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Cultura

Pantelleria e la Matrice antica quanto il suo popolo

Orazio Ferrara

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La Chiesa Matrice e tutte le sue Cappelle come pochi conoscono

Le brevi note che seguono sono dovute al continuo pungolo intellettuale del caro amico pantesco Gaspare Inglese, che da qualche tempo sta conducendo un lavoro certosino sulle antiche chiese ubicate nel capoluogo dell’isola.

Molti isolani sono dell’opinione che l’antica Matrice o del SS Salvatore sorgesse, nel periodo precedente il secondo conflitto mondiale, nel sito dove insiste attualmente la tanto discussa “Chiesa- Cubo”, quest’ultima di recente edificazione a seguito della demolizione della precedente e più tradizionale Matrice del dopoguerra, insistente sempre in quel sito e inaugurata nell’anno 1956. No, l’antica Matrice d’anteguerra era situata in tutt’altro posto, sebbene nelle vicinanze.

L’antica ubicazione della Chiesa Matrice

Essa infatti era stata costruita presso il mare, adiacente al porto e si apriva in uno slargo terminale dell’attuale piazza Cavour (questa denominazione data a dopo il 1860). Proprio di fronte c’era una delle due porte cittadine della Città Murata, quella più vicina al mare e perciò detta Marina, ambedue le porte davano sulla piazza.

C’era poi una terza porta cittadina, però dal lato opposto, alla fine di corso Umberto dove ora sta l’ex hotel Myriam. Nella discesa da questo lato sorgeva poi la chiesa di San Nicolò o San Nicola, frequentata per lo più dalla gente di mare. Una quarta porta, più recente, infine apriva sull’attuale Corso Vittorio Emanuele.

La Città Murata di Pantelleria

Una particolarità della Città Murata di Pantelleria era il non avere chiese al suo interno, ad eccezione della chiesa del Rosariello di patronato (e luogo di sepoltura) dei militi del castello e forse di una cappella di San Giacomo, il santo degli spagnoli. Anche quella più amata della Concezione insisteva d’altronde su piazza Cavour.

Dopo l’unità d’Italia, posteriormente alla Matrice fu successivamente costruito l’edificio della Dogana. Già nel periodo precedente la seconda guerra mondiale la Matrice versava in condizioni miserrime, tanto da essere stata dichiarata pericolante per i fedeli (ma a ciò non erano state estranee le liti e le rivalità feroci nel clero pantesco) e ridotta quindi a magazzino per uso militare.

Ci pensarono i terroristici bombardamenti di maggio/giugno 1943 degli Alleati a pareggiare il conto e porre così fine alle diatribe, polverizzandola fin dalle fondamenta.
Eppure un tempo lontano l’antica Matrice era stata oggetto di ammirazione per tutti quelli che sbarcavano nell’isola.
Essa era stata ricostruita dopo la terribile incursione dell’anno 1553 da parte del corsaro saraceno Dragut, che come suo inveterato costume soleva dare alle fiamme i luoghi di culto cristiani. In quelle fiamme andarono purtroppo distrutti anche i registri parrocchiali, con irreparabile danno per la conoscenza e lo studio delle nostre radici familiari.

L’intitolazione della Matrice al SS. Salvatore

L’intitolazione della Matrice al Santissimo Salvatore è sicuramente un retaggio dei monaci basiliani, presenti nell’isola fin dal tempo medievale. Al riguardo lo storico Rocco Pirri (1577/1651) nella sua ponderosa “Sicilia Sacra” sostiene che in principio essa fosse stata intitolata a San Sebastiano, ma per quante ricerche abbiamo fatto in proposito non si è riscontrato alcun documento che suffraghi tale tesi, per cui l’opinione del Pirri deve ritenersi palesemente infondata (probabilmente deve essersi confuso con qualche altare secondario dedicato a San Sebastiano, che pur vi fu).

Il periodo di maggiore fulgore della Matrice SS Salvatore fu senza dubbio il Seicento, secolo in cui si risentì maggiormente l’influsso tra la popolazione dei militi della guarnigione del castello, in maggioranza originari della cattolicissima Spagna.

