovuoto, senti l’odore anche a distanza.

Cosa voglio dire? Noi abbiamo una base di partenza talmente importante su cui possiamo costruire un sacco di cose.

I progetti

“Il primo intervento: proprio uno stabilimento delle erbe, perché le erbe condimentali. Se  l’origano  va Eataly, o negozi di lusso simili  20 grammi costano 6 euro, quindi quanto costa l’origano a chilo, quanto ci costa produrlo e la percentuale di guadagno è elevatissima. Ecco perchè è una coltivazione sulla quale bisogna intervenire.
“Si pensa  poi l’estrazione degli oli essenziali dalle foglie di olivo che vengono dalle potature. 
“Le aziende avrebbero fondi: abbiamo fatto un bando di co-programmazione su questi lavori, a cui abbiamo invitato tutti a partecipare. Ha aderito  solo l’associazione Resilea, con cui abbiamo cominciato a ragionare di questi argomenti già dal primo giorno.  Speravamo in qualche altra iscrizione per esempio dalla cooperativa dei capperi ma, purtroppo questa cosa è stata sottovalutata.
“Invece Resilea ci ha dato la soddisfazione di cominciare a lavorare con noi e stiamo lavorando sulla messa a punto dei progetti per questo stabilimento dell’erbe di comunità. Tra l’altro Resilea, per un progetto di economia circolare,  ha avuto già un finanziamento di 500 mila euro, quindi noi abbiamo la quasi certezza assoluta che questo impianto dell’erba una volta realizzato funzionerà perché ci sono i soldi per farlo funzionare ai primi anni. Poi ovviamente questo stabilimento sarà in grado anche di guadagnare.”

Ma sull’uva cosa ci dice? “Adesso passiamo all’uva.

Secondo intervento
: Noi vogliamo fare anche una cantina di comunità, per cui il contadino, invece di portare l’uva ai grossi acquirenti, ai grossi conferitori, la porta alla cantina di comunità. Ivi, ci saranno gli enologi che ti affineranno il tuo vino e te lo mettono in un silos tuo  e poi viene imbottigliato, etichettato, venduto e ti vengono dati i soldi indietro.
“Praticamente un contadino che oggi fa 100 quintali di uva e rivende alle cantine maggiori, Pellegrino e Donnafugata, ricava un reddito che è la decima parte di quello che potrà ricavare un domani attraverso l’apertura di una cantina di comunità, che lo seguirà con  l’enologo, poi ci le fasi dette e si prende pure soldi, senza che hai fatto granché di lavoro.”

Ma Donnafugata e Pellegrino non  sono contrari a questa cosa? “No, non sono contrari, perché loro sono dei tecnici molto  preparati e lungimiranti, che sanno come funziona l’economia agricola: gli sta molto bene questa cosa, perché loro sanno che se continueremo così fra dieci anni non ci sarà neanche niente da coltivare. Invece, con la cantina di comunità l’agricoltore  continuerà a portare a lui i 100 quintali, ma andrà a recuperare le terre che ha abbandonato. 
“Ma questo cosa produrrà? Produrrà pure la possibilità che l’uva sarà pagata a un prezzo molto più equo, come avviene già in altre realtà,  come il nord-est, il Veneto per esempio, dove ci sono grandi vini importanti. Sa quante bottiglie di prosecco vengono fatte in Veneto? Quasi 700  milioni di bottiglie!
“E quindi noi ci avvarremo di queste aziende per commercializzare i nostri prodotti in Cina e negli Stati Uniti.” Poi fra l’altro per esportare negli Stati Uniti ci sono delle certificazioni che devi fare, che non costano tanto, però ogni singolo prodotto deve essere certificato, cioè se tu hai una bottiglia, non puoi certificare con un colpo solo il vino: c’è il passito di Donna Fugata lo devi certificare, c’è il passito Pellegrino lo devi certificare, c’è il vino bianco, ogni cosa ha la sua certificazione, però penso avremo nel tempo la possibilità di aiutare tutti  a fare queste certificazioni.

E per l’olivocultura, cosa mi dice? E veniamo al terzo intervento: abbiamo il  progetto la realizzazione di un frantoio di comunità e stiamo anche spingendo per la costituzione di una cooperativa. Quando io parlo di un frantoio di comunità, penso ai contadini che fanno 10-20 quintali di olive, chi fa 50-60-100  quintali ovviamente si deve associare in una cooperativa, perché la cooperativa ti dà una  serie di vantaggi non soltanto fiscali, ma anche di riferimento dai finanziamenti dai bandi regionali.

