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Cultura

San Guglielmo Cuffitella da Scicli e il miracolo del raviolo

Barbara Conti

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San Guglielmo Cuffitella da Scicli e il miracolo del raviolo

ScicliSan Guglielmo Cuffitella da Scicli e il miracolo del raviolo, arrivano dalla cucina del Sudest

Che la storia della pasta sia stata scritta anche in Sicilia, è oramai fuori discussione, in Sicilia a Scicli, nel ragusano, si festeggia il Santo del raviolo

Oltre ad aver dato i natali agli spaghetti (che si producono a Trabia, PA- da prima che Marco Polo li portasse in Italia), in Sicilia c’è anche il Patrono della pasta.
A Scicli il 4 Aprile si festeggia San Guglielmo Cuffitella, conosciuto anche per il Miracolo dei Ravioli. Poiché tale data cade in genere durante la Quaresima o nella Settimana Santa, la data della festa è stata fissata nel venerdì successivo alla Domenica in Albis, quest’anno venerdì 12 aprile.

Scicli è una città barocca del Val di Noto, che sorge nella parte sudorientale della Sicilia, in una vallata incastonata fra tre colline a circa 25 km da Ragusa. Nominata Patrimonio UNESCO nel 2002 è una tappa obbligatoria per chi visita il sud est della Sicilia che vanta due Patroni con ben due feste differenti: San Guglielmo e la Madonna delle Milizie

A Scicli, nota negli ultimi venti anni ai più, per il legame con Montalbano, si venera Cuffitedda, vissuto nel 1300 e beatificato da Papa Paolo III nel 1537: San Guglielmo il santo della Pasta o dei Ravioli.
All’eremita vissuto a Scicli nel Trecento, viene attribuito il miracolo che trasformò un ripieno di segatura di un piatto di ravioli in buonissima ricotta. Anche Scicli quindi entra a far parte nella storia della pasta, lo sostiene anche  il giornalista ragusano Carlo Ottaviano, autore di “Pasta in tavola”

San Guglielmo ScicliGuglielmo da Scicli e il miracolo dei ravioli

Guglielmo Buccheri,  Guglielmo Cuffitella ma anche noto come Guglielmo da Noto, Guglielmo eremita o Guglielmo di Scicli, fu un religioso che condusse vita eremitica. Fatto beato dalla chiesa cattolica, visse da eremita nella cittadina, dove morì il 4 aprile del 1404.
Passò alla gloria del cielo il 4 aprile 1404, un venerdì Santo e fu beatificato il 9 aprile 1537 da Papa Paolo III.

Tanti sono i miracoli che si attribuiscono al Beato Guglielmo, sia in vita ma anche dopo la sua morte, come attestati negli atti del processo di beatificazione. Tra i miracoli che gli vengono attribuiti c’è anche quello che chiama in causa un raviolo, anzi per essere precisi, il ripieno di un raviolo.

Guglielmo di Scicli, la storia
Guglielmo, discendente dalla nobile famiglia Buccheri, fu scudiero del re di Sicilia Federico II che difese dall’attacco di un cinghiale durante una battuta di caccia, restandone ferito alla gamba destra. Secondo la sua biografia, diventò eremita in seguito ad una visione di Sant’Agata.
Ebbe in regalo dal re un cavallo e del denaro, che cedette a un povero mendicante in cambio dei suoi vestiti e di una “cuffitedda“: da qui il nome con il quale era conosciuto, “Guglielmo Cuffitedda”.

Ritiratosi in eremitaggio presso Noto, fu raggiunto da Corrado Confalonieri, che proveniva da Piacenza e divenne successivamente patrono di Noto. In seguito all’apparizione della Madonna, si ritirò a Scicli presso la chiesetta di Santa Maria della Pietà, oggi chiesa di Santa Maria La Nova.

