Segui i nostri social

Ambiente

Ambiente – Guanti e mascherine: il nuovo inquinamento del presente e del futuro

Giuliana Raffaelli

Pubblicato

-

Appare ormai chiaro che l’uomo è la specie dominante più presuntuosa della Terra. Con i suoi comportamenti mette, infatti, a dura prova l’ambiente in cui esso stesso vive. E quella a cui stiamo assistendo oggi (e di cui siamo senza dubbio gli unici responsabili) è una vera e propria nuova minaccia ecologica.

Già a inizio estate era stato lanciato l’allarme da parte di istituzioni e organizzazioni: gli ecosistemi terrestri e marini sono minacciati dall’abbandono indiscriminato di guanti e mascherine usa e getta. Per quanto non sia facile calcolare quante mascherine vengono effettivamente abbandonate ogni giorno nell’ambiente, possiamo tuttavia partire da un dato certo che può farci meglio percepire la portata del problema: ogni anno 8 milioni di tonnellate di plastica finiscono nelle nostre acque e si prevede che, a fine anno, i rifiuti dovuti a guanti e mascherine faranno aumentare questa cifra di 300 mila tonnellate. Le statistiche dicono, inoltre, che se anche solo l’1% delle mascherine non viene smaltito correttamente, potremmo disperderne nell’ambiente 10 milioni al mese.

Ma noi oggi non vogliamo affrontare nel dettaglio questo problema, quanto piuttosto rispondere ad alcune domande che possano chiarire eventuali dubbi per indirizzare il nostro comportamento quotidiano. Cerchiamo quindi di comprendere di quali materiali sono fatte le mascherine, come smaltirle correttamente nelle nostre abitazioni, quanto tempo impiegano a degradarsi se le gettiamo nell’ambiente e perché è molto dannoso (e non solo incivile) farlo.

Di quale materiale sono fatte le mascherine?

La maggior parte delle mascherine chirurgiche, anche se al tatto possono sembrare composte di semplice tessuto, sono in realtà realizzate con tre strati di materiali sovrapposti: due strati di tessuto non tessuto (TNT) con, in mezzo, un materiale soffiato a fusione. I tre strati, tutti in polipropilene, sono realizzati con differenti tecniche di produzione a seconda della loro funzione. Mentre lo strato esterno (la parte più esposta all’ambiente circostante) è una specie di velo che fa da copertura, lo strato intermedio (il più importante) è costituito da un vero e proprio filtro, in grado di trattenere particelle di aerosol, microrganismi e fluidi corporei. Lo strato interno, sempre un TNT in polipropilene, funge invece da separatore tra sistema filtrante e pelle del viso. Le mascherine sono dotate anche di elastici (generalmente di poliestere) e di una componente metallica cucita all’interno nella parte superiore del facciale (per evitare lo scivolamento sul naso). Un altro materiale utilizzato, sia per il facciale sia per i lacci della mascherina, è il nylon.

Come e dove gettare le mascherine?

I materiali di cui sono composti guanti e mascherine fanno considerare tali rifiuti come “rifiuti urbani” (RU). L’Istituto Superiore di Sanità (ISS) suggerisce di gettarli nel rifiuto indifferenziato: vanno, quindi, gettati nel bidone grigio dell’indifferenziato (solo i guanti in vinile e in polietilene potrebbero essere smaltiti con la plastica).

Spetta quindi al cittadino rispettare le regole e le indicazioni di utilizzo e smaltimento a tutela della propria salute, di quella degli altri e dell’ambiente. E soprattutto quando si è in giro, atteniamoci alle semplici regole del comportamento civile: non gettiamo per strada alcun rifiuto, e soprattutto non le mascherine. Portiamole a casa e gettiamole solo nel bidone grigio dell’indifferenziato.

Se fare appello al senso civile non è sufficiente, di seguito spiegheremo anche perché è effettivamente così importante per la salvaguardia della nostra salute.

Quanto tempo ci mette l’ambiente a smaltirle? E qual è l’impatto ambientale dell’abbandono?

