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Cultura

Conclusa la Vendée Globe. Curiosità sulla regata più folle al mondo che sfida i limiti dell’uomo

Giuliana Raffaelli

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Lo scorso 28 gennaio si concludeva la Vendée Globe, la regata velica più impegnativa, più lunga e più folle al mondo. Il suo percorso prevede la circumnavigazione del globo terrestre partendo dalla cittadina francese di Les Sables-d’Olonne, sull’Oceano Atlantico, nel dipartimento di Vendée (Loira). Il ritorno avviene nella stessa cittadina dopo un percorso di circa 21 mila miglia nautiche in solitaria, senza tappe e senza assistenza. La partenza di questa ultima edizione (la nona) è avvenuta l’8 novembre 2020 è terminata  con la vittoria del francese Yannick Bestaven che ha tagliato il traguardo alle ore 03:19:46 dopo una navigazione ufficiale di 80 giorni, 3 ore, 44 minuti e 46 secondi.

Nata nel 1989, da una idea del velista malgascio Philippe Jeantot, la Vendée Globe segue la scia della Golden Globe Race che, nel 1968, diede il via alla prima navigazione intorno al mondo di questo tipo (dai tre capi Bonne Espérance, Leeuwin e Horn). “Globe”vuol dire mondo in francese perché il mondo è il suo campo di gara.

II tragitto prevede quindi la circumnavigazione dell’intero globo terrestre, lungo la famosa clipper route che vediamo in dettaglio nell’immagine sottostante (locandina ufficiale dell’evento). Partendo da Les Sables-d’Olonne le imbarcazioni scendono nell’Oceano Atlantico procedendo poi in direzione est lasciandosi a sinistra il Cape de Bonne Espérance (Sudafrica) e puntando verso l’Australia. Continuano in senso orario intorno all’Antartide passando al largo di Cape Leeuwin (Australia) e di Cape Horn (Cile) per rientrare infine nella cittadina francese di partenza.

Dalla descrizione del tragitto emerge chiaramente la difficoltà della regata, ma se ci aggiungiamo che deve essere fatta in solitaria, senza tappe e senza assistenza (pena l’esclusione), si può allora anche concordare con il sostantivo “folle” con il quale abbiamo voluto accompagnarla nel titolo. Folle perché a ogni edizione qualche skipper è costretto al ritiro (in quella attuale sono stati 8 su 33 partecipanti), per non voler citare gli incidenti mortali e altri tragici avvenimenti. Uno su tutti. Si disputava la terza edizione e più precisamente era il 7 gennaio 1997 quando, durante la gara, scomparve il velista canadese Gerry Roufs. Quel giorno il suo trasmettitore satellitare smise di dare segnale: era a 397 miglia a sud del “Punto Nemo”, uno dei luoghi più difficili da raggiungere sulla Terra, ovvero il punto (nell’oceano Pacifico) più lontano da qualsiasi terra emersa. Il giorno precedente (ormai fuori gara) Roufs aveva raccontato a un’altra velista di essere stato costretto a fermarsi a Città del Capo dopo essere stato colto da una tempesta dantesca con “onde alte come le Alpi”. Sette mesi dopo pezzi della sua imbarcazione furono ritrovati nelle coste del Cile. Ma del suo corpo nessuna traccia.

Durante questa nefasta terza edizione numerosi sono stati gli episodi avversi: alcuni velisti sono stati costretti a ritirarsi già nelle prime ore della gara (durante l’attraversamento della temuta Baia di Biscay), una imbarcazione ha colliso con un blocco di ghiaccio, altre hanno subito danni agli scafi e al timone e addirittura rovesciamenti a causa del maltempo. Tutti questi episodi fecero riflettere profondamente gli organizzatori della gara che decisero di inasprire le regole. Da quell’anno i velisti, per poter partecipare, oltre a dover dimostrare una solida esperienza in materia di navigazione (attraverso una precedente partecipazione a competizioni transoceaniche in solitaria o a una Vendée Globe), devono essere in possesso di idoneità a corsi di sopravvivenza e di pronto soccorso.

