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Cultura

Il mare antico di Pantelleria: preziosa testimonianza di un figlio dei velieri

Redazione

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La pratica della pesca ha sempre avuto un ruolo marginale a Pantelleria. Ma c’è stato un tempo durante il quale i panteschi hanno guardato al mare con più disinvoltura, spaziando tra i suoi fondali di opulenta opportunità.

A testimoniare tutto questo, qualche anno addietro, all’età di quasi 94 anni, G. Battista Ferreri , originario della contrada di Scauri, una delle memorie più longeve e resistenti che, pur da poco trapassato, si è saputo riservare una meritevole rimembranza nella storia marittima dell’isola. Pur svolgendo attività che di certo lo ancoravano in misura maggiore sulla ‘terraferma’, il nostro simpatico nonno ‘usciva pazzo’ per la pesca e amava passeggiare tra le acque azzurre e limpide che bagnano l’affascinante promontorio dinnanzi al porto dello ‘Scalo’.

“Ho fatto il falegname fino al 1961, in ‘società’ con mio fratello. Lavoravamo ‘a mano’, per fare l’apertura dei mobili; non c’era ancora la corrente elettrica, che è arrivata nel 1962. Venuto meno il lavoro, poi, da ex combattente e reduce di prigionia, ho pensato di meritarmi un posto da bidello, per il quale risultava necessaria la domanda al Prefetto tramite raccomandata di un Foglio di Carta Bollata che mi costò, all’epoca, cento lire. Fu il Generale Marceca ad occuparsi del mio caso, facendo sì che la mia legittima richiesta, insieme a quella di un altro invalido isolano, venisse presa nella giusta considerazione.”

Per chiarire l’onestà dell’iter che lo aveva portato ad iniziare, nel 1962, il suo nuovo impiego, lo “zzu’”Battista si lascia inondare dal flusso dei ricordi vividi della Guerra, aiutato da una memoria a dir poco straordinaria, capace di fissare, nel preciso, date e avvenimenti del passato singolo e collettivo insieme.

“Erano i primi anni del 1945, quando entrai con la nave ‘Ospedaliera’ Inglese che faceva base a Napoli, dove avevo affrontato un delicato intervento che mi costò più di venti punti. Nella stessa città, avevo operato sulla nave ‘Marcellino’, appartenente alla Marina, ma non a svolgere ancora il servizio militare; avevano trattenuto me ed altri compagni perché mancava il personale, visto che le ‘Batterie’ facevano parte della ‘Milizia’ che, a sua volta, rientrava nella ‘Marina’: avevo 19 anni e 6 mesi.”

“Sono nato prima che Mussolini andasse al Governo il 28 ottobre del 1922 – continua il nonno, costantemente sostenuto dalla sua performance mnemonica – e, per tornare alla mia passione giovanile per la pesca, bisogna arrivare ai miei 12 anni, quando mio padre, qualificato come ‘nostromo’, navigava con i velieri senza motore, esportando uva passa, capperi e vino a Genova, Livorno, Napoli. C’erano tanti velieri all’epoca, nell’isola; mi ricordo ‘Salvatore’ e ‘Giulietta’, ma, se andate all’ ‘Ufficio del Mare’, dove fanno i biglietti per partire, potete vedere le fotografie di tutte le imbarcazioni a vela del tempo.”

G. Battista ricorda che lui c’era sempre al porto, quando il padre tornava dai suoi viaggi commerciali; in più aveva avuto la fortuna di utilizzare una barchetta di famiglia, ‘Rosa’, come il nome della mamma, oggi riposta, da circa dieci anni, nel magazzino della proprietà di Scauri.

“Chi la deve usare più? I miei quattro fratelli sono morti tutti, ed io, alla mia età, come potrei? E’ finito il tempo delle ‘serranie’, dei ‘bercaci’ e delle ‘viole’; il tempo in cui, dopo essermi ritirato dalla scuola verso le due del pomeriggio, mangiavo ‘presto presto’ e, se il mare permetteva, mi allontanavo dalla costa fino a 300 metri per pescare con la ‘lenza a mano’ che io stesso preparavo, con quattro ami e il piombo; a volte si ‘rruccava’, ma quanta spensieratezza! La pesca era la mia più grande passione, mi toglieva ogni pensiero! E poi, più avanti negli anni, ormai sposato, rientravo a casa, affidavo i pesci a mia moglie, contenta, perché li riponeva nel frigo, e sapevamo che c’era da mangiare!”