Già nell’anno 1616 il vescovo mazarese La Cava aveva eletto la chiesa ad arcipretura e nominato come primo arciprete don Giovanni Battista Maxucco di antica famiglia isolana. Tra i parroci di quel periodo insigniti del titolo di arciprete ricordiamo, tra gli altri, don Giovanni Battista Delfino e don Vincenzo Ferrandes.
Proprio sul finire di quel secolo abbiamo un’accurata descrizione della Matrice da parte di un personaggio d’eccezione qual era il nostro Padre Salvatore da Pantelleria, poi morto in odore di santità.
Padre Salvatore, inviato dal vescovo di Mazara del tempo per una “Sacra Visita” (biennio 1689-1690), nella sua relazione descrive minutamente la chiesa, che alla sua sinistra aveva un bel campanile, successivamente crollato e mai più ricostruito. L’edificio occupava un’area di circa 730 metri quadrati.

L’interno si presentava a tre navate con sedici colonne in doppia fila (otto per ciascuna), nove altari, compreso quello maggiore, e otto cappelle laterali (quattro per lato).
Le cappelle avevano la seguente intitolazione:

  • Cappella della Immacolata Concezione con rendita, gestita dall’omonima congregazione laicale;
  • Cappella di Maria Madre degli Agonizzanti con rendita;
  • Cappella dell’Annunciazione con rendita;
  • Cappella e altare della Santissima Trinità con rendita, gestita dall’omonima confraternita;
  • Cappella di Sant’Antonio (allo stato delle ricerche non sappiamo se Sant’Antonio Abate o Sant’Antonio da Padova);
  • Cappella di San Lorenzo;
  • Cappella di San Nicola;
  • Cappella di San Rocco.

Le reliquie di San Fortunato

Alla descrizione del Padre Salvatore aggiungiamo altre notizie risalenti alla prima metà del Settecento: la facciata era in semplice intonaco bianco ed era marginata da lesene di ordine gigante, aveva tre ingressi con il portale centrale coronato da un frontone raddoppiato (doublé) interrotto.

Sopra il portale centrale vi era una nicchia quindi una finestra rettangolare e infine un timpano liscio. All’interno il coro comprendeva un’abside decorata da artistici stalli lignei.
Nell’altare maggiore erano poi conservate numerose reliquie, tra le quali quelle di San Fortunato.

Impreziosiva l’interno infine una bellissima pala d’altare raffigurante la Trinità. Come si può notare dalla succinta descrizione di cui sopra la Matrice di Pantelleria era un edificio religioso di tutto rispetto. e suscitava, come già accennato, l’ammirazione e lo stupore dei viaggiatori che giungevano nell’isola.

Il capitano inglese William Henry Smyth nelle sue Memorie (1824) parlando di Pantelleria scrive letteralmente che rispetto al piccolo borgo c’era però “a huge parish church” (un’enorme chiesa parrocchiale).
Nella rivista “Geografia per tutti” del 15 gennaio 1805 si legge: “Il villaggio di Pantelleria è intorno ad una insenatura della costa nord-occidentale; compreso tra i due ridotti di Santa Croce e di San Leonardo non ha nulla di caratteristico all’infuori della Chiesa e di un castello. Quella alquanto antica è dedicata al Salvatore, ed ebbe nel 1585, quando il Duca d’Alba da viceré governava la Sicilia, l’onore di una riparazione”.

Orazio Ferrara

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Cultura

Radici di pietra e di cielo: Lorenzo Reina, l’uomo che ha ascoltato la sua terra

Laura Liistro

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Santo Stefano Quisquina saluta Lorenzo Reina non solo come il creatore del Teatro Andromeda, ma come un artista totale, capace di restituire senso, bellezza e dignità a un territorio e ai suoi simboli più profondi. La sua opera non si limita a un capolavoro architettonico incastonato tra i monti Sicani: è una visione del mondo che intreccia arte, natura e spiritualità.
L’arte di Lorenzo Reina nasce da un rapporto intimo con la terra e con il tempo naturale.
Le sue sculture, le installazioni e le architetture non impongono una presenza, ma sembrano emergere dal paesaggio stesso.
Pietra, luce, silenzio e cielo diventano materia artistica. Ogni gesto è misurato, essenziale, come se l’opera fosse il risultato di un ascolto profondo del luogo.
Il Teatro Andromeda rappresenta la sintesi più alta di questa ricerca: una scultura abitabile, un’opera totale in cui convergono arte visiva, architettura, astronomia e filosofia.
Ma Andromeda è anche il cuore di un’esperienza rituale che Reina ha saputo riportare in vita, restituendo dignità ai riti dei solstizi e ricreando quel filo antico tra l’uomo e la natura.
Con le celebrazioni del solstizio d’estate e del solstizio d’inverno, Lorenzo Reina ha trasformato il teatro in uno spazio sacro laico, dove il passaggio delle stagioni viene celebrato attraverso la luce, la musica e la danza.