Guglielmo e il miracolo dei Ravioli

Guglielmo viveva da eremita nelle grotte alle spalle di Scicli. Un giorno venne invitato da Guiccione, per pranzo. A quanto pare, la moglie del padrone di casa che non gradì quell’ospite arrivato all’ improvviso, decise di “vendicarsi” preparando dei ravioli ripieni con della segatura e crusca, al posto della tradizionale ricotta.
Guglielmo, prima di mangiare benedì la pasta. Una volta portato in bocca, il primo raviolo, miracolosamente il ripieno era diventato di una buonissima ricotta.
Da quel momento, gli inviti a pranzo per il beato fioccarono ma egli tuttavia, rifiutava sempre.
La ricetta dei ravioli ripieni di ricotta e conditi con sugo di maiale viene proposta in diverse parti della Sicilia, ma ogni provincia ha i suoi segreti. Non ci è dato sapere però se si trattava di ricotta di pecora o di capra

Il secondo miracolo Guglielmo di Scicli

La moglie di Guiccione, un giorno, pensò bene di mandare direttamente nella grotta in cui viveva Guglielmo, una scodella con dei ravioli.
Passarono i giorni e le settimane, ma la scodella non tornava indietro. Così venne mandato un garzone a riprenderla e qui avvenne il secondo miracolo dei ravioli.

Il garzone mostrò il ripostiglio dove aveva messo i ravioli: Guglielmo non se ne era accorto ma, aprendo la credenza, trovò la scodella fumante. I ravioli erano perfetti, come se fossero stati appena cotti. Oltre che essere tramandata dalla narrazione popolare, questa storia è riportata anche negli Acta Sanctorum redatti dai padri Bolland e Papebroch della Compagnia di Gesù. Dal 1986 la chiesa Madre di Scicli è intitolata a San Guglielmo Eremita.

I co-patroni di Scicli sono due, La Madonna delle Milizie e il Beato Guglielmo; la prima si festeggia l’ultimo sabato del mese di maggio, l’altro il secondo venerdì dopo la Domenica di Pasqua. In entrambi i casi i simulacri sono portati in solenne processione per le vie di Scicli.

Chiesa madre Scicli

La chiesa Madre che si trova in Piazza Italia, originariamente era intitolata a S. Ignazio di Loyola, se entrate nella Chiesa e guardate sulla sinistra in basso il quadro a lui dedicato, c’è un piatto di ravioli fumanti.
Negli anni Ottanta del secolo scorso la chiesa è stata dedicata al Beato Guglielmo Eremita (al secolo Guglielmo Buccari, detto popolarmente “Cuffitedda”). La festa esterna e i solenni festeggiamenti vengono eseguiti il Venerdì dopo l’ottava di
Pasqua.

Barbara Conti

Mi chiamo Barbara e sono Siciliana. Vivo a Scicli, un delizioso comune del Val di Noto e amo mangiare bene. Ho iniziato a cucinare all’età di undici anni… “Agente Immobiliare di professione, in cucina per passione, Food blogger per vocazione”. Anzi ormai Food blogger, food writer e fotographer di professione… Ho scoperto, negli anni che grazie al mio lavoro di Agente Immobiliare, i migliori affari si fanno passando dalla “tavola”. Nella mia vita ho molti interessi: l’arte, la fotografia, il teatro, i viaggi e il cibo. Da buona Siciliana sono anche una “buona forchetta”. Mi piace mangiare bene e sono a sempre a caccia di nuove ricette da scoprire e sperimentare. Il mio scopo è quello di preservare le tradizioni della mia Terra, la Sicilia e trascrivere le ricette, quelle più antiche e orali che dalle nonne sono passate ai nostri genitori solo assistendo alle preparazioni fino ad arrivare ai nostri giorni. Ma mi piace anche scoprire antiche tradizioni e ricette dei piccoli comuni e delle singole famiglie legate alle feste religiose in Sicilia

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Cultura

Pantelleria, lavori di adeguamento, messa in sicurezza ed efficientamento energetico della palestra della Scuola Media “Dante Alighieri”

Redazione

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Alla cittadinanza, Il Sindaco comunica che l’Amministrazione comunale di Pantelleria ha portato a compimento l’iter amministrativo e progettuale necessario per il recupero e la piena rifunzionalizzazione della palestra della Scuola Media “Dante Alighieri”, struttura da tempo inagibile e fortemente attesa dalla comunità scolastica dell’isola. Il Sindaco comunica che l’intervento rientra in una più ampia strategia di riqualificazione dell’edilizia scolastica, con l’obiettivo prioritario di garantire sicurezza, accessibilità, sostenibilità energetica e qualità degli spazi destinati alle attività formative e sportive.

