Cultura
Un Ricordo… la raccolta delle olive nel terreno in contrada San Giacomo“M
Madonna ch’era àutu lu suli! Sant’Aiutuzza lu fici cuddari. Amuninni, chè aura, sù patruni, quantu chiù prestu turnammu dumani. Havi di l’arba cchi semu a buccuni, li chiachi se li mancianu li cani”
Un ricordo della mia infanzia a cui sono particolarmente legato è il periodo della raccolta dell’olive nel terreno del nonno quando ogni anno venivano arruolate molte donne bisognose di migliorare, anche di poco, le entrate delle proprie famiglie. Il racconto è ambientato nelle campagne del Ragusano agli inizi degli anni ’60, in un periodo in cui la povertà era una realtà da affrontare quotidianamente e molte donne, ogni mattina all’alba, si recavano al lavoro nei campi. Era un lavoro duro, estenuante, che le invecchiava anzi tempo, ma permetteva loro di provvedere in parte al sostentamento della famiglia. Ci si alzava presto, alle prime luci dell’alba, si aspettavano le altre lavoranti davanti a un fuoco scoppiettante, dove la pentola per l’orzo era già pronta e, dopo il buongiorno si partiva tutti insieme. Le più giovani canticchiavano mentre si inerpicavano su per il sentiero fangoso, irto e scivoloso. Le più anziane sprofondavano con le loro scarpe larghe e consunte nel fango e talvolta imprecavano contro il destino e la miseria. Alcune venivano a piedi dalle case vicino al luogo della raccolta (erano le più fortunate…) altre con un carretto trainato da un asino.
Le più giovani aiutavano le più anziane a liberarsi dal fango e le canzonavano: “Se c’era un bel giovane ad aiutarvi, non vi lamentavate di certo!”. “Certo che no!” rispondevano le anziane ridendo e aggrappandosi agli arbusti della macchia mediterranea, che crescevano folti e numerosi tutt’intorno, per non cadere. Spesso qualcuna di loro scivolava e imbrattava il vestito di fango, che ripuliva alla meglio con ciuffi d’erba strappati lungo i cigli del sentiero. Finalmente si arrivava nell’enorme uliveto Le donne piegate con la schiena curva, con il volto rosso per il freddo e la posizione, con mani rese troppo ruvide dal lavoro più che dal tempo, con enormi grembiuli, con capelli raccolti sulla nuca e un ampio fazzoletto scuro sulla testa, raccoglievano quei preziosi frutti maturi sparsi ovunque sul terreno , dal colore tra il verde, il marrone e il nero- bluastro, talvolta macchiettati, a volte striati, e dicevano: “Speriamo che il tempo si manterrà buono finché non avremo ultimato la raccolta, così l’olio sarà di ottima qualità! Se arriva la pioggia, siamo rovinate!
Le olive cadute marciranno un po’ e dopo la macina, l’olio risulterà acidulo”. “Come si fa? “rispondeva una delle anziane, che ogni tanto si sollevava per dare un po’ di sollievo alla schiena, che danneggiata dalla posizione china a lungo andare procurava dolore e fastidi. “Se lasciamo tutto questo ben di Dio per terra, il nostro compenso si ridurrà di parecchio e addio olio
per quest’anno. Saremo costrette a usare lo strutto durante l’inverno.” “Chi potrà permetterselo…” aggiungeva qualche altra. “Ma che dite? Volete lasciare il raccolto a metà? Non è possibile!” risuonava la voce del fattore alle loro spalle, sempre guardingo e in ascolto. “Non si recupererebbero le spese, per non parlare del tributo dovuto al proprietario del frantoio! Avanti belle mie, che il lavoro è tanto e le chiacchiere fanno solo perdere tempo. E poi chi l’ha detto che pioverà in questi giorni? Su forza …. tra due ore c’è la pausa pranzo e potrete parlare di qualsiasi cosa, ma ora pensate a lavorare!”. “Tranquillo, fattore! Raccoglieremo quanto più è possibile, finché la luce ce lo consentirà!” “Certamente!” rispondeva Marianna, la nuova arrivata, che portava con sé sul lavoro un figlioletto di circa sette mesi e lo lasciava in una cesta sotto uno degli ulivi più grandi; quando occorreva si allontanava per allattarlo e di tanto in tanto per controllarlo. Calcolava il tempo delle poppate con il sole o con il pianto del bambino, che si svegliava quando aveva fame. Qualcuna per aiutarla versava di nascosto nel suo sacco parte delle olive raccolte per impedire che il fattore la rimproverasse per il tempo sottratto al lavoro o le riducesse il compenso, già minimo in verità. Qualche volta la poverina se ne accorgeva e diceva: “Grazie, Dio ve ne renderà merito!” Ma non sapeva mai chi ringraziare di preciso, anche se aveva qualche sospetto. Poi abbassava lo sguardo e si concentrava sul lavoro, cercando di recuperare parte del tempo perduto. Talvolta le girava un po’ la testa, non era