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Cultura

Seminario gratuito di chitarra a Pantelleria con il M° Denis Marino

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Il maestro Denis Marino presente sull’isola in occasione del concerto delle Malmaritate venerdi sera al Castello alle ore 21, offre un seminario gratuito di chitarra nella giornata di sabato per i chitarristi panteschi; principianti e professionisti. orari da decidere e concordare. Contattate via Facebook Salvatore Spata per informazioni e partecipazione.

DENIS MARINO Nato a Giarre (CT) il 22/09/1982, inizia lo studio della chitarra classica all’età di sette anni, associando da subito alla passione per la musica classica quella per altri generi musicali contemporanei (blues, pop, rock, folk, etnica). Si laurea in chitarra classica con 110 e lode sotto la guida del maestro Giovanni Puddu. Ha seguito corsi di perfezionamento musicale tenuti da nomi di spicco del panorama musicale italiano e internazionale come Massimo Varini, Jurij Ricotti, Cesar Angeleri, Gustavo Gancedo, Oscar Prudente, Oscar Avogadro, Tullio De Piscopo, Mario Lavezzi, Gatto Panceri, Sergio Bardotti, Stefano Cenci, Paolo Audino, Maurizio Fabrizio, Vincenzo Incenzo, Stefano D’Orazio, Aldo Fedele, Valter Vincenti, Bob Halligan, solo per citarne alcuni. Agli studi musicali affianca quelli universitari, laureandosi nel 2006 con 110 e lode in Fisica (Nucleare e Subnucleare – V.O.) presso l’Università degli Studi di Catania. Ha all’attivo numerose collaborazioni con vari artisti, in qualità di musicista, arrangiatore e produttore: Carmen Consoli, Luca Madonia e Toni Carbone (Denovo), Gabriella Lucia Grasso, Malmaritate, Samuela Schilirò, Nico Gulino, Giovanna D’Angi, Peppe Voltarelli. A partire dal 2005 si accosta al Tango Argentino come ballo da sala e come genere musicale, fondando nel 2011, insieme alla violinista Emilia Belfiore, l’Ensemble Mariposa, formazione musicale italo-argentina con la quale si esibisce continuamente in milongas e festival internazionali europei, pubblicando il disco “Corrientes y Aguero 568” nel 2015. Al momento è in lavorazione il secondo disco dell’Ensemble, con uscita prevista per la prima metà del 2019. Dal 2007 ad oggi ha preso parte a molti lavori discografici di artisti legati alla musica popolare: Malmaritate, Eleonora Bordonaro, Fabrizio Musumeci, Antoine Michel, I Bottari della Cantica Popolare di Caserta, solo per citarne alcuni. Dal 2008 collabora in modo stabile con la cantautrice catanese Gabriella Lucia Grasso. Questa collaborazione artistica ha portato alla registrazione del disco “Cadò” (Otrlive/Universal, 2010), anche qui in qualità di co-produttore artistico, arrangiatore e musicista. Il disco è il frutto della ricerca di un denominatore comune tra la tradizione musicale argentina e quella siciliana ed ha dato il via ad una lunga serie di concerti a livello mondiale (Italia, Francia, Spagna, Argentina, Cile, Australia). Dal 2009 ad oggi ha collaborato con diversi registi, curando la parte musicale in molti spettacoli teatrali, cortometraggi e lungometraggi (due volte in concorso al Festival del Cinema di Taormina), ricevendo vari premi e menzioni d’onore. Co-produttore artistico e musicista per il disco dei Blue Purple Bees, “Daily Home Reflections” (Off Records, 2012). Sempre a partire dal 2012, inizia la collaborazione con l’etichetta discografica Narciso Records di Carmen Consoli, in qualità di musicista, arrangiatore e produttore artistico, realizzando gli arrangiamenti originali per il gruppo al femminile delle Malmaritate (“Ognunu havi ‘n sigretu”, Narciso records/Universal, 2014) e per il nuovo disco di Gabriella Lucia Grasso (“Vussia cuscenza”, Narciso records/Universal, 2017), per il quale ha curato anche la scrittura e la direzione delle orchestre. Dal 2014 collabora anche con le etichette discografiche Waterbirds di Nica Midulla e TillieRecords di Simona Virlinzi in qualità di musicista e arrangiatore per gli artisti Marco Selvaggio (“The Eternal Dreamer”, 2014) e Samuela Schilirò (“C’è sempre un motivo”, 2016). A partire dallo stesso anno inizia la collaborazione stabile col cantautore Luca Madonia (Denovo) in qualità di musicista e arrangiatore, curando insieme a lui anche la produzione artistica del suo ultimo lavoro discografico (“Il tempo è dalla mia parte”, Viceversa Records, 2017). Al momento sta lavorando alla produzione e realizzazione del prossimo disco del cantautore catanese, con uscita prevista per marzo 2019. Nel 2015 ha curato gli arrangiamenti d’orchestra per il concerto di Carmen Consoli al Teatro Greco di Taormina (ME), suonando inoltre nella band della “Cantantessa” per l’evento/concertone “Notte Della Taranta 2016” a Melpignano (LE) e in replica per il Capodanno 2017 in Piazza Duomo a Catania, accompagnando in questi contesti tra gli altri Fiorella Mannoia, Nada, Tosca, Buika, Lisa Fischer. Nel giugno 2018 prende parte in qualità di chitarrista al concerto “Carmen Consoli & Friends”, suonando anche con Elisa, Max Gazzè, Daniele Silvestri, Marina Rei, Samuele Bersani, Bandabardò, Mario Venuti. Sempre nel 2016 ha suonato con Enrico Ruggeri nella trasmissione televisiva “Insieme”. Vince il premio Musicultura 2017 in qualità di musicista e arrangiatore del disco di esordio del cantautore Nico Gulino (Meglio morir d’amore, Seahorse, 2017). Dal 2017 è socio fondatore dello studio di registrazione e produzione musicale Phantasma Recording Studio (San Giovanni La Punta, CT), all’interno del quale lavora per molti artisti in qualità di produttore, arrangiatore e musicista, rivestendo anche il ruolo di talent scout per le nuove promesse. Dal 2008 è docente di chitarra presso le scuole statali ad indirizzo musicale.