Il progetto prevede opere di adeguamento strutturale e funzionale, la messa in sicurezza dell’edificio, il miglioramento delle prestazioni energetiche attraverso l’installazione di impianti moderni e l’utilizzo di fonti rinnovabili, nonché il completo ripristino della fruibilità della palestra per studenti, associazioni sportive e iniziative collettive. Il Sindaco comunica che l’intervento consentirà di restituire alla cittadinanza una struttura fondamentale per la crescita educativa, sociale e sportiva dei giovani di Pantelleria, colmando una carenza che per anni ha inciso negativamente sull’offerta di spazi adeguati alle attività motorie.

L’Amministrazione è consapevole che l’esecuzione dei lavori potrà comportare disagi temporanei; tuttavia, il cronoprogramma è stato definito con l’obiettivo di contenere l’impatto sulle attività scolastiche, con una durata complessiva stimata in circa 14 settimane. L’Amministrazione continuerà a seguire con attenzione tutte le fasi successive, dall’affidamento dei lavori alla loro realizzazione, assicurando trasparenza, rispetto dei tempi e tutela dell’interesse pubblico. Pantelleria guarda avanti, investendo sulle scuole, sulla sicurezza e sul futuro delle nuove generazioni.

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Cultura

Il violinista di Solarino Don Paolo Teodoro e le radici di una tradizione di due secoli

Laura Liistro

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La storia nascosta di un paese che ha fatto della musica una firma identitaria

Nel 1827, quando il paese non era ancora Comune, un documento d’archivio rivela la presenza inattesa di un musicista professionista. Da allora Solarino non ha mai smesso di essere una comunità musicale.

Solarino – Nel 1827 il paese non era ancora autonomo e viveva un momento di transizione politica e amministrativa. Eppure, in quell’anno cruciale, emerge un dettaglio sorprendente che permette di leggere la storia locale da una prospettiva nuova. Tra gli atti conservati presso l’Archivio di Stato di Siracusa compare il nome di Don Paolo Teodoro, registrato come violinista.

Un dato che, per l’epoca, spacca in due l’immagine consueta di un borgo rurale fatto solo di agricoltori e artigiani.

Il musicista che rompe gli schemi

Il documento mostra chiaramente che Don Paolo Teodoro non era soltanto un residente rispettato di Solarino. Era un musicista. Un ruolo insolito in un contesto rurale del primo Ottocento, dove la musica raramente compariva nelle registrazioni ufficiali. Teodoro abitava in via Fontana, insieme alla moglie Costantino Eloisa, ma la sua formazione aveva radici ancora più profonde. Da giovane, infatti, era cresciuto in una parte dell’attuale Palazzo Requesens, allora indicato come Piano Palazzo n.2, oggi cuore dell’odierna Piazza del Plebiscito, luogo simbolo della vita sociale solarinese. Una crescita in un ambiente architettonico e culturale privilegiato che spiega – almeno in parte – la precocità di una vocazione musicale riconosciuta persino dagli atti civili borbonici.

