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Salute

ll Tar della Liguria in difesa dei medici non vaccinati

Giuliana Raffaelli

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I sanitari contrari alla vaccinazione lo avevano annunciato da tempo di ricorrere al Tar  affinché venga difeso il diritto di scelta di non volersi sottoporre alla vaccinazione anti Covid-19.

Più di 2500 medici e operatori sanitari hanno firmato e presentato ricorso ai Tribunali amministrativi regionali (Tar) di Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Toscana e Veneto.

La vaccinazione per questa categoria è diventata obbligatoria (solo nel nostro paese) dopo che il decreto legislativo del primo aprile 2021 n. 44 è stato convertito in legge n. 76 il primo giungo scorso. Questa legge prevede, in prima istanza, che gli operatori sanitari non vaccinati “possano essere addetti allo svolgimento di altre mansioni non a contatto con i pazienti, ma ciò solo ove possibile; in secondo luogo, l’operatore o il medico può essere messo in ferie forzose. In ultima istanza, si ricorre alla sospensione dalla professione senza il recepimento dello stipendio. Non è però contemplata la possibilità di licenziamento e la norma ha comunque validità fino al 31 dicembre 2021».

Ieri è arrivata la risposta dei giudici amministrativi del Tar della Liguria che fissa a ottobre la data dell’udienza. I giudici sembrano avere dichiarato che, se nel frattempo le Asl (le aziende sanitarie locali) dovessero procedere nei confronti di medici o infermieri, saranno pronti ad applicare la sospensione cautelare urgente dei provvedimenti.

L’avvocato Granara, che segue i ricorrenti, è soddisfatto per la risposta del Tar ligure, sostiene inammissibile che un Paese che si dichiara “civile” come l’Italia disattenda una disposizione europea che dice di non rendere obbligatorio un vaccino sperimentale. Secondo il legale bisogna impedire che l’obbligo sia effettivo perché è costituzionalmente illegittimo.

Il Consiglio d’Europa ha votato no all’obbligo di vaccinazione già a fine gennaio. I punti salienti del documento stilato dal gruppo europeo, che pur riconosce e sottolinea l’importante ruolo dei vaccini durante la pandemia (definiti “bene pubblico globale”), sono che “deve essere garantito che tutti i Paesi abbiano potuto vaccinare il personale medico e i gruppi vulnerabili prima di estendere la vaccinazione ai gruppi non a rischio”, che “gli Stati devono informare i cittadini che la vaccinazione non è obbligatoria e che nessuno deve farsi vaccinare se non lo vuole” e che bisogna “garantire che nessuno sarà discriminato se non è vaccinato”.

I numeri della questione. I sanitari italiani che hanno dichiarato di non volersi vaccinare sono il 2,36% del totale nazionale, anche se i sindacati di categoria parlano di una percentuale molto più bassa (lo 0,2%). Il dato certo è che essi sono poco più di 45 mila su 1,9 milioni, concentrati in nove Regioni. Quelle con i numeri più alti di medici non vaccinati sono l’Emilia-Romagna con 14.390 (7,9% del totale regionale), seguita da Sicilia (9.214, pari al 6,5%), Puglia (9.099, pari al 6,5%) e Friuli Venezia Giulia (5.671, pari all’11,9%). In tutte le altre Regioni i sanitari hanno ricevuto almeno la prima dose di vaccino.

Tra i medici non vaccinati ci sono anche quelli di base che hanno almeno 1000-1500 pazienti ciascuno. Numerose Aziende sanitarie locali, pressate dal Governo, hanno già inviato loro lettere di richiamo chiedendo di motivare il rifiuto e annunciando severi provvedimenti (sospensione dal lavoro senza retribuzione) qualora non cambino immediatamente idea. Ma se questi medici dovessero essere davvero sospesi molte città si troverebbero a dovere fronteggiare una nuova emergenza, forse peggiore della pandemia in corso: quella dei loro cittadini rimasti privi di medici e infermieri in ospedali e ambulatori.

Mentre ci si chiede se le Aziende sanitarie sospenderanno sul serio questi medici, lasciando i loro pazienti senza assistenza, si attendono le prossime udienze amministrative dei Tar che sono previste il 14 luglio a Milano, Brescia e Parma e il 15 a Bologna.

Quella intrapresa dall’avvocato Granara non è una causa contro le Asl, come precisa egli stesso, ma una difesa dei diritti inviolabili cui godono i cittadini di paesi democratici.