Marina Cozzo è nata a Latina il 27 maggio 1967, per ovvietà logistico/sanitarie, da genitori provenienti da Pantelleria, contrada Khamma. Nel 2007 inizia il suo percorso di pubblicista presso la testata giornalistica cartacea L'Apriliano - direttore Adriano Panzironi, redattore Stefano Mengozzi. Nel 2014 le viene proposto di curarsi di Aprilia per Il Corriere della Città – direttore Maria Corrao, testata online e intraprende una collaborazione anche con Essere Donna Magazine – direttore Alga Madia. Il 27 gennaio 2017 l'iscrizione al Consiglio dell'Ordine dei Giornalisti nel Lazio. Ma il sangue isolano audace ed energico caratterizza ogni sua iniziativa la induce nel 2018 ad aprire Il Giornale di Pantelleria.

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Cultura

I racconti del vecchio marinaio di Pantelleria: Il rito antico della dragunera

Direttore

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Quel giorno lasciai gli scogli di San Leonardo più presto del solito, mentre i miei amici erano ancora a mollo a mare, in un’acqua trasparente e azzurrina come solo il mare di Pantelleria sa esserlo. Mi soffermai ancora una volta a leggere le scritte multicolori che rendevano meno triste il vecchio bunker di cemento armato della seconda guerra mondiale. L’amore di sempre: “ti voglio bene, “un cuore solo”, “ti amerò per sempre” precedute da un nome femminile e tante altre scritte, eredità amorose di generazioni di giovani panteschi. Una però faceva a pugni con tutte le altre, “Mariuccia buttana”. Doveva essere stato davvero un brutto tradimento, per bollarlo con un marchio di fuoco e per tramandarlo così ai posteri.

