Cultura
Sold out al Castello di Pantelleria per “Tratti e Ri-tratti”, un’opera di vita di Gianni Bernardo
Una voce nostrana si è sollevata , d’improvviso, facendo vibrare di emozioni
intense lo spiazzo interno del Castello medievale: ”Forse questo non è uno
spettacolo…ma, allora, che cos’è? Che ci faccio qui? Voi che ci fate qui? Ebbene sì,
ho scritto un libro!”
E’ la voce inconfondibile di Gianni Bernardo, l’artista propugnatore e custode
indiscusso del patrimonio teatrale dell’universo pantesco, protagonista della presentazione del libro “Tratti e Ri –tratti”, tenutosi nella serata di domenica 18 agosto, presso il Castello Medievale di Pantelleria.
L’evento ha visto la partecipazione attiva di personalità considerevoli nel
mondo della cultura e la confluenza di spettatori affezionati che hanno vissuto la
metamorfosi di ‘un uomo che un giorno, chissà perché, ha deciso di scrivere un
libro di poesie e di racconti’ e che, intenzionalmente, suscita quel
disorientamento tipico delle sue straordinarie performance.
A condurre il filo narrativo delle pagine di vita dell’ultima fatica dell’artista, la
docente Simona Scialanga, che ha saputo corrispondere una riflessione davvero
incisiva su questa composizione “un po’ particolare”, circolare, costituita di poesie
e prosa, a rievocare quasi la sensibilità, le sensazioni e le suggestioni del
Canzoniere petrarchesco, ma non solo; come asserito dalla stessa, “le poesie
condensano suggestioni, emozioni vibranti, espedienti tecnici fantastici, uso di
versi brevi, pensiero cadenzato non imbrigliato nella punteggiatura, fluidità,
leggerezza, simmetria di echi dell’anima e una sorta di illuminazione che rimanda
a tanta letteratura: Ungaretti, Leopardi e, come ci è già noto, Pirandello”.
“Dal mio balcone non vedo il mare…” è la poesia di un solo verso che partecipa a
quella circolarità alla quale ha sempre aderito l’uomo isolano, colui che, nato e
cresciuto circondato dal mare, non può farne a meno, che ha bisogno di ‘nuotarci
dentro fino quasi a morirne’, anche quando si è deciso di andare a vivere altrove,
come il nostro Gianni che, nel lontano 1968, a 19 anni, aveva lasciato l’Isola
fisicamente, però mai affettivamente; e conserva ancora oggi il biglietto ormai
ingiallito del treno che da Trapani lo aveva condotto a Roma: il Tempo passa, ma
le emozioni e le nostalgie che furono sono rimaste impresse nel cuore,
nell’universo intimo che talvolta necessita di salvaguardia, a costo di apparire
burbero e crudo nelle proprie caratterialità.
Protagonisti indiscussi dell’opera di Gianni Bernardo, oltre al Mare, sono la Vita, il
Tempo, la Memoria, il Sogno, il Teatro. Le sue Storie (8 racconti) sono
contraddistinte da suggestioni e sensazioni, immaginazione e contemplazione,
contaminazione tra Vita e Teatro, atmosfera onirica e ‘spaesamenti’ che l’autore
accosta alle distrazioni che aleggiano attorno a noi in particolari momenti della
vita.
La sensibilità dell’artista non poteva tralasciare la figura femminile all’interno della
sua opera e, tra i diversi ritratti che affiorano dal passato, alcune donne conosciute
davvero, come “La figlia del Principe”, altre sognate, altre ancora inventate.
Tra un passaggio e l’altro della lunga storia di vita che si snoda tra le pagine
dell’opera presentata, i meravigliosi intermezzi musicali del fisarmonicista Gianni
Valenza, allegri ma sempre pervasi di quella immersione appassionata nel tempo
che fu: quasi uno scatto fotografico emozionale, ad evocare le ballate di contrada
e la gioia di un passato che possiamo ricordare ma non più riproporre, se non
attraverso la memoria dell’anima.
A dare risonanza all’evento, interviene anche Clara Greco, artista eclettica, attrice
e fotografa, la quale, con straordinaria interpretazione, si dedica alla lettura di due
brani che, a suo avviso, descrivono gli aspetti più intimistici dell’autore.
