Da “bevanda degli dei” per i Maya a “moneta di scambio” per gli Atzechi. Da “momento di refezione in sacrestia dopo la messa” perché considerato “piacere innocente”, a “cibo peccaminoso, “fermento della rivolta” ed “esecrabile agente di negromanti e stregoni”. Cosimo de’ Medici ne era talmente goloso da custodire dosi e ricette nel forziere di palazzo Pitti. Poi Napoleone III, con leggi speciali, ne limita l’uso, e da qui la geniale intuizione di aggiungere al prodotto puro pregiate nocciole delle Langhe piemontesi. Una vera rivoluzione, che ha dato il via alla produzione di grandi varietà di cioccolato e consolidato la sua già immensa fortuna.
Quante peripezie ha vissuto il cacao nella sua centenaria storia! Si potrebbe andare avanti a lungo ripercorrendo le curiosità che hanno scritto le pagine del libro di questo prezioso e prelibato alimento. Una narrazione affascinante dalla quale emerge un dato indiscutibile: nessuno, ma proprio nessuno, si è mai posto in modo neutrale di fronte a questo incredibile dono della natura che, secondo le stime (per la nostra troppa ingordigia), potrebbe esaurirsi entro il 2038. Ma tranquilli, sembra si tratti solo di una delle tante fake news.
Noi, golosi di cioccolato (in qualsiasi delle sue forme), non potremmo mai immaginare una vita senza di lui.
Il cioccolato è da sempre fonte di ispirazione per poeti, viaggiatori, scrittori, scienziati, oltre che cibo dei ghiotti semplicemente per la sua dolcezza e bontà. Il grande esploratore e naturalista dell’800 Alexander Von Humboldt ne rimase talmente rapito da considerarlo “cosa viva”. Egli infatti arrivò ad affermare che “Il cioccolato è materia viva, ha il suo linguaggio interiore. Solo quando si sente oggetto di intima attenzione, e solo allora, esso cessa di ammaliar la gola e si mette a dialogare con i sensi”.
Chi, spalmando una fetta di pane con una golosa crema di cacao e nocciole, non viaggia con la memoria verso l’epica scena del film Bianca di Nanni Moretti in cui il protagonista Michele, in preda alle proprie ossessioni, si alza dal letto (completamente nudo) e si consola con un enorme vaso di nutella? “Va be’, continuiamo così, facciamoci del male!”.
La cioccolata riesce sempre a darci conforto, soprattutto nei momenti di malinconia. Pare che, seppur inconsapevolmente, gli italiani se ne siano accorti nell’ultimo difficile anno quando, chiusi nelle proprie dimore, ne hanno consumata tanta, ma davvero tanta, come non accadeva da anni. Il lockdown ci ha provati psicologicamente e il cioccolato ci ha aiutati a consolarci.
Ma si dice cioccolata o cioccolato?
L’Accademia della Crusca si è posta la nostra stessa domanda e, con una lunga dissertazione, ci conduce a sciogliere il goloso dilemma. Pare che l’argomento abbia davvero intrigato linguisti, scrittori, mercanti e viaggiatori per decenni. Bruno Migliorini (linguista e filologo noto per aver scritto la “Storia della lingua italiana”) si era già interrogato sulla questione in un saggio del 1940 dal titolo “Cioccolata o cioccolato?”
Prima di lui Francesco Carletti, mercante fiorentino della seconda metà del 1500, fu tra i primi a fornire una descrizione precisa del “caccao” e della preparazione della bevanda da lui chiamata “cioccolatte”: “Il Cacao è un frutto celebre e di vitale importanza… Questo frutto serve anche come moneta da spendere, per comprare al mercato le cose di uso comune. … Ma il suo consumo principale è in una certa bevanda che gli Indiani chiamano “Cioccolatte”… si fa mescolando i frutti del Cacao, che sono grossi come ghiande, con acqua calda e zucchero”.
“Cioccolatte” ebbe la sua consacrazione tra i termini del “Vocabolario italiano spagnolo” del 1620 di Lorenzo Franciosini, insieme a “cioccolate, cioccolata e cioccolato”. Qualche decennio più tardi, nel 1681, si registra la voce “cioccolate” nella terza edizione del “Vocabolario degli Accademici della Crusca” con la spiegazione “Dicesi anche più volgarmente cioccolata”. E ancora Francesco Redi nelle “Annotazioni al Bacco in Toscana” del 1685 registra le varianti “cioccolate, cioccolatte, cioccolata e cioccolato”. Nascono così i termini che usiamo oggi, declinati in desinenza e genere. E sono diventati talmente di uso comune che la IV edizione del Vocabolario dela Crusca (1729-1738) tratta in un’unica voce le forme “cioccolata, cioccolato, cioccolate e cioccolatte”.
Solo nel Novecento tutto si semplifica e, a livello dialettale, si risolve rapidamente nella riduzione a un unico termine. Oggi, infine, se proprio vogliamo essere pignoli, si tende a usare il termine femminile “cioccolata” per indicare la bevanda, il termine maschile “cioccolato” per le tavolette.
Cosa dice la scienza? Il cioccolato non è solo simbolo di gusto e bontà, ma un peccato di gola salutare.
Prima di iniziare facciamo un passo indietro nel tempo e torniamo all’epoca di Francesco Carletti. Il mercante toscano fa una precisa descrizione su come si prepara e consuma la bevanda al cacao e, dopo averla assaggiata, confessa di “non poterne fare più a meno”. Egli, rievocando il suo viaggio nelle Indie occidentali, scrive: “Bevono (gli indiani, ndr) il «Cioccolatte» in delle ciotole (che loro chiamano «Cicchere»), e mescolandolo con un legnetto e girandolo fra le palme delle mani, gli fanno fare una spuma di color rosso, e appena fatta, avvicinano la bocca e lo tracannano in un fiato con mirabil gusto e soddisfazione della Natura, alla quale dà forza, nutrimento e vigore tale, che chi di solito ne fa uso non si mantiene robusto se smette di berne, anche se prende qualcosa di più sostanzioso. Ho provato il Cioccolatte mentre ero in Messico, e mi piaceva e giovava assai. E quasi non mi pareva di poter stare un giorno senza”.
Ed è innegabile che la stessa sensazione di appagamento attraversa i sensi di ogni goloso che lo assapora. Quando ne mangiamo, anche solo un pezzettino, tutto il nostro corpo è pervaso da una profonda sensazione di piacere e il nostro cervello è inondato da ormoni del benessere. Mente, cuore, sangue, sfera sessuale: tutti i sensi sono coinvolti in un balletto di percezioni di godimento. Ed è davvero così. La scienza lo conferma, spiegandoci tutte le proprietà e i meccanismi in modo molto chiaro.
Ma ne parleremo nella prossima puntata.
(Credit immagine: Etty Fidele on Unsplash)
Giuliana Raffaelli