Una tradizione musicale che Solarino non ha mai abbandonato

Il caso di Don Paolo Teodoro non è un episodio isolato, ma il primo tassello visibile di una storia più lunga. Perché a differenza di tanti altri centri siciliani, Solarino non ha mai smesso di essere un paese musicale. Bande storiche, maestri locali, scuole di musica, gruppi giovanili, famiglie che tramandano strumenti da generazioni, musicisti nazionali , la musica, qui, non è un accessorio, ma un linguaggio collettivo. E questa continuità testimonia una capacità rara: fare dell’arte una parte della propria identità civile. Non tutte le comunità hanno saputo compiere questa scelta. Molti centri rurali hanno perso nel corso del Novecento le proprie tradizioni culturali, travolti da emigrazione e modernizzazione. Solarino, invece, ha seguito una traiettoria diversa: ha difeso la musica, l’ha fatta propria, l’ha trasformata in patrimonio comune.

Questo è il vero punto di forza del paese. Una maturità culturale che trova le sue prime radici in persone come Don Paolo Teodoro: uomini capaci, già due secoli fa, di portare l’arte dentro la vita quotidiana di una comunità in trasformazione. Oggi, quando strumenti e prove musicali risuonano nelle case, nelle scuole e nelle piazze, è possibile intravedere un filo diretto con quella firma d’archivio del 1827. Solarino continua a distinguersi per il suo fermento artistico. E la storia del violinista Don Paolo Teodoro si rivela allora molto più che una curiosità d’epoca: è l’origine documentata di un percorso identitario che il paese ha scelto di portare avanti con orgoglio. Due secoli dopo, Solarino resta un paese che suona e questa è, senza dubbio, una delle sue vittorie più grandi.

Laura Liistro

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Elena Pizzuto Antinoro: da Santo Stefano Quisquina alla scena internazionale della ricerca linguistica

Laura Liistro

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Donna siciliana, studiosa di straordinaria competenza e voce autorevole della ricerca italiana, Elena Pizzuto Antinoro è considerata una delle figure più influenti negli studi contemporanei sulla comunicazione e sulle lingue dei segni.

Psicologa, linguista e ricercatrice del Consiglio Nazionale delle Ricerche, ha contribuito in modo determinante al riconoscimento della Lingua dei Segni Italiana (LIS) come sistema linguistico pienamente strutturato, superando visioni riduttive che ne avevano a lungo limitato la comprensione. Il suo percorso accademico si è svolto tra l’Italia e gli Stati Uniti, dove ha approfondito la Lingua dei Segni Americana (ASL) entrando in contatto con metodologie di ricerca all’avanguardia. Questa esperienza internazionale fu decisiva: rientrata in Italia, introdusse nuovi paradigmi analitici che avrebbero innovato radicalmente lo studio della LIS, collocando la ricerca italiana in un dialogo costante con quella mondiale. Caratteristica centrale del suo lavoro fu l’approccio interdisciplinare.

Elena operò a stretto contatto con persone sorde, analizzando i processi cognitivi, le strutture linguistiche e le dinamiche comunicative della lingua visivo-gestuale. Le sue pubblicazioni rappresentano oggi un riferimento fondamentale non solo in Italia, ma anche nel contesto internazionale degli studi sulle lingue dei segni. Tra le iniziative più rilevanti da lei guidate figura VISEL, progetto dedicato allo sviluppo di sistemi di scrittura per la lingua dei segni e alla definizione di strumenti didattici innovativi. Un contributo che ha ampliato le possibilità di ricerca e di accesso alla comunicazione visiva, rafforzando il ruolo dell’Italia nel panorama scientifico globale. Colleghi e collaboratori ricordano Elena Pizzuto Antinoro come una professionista rigorosa, dotata di una forte integrità etica e di una visione capace di anticipare nuove prospettive. Il silenzioso applauso con cui la comunità sorda l’ha salutata ne sottolinea il profondo impatto umano e scientifico.

Oggi, Elena Pizzuto Antinoro è riconosciuta come una figura chiave della linguistica internazionale e un esempio di eccellenza femminile nel mondo accademico. Siciliana, figlia di Santo Stefano Quisquina, ha portato la sua terra d’origine nei principali centri di ricerca del mondo, lasciando un’eredità destinata a influenzare a lungo gli studi sulla comunicazione e sulle lingue dei segni.

Laura Liistro

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