La professoressa Scialanga dà di seguito la parola a Lucia Boldi, autrice di
“Cucurummà” – libro che si è meritatamente guadagnato due premi – e cultrice
del ‘bello’, che ha parlato delle circostanze che l’hanno avvicinata al protagonista
dell’evento, conoscendone la nomea di uomo dal “malu carattere”, ma sul quale
ha scoperto invece una personalità sublime, coniando per lui la definizione di
“Poeta Jazz”, ‘di artista che suona con la sua penna‘ , capace di riunire e miscelare
tutto con suoni soffusi, avvolgendo le sue poesie nella malinconia’: riflessioni
puntuali e precise per un artista già figlio d’arte sul versante musicale, il padre
suonatore di clarinetto e il fratello sassofonista.
A completare la cornice suggestiva della serata, Gabriele Casano, il quale si
presenta suscitando la curiosità dei presenti sul proprio ruolo di partecipazione.
Professionista invitato ad apportare un contributo, attraverso un ben mirato gioco
scenico di parole, disserta e coinvolge gli spettatori al significato ed al valore della
Poesia, richiamando autori e definizioni dell’antichità; e, nonostante “Carmina non
dant panem”, ribadisce che la poesia non perde il proprio senso, perché ‘dice
quello che non può esser detto trovando in questo la sua forza”.
A conclusione della serata, il nostro artista, adesso anche scrittore, interviene a
ringraziare l’Amministrazione comunale e tutti coloro che hanno partecipato alla
realizzazione dell’evento, ricordando di essere stato il primo in assoluto a portare
il teatro dentro gli spazi del Castello, insieme a tanti giovani che oggi, purtroppo,
non si dedicano più a questa nobile arte.
Mantenendo il dialogo con il pubblico anche attraverso le domande che gli
vengono poste per scoprirne i progetti teatrali in cantiere, ne fa prudentemente
trapelare uno, affiancando la ripresa de “La Casa dei Silenzi”, in un tour sul
territorio italiano che darà sapore umano a piccoli teatri ed abitazioni, così da
poter creare un’atmosfera coinvolgente, quella ‘bolla’ di cui egli si compiace per
raccogliere e condensare quei pochi tratti di umanità sopravvissuti. L’autore ci
ricorda, infine, che il suo libro sarà venduto esclusivamente presso la libreria
Maccotta in Pantelleria e, in modo assolutamente ironico, aggiunge che la sua
pubblicazione non poteva assolutamente mancare, mosso dall’ invidia per i
numerosi scrittori presenti a Pantelleria, perché si sa, siamo un popolo di santi,
navigatori, eroi e…poeti.
Franca Zona
Cultura
Pantelleria, oggi presentazione del libro “Le note stonate” di Antonino Maggiore
Questo pomeriggio, 7 dicembre 2025, dalle ore 16.30, presso i noti locali del Circolo Ogigia di Pantelleria Centro, si terrà la presentazione del libro “Le note stonate” di Antonino Maggiore.
Ad affiancare l’autore, Franca Zona e Giovanna Drago, apprezzate donne di cultura, che si alterneranno in una intervista conoscitiva del libro.
Antonino Maggiore, classe 1982, è un docente di musica presso la scuola primaria di Pantelleria, dove unisce rigore e creatività, nel quotidiano rapporto con l’infanzia.
Lo scrittore pantesco non è alla sua prima opera. Negli anni ha già pubblicato due raccolte poetiche: “Niente di importante” e una “Penna x amico“, grazie alle quali ha ricevuto diversi importanti riconoscimenti.
“Le note strane” è un romanzo autobiografico: in viaggio intimistico tra fragilità ed ironia, attraversando il confine spesso sottile tra disperazione e gioia, risa e pianto.
Con il delicato contributo musicale di Maria Bernardo, si profila un piacevole pomeriggio letterario, al caldo e tra “degustatori” di libri.