Giuliana Raffaelli

Laureata in Scienze Geologiche, ha acquisito il dottorato in Scienze della Terra all’Università di Urbino “Carlo Bo” con una tesi sui materiali lapidei utilizzati in architettura e sui loro problemi di conservazione. Si è poi specializzata nell’analisi dei materiali policristallini mediante tecniche di diffrazione di raggi X. Nel febbraio 2021 ha conseguito il Master in Giornalismo Scientifico all'Università Sapienza di Roma con lode e premio per la migliore tesi. La vocazione per la comunicazione della Scienza l’ha portata a partecipare a moltissime attività di divulgazione. Fino a quando è approdata sull’isola di Pantelleria. Per amore. Ed è stata una passione travolgente… per il blu del suo mare, per l’energia delle sue rocce, per l’ardore delle sue genti.

Salute

Quando la vita umana prevale: FISA, ANAB e SIPEM, insieme per la Sicurezza Acquatica

Redazione

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L’unione tra la Federazione Italiana Salvamento Acquatico (FISA) e l’Associazione Nazionale Assistenti Bagnanti (ANAB), un passo significativo nello studio e ricerca che continua. Questa sinergia a tre voci è un esempio lampante di come, quando l’interesse primario è la salvaguardia della vita umana e NON il mero guadagno o il potere politico, portino a benefici inestimabili per l’intera umanità. In un settore delicato come quello del soccorso in acqua, dopo questi tragici avvenimenti, l’integrazione di competenze diverse non solo ottimizza gli sforzi, ma eleva gli standard di sicurezza a vantaggio di chiunque si trovi in difficoltà, convinzione questa di tutti i presidenti delle tre organizzazioni FISA, ANAB E SIPEM.
Questa alleanza a tutto tondo sottolinea un principio fondamentale: la professionalità è la vera chiave di volta. Non si tratta di un optional, continua il presidente Perrotta, ma di una necessità imprescindibile. Ogni istruttore, ogni ente formativo e ogni bagnino deve possedere tutte le strategie sia di insegnamento che di impiego e deve garantire una preparazione impeccabile.
I grandi incontri politici dove non scaturisce nient’altro che mera politica tra potenti, porta il soccorso a restare un presente lacunoso già passato dove le conseguenze restano solo a chi perde un una vita. Non basta infatti la sola preparazione tecnica, non basta il raggiungimento di tempi con un cronometro per affrontare situazioni di emergenza in acqua; è fondamentale che gli operatori siano dotati sia degli strumenti psicologici per gestire lo stress per restare concentrati sotto pressione e offrire a loro volta supporto emotivo, sia alle vittime che ai colleghi dopo eventi traumatici.
La preparazione di un soccorritore parte da una consapevolezza del proprio mestiere, del rischio e della percezione dei pericoli ad esso connessi.
Per gli utenti, per i genitori, per chiunque si avvicini all’ambiente acquatico, diventa cruciale verificare e pretendere questa professionalità. Chiedere credenziali, informarsi sui percorsi formativi, assicurarsi che gli istruttori siano costantemente aggiornati, e che la loro formazione includa anche aspetti psicologici, non è un’eccessiva pignoleria, ma un atto di responsabilità.
La superficialità o l’improvvisazione in questo campo possono avere conseguenze devastanti come gli ultimi accadimenti, Incidenti che avrebbero potuto essere evitati, dolori profondi e perdite irreparabili sono spesso il risultato di una mancanza di preparazione o di un’attenzione insufficiente agli standard. Per questo, l’unione di FISA, ANAB e SIPEM è un messaggio chiaro: lavorando insieme, con un focus incrollabile sulla qualità e sull’etica, e con una vision che abbraccia ogni aspetto dell’emergenza, si possono prevenire tragedie e garantire un ambiente acquatico più sicuro per tutti. È un invito a ogni cittadino a non accontentarsi, a esigere il massimo da chi è preposto alla sua sicurezza e preparazione e per riconoscere questo valore inestimabile della vera professionalità.
Le leggi devono cambiare a vantaggio della vita umana attraverso lo studio degli incidenti passati per scelte più giuste per il futuro.

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Salute

Liste d’attesa, visite notturne e nei festivi nel pubblico e priorità ai più fragili e gravi. Caronia “Una vera rivoluzione che può risolvere il problema”

Marilu Giacalone

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Con tre emendamenti proposti da Marianna Caronia (Noi Moderati) e approvati all’unanimità, la Commissione Bilancio dell’Assemblea Regionale Siciliana ha proposto di apportare due “semplici ma rivoluzionarie” modifiche al sistema di organizzazione delle liste d’attesa, con l’obiettivo di ridurle drasticamente, introducendo allo stesso tempo uno strumento di controllo e conoscenza da parte dei cittadini e del Parlamento.
“Si tratta di provvedimenti che per la realtà siciliana – spiega Caronia – sono tanto semplici quanto rivoluzionari e possono davvero rappresentare il momento della svolta nella triste vicenda delle liste d’attesa in sanità”.
Secondo quanto votato in Commissione, infatti, le strutture ospedaliere siciliane potranno erogare visite ed esami diagnostici nei giorni festivi e nelle ore notturne dei giorni feriali, previa verifica della disponibilità. Questa misura, oltre ad abbattere i tempi d’attesa, assicurerà il funzionamento ottimizzato dei macchinari, evitando sprechi di capacità tecnologica e riducendo in modo significativo i tempi di ammortamento dei costi di investimento sui macchinari diagnostici.

