Economia
Verso le Amministrative: approfondimento su processi di democrazia per i 19 comuni chiamati al voto

APPROFONDIMENTO SUI PROCESSI DI DEMOCRAZIA PARTECIPATA
NEI 19 COMUNI DELLA SICILIA OCCIDENTALE CHE ANDRANNO AL VOTO
9 NEL PALERMITANO, 6 NELL’AGRIGENTINO E 4 NEL TRAPANESE
Lettera aperta di “Spendiamoli Insieme” a candidati e cittadini
“La democrazia partecipata diventi tema di dibattito elettorale”
Sono 19 i Comuni della Sicilia Occidentale che andranno a elezioni amministrative
a giugno (in contemporanea con le Europee): 9 nell’Area Metropolitana di
Palermo, 6 nell’Agrigentino e 4 nel Trapanese. È ancora troppo presto per sapere
se i candidati renderanno o meno la democrazia partecipata tema di dibattito
elettorale. Ma il team del progetto di monitoraggio civico “Spendiamoli Insieme”,
realizzato da Parliament Watch Italia con il sostegno di Fondazione CON IL SUD, ci
prova a far sì che lo diventi, verificando quanto succede in ciascuno dei 19
Comuni. Una sorta di “lettera aperta” ai futuri candidati alle amministrative e,
ancor di più, ai cittadini elettori per ricordare che «la democrazia partecipata è
una cartina di tornasole del dialogo – o della mancanza di dialogo – tra
amministratori e amministrati, perché è una partecipazione che non si esaurisce
nei pochi giorni di una tornata elettorale, ma, al contrario, si sviluppa tutto l’anno,
tutti gli anni».
Il monitoraggio civico di “Spendiamoli Insieme”, basato su tutte le notizie che si
riesce a trovare sul web, dagli atti ufficiali agli articoli di stampa, consente di
controllare se, come e quando sia stata attuata gran parte degli obblighi di legge.
Basta cliccare sul Comune che interessa e sull’anno o gli anni di cui si vuole sapere
di più. «Il consiglio per tutti i cittadini che si ritroveranno da qui ad un paio di mesi
ad andare alle urne – conclude il team di ricercatori – è quello di dare un’occhiata
a cosa succede nel proprio Comune su www.spendiamolinsieme.it. Sia per essere
consapevoli dei propri diritti sia per chiedere ai candidati che tali diritti siano
pienamente garantiti». Intanto, però, ecco l’analisi Comune per Comune.
LIBERO CONSORZIO DI AGRIGENTO
Due dei sei Comuni dell’Agrigentino che andranno ad Elezioni Amministrative a
giugno si muovono bene in tema di democrazia partecipata. Sono Santa
Elisabetta e Alessandria della Rocca.
Santa Elisabetta (2.172 abitanti), ha già stabilito, con delibera del 20 febbraio,
il budget e le aree tematiche alle quali dovranno fare riferimento i progetti dei
cittadini per la democrazia partecipata di quest’anno. L’anno scorso furono 7 i
progetti presentati e ammessi a votazione e votò praticamente un quinto
dell’intera popolazione (424 votanti). Numeri buoni in termini di
partecipazione, insomma, sia quello delle proposte sia quello dei votanti. Unico
dettaglio non perfettamente aderente alla normativa il fatto che, con più di 10
mila euro disponibili (esattamente 14.843,29), il processo avrebbe dovuto
avviarsi entro il 30 giugno ed invece è partito a settembre. Ma Santa Elisabetta
ha comunque un altro merito in termini di partecipazione: ha stabilito infatti di
ammettere a finanziamento sempre almeno tre proposte, alle quali riservare il
45%, il 30% e il 25% del totale in ragione del posizionamento in termini di voti.
È successo l’anno scorso ma anche negli anni precedenti a partire dal 2020.
Infine, il regolamento, approvato nel lontano 2017, nonostante la “vecchiaia”
risulta adeguato alla normativa ed è di grande apertura: la partecipazione è
ammessa anche ai minorenni, dai 16 anni in su; sono garantite tutte le fasi,
comprese la presentazione di proposte e l’espressione di preferenze; si
prevede la possibilità di realizzare incontri pubblici sul tema.