L’ingresso è libero
Cultura
I racconti del vecchio marinaio di Pantelleria: Il rito antico della dragunera
Quel giorno lasciai gli scogli di San Leonardo più presto del solito, mentre i miei amici erano ancora a mollo a mare, in un’acqua trasparente e azzurrina come solo il mare di Pantelleria sa esserlo. Mi soffermai ancora una volta a leggere le scritte multicolori che rendevano meno triste il vecchio bunker di cemento armato della seconda guerra mondiale. L’amore di sempre: “ti voglio bene, “un cuore solo”, “ti amerò per sempre” precedute da un nome femminile e tante altre scritte, eredità amorose di generazioni di giovani panteschi. Una però faceva a pugni con tutte le altre, “Mariuccia buttana”. Doveva essere stato davvero un brutto tradimento, per bollarlo con un marchio di fuoco e per tramandarlo così ai posteri.
Giunsi sulla banchina e lo vidi seduto sulla solita bitta di fronte al castello, la nuvola azzurrina del fumo della sua pipa gli conferiva una strana aureola di mistero. Avevo deciso di porgli alcune domande, ma appena mi vide cominciò a parlare con voce arrochita dal tabacco e dalla salsedine. “Il veliero Madonna di Trapani era un vero e proprio gioiello della marineria pantesca. Due alberi, bompresso lungo come una lancia, vele latine che sapevano piegarsi al vento, ma non alla paura. Patrun Vitu, il suo comandante, era un uomo di mare e di silenzi infiniti, con le mani dure come la nostra pietra lavica e gli occhi di un verde misterioso, che avevano visto tempeste e miracoli. Nelle sue mani il timone seguiva docilmente l’invisibile linea della rotta fissata.
Quel giorno, ero ancora picciotto ‘i varca, avevamo da diverse ore passatu l’isola di Ustica e puntavamo, con tutte le vele spiegate su Trapani, fermarci qui la notte e il giorno seguente tornare a Pantiddraria, dove dovevamo sbarcare delle merci comprate a Napoli. Il mar Tirreno sembrava quieto e il vento amico, ma ‘ogni marinaio sa che “Cu ventu e cu mari nun si fa cuntrattu” (Col vento e col mare non si fa contratto). Così all’improvviso il cielo cambiò.
Una linea nera si stese sull’orizzonte, e il vento cadde morto di colpo. I marinai si guardarono l’un l’altro muti e attoniti. Il capitano Vito salì sul ponte e scrutò quel cielo nerastro e la vide: una dragunera (tromba marina), la maledizione antica e rabbiosa per chi va per mare. Essa, sottile e affilata, scendeva dal cielo come il dito di dio marino irato, girando vorticosamente sull’acqua.
Il nostromo Turi colse l’ansia e il timore degli altri uomini dell’equipaggio e chiese a patrun Vitu di virare. Ma Vito no, non solo perché la cosa era impossibile per mancanza di vento, ma perché egli era uomo che accettava intrepido le sfide in mare. Lui conosceva lu ritu anticu, lo aveva visto fare
da suo nonno e da suo padre prima di lui. Aprì il baule sotto il timone e ne trasse un coltello d’ossidiana, nero come la notte e affilato come il silenzio che precede la burrasca. Poi disse deciso “Mantenete la rotta, non si fugge davanti alla dragunera. Si tagghia”.
Si diresse a prua e la sua figura alta e possente sembrò dominare le onde. Il vento intanto aveva ripreso a soffiare forte e impetuoso che a momenti gli strappava il berretto. La dragunera si avvicinava, ululando conne una magara. Vito attese, fermo, come nu parrinu davanti all’artari. Quando la coda della tromba marina fu a portata, egli disse vecchie parole che non si potevano intendere, poi tracciò con il coltello d’ossidiana una grande croce nell’aria e recitò a voce alta questa preghiera:
Nniputenza di lu Patri,
Sapienza di lu Figghiiu,
pi virtù di lu Spiritu Santu
e pi nnomu di Maria
sta cuda tagghiata sia
Un suono sordo, come un lamento, si levò dal mare. La vorticosa colonna d’acqua si dissolse e il cielo si aprì all’azzurro. Tutti noi marinai, increduli, guardavamo ammirati e a un tempo intimoriti il capitano come si guarda un uomo che ha parlato allora allora con gli spiriti. Vito tornò al timone, rimise il coltello di ossidiana nel baule e disse solo: “Adesso a casa”. Al tramonto del giorno dopo Pantelleria ci apparve all’orizzonte, nera e fiera e materna. Il Madonna di Trapani, come sempre, entrò in velocità nello stretto passaggio che dava al porto vecchio. Solo capitan Vito e qualche altro patrun si potevano permettere di sfidare la scogliera cartaginese semisommersa.
