Cultura
Sicilia, il fidanzamento di nonno Turiddu nel 37: uno sguardo una dichiarazione e già era tutto pronto
Quannu amuri voli, trova locu (Quando si vuole veramente qualcosa per la persona amata, si trova la maniera di arrivarci, nonostante le difficoltà) Le storie di vita vissuta raccontate dagli anziani mi hanno sempre incuriosito e affascinato, sin da quando ero piccolo e, infilato sotto il ballatoio del nonno Turiddu, ascoltavo vicende per me incredibili, quasi irreali. Ancora oggi ho interesse per queste vicende delle quali riesco a cogliere l’aspetto storico – sociale e il valore antropologico. Penso che il bisogno di ascoltare storie “sia scolpito nella natura umana quanto quello di mangiare, amare e sognare” e, secondo Edward Morgan Forster, “già l’uomo di Neanderthal ascoltava storie a giudicare dalla forma del suo cranio. L’uditorio primitivo era un uditorio di teste arruffate raccolto a bocca aperta intorno ad un falò da campo, sfinito dalla lotta contro i mammuth o i rinoceronti lanosi e tenuto sveglio dalla suspence. E poi cosa sarebbe successo?” Gli anziani del mio quartiere degli Archi raccontavano e raccontano storie di vita e di morte, di guerre e di miseria, di magie e di mistero, ma anche storie di momenti allegri, di feste, di tradizioni, di solidarietà. Vicende che non si leggono nei libri di storia (e forse per questo più attraenti), che non sempre costituiscono testimonianze valide per la ricostruzione di fatti storici, ma dalle quale emergono tratti significativi che caratterizzano la civiltà contadina del sud. E per noi che siamo più a Sud di tutti è importante conoscere i sentimenti, il modo di vivere, gli usi e i costumi della nostra gente. Ciò che fa parte delle nostre radici costituisce il fondamento del nostro pensiero. Nella trasmissione, fino ad oggi, è prevalsa l’abitudine all’oralità, diventata quasi un valore. Sapremo mai conservarla? Riusciremo a raccontare ai nostri figli le stesse cose e soprattutto allo stesso modo? Un modo di narrare, quello degli anziani, coinvolgente, ricco di espressioni, vivo, realistico (usano spesso il discorso diretto che sappiamo rende più immediate e reali le vicende). Inoltre, la ricchezza dei particolari nelle descrizioni di luoghi, persone e avvenimenti, contribuisce a far rivivere in prima persona fatti emozionanti appartenenti a realtà lontane. Realtà a volte dure e difficili, la cui drammaticità sfuma appena nella nuvola del ricordo. Il racconto della notte in cui mio nonno Turiddu (inteso Testarossa) si dichiarò di essere innamorato di mia nonna Marianna…iniziò dopo aver cenato con tutta la mia famiglia vicino al camino…” Nonno nonno raccontami come hai conosciuto la nonna Marianna”. È di colpo si aprì il sipario… il nonno partì senza preamboli… fece un tuffo nel passato e… incominciò come un fiume in piena: “Sembra di essere là insieme alle donne quel mattino del ‘37… era molto presto, con le vasche in testa, poste sulla “cannavazza” (tovaglia… questo è il nome ragusano del panno attorcigliato che si metteva in testa e serviva per attutire il
peso e per portarlo in equilibrio) si avviavano verso il vallone o il fiume Irminio. Le località frequentate erano La Vallata S. Domenico sotto Ibla e sulla strada che portava alla vecchia stazione, lì il fiume era più accessibile a le ”lavannare“ (lavandaie), nonostante il freddo pungente, con gli scialli sulle spalle, le gonne lunghe, le calze di lana e le scarpe pesanti, scivolavano sveltamente lungo i sentieri. A condividere la loro fatica, con ai lati i carichi dei panni sporchi, c’erano gli asini che procedevano lentamente: sembravano ancora assonnati… e proprio lì che vidi la prima volta tua nonna Marianna -Na carusa svelta e beda- (una giovinetta agile e bella”. Anche la mia cara nonna Marianna andava lì a lavare i propri panni quasi tutti i giorni… escluso la Santa domenica che era vietato lavorare perché era il giorno dedicato al rito della Santa Messa nella parrocchia delle Anime del Purgatorio. “Nel silenzio del mattino caro Turiddu (Salvatore) le chiacchiere delle donne risuonavano rumorose mentre Il sole stava sorgendo. Finalmente le donne arrivavano e scaricavano tutto per fare il bucato. L’acqua era freddissima, in alcuni punti bisognava