Le mascherine impiegano circa 400 anni a decomporsi nell’ambiente (i guanti 100-200 anni). Ma l’impatto ambientale di mascherine (e guanti) riguarda non solo la quantità di rifiuti che si producono quanto la pessima abitudine di disperderli nell’ambiente. Il grosso problema, infatti, non è solo il tempo di smaltimento quanto il fatto che, una volta dispersi nell’ambiente, contribuiscono a causare danni che coprono un ampio spettro di problematiche. Possono banalmente intasare tombini compromettendo il loro corretto funzionamento. Possono essere trasportati dal vento (sono infatti molto leggeri) e inquinare fiumi, laghi e mari unendosi alle milioni di tonnellate di plastica che già ogni anno arrivano negli oceani. Possono soffocare e uccidere uccelli che, come le specie marine, scambiano tali oggetti per cibo. In altre parole possono assestare un altro duro colpo alla già fragile biodiversità.

Un altro aspetto molto preoccupante legato all’impatto ambientale di guanti e mascherine è l’impiego di sostanze chimiche per il loro trattamento, in primis l’acido perfluoroottanoico. Si tratta di un agente chimico con proprietà repellenti il cui utilizzo, seppur vietato a livello globale dalla Conferenza di Stoccolma (è infatti molto tossico e si disperde facilmente) è ancora consentito per il trattamento di prodotti sanitari. Quando queste sostanze vengono incenerite (finiscono così i rifiuti indifferenziati) rilasciano inquinanti molto tossici e pericolosi (es. le diossine). Tali sostanze, se disperse nell’ambiente o gestite in maniera scorretta, sono causa di un inquinamento molto esteso e pericoloso sia per l’ambiente che per l’uomo: possono contaminare falde, suolo e aria.

Per cercare di arginare questa grave problematiche ambientale molte aziende stanno studiando alternative ai dispositivi in poliestere e polipropilene (che abbiamo capito essere molto inquinanti) proponendo mascherine biodegradabili. Alcuni di questi nuovi dispositivi sono già in commercio. Perché non provarli?

Per concludere, vogliamo ricordare che il WWF ha chiesto alle Istituzioni di mettere nei porti (dove gli operatori sono costretti a indossare i dispositivi individuali di protezione) e nei luoghi maggiorente frequentati dalla popolazione (parchi, supermercati, ecc.) opportuni raccoglitori per mascherine e guanti (anche se ormai l’uso di questi ultimi è sconsigliato dall’OMS). Un modo per proteggere l’ambiente e la nostra salute. Perché non fare lo stesso qui a Pantelleria?

Giuliana Raffaelli

Laureata in Scienze Geologiche, ha acquisito il dottorato in Scienze della Terra all’Università di Urbino “Carlo Bo” con una tesi sui materiali lapidei utilizzati in architettura e sui loro problemi di conservazione. Si è poi specializzata nell’analisi dei materiali policristallini mediante tecniche di diffrazione di raggi X. Nel febbraio 2021 ha conseguito il Master in Giornalismo Scientifico all'Università Sapienza di Roma con lode e premio per la migliore tesi. La vocazione per la comunicazione della Scienza l’ha portata a partecipare a moltissime attività di divulgazione. Fino a quando è approdata sull’isola di Pantelleria. Per amore. Ed è stata una passione travolgente… per il blu del suo mare, per l’energia delle sue rocce, per l’ardore delle sue genti.

Pubblicità
Clicca per commentare

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Ambiente

Pantelleria – Escursioni sui passi dei Briganti

Matteo Ferrandes

Pubblicato

il

Sui passi dei Briganti
Escursione a Montagna Grande e Kùddia Mida

Lunedì 29 Maggio 2023
Montagna Grande domina l’isola ed è caratterizzata da particolari condizioni bioclimatiche. Il sentiero attraversa la fitta e bassa vegetazione che si è sviluppata dopo l’incendio del 2016 ma raggiunta la cima ci si inoltra nell’antico bosco di querce e corbezzoli, ricoperti di muschi e licheni. E’ uno scrigno che custodisce la Grotta dei Briganti. Sulla strada del ritorno si potrà percepire l’attività di vulcanismo secondario delle fumarole di Kùddia Mida. Un percorso caratterizzato da panorami suggestivi ed emozionanti. Cosa faremo: osservare il panorama dal punto più alto dell’isola; entrare all’interno di un tunnel di lava; percepire l’attività vulcanica.

