Cultura
Pantelleria, la pizza di mia nonna Marietta Errera di Vanni di L’Acqua

Aprendo la posta elettronica, ho trovato una serie di articoli del filosofo della gastronomia che contribuisce notevolmente al successo del nostro giornale: Daniele Ciani.
Tra i suoi scritti ho rinvenuto quello relativo alla pizza e che a breve pubblicheremo.
Mi sono ricordata, così, di un piccolo racconto sulla meraviglia di pizza che sfornava mia nonna Marietta Errera (detta dei Vanni Di L’Acqua).
La Pizza di nonna Marietta
Che pizza!! origano e alici.
Nonna era una vera maestra nel fare la pizza Quella pizza era saporita e dolce e elegante al suo pari.
Classe 1907, nonna intendo, non la pizza… di quelle donne di una epoca così remota, al pensare di oggi, ma così viva e forte nei miei pensieri.
Sapete quelle donne venute fuori da ben due guerre di livello mondiale, che accudiscono casa, famiglia (4 figli di cui solo un maschio) e portano avanti un’attività commerciale di livello?
Sapete quelle donne capaci a rinunciare all’acqua nel deserto fuorchè all’onore?
Quelle donne austere ma dolcissime, che ti impallinano come fagiani con uno sguardo per una marachella, ma che trasformano, in men che non si dica, quel medesimo sguardo nel più amorevole e generoso degli abbracci.
Quelle donne eleganti, con l’abito grigio, lungo a metà tibia, con colletto stondato alla collegiale in pizzo San Gallo, anni ’30 anche negli anni novanta, con la cintura in vernice nera alla vita, per non trascurare mai il lutto della perdita del proprio amatissimo e venerato coniuge (nonno Titta Brignone, nella fattispecie). Ah, quante ne ha passate nonna Bebetta! così chiamata da mia sorella Rossana, prima di 9 nipoti, poiché incapace, ancora, di pronunciare Marietta. due guerre, gravissimi lutti, tra fratelli e padre, eppure dritta come un fuso proseguiva il suo cammino nell’erta della vita, generosa tuttavia di attenzioni e benevolenza per chiunque.
Nonna Bebetta era davvero fantastica!
Ho trascorso tantissimo tempo con lei, specie nei periodi di vendemmia, nella sua campagna a Via Rosatelli in Aprilia. Ero felice, nel fine settimana, di fine estate (al rientro da Pantelleria) poiché tutti in famiglia ci riversavamo da Nonna, dove il da fare era davvero tanto e spasmodico.
E lì, piccola com’ero, nell’andirivieni di passate di pomodoro, uva da raccogliere, e maiale da “sporzionare”, mi intrufolavo per pomeriggi interi nel pollaio, dove le chiocce diventavano le mie baby-sitter e i conigli i miei compagni di conversazione e assorto studio scientifico.
L’incarnato olivastro, tendente allo scuro, per le sue origini spagnole, aveva si e no la 5° elementare (traguardo scolastico di livello nella remota isola siciliana) eppure la sua mente era sempre vigile e pronta quando si parlava di “far di conto”: insomma era commerciante nata, fino agli ultimi anni della sua faticosa ma generosa esistenza.
Ma l’intelletto non si mette a frutto solo nella vita affaristica, bensì in ogni frangente per essere una donna di successo, specie in famiglia, come Ella amava.
Un esempio erano i suoi manicaretti: cous-cous; “maccarruna” con il sugo di “cunigghio” (di cui io potevo cibarmi fino a morirne), briciole (involtini di carne vitello per i non oriundi panteschi) e certe minestre dei quali ingredienti sento ancora vivo l’aroma nelle nari. Ma il suo piatto forte, a suo dire, era il cervello di agnello, che preparava con dovizia e amore assoluto per l’unico figlio maschio, Zio Pino.
Si sa, da che mondo è mondo, il cibo migliore va al figlio maschio!
Ore passava a pulire quel cervello, a soffrigerlo con il vino e mantecarlo con la salsa di pomodoro, e, al momento in cui lo serviva in esclusiva al figlio, lui diceva: “Mamà, ma a mia un mi piacio mai u ciriveddro!” e lei “ma como? u’ cuci sulu pi tia?!”… tutte le volte era così!