molto forte fisicamente, mangiava poco e allattava più volte al giorno il suo bambino, rischiava perfino di svenire, ma continuava a lavorare per timore di perdere il lavoro. Quando riusciva a riempire il suo sacco come le altre, era così felice che i suoi occhi brillavano come due stelle, in un volto sciupato e rosso per lo sforzo. Sapeva che in quel modo la sua razione d’olio, almeno per quel giorno, era assicurata insieme a degli ortaggi e a un po’ di pane abbrustolito, così come era nei patti. La nonna, conosceva bene la sua situazione e le aggiungeva sempre un litro di latte fresco. La paga per una giornata di lavoro, era retribuita in questo modo. A fine settimana o in prossimità delle feste, il nonno aggiungeva un po’ di carne di maiale, delle uova e una bottiglia di vino. Marianna era la più povera di tutte e la sua situazione era ulteriormente peggiorata da quando aveva perso il marito in un brutto incidente sul lavoro. Era rimasto imprigionato in una galleria presso l’azienda denominata ABCD (Asfalti, Bitumi, Combustibili liquidi e Derivati) di Ragusa, sotto le macerie e i soccorsi arrivati sul luogo in ritardo, non avevano potuto fare più nulla per lui, se non recuperarne il corpo. Io, bambino che osservavo il lavoro della raccolta, quando non pioveva, nel tardo pomeriggio accompagnavo il nonno al frantoio, per la consegna dei sacchi raccolti durante la giornata. L’asino, a stento, riusciva a trainare il pesante carico. Talvolta si fermava, sembrava raccogliere tutte le sue forze e poi procedeva verso il frantoio.
Dopo anni conosceva la strada così bene che non occorreva guidarlo. Giunti al frantoio bastava un fischio e due garzoni sbucavano rapidamente dall’interno, con abiti pieni di enormi macchie d’olio, e subito scaricavano il carico sotto gli occhi vigili del nonno dopo aver pesato e registrato in un registro ugualmente macchiato come i loro vestiti dove sia il nonno che il proprietario del frantoio firmavano.
C’era un odore forte, pungente ed acre di olive frantumate e spremute che ti stordiva, ma era bellissimo guardare quel flusso continuo di olio vergine, dal colore tra il verde chiaro e il giallo, che sgorgava come un ruscelletto dalla pesante ed antica macina di pietra. Tutti i contadini aspettavano per portare a casa la quantità d’olio spettante e metterla negli otri a maturare. Qualcuno assaggiava l’olio nuovo e diceva: “È una meraviglia! È dolce come il nettare e sa di olive appena raccolte! Il prezzo quest’anno dovrà essere un po’ più alto! Mi raccomando, passate la voce. Cerchiamo di metterci d’accordo nel mantenere il prezzo che il nostro olio merita e ricordate di non avere fretta di vendere, altrimenti saremo tutti fregati!”. A volte i compratori erano già sul posto e contrattavano il prezzo dell’olio dopo averlo assaggiato su un pezzo di pane. Mio padre, che era uno dei migliori assaggiatori della zona, invece, lo sorseggiava e lo tratteneva un po’ in gola prima di mandarlo giù. Era il sistema migliore per scoprire la minima traccia di acidità. Aveva insegnato sia a me che al nonno questa tecnica di assaggio. Per fortuna non tutti i compratori la conoscevano e spesso acquistavano a un prezzo normale anche olio leggermente acido.
La produzione migliore difficilmente veniva lasciata incustodita al frantoio di notte perché poteva essere facilmente sostituita con una partita più scadente. Era già successo ai meno accorti. E allora si aspettava fino a tardi che l’olio fosse pronto, dopo di che si versava in otri di pelle di capra, la cui bocca veniva legata accuratamente con un grosso spago, e una volta sistemati sul carretto si trasportavano a casa; l’olio veniva poi versato in enormi otri di terracotta e si lasciava riposare finché non arrivavano i compratori dal paese o dalla città vicina. La vendita dell’olio portava a casa un bel po’ di danaro e, quindi, anche un po’ di tranquillità perché sapere che c’erano dei soldi per i momenti di difficoltà o di malattia, faceva sentire tutti più sereni. Le lavoranti ricevevano, come pattuito, una porzione di olio buono e poi ogni sera potevano prendere un po’ di olive da portare a casa per lavorarle e conservarle per tutto l’anno. Il modo più abituale consisteva nello schiacciare le olive, denocciolarle e conservarle per alcuni giorni in acqua e sale, dopo di ché venivano ricoperte di olio aromatizzato. Un altro modo consisteva nell’essiccarle al sole e usarle per accompagnare il pesce al forno o in bianco o per la pizza o per altri piatti tipici della cucina tradizionale iblea.