Quasi tutto ok in termini di democrazia partecipata anche ad Alessandria della
Rocca (2.521 abitanti). Con circa 20 mila euro annuali, la cittadina ha già
pubblicato l’avviso per il 2024 e negli anni scorsi ha sempre portato a termine i
propri processi, spesso ricevendo un buon numero di progetti dai cittadini e
svolgendo quasi sempre anche la fase delle votazioni (anche se giusto nel 2023
le votazioni sono “saltate” perché le risorse erano sufficienti a realizzare le sole
due proposte ricevute). Nota di merito ulteriore un regolamento (datato 2019)
che ammette alla partecipazione “tutti coloro che anche se non residenti
hanno il domicilio presso questo Comune”. Come a dire che essere cittadini
significa aver a cuore la comunità e il territorio, al di là delle “carte bollate”.
Uno dei sei Comuni dell’Agrigentino deve invece impegnarsi di più. È
Caltabellotta (3.238 abitanti) dove si attende l’avvio del processo di
democrazia partecipata per il 2024. Negli anni scorsi la cittadina, che ha un
regolamento del 2019, ha attivato i propri processi, talvolta modificando le
scadenze per dare maggiori possibilità di coinvolgimento ai cittadini. Qui c’è un
“nota bene” che riguarda proprio i soldi. A fronte di circa 20 mila euro di
risorse annuali disponibili per la democrazia partecipata il Comune, da qualche
anno, aggiunge qualcosa come 15 mila euro dalle proprie casse (vedi avviso
dell’anno scorso). Una buona prassi che dà la misura del valore attribuito
dall’ente locale alla partecipazione dei cittadini. C’è però una nota molto
dolente: per due anni consecutivi – 2022 e 2023 – non si è votato. Due anni fa
non si è attivata la fase della votazione perché i progetti presentati
prevedevano una copertura finanziaria esattamente uguale alle somme a
disposizione, e l’anno scorso non c’è stata votazione e i fondi sono andati a
tutte le proposte presentate (come si legge nell’esito) grazie anche alla
possibilità di chiedere una rimodulazione dei propri progetti da parte dei
proponenti.
L’espressione di preferenze – è utile ricordarlo – è una fase obbligatoria per
legge e se succede troppo spesso che non ce ne sia “bisogno”, perché per
“fortunata casualità” i fondi bastano a realizzare i progetti presentati, be’ non
sembra davvero che sia tutto oro quello che luce.
Gli altri tre Comuni dell’Agrigentino invece fanno molto male (o non fanno) i
propri processi di democrazia partecipata.
A Naro (7.051 abitanti) il regolamento di democrazia partecipata c’è (ed è
datato 2020) ma i fondi, che sono attorno ai 7 mila euro annui, restano non
spesi e vengono quindi “restituiti” alla Regione perché i processi non vengono
attivati. La notizia più vicina nel tempo che i ricercatori di “Spendiamoli
Insieme” hanno rintracciato risale al 2020 quando il Comune pubblicò un
avviso per chiamare i cittadini alla partecipazione, avviso a cui non diede
seguito con il risultato che anche quell’anno i soldi tornarono indietro a
Palermo.
Il Comune oggi commissariato di Campobello di Licata (9.175 abitanti) dispone
di fondi annuali di democrazia partecipata che viaggiano attorno ai 12 mila
euro e svolge da sempre i propri processi. C’è però un grosso “ma”. Nella
cittadina manca infatti il regolamento di democrazia partecipata, obbligatorio
per legge. L’anno scorso, inoltre, il Comune non ha reso noto il numero di
votanti (vedi esito) al contrario di quanto accaduto nel 2022. Niente votazioni,
poi, sia nel 2021, a fronte di un solo progetto presentato e “automaticamente”
finanziato, sia nel 2020 quando – testuale – “il Consiglio Comunale ha
deliberato all’unanimità” il progetto da finanziare.