“Per esempio adesso dovrebbe uscire un bando regionale che dovrebbe finanziare la realizzazione di frantoi e catene di imbottigliamento. Lo stiamo aspettando! Ci sono alcuni  panteschi insieme ad altre persone che vengono da fuori, che vogliono costituire questa cooperativa, noi cercheremo di dare una mano per ottenere finanziamenti.  Infatti noi abbiamo, per dare una mano ai contadini, per non perdere i bandi di finanziamento, abbiamo preso a contratto un agronomo che lavora già in regione che  segue tutti i bandi e ci aiuta a fare le domande. 

La cooperativa poi può ambire a questi bandi per avere un finanziamento per fare un frantoio con catena di imbottigliamento e quindi raccogliere tutti  i produttori grossi di Pantelleria, che fanno 500.000 litri di olio, per poterlo vendere. In  più abbiamo avuto, grazie a quel convegno sull’olio che abbiamo fatto a a Punta Spadillo a fine agosto, il  il presidente dell‘IGP Sicilia, Mario Terrasi, che ha dato la disponibilità a fare il riconoscimento subito dell’olio.
Alla fine soltanto i non-panteschi hanno fatto la richiesta di fare l’IGP, i non-panteschi usciranno con l’IGP Sicilia sotto zona Pantelleria e i panteschi  continueranno a scrivere l’olio italiano, perché hanno paura. 
“E per cui noi stiamo cercando anche attraverso questo convegno sull’olio che  si rifarà il prossimo anno sicuramente di creare una coscienza, una consapevolezza nelle persone. 
“Il frantoio di comunità  ha lo stesso principio: mettere in condizione i piccoli produttori di portare le olive, farle selezionare per uscire con un unico olio selezionato, magari una prima scelta piuttosto che una seconda scelta, ma questo poi lo decideranno i tecnici.  L’olio sarà venduto nel mercato internazionale, perché vendere in Cina piuttosto che negli Stati Uniti è un attimo,  perché in Cina ci sono 100 milioni  ricchi che vogliono mangiare italiano, vogliono vestire italiano, gli piace l’Italia, la cultura italiana e quindi lì facciamo il gioco, cioè quando arriva un prodotto di qualità, specie se certificato  IGP.

La cultura della molitura

Quarto intervento. Un’altra cosa sulla quale si lavorerà grazie a questo convegno sull’olio il prossimo anno sarà la cultura della molitura. Noi ieri ad un incontro che abbiamo fatto al Kouteck con alcuni contadini di Pantelleria per spiegare come funzioneranno le centraline che stiamo montando: esse ti indicano in anticipo, se c’è previsione di pioggia nelle prossime settimane, di fare questo tipo di trattamento  per evitare la cocciniglia piuttosto che la mosca.
“Non solo tu fai il trattamento giusto al momento giusto, ma fai solo i trattamenti che servono ai risparmi tempo e denaro.

Come possiamo sintetizzare in una frase sola questa intervista sui progetti sull’agricoltura? Non si parla solo di progetti ma sono tante cose che  insieme operano a ventaglio per spingere l’agricoltura verso il rilancio.”

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Cultura

Pantelleria – San Martino, tradizione intatta anche nelle dinamiche sociali

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A Circolo Trieste, scorpacciata di sfinci e degustazione di vino novello

Pantelleria è una “terra” fortunata per i privilegi che la natura le ha donato e per la cultura millenaria che cerca di resistere all'”evoluzione” dell’uomo e alle dinamiche sociali.


Ieri, 11 novembre, come ogni anni, si è commemorato San Martino, il santo noto per le giornate novembrine miti e la capacità solidale e di condivisione.

Ristoranti, case private e  circoli  hanno accolto panteschi e turisti che si sono fatti catturare dalle gustose carni del gaddru chinu, il piatto tradizionale per il santo.
Ma anche altri sapori fanno parte di questa tradizione: le sfince e, non di meno, il vino novello.


A Khamma, proprio per la grande abbuffata di sfinci del Panificio Terremoto e di degustazione di vino, presso il Circolo Trieste, si è ricreato un quadro tanto consuetudinario, quanto sempre curioso, visto dall’esterno con una mentalità più distaccata: osservando le foto, cosa coglie subito la nostra attenzione?
Diversi tavoli, rigorosamente distinti: maschi e femmine.

Un tempo così si usava, si usava separarsi anche intorno alla pista in attesa di lanciarsi a ballare: maschi da una parte, femmine da un’altra. 

Ed è una scena bellissima, perchè rievoca il passato dei nostri nonni, mantenendolo intatto, custodito abilmente e difeso dalle contaminazioni di una modernità sociale che tende a disperdere  consuetudini tanto ataviche, quanto preziose.

Pantelleria è una terra fortunata, e finchè dureranno queste usanze  rimarrà quel pezzetto di Italia dove la gente non si disperde e difende le proprie radici e il proprio patrimonio con tenacia e nobiltà.

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