Eventi intensi e sospesi nel tempo, capaci di generare un’atmosfera definita da molti come “magica”.
Il momento culminante è l’ingresso del sole nella “Maschera della Parola”, un gesto simbolico in cui la luce diventa messaggio, “parola di luce”, sintesi perfetta della sua poetica.
Questi riti, che attirano visitatori da tutta Italia e dall’estero, non sono semplici spettacoli, ma esperienze collettive di contemplazione e consapevolezza.
Lo dimostrano anche iniziative recenti come il “Solstizio di Pace 2025”, che hanno rafforzato il valore spirituale e universale di Andromeda, rendendolo un luogo di incontro tra culture, sensibilità e pensieri diversi.
Nella cosiddetta “Sicilia fredda”, spesso relegata ai margini, Reina ha costruito un’estetica della resistenza e della lentezza.
Ha dimostrato che la bellezza non ha bisogno di clamore, ma di radicamento.
Il vero tesoro che lascia a Santo Stefano Quisquina è una visione: l’idea che l’arte possa ricucire il rapporto tra uomo e natura, tra passato e futuro, tra materia e luce.
Oggi, tra i Sicani, la sua opera continua a parlare.
Non come monumento immobile, ma come esperienza viva.
Lorenzo Reina ha saputo materializzare la bellezza e trasformarla in rito, in comunità, in memoria condivisa.
Quella luce, diventata parola, continua a illuminare chi sa fermarsi ad ascoltare.

Laura Liistro

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Personaggi

Charlotte da Pantelleria a Live Box di Casa Sanremo 2026

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Charlotte, all’ anagrafe Sabina Esposito, cantautrice siciliana originaria di Pantelleria, parteciperà martedì 24 Febbraio 2026 al Live Box di Casa Sanremo, nello spazio Web Music Promotion gestito della Lino Management Berlin e Kalan Eventi Group, presentando il suo ultimo singolo “Come le foglie e il vento

https://youtu.be/8O17KOBqy38?si=5ZKTu_uTYYuRLypV

L’ artista arriva a questo appuntamento grazie alla collaborazione con l’agenzia siracusana di eventi e spettacoli gestita da Walter Iannì, da anni operante nel settore dello spettacolo e nella promozione di talenti emergenti, non solo in ambito musicale.
La stessa è partners commerciale per la Sicilia della Lino Management Berlin per tutti gli eventi in programma in ambito nazionale. Conosciamo meglio in breve Charlotte.

La carriera artistica di Charlotte
L’ artista pantesca consegue nel 2018 la Laurea in “Musica, Spettacolo, Scienza e Tecnologia del suono” presso il Politecnico Internazionale “Scientia et Ars” di Vibo Valentia con indirizzo Canto Moderno.
Nel corso della sua carriera partecipa a numerose manifestazioni canore nazionali e internazionali, conseguendo ottimi risultati professionali e la vede sempre protagonista in vari masterclass musicali.
A Febbraio 2023 supera i casting per il Talent televisivo “The Coach” nel febbraio 2024, dopo aver superato i casting di Sanremo DOC, si esibisce con il suo ultimo inedito al Palafiori di Sanremo durante la settimana del Festival di Sanremo. Conosce Walter Iannì grazie ad un progetto denominato “ L’ Angolo dei Talenti “, live su piattaforma social Tik Tok, promosse dalla stessa agenzia è finalizzate alla promozione e visibilità di artisti in genere. Successivamente accede di diritto al “Talenti Special 2025 “, talent online, abbinato al progetto “L’ Angolo dei Talenti “, dove tutt’ora la vede in gara fino al 30 Aprile 2026 con altri colleghi del ramo musicale e artistico.
Artista di carattere e professionalmente preparata, così la definiscono Walter Iannì e Lino Sansone, responsabile diretto della Lino Management Berlin, augurano all’ artista siciliana il meglio per i prossimi appuntamenti in programma.