Ma come sono arrivata fin qui?! Oh, si! Ero al telefono con mia madre e le raccontavo di aver comprato la pizza da un fornaio del “paese” (Pantelleria centro) e le spiegavo quanto fosse buona nella sua semplicità “sai, come la pizza di Nonna Bebetta??”. Lei tacque dall’altro lato dell’apparecchio, come per ricordarla, per fermarla nella visione e negli aromi, che io in quel momento stavo assaporando con pacatezza e voracità infantile al contempo. Poi, mamma, compiaciuta del mio amorevole remoto ricordo, mi ha salutata.
Quella pizza del fornaio, mentre ero attaccata alla cornetta del telefono della casa di Khamma (sapete quegli apparecchi anni ’60, grigio, con il disco da girare, che se sbagli un numero o lo giri troppo in fretta poi devi ricominciare da capo? conservo ancora quello e non lo cambierò finchè non sarà lui a implorarmi di farlo!!) …
Quella pizza e quella telefonata mi hanno riparto le nari, il cuore, e le emozioni e rivedevo mia Nonna che infornava, nel forno a legna di Via Rosatelli, quei manti di soffice pasta bianca (frutto di lavoro di mani tra le coltri di farina rimacinata, di semola, acqua e lievito madre), ristretti in teglie di ferro, che affrontavano il riverbero di un fuoco magnanimo e che le avrebbe trasformate in essenze di puro gusto per il palato!
Non saprei descriverle esattamente, per il tempo trascorso, ma ne ricordo la vivace fragranza che si donava dalle membra dell’impasto, gioiosamente sfrigolante e cosparso di petali di origano, brandelli riarsi di acciughe e gemme di cappero, tra le rosse lacrime dei pomodori accasciati.
Agguantavamo le porzioni, diligentemente realizzate con la precisione di un geometra.
Gelosi del trancio conquistato, lo addentavamo fumante, spesso bruciandoci le labbra. Al contatto con le papille si sprigionava la sinfonia degli umori degli ingredienti.
Mangiare la pizza di Nonna Bebetta era un momento di intima contemplazione sulle meraviglie che un piatto così semplice sa offrire.
Marina Cozzo
Cultura
Palermo, Procuratore De Lucia e Presidente Morosini con studenti del Gonzaga: “Giovani, osate”

“Giovani, osate!” La scuola e il lavoro strumenti di lotta alla mafia
De Lucia (procuratore di Palermo) e Morosini (presidente del tribunale di Palermo) a confronto con gli studenti
Bisogna impegnarsi per un’antimafia sociale e culturale che va al di là dell’antimafia repressiva. A dirlo è stato, questa mattina, nell’auditorium del Gonzaga Campus, il procuratore capo di Palermo Maurizio De Lucia, rispondendo alle diverse domande, formulate dai giovani. Il confronto è avvenuto a partire dal libro “La cattura. I misteri di Matteo Messina Denaro e la mafia che cambia” scritto da Maurizio De Lucia e dal giornalista Salvo Palazzolo.
“Occorre parlare ancora una volta ai giovani e con i giovani – ha detto nella sua introduzione p. Vitangelo Denora, gesuita e direttore generale del Gonzaga Campus – perchè crediamo che il cambiamento della società passi anche dalla passione e dall’impegno portato avanti nella scuola. Ci sono tanti uomini e donne che, oggi, a vario livello, con sobrietà e pudore, portano avanti la lotta per la democrazia e la libertà”.
“Questo libro nasce dalla necessità di raccontare tutti i fatti che sono successi – sottolinea il procuratore De Lucia -. Vuole essere una narrazione altra rispetto a tutto quello che ha circolato, spesso in maniera superficiale, sui social. Pertanto, abbiamo voluto spiegare, in maniera laica e senza pregiudizi, chi era Messina Denaro con tutti i suoi 13 ergastoli”.
“Ricordo che negli anni ’80 le scuole non chiamavano i giudici – dice il giornalista Salvo Palazzolo -. Solo il movimento degli studenti, all’epoca, era l’asse portante dell’antimafia. Ancora oggi, gli studenti ci ricordano che la cattura di Messina Denaro non rappresenta la fine della mafia ma occorre continuare a lottare. Il libro è un racconto con le storie di chi si sforza, ogni giorno, di avere una città più felice e più bella”.