A Racalmuto (7.645 abitanti) si parte male fin dal regolamento di democrazia
partecipata, adottato nel 2019, che, semplicemente, non prevede l’espressione
di preferenze da parte dei cittadini. I progetti vengono scelti direttamente dalla
Giunta con approvazione, in seno al Bilancio, da parte del Consiglio. Detto
questo, la cittadina ha fondi annuali di democrazia partecipata di 12 mila e
rotti euro e riesce ad assegnarli un anno sì e uno no.
AREA METROPOLITANA DI PALERMO
Nessuno dei nove Comuni del Palermitano che andranno ad elezione
amministrativa a giugno svolge davvero bene i propri processi di democrazia
partecipata. Ma quattro di questi Comuni fanno “meno peggio”. Si tratta di
Bagheria, Bompietro, Borgetto e San Mauro Castelverde.
Bagheria (53.221 abitanti, alle Amministrative di giugno con il proporzionale)
ha adottato il regolamento di democrazia partecipata nel 2019 ammettendo
alla partecipazione i cittadini residenti che abbiano compiuto i 16 anni d’età. Di
più. Ai cittadini che vogliano presentare proposte fornisce una scheda-progetto
molto chiara. Il problema è che dà loro appena una settimana di tempo per
farsi venire un’idea e partecipare. È accaduto l’anno scorso ma anche nel 2022
e nel 2021. Sette giorni sono troppo pochi. Chi non ci ha pensato prima e non
ha preparato un progetto si ritrova di fatto escluso. E non è tutto. Gli avvisi
arrivano molto dopo la scadenza del 30 giugno prevista per i Comuni con più di
10 mila euro. Bagheria ha a disposizione ogni anno per la democrazia
partecipata dai 13 mila ai 16 mila euro. Nel 2023 l’avviso è datato 14 dicembre,
nel 2022 29 novembre, nel 2021 17 novembre. Insomma, si fa tutto l’iter di
gran corsa. E infatti se per il 2021 i ricercatori di “Spendiamoli Insieme” non
hanno trovato l’esito (ma notizie di stampa hanno reso noto il progetto
vincitore), nel 2022 l’incontro pubblico per l’espressione delle preferenze (che
ha registrato 768 votanti) si è tenuto il 21 dicembre mentre il processo del
2023 si è concluso con l’assemblea tenuta il 31 gennaio di quest’anno (e con
1195 votanti).
A Bompietro (1.224 abitanti) nel 2021 è stato approvato il nuovo regolamento
di democrazia partecipata. La cittadina svolge i processi annuali e assegna i
fondi che viaggiano attorno ai 7/8 mila euro. Qui il problema è ciò che è
accaduto nel 2023 quando, anche se tutte le fasi dell’iter sono state realizzate,
le notizie sono rimaste incomplete. Dei progetti vincitori in pratica si conosce
solo il numero di protocollo (negli anni precedenti veniva reso noto il
contenuto del progetto o dei progetti vincitori ma non il/i proponente/i).
L’informazione – completa e tempestiva – è richiesta dalla legge. Ed è, neanche
a dirlo, fondamentale perché i cittadini possano partecipare appieno nonché
“vigilare” sull’intera procedura.
Borgetto (7.134 abitanti) non sembra aver completato il processo di
democrazia partecipata dell’anno scorso (quando i fondi disponibili erano di
quasi 8 mila euro): i ricercatori di “Spendiamoli Insieme” non sono riusciti a
rintracciare l’esito. Nel 2022 il Comune pubblicò l’avviso e anche l’esito, ma ci
fu un solo progetto presentato e niente votazioni. Andando indietro, si registra
un nulla di fatto anno dopo anno, dal 2021 in giù. Tocca vedere se da
quest’anno la cittadina si metterà in riga, visto che dispone finalmente del
documento fondamentale: il regolamento di democrazia partecipata, che
ammette alla partecipazione anche “tutti i cittadini che abbiano compiuto il
sedicesimo anno di età”, è stato adottato giusto l’anno scorso.