addirittura rompere il ghiaccio. Senza indugio i panni venivano immersi nell’acqua, sbattuti ripetutamente sulle pietre lisce, insaponati, sciacquati e stesi sulle siepi. Per fortuna il cielo era quasi sempre sereno e quando il sole era già alto i panni erano già asciutti. Le donne cercavano di cancellare la fatica con battute, risate e qualche pettegolezzo: -Si mariterà Carmela? E Maria? – È fidanzata, dovrebbe sposarsi presto – Allora bisogna tornare al fiume a lavare la dote! (La dote era il corredo delle spose e tutte davano una mano, come si fa sempre in queste occasioni…) chisti eranu i riscursi re fimmini ri na vota… (questi erano i discorsi che si facevano fra donne di una volta…) Era trascorsa quasi un’intera giornata; i panni venivano ripiegati con cura e riposti nelle vasche. Quando tutto era sistemato le donne si avviavano verso casa con passo lento e con meno voglia di chiacchierare. L’indomani nella casa di ognuno di loro si respirava profumo di pulito e questo ripagava in parte le donne della grossa fatica affrontata”. Un brivido mi percorre la schiena… mio nonno mi faceva rivivere i suoi tempi con minuzia di particolari e sentivo tutto l’amore che provava nel ricordare la sua giovinezza… “A tarda sera, caro Turiddu, tornavo dalla barberia situata nella piazza degli Archi a cavallo del mio asino. Proprio all’approssimarsi di un bivio dove (si dice) si può incontrare la “paura”, (un’entità appartenente al mondo del mistero), sentii un rumore, un fruscio. Mi fermai, tendendo l’orecchio, scrutai attentamente il buio attorno a me, io non credevo a tutto ciò che si diceva, ero un po' scettico su queste cose, pensavo che potesse essere forse un malvivente, comunque decisi che sarebbe stato meglio vigilare e quindi procedetti con cautela. Intanto il rumore cessò. Mi avevano raccontato che se avessi voluto sapere con certezza della presenza di “qualcuno”, avrei dovuto chiedere tre volte: “Cu Sì?” Chi sei? -. Ma io, forte delle mie convinzioni, rimasi in silenzio e spronai l’animale. Nel buio della notte ora sentivo solo il mio respiro e lo zoccolio dell’asino che si arrampicava affannosamente sul pendio. Intanto oltrepassai il bivio, mi avvicinai al quartiere San Paolo, vidi le prime case che riconoscevo una ad una e, pur ritenendomi una persona coraggiosa e poco incline a credenze misteriose, tirai un sospiro di sollievo quando, arrivato davanti casa, scesi dall’asino”. Il mondo dei morti e il mondo del mistero sono temi spesso ricorrenti nei racconti degli anziani… bisogna sottolineare che le strade a quell’epoca erano scarsamente illuminate ed i vagabondi e i malviventi erano sempre in agguato…costituivano una delinquenza di poco conto ma bisognava sempre stare attenti. “C’era tanta gente attorno alla defunta zia Carmela, una donna di alcune generazioni fa. La luce delle candele si stava affievolendo; il rosario e le chiacchiere man mano si spegnevano. Arrivava poco calore dal braciere posto in mezzo alla stanza, ma il fuoco nel camino della cucina ancora scoppiettava. Qualcuno, preso dal sonno, socchiuse gli occhi. Ad un tratto un forte rumore fece sobbalzare i presenti; era un rotolare di sassi. Il rumore sembrava provenire da sotto il letto; sicuramente era qualcuno che dal mondo dei morti voleva farsi sentire. Forse voleva lasciare un messaggio: quale? Le donne erano incuriosite, ma
non eccessivamente impaurite: per loro era naturale che i morti facessero sentire la loro presenza, soprattutto in tali occasioni. Coraggiosamente qualcuno sollevò le coperte, ma non riuscì a vedere altro che le mele e le patate conservate lì per l’inverno. Il rumore era svanito, le donne ripresero sommessamente il rosario, si strinsero negli scialli, ravvivarono il fuoco e ognuna rimase pensierosa ad interrogare la propria coscienza. Ma il destino aveva in progetto qualcosa di imprevedibile per l’amata nonna Marianna… incuriosita più degli altri del rumore adiacente alla sua casa… uscì per assicurarsi che non vi era nessuno spirito o qualsivoglia persona che potesse dare fastidio al quieto vivere della sua dimora…, e fu così che appena aprì l’uscio di casa passò il giovane aitante Turiddu che già da tempo lo vedeva gironzolare presso il fiume dove lei con le sue amiche portavai panni a lavare… Bona sira signurina ci vulissi parrari ( Buona sera signorina le vorrei parlare) … Tua nonna Marianna sempre pronta a dare la immediata risposta… Caru signor lei… a sira si rommi, se propriu mi voli parrari quanni mi viri o sciumi mi ciama e mi po parrari… bona notti. E fu così che capii con chi avessi a che fare e mi impegnai a conoscerla. Dopo poco tempo eravamo già fidanzati in casa… e da lì iniziò un’altra storia (puoi ta cuntu nautra vota) poi te la racconto un’altra volta…
