Comunità
Le lenticchie, uno dei fiori all’occhiello dell’agricoltura di Pantelleria
Piccole, scure e ricchissime di ferro, vitamine, sali minerali e proteine, ma nello stesso tempo povere di grassi, gustose e sostanziose. Stiamo parlando delle lenticchie, un alimento che è arrivato fino ai giorni nostri attraversando praticamente l’intera storia del genere umano.
Per diversi millenni le lenticchie sono state uno dei prodotti più importanti in ambito agricolo e commerciale nel bacino del Mediterraneo. Contengono circa il 25% di proteine, il 53% di carboidrati e il 2% di oli vegetali, e il loro elevato potere nutritivo le ha rese un alimento prezioso fin dall’antichità, quando erano in grado di sfamare anche chi non poteva permettersi carne e cibi costosi.
La lenticchia è un elemento essenziale dell’alimentazione dell’uomo fin dal periodo neolitico, ed è stata il primo legume ad essere coltivato, più di 7000 anni fa nel fertilissimo Egitto. Il primo cenno storico risale al 525 a.C., anno in cui, secondo la leggenda, dalla città di Pelusio sul delta del Nilo sarebbero partite delle navi cariche di lenticchie alla volta della Grecia e della Magna Grecia.
Oltre a essere il primo legume coltivato dall’uomo, le lenticchie sono state anche il primo cibo cotto, come ci racconta l’Antico Testamento con la vicenda dei fratelli Giacobbe ed Esaù, rispettivamente secondo e primogenito di Rebecca e Isacco. Una volta Giacobbe aveva preparato una minestra di lenticchie, quando suo fratello maggiore arrivò sfinito dalla campagna, e gli chiese di lasciargliene mangiare un piatto per recuperare le energie. Per soddisfare la sua richiesta Giacobbe gli chiese di vendergli la sua primogenitura, ed Esaù accettò, dicendo che non gli serviva a nulla. Da questa storia hanno avuto origine il famoso modo di dire “vendersi per un piatto di lenticchie”, che significa appunto dare via una cosa molto importante per riceverne in cambio una di valore irrisorio, e l’usanza degli Ebrei di mangiare le lenticchie quando sono a lutto, proprio per ricordare il gesto di Esaù.
L’associazione delle lenticchie a qualcosa di negativo non è una prerogativa degli Ebrei, dal momento che nel corso della storia si sono susseguiti giudizi di ogni tipo riguardo a questi piccoli legumi. Per ricordarne alcuni, menzioniamo l’imperatore romano Caligola, che decise che un carico di lenticchie avrebbe protetto durante il trasporto via mare l’obelisco che oggi si erge a Roma in Piazza San Pietro, e lo scrittore e naturalista romano Plinio il Vecchio, che nella sua Naturalis Historia racconta come le lenticchie fossero dotate di grandi proprietà nutritive e anche della capacità di dare pace e tranquillità agli animi tormentati. Aggiungiamo al nostro elenco lo scrittore e filosofo greco Artemidoro, che le riteneva annunciatrici di lutti e disgrazie, i membri della Corte di Luigi XIV, che le usavano come mangime per i cavalli, e il famosissimo scrittore francese Alexandre Dumas, che in un suo dizionario culinario le definì un pessimo alimento.
La simbologia più nota ai giorni nostri che riguarda le lenticchie è sicuramente quella legata alla loro presenza sulla tavola del cenone di San Silvestro, occasione in cui vengono considerate un augurio di fortuna e prosperità per l’anno che sta arrivando. Questa usanza affonda le sue radici in epoca romana, quando era consuetudine regalare all’inizio dell’anno un sacchetto di lenticchie da appendere alla cintura, chiamato scarsella. La forma delle lenticchie viene facilmente associata a quella delle monete, e quindi l’augurio era che i legumi contenuti nel sacchetto potessero essere concretamente forieri di guadagni per chi lo indossava.
Tra le tante varietà di lenticchie presenti oggi in Italia figurano quelle di Pantelleria, le “linticci”, molto piccole, scure e saporite. Potremmo definirle delle regine, perché sono una delle varietà più apprezzate e pregiate, e associano al loro gusto caratteristico un’alta digeribilità e un significativo valore nutritivo. Dopo diversi anni di abbandono, negli ultimi tempi la coltivazione di questo fiore all’occhiello dell’agricoltura pantesca sta registrando un incremento, e la speranza dei contadini è che questa riacquisti al più presto l’importante valore economico che aveva sempre avuto in passato.
Nicoletta Natoli
Cultura
Claudia Ferlita, custode della memoria: il palazzo di piazza Castello che racconta Santo Stefano Quisquina
A Santo Stefano Quisquina, in piazza Castello, sorge un palazzo ottocentesco che sembra aver fermato il tempo. Non è solo un edificio: è custode di una memoria profonda, della storia di una famiglia e dell’identità di un’intera comunità.
Oggi continua a vivere grazie a Claudia Ferlita, che ne ha raccolto il testimone con uno sguardo attento e sensibile, trasformando la conservazione in un atto nobile e civile.
Non esiste ancora una documentazione completa sulla sua costruzione, ma sulla chiave di volta del portale d’ingresso è scolpita la data 1872, probabilmente l’anno in cui Salvatore Puleo, imprenditore intraprendente e uomo “del fare”, lo edificò.