Oggi lo “zzu’” Titta – così l’hanno sempre chiamato familiari e amici – lamenta la mancanza di passione per la pesca da parte dei giovani, ma non solo; un monito soprattutto per i troppi terreni dell’isola incolti, per l’abbandono di tutte quelle attività che fino a ieri arricchivano ed abbellivano la nostra Pantelleria.

“Pescatori? Agricoltori? Ormai i vecchi come me riposano in pace. Pantelleria è diventata un’isola di agricoltori per tanti motivi, positivi e negativi; non è invece diventata isola di pescatori perché il cattivo tempo, su questi scogli, era tremendo, mentre Lampedusa è sempre stata più al riparo dai venti forti. Oggi forse ci sono meno rischi; ma quando il braccio del porto non era stato ancora costruito, le onde arrivavano fino a coprire l’intero vicinato. Era faticoso pure pescare. Molto faticoso.”

Eppure in passato il mare e la campagna apparivano come amici del tutto sinceri: dissimili ma rispettosi l’uno dell’altra. Fra il 1930 e il 1935, fidandoci dei vividi ricordi dello “zzu’” Titta, tra essi vigeva un sistema di fitta collaborazione. L’abbondante produzione d’uva veniva confezionata nelle ‘gabbiette’, trovando spazio sui motovelieri della ‘Compagnia Napoletana’ e su ‘Francesco Padre’, che raggiungeva Mazara del Vallo in poco più di quattro ore.

Ma basta soffermarsi sul sorriso narrante del nonno Titta, per comprendere le emozioni che ogni pantesco di quel tempo riusciva a procurarsi nel cuore.

Che colori aveva utilizzato, per dipingere Rosa, la sua barchetta?

“Semplicemente il bianco. Non era necessario altro colore, di fronte alle intense tinte della natura che mi circondava. Per la ‘coperta’, invece, utilizzavo sempre il rosso, perché, si sa, è il colore più resistente all’acqua. Nessuna scritta sulla barca: il suo nome figurava sulla licenza rilasciata dalla Capitaneria: più sobria di così!”

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Cultura

Pantelleria, 25 aprile al Palazzo Comunale la 79ª Festa della Liberazione

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Commemorazione del 79° Anniversario della Liberazione Il 25 Aprile 2024, alle ore 10:00, presso il Palazzo Comunale in Piazza Cavour, si terrà la commemorazione del 79° Anniversario della Liberazione.
La cerimonia, volta a ricordare e onorare il coraggio e il sacrificio di coloro che hanno lottato per la libertà del nostro paese durante la seconda guerra mondiale, rappresenta un momento di rilevanza storica e di profondo rispetto per i valori della democrazia e della solidarietà. La cittadinanza, le autorità militari e civili, le associazioni e i circoli sono calorosamente invitati a partecipare e a rendere omaggio a coloro che hanno contribuito alla liberazione del nostro Paese.

In occasione di questo significativo evento, il Sindaco Fabrizio D’Ancona ha dichiarato: “La commemorazione del 79° Anniversario della Liberazione rappresenta un momento di riflessione e gratitudine nei confronti di quanti hanno sacrificato la propria vita per garantire la libertà e la democrazia che oggi godiamo. Invito tutti i cittadini a unirsi a noi in questa solenne occasione, per onorare la memoria di coloro che hanno combattuto per il bene comune e per rinnovare il nostro impegno verso un futuro di pace e solidarietà.”

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Cultura

Successo per la mostra fotografica “La mia isola è”. Preside Di Bartolo: Pantelleria laboratorio “unico per le scuole”

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Lo scorso 18 aprile, presso il Castello Medievale, si è tenuta una mostra fotografica di alcuni studenti di Pantelleria e avente come titolo: “La mia isola è”.

Si tratta di un evento culturale inserito nel più ampio disegno “Respire” e che così il preside dell’Istituto Omnicomprensivo, professor Fortunato Di Bartolo spiega in un’intervista.

Preside, come nasce l’idea? “Il progetto, nato da una felice intuizione del mio predecessore – Dirigente Scolastico Antonino Provenza –, prende l’avvio da una Convenzione con l’Università degli Studi di Camerino e la nostra scuola, siglata in data 21 novembre 2023, che prevede la collaborazione e il finanziamento della National Geographic Society con grant n. NGS-102425E-23. Avrà termine a Settembre 2025.