Giunsi sulla banchina e lo vidi seduto sulla solita bitta di fronte al castello, la nuvola azzurrina del fumo della sua pipa gli conferiva una strana aureola di mistero. Avevo deciso di porgli alcune domande, ma appena mi vide cominciò a parlare con voce arrochita dal tabacco e dalla salsedine. “Il veliero Madonna di Trapani era un vero e proprio gioiello della marineria pantesca. Due alberi, bompresso lungo come una lancia, vele latine che sapevano piegarsi al vento, ma non alla paura. Patrun Vitu, il suo comandante, era un uomo di mare e di silenzi infiniti, con le mani dure come la nostra pietra lavica e gli occhi di un verde misterioso, che avevano visto tempeste e miracoli. Nelle sue mani il timone seguiva docilmente l’invisibile linea della rotta fissata.

Quel giorno, ero ancora picciotto ‘i varca, avevamo da diverse ore passatu l’isola di Ustica e puntavamo, con tutte le vele spiegate su Trapani, fermarci qui la notte e il giorno seguente tornare a Pantiddraria, dove dovevamo sbarcare delle merci comprate a Napoli. Il mar Tirreno sembrava quieto e il vento amico, ma ‘ogni marinaio sa che “Cu ventu e cu mari nun si fa cuntrattu” (Col vento e col mare non si fa contratto). Così all’improvviso il cielo cambiò.

Una linea nera si stese sull’orizzonte, e il vento cadde morto di colpo. I marinai si guardarono l’un l’altro muti e attoniti. Il capitano Vito salì sul ponte e scrutò quel cielo nerastro e la vide: una dragunera (tromba marina), la maledizione antica e rabbiosa per chi va per mare. Essa, sottile e affilata, scendeva dal cielo come il dito di dio marino irato, girando vorticosamente sull’acqua.

Il nostromo Turi colse l’ansia e il timore degli altri uomini dell’equipaggio e chiese a patrun Vitu di virare. Ma Vito no, non solo perché la cosa era impossibile per mancanza di vento, ma perché egli era uomo che accettava intrepido le sfide in mare. Lui conosceva lu ritu anticu, lo aveva visto fare

da suo nonno e da suo padre prima di lui. Aprì il baule sotto il timone e ne trasse un coltello d’ossidiana, nero come la notte e affilato come il silenzio che precede la burrasca. Poi disse deciso “Mantenete la rotta, non si fugge davanti alla dragunera. Si tagghia”.

Si diresse a prua e la sua figura alta e possente sembrò dominare le onde. Il vento intanto aveva ripreso a soffiare forte e impetuoso che a momenti gli strappava il berretto. La dragunera si avvicinava, ululando conne una magara. Vito attese, fermo, come nu parrinu davanti all’artari. Quando la coda della tromba marina fu a portata, egli disse vecchie parole che non si potevano intendere, poi tracciò con il coltello d’ossidiana una grande croce nell’aria e recitò a voce alta questa preghiera:

Nniputenza di lu Patri,
Sapienza di lu Figghiiu,
pi virtù di lu Spiritu Santu
e pi nnomu di Maria
sta cuda tagghiata sia

Un suono sordo, come un lamento, si levò dal mare. La vorticosa colonna d’acqua si dissolse e il cielo si aprì all’azzurro. Tutti noi marinai, increduli, guardavamo ammirati e a un tempo intimoriti il capitano come si guarda un uomo che ha parlato allora allora con gli spiriti. Vito tornò al timone, rimise il coltello di ossidiana nel baule e disse solo: “Adesso a casa”. Al tramonto del giorno dopo Pantelleria ci apparve all’orizzonte, nera e fiera e materna. Il Madonna di Trapani, come sempre, entrò in velocità nello stretto passaggio che dava al porto vecchio. Solo capitan Vito e qualche altro patrun si potevano permettere di sfidare la scogliera cartaginese semisommersa.

La voce del subitaneo taglio della dragunera si sparse, in un battibaleno, in tutte le contrade dell’isola e da quel giorno ogni marinaio pantesco che incrociava patrun Vitu lo salutava con rispetto misto ad ammirazione. Perché non tutti sanno tagghiare la coda a una tromba marina. E soprattutto non tutti hanno il coraggio di farlo”.