Salvatore Battaglia Presidente Accademia delle Prefi
Cultura
Pantelleria, lavori di adeguamento, messa in sicurezza ed efficientamento energetico della palestra della Scuola Media “Dante Alighieri”
Alla cittadinanza, Il Sindaco comunica che l’Amministrazione comunale di Pantelleria ha portato a compimento l’iter amministrativo e progettuale necessario per il recupero e la piena rifunzionalizzazione della palestra della Scuola Media “Dante Alighieri”, struttura da tempo inagibile e fortemente attesa dalla comunità scolastica dell’isola. Il Sindaco comunica che l’intervento rientra in una più ampia strategia di riqualificazione dell’edilizia scolastica, con l’obiettivo prioritario di garantire sicurezza, accessibilità, sostenibilità energetica e qualità degli spazi destinati alle attività formative e sportive.
Il progetto prevede opere di adeguamento strutturale e funzionale, la messa in sicurezza dell’edificio, il miglioramento delle prestazioni energetiche attraverso l’installazione di impianti moderni e l’utilizzo di fonti rinnovabili, nonché il completo ripristino della fruibilità della palestra per studenti, associazioni sportive e iniziative collettive. Il Sindaco comunica che l’intervento consentirà di restituire alla cittadinanza una struttura fondamentale per la crescita educativa, sociale e sportiva dei giovani di Pantelleria, colmando una carenza che per anni ha inciso negativamente sull’offerta di spazi adeguati alle attività motorie.
L’Amministrazione è consapevole che l’esecuzione dei lavori potrà comportare disagi temporanei; tuttavia, il cronoprogramma è stato definito con l’obiettivo di contenere l’impatto sulle attività scolastiche, con una durata complessiva stimata in circa 14 settimane. L’Amministrazione continuerà a seguire con attenzione tutte le fasi successive, dall’affidamento dei lavori alla loro realizzazione, assicurando trasparenza, rispetto dei tempi e tutela dell’interesse pubblico. Pantelleria guarda avanti, investendo sulle scuole, sulla sicurezza e sul futuro delle nuove generazioni.
Cultura
Il violinista di Solarino Don Paolo Teodoro e le radici di una tradizione di due secoli
La storia nascosta di un paese che ha fatto della musica una firma identitaria
Nel 1827, quando il paese non era ancora Comune, un documento d’archivio rivela la presenza inattesa di un musicista professionista. Da allora Solarino non ha mai smesso di essere una comunità musicale.
Solarino – Nel 1827 il paese non era ancora autonomo e viveva un momento di transizione politica e amministrativa. Eppure, in quell’anno cruciale, emerge un dettaglio sorprendente che permette di leggere la storia locale da una prospettiva nuova. Tra gli atti conservati presso l’Archivio di Stato di Siracusa compare il nome di Don Paolo Teodoro, registrato come violinista.
Un dato che, per l’epoca, spacca in due l’immagine consueta di un borgo rurale fatto solo di agricoltori e artigiani.
Il musicista che rompe gli schemi
Il documento mostra chiaramente che Don Paolo Teodoro non era soltanto un residente rispettato di Solarino. Era un musicista. Un ruolo insolito in un contesto rurale del primo Ottocento, dove la musica raramente compariva nelle registrazioni ufficiali. Teodoro abitava in via Fontana, insieme alla moglie Costantino Eloisa, ma la sua formazione aveva radici ancora più profonde. Da giovane, infatti, era cresciuto in una parte dell’attuale Palazzo Requesens, allora indicato come Piano Palazzo n.2, oggi cuore dell’odierna Piazza del Plebiscito, luogo simbolo della vita sociale solarinese. Una crescita in un ambiente architettonico e culturale privilegiato che spiega – almeno in parte – la precocità di una vocazione musicale riconosciuta persino dagli atti civili borbonici.