Quella che i velisti devono, infatti, affrontare è una prova durissima con se stessi, una importante sfida fisica oltre che tecnica. Ricordiamo infatti che si tratta di una gara in solitario, cioè nessuno oltre lo/la skipper e l’onnipresente “passeggera clandestina” (così i comandanti chiamano la paura) può salire sulla barca, eccezione fatta durante le operazioni di salvataggio di un’altra imbarcazione. Si è da soli in mezzo agli oceani, in balia di mare e vento, spesso fuori dalla portata di qualunque segnale telefonico, dove l’unica salvezza è rappresentata proprio dalle altre imbarcazioni in gara. È, inoltre, senza sosta: è ammesso solo il rientro a Les Sables-d’Olonne entro massimo 10 giorni dalla partenza per riparazioni. Ed è senza assistenza: ogni skipper deve fare affidamento solo alle proprie forze e capacità, usando le attrezzature messe a bordo prima della partenze per poter riparare eventuali danni allo scafo e alla sua persona. Proprio così, se subiscono infortuni devono essere capaci di intervenire da soli, avendo come unica assistenza quella in remoto del medico di gara Jean-Yves Chauve. Come ricorda lo stesso medico in una intervista del 2016 alla Gazzetta dello Sport “Le barche ora navigano a 80 km all’ora. Quando s’infilano in un’onda, nell’impatto la loro velocità scende d’un colpo di 30 anche di 50 km all’ora. Siamo passati dalla possibilità di piccole ferite, contusioni e traumi che ci si può procurare tra le pareti di casa alle lesioni di un grave incidente stradale”. Ricordiamo solo un episodio. Era l’edizione del 1993 quando il velista Bertrand de Broc venne colpito violentemente al volto dalla scotta della randa procurandosi una profonda ferita alla lingua dando inizio a una pericolosa emorragia. Con l’assistenza via radio del medico si ricucì da solo e continuò la gara.

Ma la sfida è anche psicologica. L’assenza di scali e la solitudine ne aumentano il coefficiente di difficoltà e la saldezza mentale ne è una variabile imprescindibile che segna la differenza tra un’avventura indimenticabile e un viaggio senza ritorno. Come ricorda Isabelle Autissier (leggendaria velista francese già salvata nel 1999 da Giovanni Soldini durante la terza tappa della Around Alone, da Auckland, in Nuova Zelanda, a Punta del Este, in Uruguay) in una intervista al Corriere della Sera nel 2008 “Laggiù non c’è sole, il mare è grigio, fa freddo, il vento soffia a 60 km all’ora e le onde possono raggiungere otto metri d’altezza. Laggiù ti senti lontanissimo dal resto del genere umano. Il Vendée è come guardare in faccia un fantasma per cento giorni. L’equilibrio è fondamentale”. Qualcuno tra i più appassionati ricorderà i singhiozzi disperati della giovane velista inglese Ellen Mac Arthur, provata psicologicamente dalla gara, trasmessi in diretta dalla BBC nel 2001. Grazie alle parole di conforto dei genitori proseguì la gara arrivando non solo in fondo, ma conquistando un eccezionale secondo posto.

La regata è anche una sfida climatica, una gara quotidiana con le condizioni meteorologiche in cui l’esperienza e l’intuito giocano un ruolo fondamentale. Durante il tragitto gli skipper devono saper affrontare anticicloni, aree di alta pressione apparentemente stabili (come le calme equatoriali dette “Doldrums” e le alte pressioni di Azzorre e Sant’Elena) e depressioni con fortissimi venti. Tutto un gioco di strategia per contrastare e/o sfruttare al meglio le alte e le basse pressioni, con traiettorie che nell’Atlantico sono perpendicolari alle perturbazioni, mentre nel Pacifico e nell’Indiano avvengono nelle stesse direzioni di spostamento dei sistemi meteorologici. Una prova impegnativa è senz’altro quella che gli skipper devono affrontare nella zona di convergenza inter-tropicale, dove le masse di aria calda e umida trasportate dagli Alisei si incontrano e generano forte instabilità, tra momenti di calma e burrasche. E poi, più le imbarcazioni vanno a sud, meno è la distanza che devono percorrere, più sono i rischi da affrontare. I mari sono sempre più gelidi, aumentano gli iceberg e le tempeste. Non a caso i 40° di latitudine sud sono conosciuti come i “40 ruggenti”, mentre i 50° come i “50 urlanti”. Se ci aggiungete che si è da soli, con cibo prevalentemente liofilizzato, con temperature gelide, senza possibilità di dormire in tranquillità, vedrete miscelati insieme gli ingredienti perfetti per una narrazione da alta tensione.