Non nobile, ma protagonista dello sviluppo locale, Puleo contribuì alla realizzazione della strada Corleonese-Agrigentina e della villa comunale, opere che ancora oggi segnano il volto della cittadina.
Il palazzo racconta la sua epoca attraverso dettagli unici: il lungo balcone in ferro battuto decorato con vasi di ceramica di Burgio, una rara targa assicurativa antincendio della compagnia Generali e interni straordinariamente conservati. La cucina in muratura con le maioliche bianche e blu e gli arredi originali restituiscono la sensazione di entrare in un tempo sospeso.
Ma il valore del palazzo va oltre l’architettura.
Custodisce lettere, fotografie e oggetti appartenuti a generazioni della famiglia Puleo, fino ad Angela Puleo in Palma e al professor Ugo Palma, che hanno saputo preservarne la storia e l’identità.
Entrare in queste stanze è come percorrere un ponte tra passato e presente: i mobili e gli oggetti sono rimasti esattamente dove erano stati lasciati, raccontando le vite e le abitudini di chi le ha vissute.
L’incontro di Claudia con il palazzo è stato un vero colpo di fulmine.
Varcando la soglia per la prima volta, percepì che la casa non era morta, nonostante anni di vuoto.
«Avevo la sensazione che la padrona di casa potesse apparire da un momento all’altro», racconta.
La vendita fu gestita da Costanza Palma, nipote di Ugo Palma, che aveva ereditato la dimora dalla madre Angela. Lontana da Santo Stefano e priva di legami con il territorio, decise di non trattenere la proprietà.
Tra tutti gli ambienti, la biblioteca emerge come cuore pulsante del palazzo.
L’odore dei libri antichi si mescola a quello dei mobili, restituendo l’immagine di una famiglia colta e curiosa, aperta al mondo.
Riordinare i volumi ha permesso a Claudia di comprendere meglio la storia di chi ha abitato la casa e di sentire il peso e l’onore di custodire un patrimonio culturale così ricco.
Il gesto di Claudia Ferlita va oltre la proprietà privata: è un atto esemplare di responsabilità culturale e civica, un modello per chiunque possa recuperare e valorizzare altri luoghi storici.
Conservarlo significa rispettare chi ci ha preceduto e permettere a chi verrà dopo di conoscere la propria storia.
Se il palazzo potesse parlare, racconterebbe una storia d’amore: l’amore coniugale per cui fu costruito da Salvatore Puleo per la giovane sposa napoletana, ma anche amore per l’arte, la cultura e la conoscenza.
Oggi lo stupore che suscita il palazzo, la sua autenticità intatta e la memoria custodita, sono destinati a essere condivisi, per permettere a tutta la comunità di attraversare il tempo senza perdere il senso profondo della propria storia.
Grazie alla sensibilità e alla generosità di Claudia, piazza Castello non è più solo uno spazio fisico: è memoria viva, esempio di cura, identità e amore per la cultura e la storia di Santo Stefano Quisquina.
Laura Liistro
Cultura
C’è un nuovo parroco a Pantelleria: don Easu Kuzhanthai
Non abbiamo molte notizie e quel poco che sappiamo lo apprendiamo da un post della Chiesa Forania di Pantelleria, ma la cosa certa è che abbiamo un nuovo Parroco Don Easu Kuzhanthai Magimaidoss.
Ha studiato Teologia Morale presso l’Università Alfonsiana di Roma negli anni 2010-2012
Diversi luoghi di ministero:
Mumbai 9 anni
Goa: 3 anni
Kolar Gold Field: 4 anni
Tamil Nadu: 2 anni.
Adesso, con questo Natale inizierà il suo percorso tra la comunità pantesca.
In attesa di conoscerlo personalmente, auguriamo un ben venuto a Don Easu sulla nostra isola e un . Natale in pace e serenità
Sociale
Pantelleria, al via ampliamento Cimitero Capoluogo. Intervento da 160mila euro
Approvazione del progetto esecutivo per i lavori di ampliamento della capacità ricettiva del Cimitero di Pantelleria Capoluogo
Il Sindaco rende noto che la Giunta Municipale ha approvato, con deliberazione n. 310 del 15
settembre 2025, il progetto esecutivo denominato “Lavori di ampliamento della capacità
ricettiva del Cimitero di Pantelleria Capoluogo – 1° stralcio esecutivo 60 loculi”.
L’intervento riguarda la realizzazione di n. 60 loculi e costituisce uno stralcio esecutivo di un
progetto generale già approvato.
L’intervento risponde alle esigenze di ampliamento della struttura
cimiteriale comunale, al fine di garantire la regolare gestione delle sepolture.
Il progetto è stato redatto dal tecnico comunale incaricato ed è stato sottoposto alle verifiche e alle
procedure di validazione previste dalla normativa vigente.
L’importo complessivo dell’intervento ammonta a euro 164.000,00, comprensivo dei lavori, degli oneri per la sicurezza, delle spese tecniche e delle somme a disposizione dell’Amministrazione.
Il provvedimento è stato dichiarato immediatamente esecutivo, consentendo l’avvio delle successive fasi amministrative demandate agli uffici competenti per la realizzazione dell’opera.
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