Informazione incompleta in tema di democrazia partecipata, infine, a San
Mauro Castelverde (1.701 abitanti), Comune oggi commissariato. La cittadina
ogni anno assegna i fondi di democrazia partecipata (che ammontano a circa
12 mila euro annui) e dispone di un regolamento che, pur molto vecchio,
risalendo al 2015, prevede la realizzazione di tutte le fasi indicate dalla
normativa. Nella pratica, oltre a un costante ritardo dell’avvio dei processi, che
dovrebbero essere attivati entro il 30 giugno e invece vengono attivati di
norma ad ottobre, la modalità adottata per la raccolta delle preferenze è
quella dell’assemblea pubblica, a conclusione della quale c’è un verbale che
corrisponde all’esito e indica il progetto vincitore a cui vanno i fondi. Cosa
manca? Quasi tutto. Non si conoscono le proposte presentate, né da chi siano
state presentate. E non si sa quanti cittadini abbiano partecipato all’Assemblea
né quanti voti di preferenza siano stati espressi. Come già ripetuto mille volte,
completezza e tempestività dell’informazione sono richieste dalla normativa e,
anche, dal senso stesso della democrazia partecipata.
Fanno invece molto male (o non fanno) i propri processi di democrazia
partecipata gli altri cinque Comuni: Cinisi, Corleone, Monreale, Palazzo Adriano
e Roccamena.
Vediamo i dettagli.
Nel Comune di Cinisi (11.941 abitanti), oggi commissariato, è proprio il
regolamento di democrazia partecipata, adottato nel 2018, a consentire di
“saltare” la fase della votazione delle preferenze da parte della popolazione,
che pure è obbligatoria per legge. E infatti il documento prevede che solo
“qualora i progetti presentati, dopo avere superato la valutazione di fattibilità
tecnico-giuridica da parte degli uffici, richiedano un impegno di risorse
superiore a quello previsto per ciascuna area tematica, saranno sottoposti alla
valutazione della cittadinanza, che potrà esprimersi con una scheda di voto”.
Sembrerebbe una considerazione ovvia. Se ci sono fondi sufficienti per tutte le
proposte, la votazione non ha ragione d’essere. E però è davvero
statisticamente probabile che ogni anno si riesca a non consultare i cittadini? A
Cinisi – che ha fondi annuali di circa 7.500 euro – accade proprio questo. Nel
2023 3 proposte arrivate, 2 scartate, 1 ammessa e finanziata. Niente votazioni.
Nel 2022 10 proposte arrivate, giudicate “tutte equivalenti” e tutte ammesse e
finanziate. Niente votazioni. Nel 2021 3 proposte, “equivalenti” e finanziate.
Niente votazioni. Il meccanismo adottato nella cittadina non sembra essere di
quelli che realizzano vera partecipazione. Ancora una volta, la domanda è
legittima: senza partecipazione, che democrazia partecipata è?
Anche a Corleone (10.493 abitanti) per la democrazia partecipata non si vota.
La fase dell’espressione delle preferenze manca proprio nel regolamento,
datato 2017. Non bastasse, nel 2023 tutto il processo risulta realizzato in
“calcio d’angolo”. La città – che aveva 12 mila euro a disposizione – ha
pubblicato l’avviso il 18 dicembre e l’esito è arrivato il 2 febbraio di
quest’anno, doppiamente fuori tempo massimo. Avendo più di 10 mila euro
disponibili, Corleone avrebbe dovuto pubblicare l’avviso entro il 30 giugno e –
comunque – l’impegno di spesa secondo la normativa doveva essere preso
entro il 31 gennaio di quest’anno.
Votazioni di democrazia partecipata assenti pure a Monreale (38.665 abitanti,
Amministrative di giugno con il metodo proporzionale). Nel regolamento,
datato 2019, si prevede o la consultazione, con tanto di espressione di
preferenza da parte dei cittadini, o la progettazione partecipata, nella quale
devono essere coinvolti tutti i portatori di interesse. Peccato però che i
cittadini possano “preferire” solo tra progetti presentati dal Comune. Il
risultato è che i fondi di democrazia partecipata (annualmente tra i 13 mila e i
15 mila euro) sono destinati a opere o servizi predisposti dall’Amministrazione.
Belli o brutti che siano, il problema è che la normativa e la ratio della
democrazia partecipata prevedono che siano i cittadini a proporre i progetti tra
i quali poi sempre i cittadini devono scegliere quello o quelli da realizzare.