Anche le nuove regole imposte alle imbarcazioni dopo i vari incidenti sono molto rigide. Seppur alcune caratteristiche siano lasciate alla discrezione dei partecipanti, un pacchetto di regole impone ferrei parametri riguardanti lunghezza, pescaggio, stabilità, appendici, e norme di sicurezza. A titolo di esempio, tutte le imbarcazioni sono IMOCA 60 (cioè lunghe 18,28 metri) con pescaggio di 4,50 metri. La chiglia è standardizzata, e si può scegliere tra due alberi (classico o alare). Il numero di appendici e zavorre è limitato ma sono tutte dotate di foil, letteralmente ali attaccate allo scafo che garantiscono una maggiore portanza a velocità di planata, sufficienti a sollevare lo scafo completamente fuori dall’acqua, facendolo somigliare più ad astronavi che a imbarcazioni s.s. Grazie a queste appendici le barche possono raggiungere velocità fino a qualche anno fa impensabili (anche 30 nodi sottovento). Sono tutte dotate, inoltre, di strumentazioni altamente tecnologiche come autopiloti, radar, e chartplotter per navigare il più velocemente possibile, ma in piena sicurezza. Ben consapevoli, tuttavia, che il rischio zero non esiste.

La gara, studiata per affrontare i mari antartici durante l’estate australe, inizia in genere a Novembre e si conclude tra fine Gennaio e inizio Febbraio. Quest’anno i velisti hanno tentato di sfidare il record di 74 giorni, 3 ore e 35 minuti della precedente edizione, senza però riuscirci.

Ecco la classifica finale:

  • 1° classificato: Yannick Bestaven che ha fatto rientro nella cittadina francese alle 03:19:46 del 28 gennaio 2021 dopo una navigazione di 80 giorni, 13 ore, 59 minuti e 44 secondi. Ma, essendogli state abbonate 10 ore e 15 minuti per aver partecipato al salvataggio di Kevin Escoffier, i tempi ufficiali sono diventati 80 giorni, 3 ore, 44 minuti e 46 secondi;
  • 2° classificato: Charlie Dalin arrivato alle 19:35:47 del 27 gennaio dopo 80 giorni, 6 ore, 15 mimnuti e 47 secondi;
  • 3° classificato: Louis Burton arrivato alle 23:45:12 del 27 gennaio dopo 80 giorni, 10 ore, 25 minuti e 12 secondi.

Vogliamo infine ricordare l’italiano Giancarlo Pedote che si aggiudica l’ottavo posto in classifica arrivando il 28 gennaio alle 12:02:20 dopo 80 giorni, 22 ore, 42 minuti e 20 secondi di navigazione. A lui il primato di miglior italiano di sempre in questa competizione.

(Crediti immagine: www.vendeeglobe.org, foto di un tramonto a largo del Brasile di Giancarlo Pedote)

Giuliana Raffaelli

Laureata in Scienze Geologiche, ha acquisito il dottorato in Scienze della Terra all’Università di Urbino “Carlo Bo” con una tesi sui materiali lapidei utilizzati in architettura e sui loro problemi di conservazione. Si è poi specializzata nell’analisi dei materiali policristallini mediante tecniche di diffrazione di raggi X. Nel febbraio 2021 ha conseguito il Master in Giornalismo Scientifico all'Università Sapienza di Roma con lode e premio per la migliore tesi. La vocazione per la comunicazione della Scienza l’ha portata a partecipare a moltissime attività di divulgazione. Fino a quando è approdata sull’isola di Pantelleria. Per amore. Ed è stata una passione travolgente… per il blu del suo mare, per l’energia delle sue rocce, per l’ardore delle sue genti.

Cultura

Rinnovata convenzione tra Airgest e istituto Leonardo da Vinci per formare il futuro dei giovani

Redazione

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L’iniziativa permette agli studenti, dell’indirizzo aeronautico e nautico, di trasformare la teoria scolastica in pratica operativa

Per il terzo anno consecutivo, Airgest, società di gestione dell’aeroporto Vincenzo Florio, rinnova la collaborazione con l’istituto Leonardo da Vinci di Trapani, sottoscrivendo la convenzione per i Percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento, PCTO. L’iniziativa permette agli studenti, in particolare dell’indirizzo aeronautico e nautico, di vivere esperienze formative concrete all’interno delle strutture aeroportuali, trasformando la teoria scolastica in pratica operativa in un contesto dinamico, innovativo e sicuro.

Ogni partecipante sarà seguito da due tutor: uno scolastico, responsabile della progettazione e del monitoraggio del percorso, e un team aziendale, che garantirà l’inserimento nelle attività operative e la sicurezza durante le esperienze. I percorsi PCTO sono personalizzati sulle competenze, attitudini e obiettivi degli studenti, favorendo lo sviluppo di capacità trasversali, orientamento professionale e consapevolezza delle proprie potenzialità.