La voce del subitaneo taglio della dragunera si sparse, in un battibaleno, in tutte le contrade dell’isola e da quel giorno ogni marinaio pantesco che incrociava patrun Vitu lo salutava con rispetto misto ad ammirazione. Perché non tutti sanno tagghiare la coda a una tromba marina. E soprattutto non tutti hanno il coraggio di farlo”.
Il vecchio marinaio si tacque definitivamente.
Girò le spalle e si mise a guardare, assorto, il mare
come aspettasse l’arrivo di qualcuno, intanto la nuvola azzurrina del fumo della pipa, che lo
avvolgeva in tenui volute, gli conferiva un certo non so che di misterioso.
Orazio Ferrara

Cultura
Trapani e l’oro rosso del Mediterraneo: “Il Corallo anima di Trapani”. Un mese di eventi
Dal 2 al 19 dicembre 2025, Trapani celebra la sua storica tradizione corallara con la seconda edizione di “Il Corallo anima di Trapani”, un programma che coinvolgerà studenti, artigiani, istituzioni e comunità del Mediterraneo.
L’iniziativa, promossa dal Comune di Trapani e dalla Biblioteca Fardelliana con il contributo dell’Assessorato delle Autonomie Locali e della Funzione Pubblica della Regione Siciliana intreccia formazione, cultura e diplomazia mediterranea per preservare e tramandare l’antica arte della lavorazione del corallo.
Dal 2 al 5 dicembre, le botteghe e showroom trapanesi apriranno le porte agli studenti per visite guidate alla scoperta dei segreti di quest’arte millenaria.
Il percorso prosegue dal 9 al 12 dicembre al Museo Regionale Pepoli con il laboratorio creativo “Dal Mediterraneo al Museo – Il viaggio del corallo”, curato dall’Associazione “Amici del Museo Pepoli”.
Il 13 dicembre alle ore 17.00, sempre al Museo Pepoli, verrà presentato il restauro del prezioso Presepe in corallo del XVIII secolo, capolavoro dell’artigianato trapanese.
L’evento culminante si terrà il 19 dicembre alle ore 17.30 alla Biblioteca Fardelliana: la tavola rotonda internazionale “Rotte del Corallo – Dialogo tra culture mediterranee” vedrà rappresentanti istituzionali e maestri corallai e la firma di un protocollo della “Rete Mediterranea delle Città del Corallo”, un’alleanza che consolida i legami tra le comunità mediterranee unite da questa tradizione.
“Quest’anno proponiamo la seconda edizione de “Il Corallo anima di Trapani”. Siamo estremamente orgogliosi che questo progetto prosegua: dopo l’edizione del 2024, oggi varchiamo i confini della nostra città per un momento di dialogo con le tradizioni dell’arte del corallo non soltanto di un’altra città siciliana come Sciacca, ma anche di altre città d’Italia – Torre del Greco e Alghero – e oltre i confini nazionali, nel Mediterraneo con Tunisia e Andalusia.
Ci confronteremo non solo per raccontare la nostra tradizione, durante una sessione scientifica del convegno, ma vogliamo stilare un protocollo d’intesa per costituire una rete mediterranea delle città del corallo. L’obiettivo è avviare un percorso comune e condiviso di promozione, affinché questa antichissima e preziosa arte possa essere rinnovata e valorizzata congiuntamente” – così affermano Giacomo Tranchida, sindaco del Comune di Trapani e Rosalia d’Alí, assessore alla Cultura.
Per tutto dicembre, la Biblioteca Fardelliana proporrà un percorso audiovisivo dedicato al corallo trapanese: un docufilm che racconta tradizione e futuro attraverso l’intelligenza artificiale e un documentario che esplora il corallo tra arte, ricerca e innovazione. Due narrazioni complementari che offrono sguardi contemporanei su un’arte antica.
“Il corallo anima di Trapani” è un modello di valorizzazione che coniuga tutela delle tradizioni, innovazione e cooperazione internazionale.
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