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Salute

Fibrosi cistica. L’Aifa approva due nuovi farmaci

Giuliana Raffaelli

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L’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha approvato l’immissione in commercio di due nuovi farmaci altamente efficaci per il trattamento della fibrosi cistica, il Kaftrio e il Kalydeco. La principale novità risiede nel fatto che Kaftrio (combinazione di tre principi attivi ivacaftor/tezacaftor/elexacaftor) e Kalydeco (ivacaftor) sono stati approvati in associazione.

Questo quanto anticipato in Parlamento dal sottosegretario alla Salute Andrea Costa.

La decisione viene dopo una approfondita istruttoria condotta dalla Commissione tecnico-scientifica e dal Comitato prezzi e rimborso dell’Agenzia italiana del farmaco. Dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, prevista entro il 3 luglio 2021, i farmaci saranno disponibili, a totale carico del Servizio sanitario nazionale, per tutti i pazienti che rientrano nelle indicazioni approvate dall’Ema (l’agenzia europea del farmaco).

Dal prossimo 3 luglio, quindi, i pazienti italiani a partire dai 12 anni che presentano uno specifico genotipo (si stima circa 1400 soggetti), avranno accesso a ivacaftor/tezacaftor/elexacaftor in associazione con ivacaftor.

L’accordo prevede anche altre agevolazioni che coinvolgono ulteriori farmaci attualmente in uso per contrastare la malattia.

Secondo quanto anticipato da Aifa, a partire dai 2 anni di età i pazienti affetti da fibrosi cistica che hanno i requisiti (cioè quelli che presentano due copie della mutazione F508del nel gene Cftr, Cystic fibrosis transmembrane regulator, ossia regolatore della conduttanza transmembrana della fibrosi cistica) potranno accedere a Orkambi (lumacaftor/ivacaftor). I pazienti di età pari o superiore a 12 anni con requisiti (che hanno due copie della mutazione F508del o una copia della mutazione F508del e una mutazione di funzione residua nel gene Cftr) avranno a disposizione Symkevi associato a ivacaftor. I pazienti con requisiti di età pari o superiore a 1 anno avranno, inoltre,  accesso a Kalydeco (ivacaftor).

Questo accordo rappresenta un significativo passo avanti nel trattamento della fibrosi cistica che aveva finora a disposizione trattamenti solo parzialmente efficaci. Il servizio sanitario nazionale metterà a disposizione gratuitamente questi farmaci per tutti i pazienti per i quali ci sono evidenze di benefici.

È stato raggiunto un traguardo senz’altro molto importante, ma la sfida non può dirsi ancora vinta finché tutti i malati non avranno a disposizione una cura efficace.

Focus sulla malattia. La fibrosi cistica, detta anche mucoviscidosi, è una delle più frequenti malattie genetiche gravi e colpisce, nel nostro paese, 1 neonato su 2500-3000. Essa è causata da un difetto della proteina Cftr, la cui funzione è regolare gli scambi idroelettrolitici. L’alterazione di tale proteina causa un’anomalia nel trasporto di sali e determina la produzione di secrezioni “disidratate”. Il muco diviene denso e vischioso e tende a ostruire i dotti nei quali si trova. A essere colpiti sono, in modo particolare, apparato respiratorio, vie aeree, pancreas, fegato, intestino e apparato riproduttivo (soprattutto nei maschi, a causa dell’ostruzione dei dotti spermatici).

Un bambino che nasce con la fibrosi cistica possiede, nel suo corredo genetico, due mutazioni del gene Cftr, che ha ereditato da mamma e papà. La malattia viene infatti trasmessa con modalità autosomica recessiva, un particolare modo di trasmissione ereditaria in cui i genitori sono portatori sani. Ciascun genitore possiede cioè un solo gene difettoso e non presenta sintomi della malattia. Le statistiche parlano in Italia di un portatore sano ogni 25, quindi circa una coppia su 600. A ogni gravidanza ogni coppia ha il 25% di probabilità di avere un bambino affetto dalla malattia.

Vista l’incidenza, la fibrosi cistica dovrebbe rientrare tra le malattie genetiche rare, ma in Italia non è così. E questo perché, a differenza di molte altre patologie, è una malattia di cui si sa “abbastanza”, cioè non è del tutto sconosciuta. Essa è stata infatti oggetto di una legge, la n. 548 del 23 dicembre 1993 (“Disposizioni per la prevenzione e la cura della fibrosi cistica“), che pone particolare attenzione non solo alla cura e alla tutela dei malati, ma anche alla diagnosi, tra cui la prenatale. Questa legge definisce la fibrosi cistica una malattia “ad alto interesse sociale” spostando la competenza dallo Stato alle Regioni. Spetta a queste ultime indicare ai propri servizi sanitari i criteri per le strategie di diagnosi precoce per tutti i neonati. E ogni Regione deve quindi istituire un proprio centro di riferimento.

Per la fibrosi cistica, a tutt’oggi, non esiste una cura definitiva ma i pazienti hanno a disposizione varie opzioni terapeutiche, tra le quali i correttori e i modulatori genici (nei quali rientrano i farmaci appena approvati). Grazie a tali farmaci la patologia da letale è diventata gestibile e i giovani che ne sono colpiti possono arrivare all’età adulta.

Giuliana Raffaelli

Laureata in Scienze Geologiche, ha acquisito il dottorato in Scienze della Terra all’Università di Urbino “Carlo Bo” con una tesi sui materiali lapidei utilizzati in architettura e sui loro problemi di conservazione. Si è poi specializzata nell’analisi dei materiali policristallini mediante tecniche di diffrazione di raggi X. Nel febbraio 2021 ha conseguito il Master in Giornalismo Scientifico all'Università Sapienza di Roma con lode e premio per la migliore tesi. La vocazione per la comunicazione della Scienza l’ha portata a partecipare a moltissime attività di divulgazione. Fino a quando è approdata sull’isola di Pantelleria. Per amore. Ed è stata una passione travolgente… per il blu del suo mare, per l’energia delle sue rocce, per l’ardore delle sue genti.