A Palazzo Adriano (1.849 abitanti) non si sa quello che succede. I ricercatori di
“Spendiamoli Insieme” hanno trovato qualche volta gli avvisi con cui si avvia il
processo di democrazia partecipata ma mai gli esiti. E in qualche anno, come
nel 2023, non sembra esserci nemmeno l’avviso. La cittadina dispone di 11/12
mila euro annui. Il regolamento c’è ed è del 2017 ma prevede che sia
l’Amministrazione a scegliere i progetti.
Invece a Roccamena (1.394 abitanti) il regolamento di democrazia partecipata
non c’è. Un anno sì e due no il Comune svolge comunque il processo e assegna
i fondi (circa 7 mila euro annui). È successo nel 2023, quando l’intero iter si
svolse a dicembre (una sola proposta pervenuta e automaticamente
finanziata). Nulla di fatto invece nel 2022. Nel 2021 ancora una sola proposta
ricevuta e ammessa a finanziamento.
LIBERO CONSORZIO DI TRAPANI
Fanno male, non rispettando la normativa, o non fanno del tutto i processi di
democrazia partecipata tutti i Comuni del Trapanese che vanno ad elezione
amministrativa a giugno: Castelvetrano, Mazara del Vallo, Salaparuta e Salemi.
Castelvetrano (29.592 abitanti, alle Amministrative di giugno con il metodo
proporzionale) è uno dei Comuni che in tema di democrazia partecipata fanno
peggio, per il semplice motivo che non attiva i processi, rimanda al mittente i fondi (che dalle informazioni ufficiali stanno attorno ad appena 1500 euro
annui) e non ha ancora nemmeno il regolamento, del quale si sa solo che una
proposta è stata approvata dalla Giunta e deve passare in Consiglio Comunale.
Fa malissimo pure Mazara del Vallo (50.312 abitanti, alle Amministrative con il
proporzionale). La città ha un regolamento di democrazia partecipata che è
stato modificato nel 2021 e – stando agli ultimi dati ufficiali – dispone di circa
2000 euro annui. Ma in pratica non svolge i processi. I ricercatori hanno
trovato talvolta degli avvisi e non gli esiti, e comunque solo andando indietro
nel tempo. Nell’ultimo triennio della democrazia partecipata a Mazara del
Vallo non c’è traccia.
A Salaparuta (1.595 abitanti) fin nel regolamento di democrazia partecipata
(che è del 2021) le fasi di presentazione delle proposte e di espressione di
preferenze sono unificate, contrariamente a quanto previsto dalla legge. Non
per caso, i progetti di anno in anno realizzati con i fondi di democrazia
partecipata (circa 12/13 mila euro annui) sono sempre definiti dal Comune.
Non si prevede la fase della votazione anche nel regolamento di democrazia
partecipata, datato 2017, di Salemi (10.082 abitanti). La scelta dei progetti a
cui assegnare i fondi e delle risorse da assegnare a ciascuno di questi progetti
viene fatta dalla Giunta e poi approvata dal Consiglio Comunale,
contrariamente a quanto previsto dalla legge. Non bastasse, la fase della
presentazione dei progetti da parte dei cittadini si svolge negli ultimi mesi
dell’anno, nonostante, con fondi annuali di circa 11 mila euro, dovrebbe essere
realizzata entro il mese di giugno.
Fonte dell’approfondimento:
www.spendiamolinsieme.it
Per info e dettagli: Giuseppe D’Avella, Parliament Watch Italia
Tel. 348.9584581
Economia
Apicoltura, Regione dà il via libera a bando da oltre un milione e trecentomila euro

Formazione, scambi di buone pratiche, lotta a parassiti e malattie, prevenzione delle avversità climatiche, ripopolamento del patrimonio apistico, acquisto di sciami. Sono questi alcuni degli obiettivi del bando “Azioni dirette a migliorare la produzione e la commercializzazione del miele” per la Campagna apistica 2025-2026, pubblicato dall’assessorato dell’Agricoltura. Si tratta di un finanziamento europeo (fondo Feaga) e statale, che l’Ue e il Ministero dell’agricoltura assegnano annualmente alle Regioni per sostenere gli investimenti sulla produzione, la commercializzazione del miele e per incrementare i livelli produttivi.