Le Aziende Sanitarie dovranno inoltre destinare risorse specifiche per ridurre i tempi d’attesa delle prestazioni critiche, con priorità a pazienti oncologici, oncoematologici, cronici complessi e con altre vulnerabilità: persone con disabili, minori, donne in gravidanza; soggetti con vulnerabilità socio-economiche.  

“Per la prima volta – spiega Marianna Caronia – si introduce il principio di valutazione del costo delle macchine diagnostiche, come TAC, risonanze e apparecchiature ad alto “tempo macchina”. L’obiettivo è massimizzarne l’utilizzo, riducendo non solo le liste d’attesa ma anche i tempi di ammortamento, con evidenti risparmi per il sistema sanitario.”

Un ultimo emendamento prevede che l’Assessore alla Salute debba presentare al Parlamento relazioni semestrali sui risultati raggiunti, “garantendo – continua Caronia – un controllo costante dell’efficacia delle misure e una rendicontazione pubblica ai cittadini.”
“Queste modifiche possono davvero segnare un momento di svolta – spiega la parlamentare di Noi Moderati – perché autorizzare prestazioni in orari notturni e festivi significa rispondere all’emergenza liste d’attesa con pragmatismo. Dare priorità ai pazienti fragili è un dovere etico, mentre l’ottimizzazione dei macchinari trasforma i costi in opportunità”

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Salute

Pantelleria, allarme Pronto Soccorso: pochi medici, turni massacranti e caos estivo. Ci scrive un pantesco

Redazione

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Riceviamo e pubblichiamo
Continuano le segnalazioni dei cittadini che arrivano dai vari ospedali, in seguito a disfunzioni varie che poi ricadono sugli utenti
 

Un cittadino dell’isola di Pantelleria lamenta delle criticità al Pronto Soccorso dell’ ospedale Nagar: “Chi scrive è un cittadino che ha avuto modo di constatare personalmente la situazione attuale del Pronto Soccorso dell’Ospedale di Pantelleria e intende segnalare alcune gravi criticità che richiedono un intervento urgente. Il numero di medici in servizio è estremamente ridotto. L’attuale facente funzioni, Dirigente Medico, è costretto a sostenere un numero eccessivo di turni notturni, con evidenti ripercussioni sul suo stato di salute, sulla qualità dell’assistenza e sulla sicurezza operativa. A complicare la situazione vi è l’assenza di un altro medico a seguito di un infortunio e l’esenzione dai turni notturni di una dirigente medico per motivi di salute”.

 

Poi il cittadino, che sembra conoscere molto bene le dinamiche interne, aggiunge: “La situazione è ulteriormente aggravata dal notevole incremento di accessi al Pronto Soccorso durante il periodo estivo. Al momento, l’intero servizio viene mantenuto grazie all’encomiabile impegno del personale infermieristico, sottoposto a forte stress e carichi di lavoro non più sostenibili.
 

“Noi cittadini panteschi abbiamo già vissuto, con grande amarezza, il progressivo depotenziamento del nostro ospedale. Non ultima, la prevista chiusura del reparto di Ostetricia e Ginecologia secondo la nuova rete ospedaliera. Dobbiamo ora preoccuparci anche per il futuro del Pronto Soccorso? Ci appelliamo alle autorità competenti affinché vengano adottati, con la massima urgenza, provvedimenti concreti per garantire la continuità e la dignità dell’assistenza sanitaria sull’isola”.

 

Le criticità 

Pantelleria vive alcune perduranti criticità legate alle aree disagiate,  dall’ isolamento alla carenza di personale, dagli elevati costi alla complessità nei trasferimenti. Spesso tutto questo si traduce in crisi sanitaria della comunità.
Sono anni che si parla di potenziamento reale dei servizi, di standardizzazione dell’emergenza e di  innovazioni come la telemedicina e il turismo sanitario inverso. La telemedicina ad esempio potrebbe offrire modelli alternativi e ridurre i disagi.
Sono necessari degli incentivi economici e professionali per medici e specialisti che scelgono di lavorare sulle isole, con turni premianti, alloggio e compensi.
Su una isola come Pantelleria, che dista 200 miglia da Trapani,  in assenza di collegamenti, specie in inverno, il Pronto Soccorso può restare l’unica linea di soccorso, ma  se è sottodimensionato è un grande problema.
 

Pantelleria da anni affronta delle complessità, ha perso progressivamente reparti. 
Ma il diritto alla salute non può essere garantito solo sulla terra ferma.

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