A partecipare all’incontro è stato anche Piergiorgio Morosini, presidente del tribunale di Palermo. “Il destino della comunità in cui viviamo dipende moltissimo da quello che siamo e siete disposti a fare – afferma il presidente Morosini – . Per sconfiggere la mafia non bastano le forze dell’ordine e la magistratura perchè queste intervengono quando il danno è stato già fatto. La mafia non è solo un problema di sicurezza fisica ma è un problema di sicurezza esistenziale; sappiamo bene come questa, purtroppo attecchisca spesso in contesti di povertà e di ignoranza. La lunga latitanza dei capimafia è collegata ai diversi vantaggi di cui questi hanno goduto per la forte fragilità sociale di certi territori. Negli anni la mafia è stata quella che dava il lavoro costruendo così il suo esercito di complici e fiancheggiatori”
“Oggi siamo in una scuola – continua De Lucia – perchè crediamo nell’importanza di dedicare il nostro tempo ai più giovani. La scuola è importante perchè c’è un antimafia dei diritti che si costruisce con lo sviluppo economico e lo sviluppo culturale. Non c’è soltanto l’antimafia repressiva. Oggi dobbiamo fare i conti con la rapidità dei social di cui bisogna fare buon uso perchè non vanno banditi. Certamente, anche con questi nuovi strumenti, si possono veicolare contenuti importanti. Ricordiamoci, però, che la cultura passa sempre dalla formazione dettata da conoscenza e approfondimento. Vanno bene internet e pc ma aggiungiamo anche le biblioteche”.
“La scuola contribuisce alla formazione delle nostre coscienze partendo dalla cultura – aggiunge Morosini – ma anche dalla valorizzazione della nostra relazione con gli altri e dei giusti comportamenti”. “I mafiosi si definiscono uomini di onore facendo propria questa parola quando, invece, deve ritornare ad essere nostra – conclude Maurizio De Lucia -. Il diritto con la parola onore c’entra perchè questo serve a tutelare l’onore dei cittadini. Quell’onore che sta scritto nella nostra Costituzione. C’è un articolo che dice che chi svolge funzioni pubbliche lo deve fare con disciplina ed onore. Riportando l’espressione di uno scrittore, dico che, il potere dei senza potere è il vostro che sta nel fare il vostro dovere senza eroismi ma solo studiando e relazionandovi sempre con chi è vicino a voi. Qualcosa oggi, rispetto al passato, sta cambiando se pensiamo pure agli applausi della gente del quartiere San Lorenzo, subito dopo l’arresto di Messina Denaro”.
Spettacolo
Partanna set del corto “Assunta” di Luana Rondinelli, tra finalisti dell’Afrodite Shorts l’11 e 12 dicembre a Roma

Donatella Finocchiaro è la protagonista di un’emozionante storia sull’affido vista come salvezza. Attraverso una narrazione intensa, tra punte di orrida verità, fatta di “pugnalate” da cui non ci si può sottrarre, fino alla sublimazione dell’amore materno. La pellicola è ambientata a Partanna (TP).
29 novembre – Un simbolismo fatto di gesti e immagini, con una narratrice protagonista capace di unire l’orrore di una vita di “ferite” subite in quanto donna alla più luminosa e carezzevole speranza, quella che è eredità di bene e di futuro.
Si intitola “Assunta” il cortometraggio scritto da Luana Rondinelli con Francesco Teresi e diretto dalla stessa Rondinelli, che è stato selezionato tra i dieci finalisti dell’Afrodite Shorts, il festival sull’audiovisivo al femminile in programma l’11 e il 12 dicembre nella Casa del Cinema di Roma.
La pellicola vede protagonista l’attrice Donatella Finocchiaro che riempie di eleganza morale un ruolo intenso e che tratta il delicato tema dell’affido familiare, ma anche la violenza domestica e la violenza scaturita da una vita spinta avanti dalla necessità di sostentamento: questi sono i temi al centro di un’opera che, in poco meno di dieci minuti, racconta un’angoscia passata, un orrore presente e una bellezza raggiunta.
Il cortometraggio “Assunta” è stato girato a Partanna (Trapani) ed è liberamente ispirato al racconto “Nientemai” di Alessandro Savona. Oltre a Donatella Finocchiaro, fanno parte del cast Bruno Di Chiara, Antonio Pandolfo e Mattia Libeccio, che costituiscono quadri di uno snodo narrativo che parla di sofferenza e pena, ma anche di metacognizione e di etica, che diventa poesia del male e resurrezione.
Prodotto da Accura Film, Ignazio Passalacqua e Michela Culmone il film e gioca sul contrasto tra la bruttura della necessità, che trova luogo nelle case dirute e la bellezza del Castello Grifeo, per poi liberarsi nella magnificenza di una mattina che guarda al paesaggio soleggiato della natura siciliana che rinfranca e appaga.