Salute

Sanità, Giuliano (UGL): “OSS, figura confinata in un angolo. Non esistono lavoratori di serie B, la politica deve intervenire”

Giovanni Di Micco

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“E’ passato del tempo da quando, era il 2021, la senatrice Paola Boldrini cercò attraverso un DDL di far ottenere agli OSS quei diritti e quella dignità ancora oggi negati. Non essendo schiavi di alcun pregiudizio politico salutammo con soddisfazione quello che immaginavamo potesse essere l’inizio di un cammino che portasse alla luce, garantendo definizione e valorizzazione del ruolo che prevedesse anche una formazione continua e di alta qualità, una figura essenziale ed insostituibile della piramide della sanità italiana.  Tante buone intenzioni, si parlava anche della possibilità di dichiarare usurante la professione, a cui però non è stato dato alcun riscontro. Così che ad oggi la figura dell’operatore sociosanitario rimane confinata in un angolo, quasi dimenticata, senza ottenere i riconoscimenti, giuridici e materiali, che sarebbero dovuti.  Anzi con la creazione della figura dell’assistente infermiere, su cui confermiamo la nostra assoluta contrarietà, si è data una violenta spallata a quella crescita professionale che da tempo viene giustamente reclamata dalla categoria. Così, oggi, gli emolumenti degli OSS continuano a non garantire loro una vita dignitosa a fronte di carichi di lavoro spesso insostenibili cui si sommano da tempo aggressioni fisiche e verbali che sono tra le cause scatenanti dei sempre maggiori casi di burn-out. Discutere di un futuro migliore della sanità italiana rimane una missione impossibile se si continueranno ad avere lavoratori di serie B, messi al margine del sistema. Per questo chiediamo alla politica di intervenire per riprendere il filo di quanto la senatrice Boldrini aveva pensato. Per garantire agli oss di uscire dal limbo reclamando quella dignità che meritano” dichiara in una nota Gianluca Giuliano, segretario nazionale della UGL Salute.

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Salute

Pantelleria e Egadi nella telemedicina dell’ASP di Trapani con Tunisia, progetto da 900mila euro

Redazione

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L’UE finanzia un progetto di telemedicina dell’Asp Trapani con la #Tunisia. E’ stato infatti approvato dal Dipartimento regionale della Programmazione il progetto di cooperazione, con capofila l’ASP Trapani, nell’ambito del Programma “Interreg VI-A Next Italia Tunisia 2021-2027” per iniziative di Telemedicina, denominato “TÉLÉ-MÉD-ISOLÉS – Services innovants de télémédecine a impact euroméditerranéen pour les sujets en conditions d’isolement”.

Il progetto, in partenariato con enti e istituzioni italiane e tunisine, prevede azioni di cooperazione transfrontaliera per promuovere la parità di accesso all’assistenza sanitaria e la resilienza dei sistemi sanitari. Mira a fornire servizi innovativi di telemedicina “di prossimità”, a impatto #euromediterraneo, a favore di un target di beneficiari, comprensivo di soggetti in condizione di “isolamento” sia per lontananza, sia per status sociale, migliorando significativamente la gestione delle malattie croniche e promuovendo la prevenzione in Sicilia e Tunisia, sfruttando le tecnologie di telemedicina per superare le barriere geografiche e socioeconomiche all’accesso alle cure, e riducendo gli spostamenti per raggiungere i luoghi di cura.

Il contributo comunitario per la realizzazione del progetto è pari a 907 mila euro, per un biennio di attività.

Sei i partner: tre italiani, ASP Trapani (capofila), Università degli Studi di Messina – Dipartimento di Giurisprudenza e Consorzio Sisifo, e tre tunisini, DACIMA Consulting, Association pour l’Education sanitarie en Médicine d’urgence e ABSHORE Tunisie. La convenzione tra gli enti partner sarà siglata il prossimo 5 maggio.

I partner tunisini individueranno di contro le località del territorio caratterizzate da difficoltà di accesso in cui implementare il progetto, aventi come target di riferimento i pazienti affetti da malattie croniche, con particolare riferimento al #diabete mellito. Il diabete comporta anche costi molto elevati: il 6,7% dell’intera spesa sanitaria nazionale, pubblica e privata è assorbita dalla popolazione diabetica

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Salute

Prevenzione neonatale, presentato in ARS disegno di legge per diagnosi su immunodeficienze primitive

Direttore

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E’ stato presentato disegno di legge a firma di Giuseppe Pace, capogruppo di Democrazia Cristiana presso l’ARS, su  “Disposizioni in materia di accertamenti diagnostici neonatali obbligatori per la prevenzione e la cura delle immunodeficienze primitive”.

Lo scopo di tale atto è quello di inserire nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) lo screening neonatale obbligatorio per la diagnosi precoce delle immunodeficienze primitive.
Tali malattie sarebbero tanto rare quanto gravissime con possibili conseguenze fatali. La diagnosi precoce potrebbe evitare tutto ciò.

In buona sostanza diagnosticare un sistema immunitario carente può rappresentare un salvavita per il neonato.

Il disegno di legge farebbe realizzare un Centro di coordinamento per gli screening neonatali dedicato alle immunodeficienze primitive,  presso i presìdi ospedalieri dotati di Unità Operativa di Oncoematologia pediatrica.
In questo modo anche lo stile di vita del neonato migliorerebbe, evitandone la migrazione sanitaria, per viaggi della speranza.

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