Il commento del presidente di Airgest, Salvatore Ombra

Il presidente di Airgest, Salvatore Ombra, ha ribadito il ruolo sociale dell’azienda: “Con questa collaborazione confermiamo la volontà di costruire un ponte tra scuola e impresa, mettendo al centro la formazione, l’orientamento e il talento dei giovani. Investire nella loro formazione significa investire nel futuro del territorio. Ogni studente che entra in contatto con la nostra realtà scopre il lavoro con responsabilità e passione”.

Il commento della dirigente dell’Istituto, Vita D’Amico

“Questa collaborazione rafforza il legame tra scuola e mondo del lavoro, – ha commentato la dirigente dell’Istituto, Vita D’Amico -, valorizzando i giovani talenti. Grazie al supporto concreto e organizzativo dell’ente aeroportuale, si sta consolidando una tradizione che rafforza il ruolo della nostra scuola come punto di riferimento educativo e professionale, creando opportunità uniche per i giovani. Un sentito ringraziamento va al presidente Ombra, al suo staff e a tutto il personale docente, che quotidianamente si dedica con passione affinché questo percorso diventi una realtà stabile e duratura”.

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Cultura

Unipant ospita Carla Parola: tra consapevolezza, fisica quantistica e la rivoluzione dell’Essere

Redazione

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L’Autrice, che ha molti lettori sull’isola, ha illustrato le tematiche che caratterizzano le sue opere sulla vita e il suo significato
 
Un pubblico numeroso e visibilmente interessato ha animato la sede dell’Università Popolare di Pantelleria (UNIPANT) in occasione dell’incontro con l’Autrice Carla Parola, tenutosi venerdì scorso. L’evento, moderato da Nuccia Farina, si è concentrato sugli affascinanti temi della consapevolezza, della crescita spirituale e dell’ecologia dell’essere, trasformandosi in un denso e proficuo dibattito sulla trasformazione interiore.

Carla Parola, nota anche per la sua spiccata autoironia – una caratteristica distintiva che utilizza sapientemente per rompere il ghiaccio su tematiche delicate e che richiedono grande apertura mentale – ha condiviso con il pubblico la genesi dei suoi libri, incluso il suo primo testo, “Luce”. L’Autrice ha spiegato che le sue opere sono nate da una “dettatura” e non vanno intese come testi religiosi, bensì come scritti scientifici che incorporano i principi della fisica quantistica applicati all’esistenza.

La discussione ha approfondito la visione dell’essere umano come pura energia e informazione, dove ogni sentimento e pulsione si traduce in specifiche vibrazioni e frequenze. Un focus centrale è stato posto sull’importanza di superare i condizionamenti esterni per accedere alla propria essenza, imparando ad ascoltare l’istinto come vera voce della propria energia. Cruciale in questo percorso è l’invito all’amore per sé stessi (“Amati”), ritenuto la base imprescindibile per una vita consapevole e in armonia.

Il pubblico, particolarmente coinvolto, ha intessuto con l’Autrice un dibattito intenso e ricco di spunti, toccando argomenti come il rapporto tra la sua visione e le religioni orientali, la distinzione tra istinto e impulso, e la rilevanza delle frequenze vibrazionali e della teoria della sincronizzazione armonica.

Le domande hanno permesso a Carla Parola di ribadire la natura “scientifica” e non religiosa del suo lavoro, sottolineando come l’umanità stia evolvendo verso una nuova modalità biologica per accedere alla “Fonte” della vita.

L’evento è stato un momento di grande arricchimento culturale e personale, molto apprezzato sia dagli intervenuti che da molti soci e amici fuori dall’isola che ne hanno richiesto la registrazione, fornendo chiavi di lettura per un percorso di rinnovamento individuale e per comprendere che lo scopo ultimo dell’esistenza è porsi al servizio dell’evoluzione.

Link al video della conferenza: https://www.youtube.com/watch?v=07z-wLwdxVg

Per qualsiasi info: 331 490 5245 – info@unipant.it

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Cultura

Pantelleria, tutte le messe dal 27 ottobre al 9 novembre. Orari dei riti presso i tre cimiteri

Direttore

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La parrocchia della Chiesa Forania di Pantelleria, Ss. Salvatore, ha reso noto il calendario delle messe di questi ultimi giorni di ottobre, fino al 9 novembre

Nello specifico per domenica 2 novembre, in occasione della commemorazione dei defunti:

  • ORE 10,00 CIMITERO DI KhAMMA –
  • ORE 11.00 CIMITERO CENTRO –
  • ORE 11,30 CIMITERO SCAURI.

POMERIGGIO SOLO UNA MESSA ALLE ORE 18,30 CHIESA MADRE.

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