“Assunta – spiega Luana Rondinelli – è una prostituta che, una volta sottratto il figlioletto Mattia dalla furia efferata di un padre violento, sceglie di darlo in affido per consentirgli di avere quel che lei, momentaneamente, non gli può dare. Attraverso il punto di vista della protagonista viene indagato il delicatissimo legame tra mamma/figlio/famiglia affidataria, senza mai perdere di vista le priorità emotive del bambino. Lasciandoci trasportare dalla sua voce over, ci ritroviamo all’interno della sua realtà; nella quotidianità di un borgo di una Sicilia senza tempo. Percorriamo al suo fianco quelle strade, sorprendendoci di trovare dentro quella storia tante altre piccole storie cariche di pregiudizio e maldicenza nei confronti della prostituta del paese”.
Opera realizzata con il sostegno del Comune di Partanna, dell’associazione Palma Vitae, dell’artista Giufè, di Arci “al circoletto” e Tartaruga Records, il direttore della fotografia è Daniele Savi, la Segretaria di produzione Stefania Viti, i fotografi di scena Giuseppe Renda e Girolamo Di Giuseppe, makeup artist Gaia Gaudesi, il Drone è di Andrea Franco, gli Effetti Visual di Alessandro Trettenero, i costumi di Dora Argento, il montaggio di Giuliana Sarli e le musiche di Gregorio Caimi.
Biografia di Luana Rondinelli
Luana Rondinelli è attrice, drammaturga e regista. Nata a Roma, ma cresciuta a Marsala, si diploma alla scuola di teatro del comune di Marsala diretta dal maestro Michele Perriera. Continua la formazione presso Ribalte, scuola romana di recitazione guidata da Enzo Garinei, e partecipa a molteplici laboratori. Nel 2011 fonda la compagnia Accura Teatro ed è autrice e regista di TADDRARITE pièce contro la violenza sulle donne, con cui conquisterà il premio della critica al contest internazionale Etica in Atto 2013, oltre a quello del Roma Fringe Festival 2014 come miglior Spettacolo e drammaturgia. Vittoria, quest’ultima, che consentirà l’approdo della rappresentazione negli USA al San Diego International Fringe Festival 2016, anticipato dalla chiamata all’In Scena! Italian Theater Festival 2015 di New York. Altri riconoscimenti le giungono per GIACOMINAZZA e per A TESTA SUTTA ottenendo con quest’ultimo testo il Premio Fersen alla drammaturgia in un anno che, peraltro, la vede in giuria al prestigioso Premio Mario Fratti di New York. Con il testo PENELOPE – L’ODISSEA È FIMMINA le verrà assegnato al Piccolo Teatro Grassi di Milano il Premio Anima Mundi 2018 alla drammaturgia femminile. Per il teatro Stabile di Catania ha realizzato “Eterna a vucca l’amma”, la riscrittura de “La Lupa” di Verga per la regia di Donatella Finocchiaro e “Press card” un testo di Gaetano Savatteri di cui cura la regia. 5 Nella nuova versione di Taddrarite dirige Donatella Finocchiaro, Claudia Potenza e Antonia Truppo grazie al quale le verrà riconosciuta una menzione speciale per il teatro al Premio Afrodite. Durante il periodo di chiusura dovuto al lockdown scrive tre sceneggiature che saranno inseriti in tre progetti video “La bella impastata cu sonno” andato in streaming per la manifestazione “Notte di zucchero” di Palermo, “Mättula un batuffolo di polvere a teatro” all’interno del progetto video “Avanti veloce” prodotto dallo stabile di Catania e “Medea” interpretato da Laura Giordani (produzione Clan Off) per la regia di Giovanni M. Currò. “’Sciara prima c’agghiorna” testo da lei scritto è ispirato al libro di Franco Blandi (Francesca Serio La madre) con i Musicanti di Gregorio Caimi per la regia di Giovanni Carta. Dirige l’attrice Valeria Solarino in “’Gerico Innocenza Rosa” monologo sull’identità di genere. Ha scritto insieme allo sceneggiatore Francesco Teresi la sceneggiatura di “A testa sutta” tratto dall’omonimo spettacolo teatrale e “Assunta” tratto dal racconto di Alessandro Savona “Nientemai”
Cultura
“Pantelleria: preistoria di un’isola” a Bologna 1 dicembre con Parco, Pantelleria Island, amministrazione e vari enti

E’ in programma venerdì 1 dicembre alle ore 15, nell’aula Prodi del Dipartimento di Storia Culture Civiltà dell’Università di Bologna (Piazza S. Giovanni in Monte, 2, Bologna) l’evento: “𝐏𝐚𝐧𝐭𝐞𝐥𝐥𝐞𝐫𝐢𝐚: 𝐩𝐫𝐞𝐢𝐬𝐭𝐨𝐫𝐢𝐚 𝐝𝐢 𝐮𝐧’𝐢𝐬𝐨𝐥𝐚. 𝐋𝐞 𝐫𝐢𝐜𝐞𝐫𝐜𝐡𝐞 𝐝𝐞𝐥𝐥’𝐔𝐧𝐢𝐯𝐞𝐫𝐬𝐢𝐭𝐚̀ 𝐝𝐢 𝐁𝐨𝐥𝐨𝐠𝐧𝐚 𝐧𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐭𝐞𝐫𝐫𝐚 𝐝𝐢 𝐘𝐫𝐧𝐦. Seminario e proiezione del film diretto da Nicola Ferrari.