“National Geographic Society mette inoltre a disposizione gli Explorers: educatori che mediano il rapporto tra ricercatori e docenti/studenti, al fine di adattare le attività di ricerca scientifica a fini educativi e far incontrare gli obiettivi scientifici con le competenze didattiche che le studentesse e gli studenti dovranno acquisire come output dell’attività.

Ma cosa significa RESPIRE? “Respire sta per Research Educational and Storytelling Project in Italian Remote Ecosystem.

L’Istituto Omnicomprensivo di Pantelleria partecipa al progetto con le classi 2^ A (tutor il prof. Giuseppe Bernardo) e 2^ B (tutor il prof. Sergio di Giuseppe) della Scuola Secondaria di primo grado “D. Alighieri”; 3^ A Liceo Scientifico (tutor la Prof.ssa Elisa Belvisi) e 3^ B Liceo delle Scienze Umane (tutor la prof.ssa Carola Scalia), dell’Istituto di Istruzione Superiore “V. Almanza”.

L’Università di Camerino ha designato quale Responsabile delle attività scientifiche ed educative del progetto la Dr.ssa Martina Capriotti, assegnista di ricerca presso la Scuola di Bioscienze e Medicina Veterinaria ed in forza nel gruppo di ricerca del Prof. Francesco Alessandro Palermo.

L’Istituto Omnicomprensivo di Pantelleria ha designato quale Referente del progetto e rappresentate dell’Istituto stesso la Prof.ssa Daniela Silvia.

Preside Di Bartolo e Prof.ssa Daniela Silvia

 Che tipo di attività hanno svoltogli studenti?Le attività sono state svolte nel corso di quest’anno scolastico tramite  sessioni teoriche a distanza e/o in presenza, esperienze sul campo e lavoro individuale.

Le 2 classi della Scuola Secondaria di Primo grado hanno seguito precorsi formativi di biologia marina.

La 3^ A del Liceo scientifico ha seguito il percorso di Botanica

La classe 3^ B del Liceo delle Scienze Umane ha seguito il percorso di antropologia dal titolo “Che mi mangio ?”

Un gruppo di 8 studenti provenienti dalle 4 classi coinvolte è stati invece impegnato in attività di divulgazione scientifica (storytelling), con sessioni teorico-pratiche sotto forma di seminari e workshop sulla fotografia, videografia e comunicazione scientifica al pubblico.  Questo modulo si intitola “La mia isola è…” – Tutor la Prof.ssa Daniela Silvia – Tutor esterno Explorer: Marco Carmignan (fotografo)”

Questo ultimo gruppo ha realizzato la mostra fotografica presso il Castello Barbacane giovedì 18 Aprile 2024.

Com’è stato accolto il progetto dai ragazzi? “Tutte le studentesse e gli studenti hanno affrontato gli “impegni formativi” con grande entusiasmo..( sono stati impegnati in attività anche di sabato…., quando le lezioni non si svolgono…)

Ho visto tanta emozione ma anche grande soddisfazione da parte delle studentesse e degli studenti che hanno presentato la Mostra Fotografica da protagonisti consapevoli delle competenze e conoscenze acquisite

Qual è la finalità di Respire? “Il progetto ha la finalità precipua di mettere insieme l’educazione nelle scuole, la ricerca scientifica e lo storytelling, per valorizzare l’incredibile patrimonio naturale delle isole del Mediterraneo (Pantelleria e Lampedusa). Da questo punto di vista, la nostra isola può essere considerata un “ambiente laboratoriale” unico per le scuole, presentando una grande varietà di ambienti naturali e antropizzati che si prestano alle esperienze didattiche più svariate, dalle scienze naturali, alla geologia, dalla geografia alla botanica, dalle scienze umane e sociali all’archeologia, dalla palinologia fino alle scienze dell’alimentazione ed alla fotografia.

“In questo modo speriamo di riuscire anche a far conoscere meglio ed amare di più il territorio della nostra isola da parte dei nostri giovani.

“Come sempre, la scuola mette tanti piccoli semi, sperando di vederli germogliare secondo i tempi di ciascuno.”

La mostra sarà ripresentata nel corso dell’Estate in un ambiente del Castello messo a disposizione dall’Amministrazione Comunale.

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Cultura

Schiavi fuggitivi a Pantelleria, correva l’anno del Signore 1595

Orazio Ferrara

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Era una calda giornata del 26 giugno dell’anno del Signore 1595 quando una barca di quattro banchi entrò veloce nel porto di Pantelleria.