C’erano giorni in cui mi piaceva andare su all’uliveto con il nonno e, mentre lui era occupato a controllare le lavoranti, io mi soffermavo ad osservare ogni cosa. Era bellissimo guardare quegli alberi maestosi che si ergevano verso il cielo con rami ricolmi di quel frutto pregiato. Alcuni erano più che centenari e il tronco ampio, nodoso rivelava la loro età. La proprietà, infatti, era stata tramandata in eredità per diverse generazioni e quindi l’uliveto era davvero antico. “Chissà quante storie e segreti questi ulivi conoscono, quante cose hanno udito e quanti amanti si sono abbracciati sotto la loro chioma, giurandosi eterno amore!” Mi chiedevo spesso queste cose dando ampio spazio alla mia immaginazione e così finivo per immaginare storie d’amore felici e contrastate, storie di fatica estenuante di gente semplice; mi sembrava di udire grida gioiose di bambini, ma pensavo anche a storie di mafiosi e malfattori, di spartizioni di bottini sottratti con la forza e il sangue ….
La voce di qualche lavorante o del nonno interrompeva il flusso della mia immaginazione. “Vieni, è l’ora della pausa, dobbiamo mangiare qualcosa! Sbrigati! Che fai lì da solo?” Dopo qualche minuto ero parte della compagnia dei grandi. Era fantastico sedere in un posto un po’soleggiato a mezzogiorno con tutte le lavoranti e i lavoratori e ascoltare le loro storie, i loro aneddoti e tante antiche “miniminagghie”, mentre consumavamo un pasto frugale. Ricordo che il nonno diceva: Quest’anno l’olio sarà più buono degli altri anni. Sentite che profumo!”. E schiacciava un’oliva, poi un’altra e l’odorava a lungo, con intensità e soddisfazione; sembrava inebriarsi. Poi assaggiava quelle più scure e di conseguenza più mature, dopo averle strofinate un po’sui vestiti, si avvicinava e mi diceva: “Senti, senti che profumo e che sapore!” “Sì, nonno, hai ragione. È una fragranza gradevolissima. L’olio sarà proprio buono quest’anno”. “E se il tempo sarà clemente, riempiremo tutti gli otri. Ricordati, caro nipote, che questo è il nostro oro, la nostra ricchezza!” “Sì, nonno! Sarà così, avremo il miglior olio della città quest’anno!” Ricordo che ciò rendeva mio nonno felice ed orgoglioso della sua terra, del suo lavoro e del suo olio!
Salvatore Battaglia Presidente Accademia delle Prefi
Cultura
Pantelleria, 7 dicembre cerimonia di svelamento del busto in bronzo in memoria del Dott. Michele Zurzolo
Opera del M° Michele Cossyro
La nota del nostro Sindaco Fabrizio D’Ancona
Alla cittadinanza, Il Sindaco comunica che il 7 dicembre, alle ore 16:00, in Piazza Perugia, nella contrada Tracino, avrà luogo la cerimonia di svelamento del busto in bronzo dedicato al Dott. Michele Zurzolo, medico che ha segnato in maniera indelebile la storia umana e sanitaria della nostra isola.
Originario della Calabria, il Dott. Zurzolo scelse di restare sull’isola, facendo della professione medica una vera e propria vocazione al servizio della comunità.Per decenni è stato un punto di riferimento costante per intere famiglie, raggiungendo anche le zone più difficili dell’isola con spirito di sacrificio, senso del dovere e profonda umanità. Il suo operare è stato caratterizzato da una presenza discreta ma instancabile, sempre vicino ai più fragili, spesso senza badare al compenso, ma solo al bisogno delle persone.
La realizzazione del busto rappresenta un segno concreto di riconoscenza pubblica verso un uomo che ha interpretato la medicina non solo come professione, ma come autentico servizio alla collettività, lasciando un’eredità morale che ancora oggi vive nella memoria dei panteschi.