Un’importante occasione per approfondire le ricerche curate dall’università di Bologna sull’epoca preistorica nell’isola.
Ad intervenire diversi rappresentanti di Enti e partner del progetto di ricerca fra cui anche il Commissario Straordinario Italo Cucci e la direttrice Sonia Anelli del Parco Nazionale Isola di Pantelleria.
A seguire la proiezione del film “La terra di Yrnm” di Nicola Ferrari. 𝘓’𝘰𝘱𝘦𝘳𝘢 𝘳𝘢𝘤𝘤𝘰𝘯𝘵𝘢 𝘭𝘢 “𝘴𝘵𝘰𝘳𝘪𝘢 𝘢𝘳𝘤𝘩𝘦𝘰𝘭𝘰𝘨𝘪𝘤𝘢” 𝘥𝘦𝘭𝘭’𝘪𝘴𝘰𝘭𝘢 𝘥𝘢 𝘗𝘢𝘰𝘭𝘰 𝘖𝘳𝘴𝘪 𝘢𝘪 𝘨𝘪𝘰𝘳𝘯𝘪 𝘯𝘰𝘴𝘵𝘳𝘪. 𝘐 𝘴𝘪𝘵𝘪 𝘪𝘯𝘵𝘦𝘳𝘦𝘴𝘴𝘢𝘵𝘪 𝘴𝘰𝘯𝘰 𝘭’𝘈𝘤𝘳𝘰𝘱𝘰𝘭𝘪 𝘥𝘪 𝘚𝘢𝘯 𝘔𝘢𝘳𝘤𝘰, 𝘪𝘭 𝘝𝘪𝘭𝘭𝘢𝘨𝘨𝘪𝘰 𝘥𝘪 𝘔𝘶𝘳𝘴𝘪𝘢 𝘦 𝘪𝘭 𝘓𝘢𝘨𝘰 𝘥𝘪 𝘝𝘦𝘯𝘦𝘳𝘦, 𝘤𝘰𝘯 𝘪𝘯𝘵𝘦𝘳𝘷𝘪𝘴𝘵𝘦 𝘢𝘨𝘭𝘪 𝘢𝘳𝘤𝘩𝘦𝘰𝘭𝘰𝘨𝘪 𝘦 𝘢𝘨𝘭𝘪 𝘴𝘵𝘶𝘥𝘦𝘯𝘵𝘪. 𝘐𝘯 𝘲𝘶𝘦𝘴𝘵𝘰 𝘤𝘰𝘯𝘵𝘦𝘴𝘵𝘰 𝘪𝘭 𝘗𝘳𝘰𝘧. 𝘛𝘶𝘴𝘢, 𝘤𝘰𝘯 𝘭𝘢 𝘴𝘶𝘢 𝘯𝘢𝘳𝘳𝘢𝘻𝘪𝘰𝘯𝘦, 𝘧𝘶𝘯𝘨𝘦 𝘥𝘢 “𝘧𝘪𝘭 𝘳𝘰𝘶𝘨𝘦” 𝘦 𝘥𝘢 𝘮𝘦𝘮𝘰𝘳𝘪𝘢 𝘴𝘵𝘰𝘳𝘪𝘤𝘢.
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