Partenza e arrivo: parcheggio Alto di Sibà. Ore 9:00 – 14.00
Durata 5 ore
E – escursionistico esperti. Fondo del sentiero roccioso, strada sterrata
Pantaloni lunghi; scarponi da trekking alti; giacca antivento; copricapo; occhiali da sole; crema solare; zaino; bastoncini da trekking (consigliati); 2 It d’acqua; pranzo a sacco

Info & Prenotazioni
Anna Maria Cusimano
+39 33316567891 Prenotazione obbligatoria

Leggi la notizia

Ambiente

Pantelleria – Escursioni, il frutto della terra

Direttore

Pubblicato

il

l frutto della terra
Produzioni tipiche: le orticole

Domenica 28 Maggio 2023
L’escursione prevede il passaggio dal Geosito più importante dell’isola di Pantelleria, piana vulcanica fertile dove vengono coltivate e trasformate le “primizie pantesche”. Siamo al Lago Specchio di Venere Bagno dell’Acqua ed è la coltura tradizionale del pomodoro e della zucchina pantesca ad essere il protagonista della giornata. Dalla caldera al suo orlo vulcanico, una vista panoramica del Lago dai colori mutevoli e sullo sfondo le lave indomite del Khaggiar, a differenza di quelle morbide, sinuose e modellate dal mare poco più avanti… storia, cultura e natura in una successione “esplosiva”.

Partenza dal Parcheggio del Lago – info point Parco Nazionale Isola di Pantelleria, ore 9.00
Durata 4 ore
E- Escursionistico
Abbigliamento a strati e/o adeguato alla stagione. Indispensabili le scarpe da trekking con suola scolpita (consigliate alte al malleolo). Acqua (consigliati 2 litri) e snack energetici/mix di frutta secca. Filtri solari, copricapo ed occhiali da sole secondo necessità personale.
Info & Prenotazioni
Damiano Cracolici
+39 333 2264032 Prenotazione obbligatoria
 solo maggiorenni, min 5 Partecipanti

Leggi la notizia

Ambiente

Favignana, seminario AMPPA: scambio di buone pratiche per crescita e tutela del mare e delle isole

Direttore

Pubblicato

il

Si è svolto questa mattina a Favignana il secondo seminario formativo del progetto AMPPA rivolto ai portatori di interesse locali per approfondire i temi della pesca sostenibile e dello scambio di esperienze e buone pratiche fra Aree Marine Protette. Ad avviare la discussione il direttore dell’AMP “Isole Egadi” Salvatore Livreri Console che ha sottolineato quanto siano importanti i momenti di confronto fra operatori della pesca, associazioni Enti e istituzioni per la condivisione di obiettivi di crescita comuni a tutela del mare e delle isole ma anche dell’economia e della vita sociale delle comunità abitanti l’arcipelago.
“Oggi si avvia un momento importante del progetto “AMPPA. Aree Marine Protette e Pesca Artigianale” – ha proseguito Livreri Console – con l’avvio di una serie di azioni formative e informative rivolte al mondo della pesca con l’obiettivo di favorire una serie di buone pratiche a favore della sostenibilità della pesca ma contestualmente volte ad aumentare gli utili di impresa per chi esercita in maniera coerente e corretta l’attività di pesca artigianale. Le attività saranno testate dalle Aree Marine Protette siciliane (Egadi e Ustica) e di Malta (Gozo), partners di questo importante progetto transfrontaliero insieme al Dipartimento della Pesca Mediterranea, per arrivare ad un modello gestionale unico”.

A partecipare alla discussione: il coordinatore del progetto AMPPA Giovanni Borsellino, il responsabile amministrativo Giuseppe Sanfilippo, Angelo La Pillo e Carmelo Grimaudo del Dipartimento della Pesca Mediterranea, Regione Siciliana; Salvatore Braschi della Cooperativa “San Giuseppe”; Cinzia Suriano, presidente dell’Associazione Donne di Mare; gli ufficiali della Capitaneria di Porto comandanti locamare di Favignana e Marettimo, rispettivamente Antonino Pavia e Francesco Rosano a altri stakeholder territoriali.

Leggi la notizia

Seguici su Facebook!

Cronaca

Cultura

Politica

Meteo

In tendenza