La scelta di Tracino, luogo in cui il dottore visse e operò, conferisce a questo omaggio un valore ancora più profondo, legato al territorio e alla comunità che più direttamente ha beneficiato della sua dedizione. Un sentito ringraziamento è rivolto al maestro Michele Cossyro, autore dell’opera, che con sensibilità artistica ha contribuito a rendere permanente il ricordo di una figura così significativa per l’isola. La cittadinanza è invitata a partecipare a questo momento solenne di memoria e gratitudine collettiva.
Cultura
Pantelleria – UNIPANT: nuova convenzione con l’Unione Professionisti per il cashback solidale
Prosegue l’ampliamento dell’offerta formativa accreditata con i corsi e-learning per gli Ordini Professionali: la formazione certificata che finanzia l’Educazione Informale agli Adulti
L’UNIPANT segna un altro importante passo avanti nella sua missione di arricchimento culturale e professionale del territorio. È stata ufficializzata la convenzione con Unione Professionisti, la piattaforma italiana di riferimento per la formazione tecnica online accreditata.
Questa partnership nasce con un doppio obiettivo: abbattere le barriere geografiche, portando sull’isola percorsi di aggiornamento professionale certificati di alto livello, e sostenere attivamente le iniziative culturali locali.
Formazione tecnica di eccellenza, senza vincoli
Grazie a questo accordo, i professionisti dell’isola potranno accedere al vasto catalogo di Unione Professionisti: oltre 100 corsi e-learning pensati per Ingegneri, Architetti, Geometri, Periti Industriali e Agrari, Agronomi, Geologi e Avvocati.
L’offerta formativa copre aree strategiche e attuali come Sicurezza, Energia, Progettazione, Transizione Ecologica e Digitale. La modalità è pensata per chi lavora: tutti i corsi sono on demand, senza scadenze né orari fissi. È possibile seguire le video-lezioni, scaricare il materiale didattico e sostenere i test finali in totale autonomia, ottenendo i Crediti Formativi Professionali (CFP) riconosciuti dai principali Ordini.
Un circolo virtuoso per la cultura: il “Cashback Solidale”
La convenzione non porta solo vantaggi ai singoli professionisti, ma all’intera comunità. Il meccanismo è semplice: per ogni corso acquistato tramite i link forniti da UNIPANT, Unione Professionisti donerà il 20% del valore dell’acquisto all’associazione.
“A te non cambia niente, ma per noi fa la differenza”: il prezzo per l’utente rimane invariato (con corsi a partire da soli 9,95€ e sconti esclusivi), ma quella percentuale permetterà all’UNIPANT di finanziare e offrire gratuitamente nuove attività didattiche informali e attività culturali per tutti gli abitanti dell’isola.
Perché scegliere questa formazione?
· Accreditamento: Rilascio di CFP validi e certificati riconosciuti.
· Flessibilità totale: Studio online senza limiti di tempo.
· Qualità: Materiali allineati alle normative più recenti e tutor dedicati.
· Convenienza: Prezzi accessibili e supporto diretto alle attività dell’UNIPANT.
Come aderire Per scoprire i corsi in promozione, investire sulla propria crescita professionale e, contemporaneamente, sostenere la cultura sull’isola, è sufficiente visitare la pagina dedicata sul sito ufficiale.
Link alla convenzione e catalogo corsi: https://www.unipant.it/convenzione-unione-professionisti/
Per maggiori informazioni: UNIPANT 331 490 5245 – Email: info@unipant.it – https://www.unipant.it/formazione-certificata/
Spettacolo
Sanremo, ecco i 30 cantanti in gara al 76° Festival della Canzone
Le date e le 4 nuove proposte
Carlo Conti come annunciato nei giorni, quest’oggi in diretta del Tg1 delle 13:30, ha rso noti i nomi dei 30 big che parteciperanno alla 76ª edizione del Festival di San Remo.
La manifestazione canora si terrà dal 24 al 28 febbraio e come lo scorso anno, ci saranno anche le Nuove Proposte, che saranno però rese note dopo la finale di Sanremo Giovani, in onda il 14 dicembre su Rai1.
La lista dei cantanti a Sanremo 2026
Tommaso Paradiso
Chiello
Serena Brancale
Fulminacci
Ditonellapiaga
Fedez e Masini
Leo Gassmann
Sayf
Arisa
Tredici Pietro
Sal Da Vinci
Samurai Jay
Malika Ayane
Luché
Raf
Bambole di Pezza
Ermal Meta
Nayt
Elettra Lamborghini
Michele Bravi
J-Ax
Enrico Nigiotti
Maria Antonietta E Colombre
Francesco Renga
Mara Sattei
LDA e Aka7ven
Dargen D’Amico
Levante
Eddie Brock
Patty Pravo
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