A bordo vi erano otto uomini. La guarnigione spagnola del castello a mare entrò subito in allarme perché in quei tempi le incursioni barbaresche non erano affatto rare, ma poi, considerando che quella grossa lancia non poteva certo rappresentare un pericolo concreto, i soldati si affacciarono, incuriositi, ai bastioni. Così anche tutti gli abitanti della Terra Murata si riversarono a riva, come sempre all’arrivo di un naviglio amico, per avere nuove sulla Sicilia o eventualmente sulla più vicina Barberia.

La varca longa

Quella barca a quattro banchi di voga era la cosiddetta “varca longa” a 8/12 remi con albero maestro a vela latina e trinchetto con vela tarchia e polaccone. Aveva una lunghezza di circa 12,50 metri. L’equipaggio andava dagli 8 ai 12 marinai.

In quei tempi anche le navi da guerra avevano una lancia con quattro banchi e quattro ordini di due rematori. Nel frattempo erano giunte anche le autorità dell’isola, che interrogarono a lungo i nuovi arrivati. Si trattava di otto cristiani, che dichiararono di provenire da Tripoli di Barberia (Tripoli di Libia), città nella quale sei di loro erano in stato di miserevole schiavitù e gli altri due erano greci franchi ovvero liberi. Avevano rubato la barca ancorata nel porto e, a forza di remi e veleggiando, erano giunti alla Pantelleria.

Causa delle dimensioni della barca non avevano puntato in mare aperto con rotta diretta sulla Sicilia, ma bensì costeggiando prima la Libia poi la Tunisia, quindi avevano messo la prua su Pantelleria quando quest’ultima era ben visibile dalla costa africana. Avevano fatto sosta in terra tunisina per rifocillarsi e rifornirsi d’acqua. Le autorità isolane si dimostrarono subito interessate a sapere notizie sul paese dirimpettaio, dai cui corsari subivano spesso incursioni e rapimenti di persone, in particolare donne, da vendere poi in schiavitù.

I fuggitivi

I fuggitivi confermarono che la Barberia si stava riarmando. Nel luogo in cui si erano fermati e di cui non avevano saputo il nome, 130 schiavi cristiani e circa 500 mori lavoravano giorno e notte per terminare la costruzione di una torre-fortezza in pietra calcare, difesa da 10 dieci pezzi d’artiglieria, 5 grandi e 5 medi e con una guarnigione di 100 giannizzeri, i migliori soldati dell’armata turca. Nel predetto luogo non c’era acqua, che doveva quindi essere trasportata sul posto mediante grosse anfore. Si stavano altresì ricostruendo le mura di una vicina città, nelle cui strade trovavi solo gente di guerra e avventurieri. Nel mezzo di questa cittadina c’era un’altura chiamata “cisterne di Dragut”, dove si trovava acqua in abbondanza.

Lì era sorta da pochi mesi un’altra grande fortezza con altri

giannizzeri. Tutte queste fortificazioni si erigevano per ordine di Mami Basha, vicereggente del Dey di Tunisi. Questo Mami Basha non doveva essere altri che Alì Mami, un feroce corsaro di origine tunisina, che proprio in grazia delle sue imprese nella guerra da corsa nelle acque di Sicilia era salito all’alto grado di vicereggente di Tunisi.

Il viceré don Diego Enríquez de Guzmán y de Toledo, V conte di Alba de Liste

Negli anni precedenti aveva perfino praticato il doppio gioco, tenendo contatti e facendo accordi sottobanco (tratta di schiavi mori?) con il viceré di Sicilia, don Diego Enríquez de Guzmán y de Toledo, V conte di Alba de Liste. Quest’ultimo fatto la dice lunga di come fossero intrecciati, e a volte perfino ingarbugliati, i rapporti, gli scambi e anche gli scontri tra i paesi rivieraschi del Canale di Sicilia in quel tempo.

E Pantelleria si trovava nel bel mezzo di questo guazzabuglio. Spesso zona franca dove “si prendeva lingua”, spesso oggetto di feroci incursioni corsare barbaresche, spesso covo essa stessa di corsari cristiani altrettanto feroci, che gettavano il terrore sulle coste della vicina Barberia.
Tutte le notizie riferite dagli otto fuggitivi, furono poi diligentemente trasmesse dalle autorità di Pantelleria al viceré, un altro Guzmán, ma questa volta si trattava di don Enrique de Guzmán, II conte di Olivares.

Orazio Ferrara

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