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Personaggi

E’ morta Brigitte Bardot, icona del cinema e sex symbol degli anni ’60

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Si è spenta a 91 anni Brigitte Bardot, diva del cinema per eccellenza e deli anni ’60, nonchè attivista memorabile per i diritti degli animali.

Mai attrice fu più simbolo di sensualità e libertà sessuale.

Le sue iniziali, BB, erano riconoscibili e subito riconducibili a quell’artista completa: oltre che attrice era  cantante e modella. 
Figlia di un ricco industriale parigino, era appassionata di danza ed entrò al Conservatorio di Parigi nel 1949 e a quindici anni divenne la mascotte della rivista Elle.
L’attrice ha recitato in 56 film prima di porre fine alla sua carriera nel 1973 e di dedicarsi alla difesa degli animali

Il primo ruolo nel cinema fu nel 1952 dal regista Jean Boyer in Le Trou normand al fianco del grande attore Bourvil.
A soli 18 anni sposò Roger Vadim,  assistente alla regia di Marc Allegret, a cui si deve, di fondo, la scoperta della Bardot come viso e corpo per il cinema.
Da qui una serie di partecipazioni, come Poppea in  Mio figlio Nerone con Alberto Sordi e Vittorio De Sica per la regia di Steno.

Bisogna aspettare il 1956 perchè entri nella leggenda del cinema, grazie al film del marito Vadim (dal quale si separerà nel ’57), E Dio creò la donna, che l’ha immortalata come icona di bellezza.

Dopo il film di Vadim i produttori iniziano a bussare con insistenza alla sua porta e ben presto BB diviene addirittura l’attrice più pagata del cinema francese. E’ arrivata addirittura a girare 4 film in 12 mesi: En cas de malheur (dove recita con Jean Gabin), Les Bijoutiers du clair de lune, Une Parisienne e La Femme et le Pantin. Il ’59 è l’anno di Babette va alla guerra (sul set conosce e si fidanza con l’attore Jacques Charrier) e di La verità di Clouzot dove interpreta un ruolo che la farà soffrire: quello di una donna che viene accusata dell’omicidio del marito, ma che i paesani giudicano come una mangiatrice di uomini e poco di buono.

Nel 1960 diventa mamma di Nicolas, suo unico figlio che tuttavia non accetta e lo affida ad una balia.

Con il film Vita privata, poi, conosce l’attore Sami Frey che diventa il suo nuovo amante dopo la liaison con Raf Vallone e prima di quella con il ricco playboy tedesco Gunther Sachs, che sposerà per divorziare nel 1969. 

Le battaglie animaliste

Il 1963 segna l’inizio delle battaglie animaliste, promuovendo  un’arma che uccida in modo indolore le bestie nei macelli; a questa iniziativa ne seguiranno decine di altre – forse la più celebre e significativa sarà quella contro le pellicce.
Nel 1964 recita in Viva María! e poi comincia a incidere dischi come Le Soleil (1966), Harley-Davidson (1967), poi il regalo d’amore di Serge Gainsbourg: Je t’aime… moi non plus (1967).

BB continua la sua carriera cinematografica dove incontra le colleghe Annie Girardot – Les Novices (1970) e Claudia Cardinale con la quale rifà una coppia di pistolere sexy in Les Pétroleuses. L’Histoire très bonne et très joyeuse de Colinot trousse-chemise (1973) è l’ultimo film della sua carriera.

Dopo questo film, l’artista parigina si dedica anima e corpo alla lotta per la protezione degli animali, come quella contro la caccia alle foche. Alla sua battaglia anche il presidente francese Valéry Giscard d’Estaing si allinea e vieta l’importazione di pelli di foca in Francia. Nella sua lotta, Bardot fu sostenuta da numerose personalità dello showbiz francese e non solo come Isabelle Adjani, Kim Basinger, Johnny Hallyday, Alain Delon e Jacques Chirac.

Con la sua tenacia e il suo impegno riesce a influenzare l’intero paese  tanto da vietare l’importazione e il commercio di pelli di cane e gatto.

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