Una tradizione musicale che Solarino non ha mai abbandonato
Il caso di Don Paolo Teodoro non è un episodio isolato, ma il primo tassello visibile di una storia più lunga. Perché a differenza di tanti altri centri siciliani, Solarino non ha mai smesso di essere un paese musicale. Bande storiche, maestri locali, scuole di musica, gruppi giovanili, famiglie che tramandano strumenti da generazioni, musicisti nazionali , la musica, qui, non è un accessorio, ma un linguaggio collettivo. E questa continuità testimonia una capacità rara: fare dell’arte una parte della propria identità civile. Non tutte le comunità hanno saputo compiere questa scelta. Molti centri rurali hanno perso nel corso del Novecento le proprie tradizioni culturali, travolti da emigrazione e modernizzazione. Solarino, invece, ha seguito una traiettoria diversa: ha difeso la musica, l’ha fatta propria, l’ha trasformata in patrimonio comune.
Questo è il vero punto di forza del paese. Una maturità culturale che trova le sue prime radici in persone come Don Paolo Teodoro: uomini capaci, già due secoli fa, di portare l’arte dentro la vita quotidiana di una comunità in trasformazione. Oggi, quando strumenti e prove musicali risuonano nelle case, nelle scuole e nelle piazze, è possibile intravedere un filo diretto con quella firma d’archivio del 1827. Solarino continua a distinguersi per il suo fermento artistico. E la storia del violinista Don Paolo Teodoro si rivela allora molto più che una curiosità d’epoca: è l’origine documentata di un percorso identitario che il paese ha scelto di portare avanti con orgoglio. Due secoli dopo, Solarino resta un paese che suona e questa è, senza dubbio, una delle sue vittorie più grandi.
Laura Liistro
Cultura
Elena Pizzuto Antinoro: da Santo Stefano Quisquina alla scena internazionale della ricerca linguistica
Donna siciliana, studiosa di straordinaria competenza e voce autorevole della ricerca italiana, Elena Pizzuto Antinoro è considerata una delle figure più influenti negli studi contemporanei sulla comunicazione e sulle lingue dei segni.
Psicologa, linguista e ricercatrice del Consiglio Nazionale delle Ricerche, ha contribuito in modo determinante al riconoscimento della Lingua dei Segni Italiana (LIS) come sistema linguistico pienamente strutturato, superando visioni riduttive che ne avevano a lungo limitato la comprensione. Il suo percorso accademico si è svolto tra l’Italia e gli Stati Uniti, dove ha approfondito la Lingua dei Segni Americana (ASL) entrando in contatto con metodologie di ricerca all’avanguardia. Questa esperienza internazionale fu decisiva: rientrata in Italia, introdusse nuovi paradigmi analitici che avrebbero innovato radicalmente lo studio della LIS, collocando la ricerca italiana in un dialogo costante con quella mondiale. Caratteristica centrale del suo lavoro fu l’approccio interdisciplinare.
Elena operò a stretto contatto con persone sorde, analizzando i processi cognitivi, le strutture linguistiche e le dinamiche comunicative della lingua visivo-gestuale. Le sue pubblicazioni rappresentano oggi un riferimento fondamentale non solo in Italia, ma anche nel contesto internazionale degli studi sulle lingue dei segni. Tra le iniziative più rilevanti da lei guidate figura VISEL, progetto dedicato allo sviluppo di sistemi di scrittura per la lingua dei segni e alla definizione di strumenti didattici innovativi. Un contributo che ha ampliato le possibilità di ricerca e di accesso alla comunicazione visiva, rafforzando il ruolo dell’Italia nel panorama scientifico globale. Colleghi e collaboratori ricordano Elena Pizzuto Antinoro come una professionista rigorosa, dotata di una forte integrità etica e di una visione capace di anticipare nuove prospettive. Il silenzioso applauso con cui la comunità sorda l’ha salutata ne sottolinea il profondo impatto umano e scientifico.
Oggi, Elena Pizzuto Antinoro è riconosciuta come una figura chiave della linguistica internazionale e un esempio di eccellenza femminile nel mondo accademico. Siciliana, figlia di Santo Stefano Quisquina, ha portato la sua terra d’origine nei principali centri di ricerca del mondo, lasciando un’eredità destinata a influenzare a lungo gli studi sulla comunicazione e sulle lingue dei segni.
Laura Liistro
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