Nel dettaglio, l’azione A del bando, rivolto agli apicoltori e alle organizzazioni del settore, riguarda i servizi di assistenza tecnica, consulenza, formazione, informazione e scambio delle migliori prassi, anche tramite la creazione di reti.
L’azione B, invece, è relativa agli ivestimenti in immobilizzazioni materiali e immateriali e ad altre iniziative più specifiche come la lotta contro gli aggressori e le malattie dell’alveare, in particolare la varroasi; la prevenzione dei danni causati da avversità atmosferiche e promozione dello sviluppo e dell’uso di pratiche di gestione adattate a condizioni climatiche in evoluzione; il ripopolamento del patrimonio apistico nell’Unione, incluso l’allevamento delle api e la razionalizzazione della transumanza; l’acquisto di attrezzature e sistemi di gestione (hardware e software) per il miglioramento qualitativo e la valorizzazione delle produzioni dell’alveare destinate al commercio.
Infine, l’azione F si concentra sulla promozione, comunicazione e commercializzazione, e sulle attività del mercato, con particolare attenzione al tema della sensibilizzazione dei consumatori sulla qualità dei prodotti dell’apicoltura.
Il bando é consultabile a questo link
In copertina Denny Almanza noto apicultore di Pantelleria
Economia
Oltre 1,5 milioni ai centri antiviolenza. Albano: «Promuoviamo la cultura del rispetto»

Oltre un milione e mezzo di euro per la gestione dei centri antiviolenza iscritti all’albo regionale o che hanno ottenuto l’autorizzazione al funzionamento. L’assessorato della Famiglia e delle politiche sociali ha emanato un decreto, rivolto ai Comuni, per erogare i contributi destinati a coprire i costi sostenuti, o ancora da sostenere, delle strutture nel periodo tra novembre 2024 e ottobre di quest’anno. Le risorse provengono dalla quota assegnata alla Sicilia dal governo nazionale del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità. Per accelerare il trasferimento delle somme, l’assessorato ha deciso di avvalersi delle amministrazioni comunali.
«Investire sulle strutture e sui servizi di supporto è un passo essenziale per promuovere una cultura del rispetto e della tutela dei diritti di tutte le donne – dice l’assessore Nuccia Albano – contribuendo a costruire una comunità più sicura, inclusiva e solidale. Considerato che i costi dei centri antiviolenza possono differenziarsi a seconda dell’area geografica e della loro attività, abbiamo ritenuto opportuno acquisire il fabbisogno delle spese relative a un preciso periodo, fermo restando il limite massimo di contributo di 50 mila euro per ciascuna struttura. Il governo Schifani continuerà a lavorare con impegno affinché ogni donna possa trovare un riferimento stabile e una rete di protezione efficace, perché nessuno debba più subire in silenzio violenza o discriminazione».
Ciascuna amministrazione comunale dovrà presentare un prospetto delle spese redatto dal centro antiviolenza presente sul proprio territorio, così da consentire al dipartimento della Famiglia e delle politiche sociali di procedere al riparto delle somme. I Comuni dovranno trasmettere la documentazione tramite Pec, entro il prossimo 15 ottobre, all’indirizzo: dipartimento.famiglia@certmail.regione.sicilia.it.
Il decreto è disponibile sul sito istituzionale della Regione Siciliana a questo indirizzo
Economia
Importanti novità per i celiaci dall’ASP di Trapani: dal 1° ottobre accredito mensile su Tessera Sanitaria

Novità per chi è in possesso di un’esenzione per celiachia
Dal 1° ottobre 2025, infatti il budget sarà accreditato mensilmente sulla Tessera Sanitaria/Carta regionale dei Servizi. Per attivarlo, il cittadino celiaco avente diritto deve recarsi al proprio Distretto Sanitario dell’ASP Trapani.
Per utilizzare il budget mensile in farmacie, parafarmacie, negozi specializzati e in supermercati convenzionati di alcune catene della grande distribuzione, sarà sufficiente presentare la Tessera Sanitaria alla cassa al momento dell’acquisto, e inserire il Codice Celiachia ricevuto dall’ASP.
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