Il vecchio marinaio si tacque definitivamente.
Girò le spalle e si mise a guardare, assorto, il mare come aspettasse l’arrivo di qualcuno, intanto la nuvola azzurrina del fumo della pipa, che lo avvolgeva in tenui volute, gli conferiva un certo non so che di misterioso.

Orazio Ferrara


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Cultura

Trapani e l’oro rosso del Mediterraneo: “Il Corallo anima di Trapani”. Un mese di eventi

Redazione

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Dal 2 al 19 dicembre 2025, Trapani celebra la sua storica tradizione corallara con la seconda edizione di “Il Corallo anima di Trapani”, un programma che coinvolgerà studenti, artigiani, istituzioni e comunità del Mediterraneo.
L’iniziativa, promossa dal Comune di Trapani e dalla Biblioteca Fardelliana con il contributo dell’Assessorato delle Autonomie Locali e della Funzione Pubblica della Regione Siciliana intreccia formazione, cultura e diplomazia mediterranea per preservare e tramandare l’antica arte della lavorazione del corallo.
Dal 2 al 5 dicembre, le botteghe e showroom trapanesi apriranno le porte agli studenti per visite guidate alla scoperta dei segreti di quest’arte millenaria.
Il percorso prosegue dal 9 al 12 dicembre al Museo Regionale Pepoli con il laboratorio creativo “Dal Mediterraneo al Museo – Il viaggio del corallo”, curato dall’Associazione “Amici del Museo Pepoli”.
Il 13 dicembre alle ore 17.00, sempre al Museo Pepoli, verrà presentato il restauro del prezioso Presepe in corallo del XVIII secolo, capolavoro dell’artigianato trapanese.
L’evento culminante si terrà il 19 dicembre alle ore 17.30 alla Biblioteca Fardelliana: la tavola rotonda internazionale “Rotte del Corallo – Dialogo tra culture mediterranee” vedrà rappresentanti istituzionali e maestri corallai e la firma di un protocollo della “Rete Mediterranea delle Città del Corallo”, un’alleanza che consolida i legami tra le comunità mediterranee unite da questa tradizione.
“Quest’anno proponiamo la seconda edizione de “Il Corallo anima di Trapani”. Siamo estremamente orgogliosi che questo progetto prosegua: dopo l’edizione del 2024, oggi varchiamo i confini della nostra città per un momento di dialogo con le tradizioni dell’arte del corallo non soltanto di un’altra città siciliana come Sciacca, ma anche di altre città d’Italia – Torre del Greco e Alghero – e oltre i confini nazionali, nel Mediterraneo con Tunisia e Andalusia.
Ci confronteremo non solo per raccontare la nostra tradizione, durante una sessione scientifica del convegno, ma vogliamo stilare un protocollo d’intesa per costituire una rete mediterranea delle città del corallo. L’obiettivo è avviare un percorso comune e condiviso di promozione, affinché questa antichissima e preziosa arte possa essere rinnovata e valorizzata congiuntamente” – così affermano Giacomo Tranchida, sindaco del Comune di Trapani e Rosalia d’Alí, assessore alla Cultura.
Per tutto dicembre, la Biblioteca Fardelliana proporrà un percorso audiovisivo dedicato al corallo trapanese: un docufilm che racconta tradizione e futuro attraverso l’intelligenza artificiale e un documentario che esplora il corallo tra arte, ricerca e innovazione. Due narrazioni complementari che offrono sguardi contemporanei su un’arte antica.
“Il corallo anima di Trapani” è un modello di valorizzazione che coniuga tutela delle tradizioni, innovazione e cooperazione internazionale.

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Cultura

Solarino: l’incendio del 1944, la memoria perduta e i documenti spariti

Laura Liistro

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Nel dicembre del 1944, un incendio devastò il Municipio di Solarino, distruggendo gran parte degli archivi storici della città e cancellando documenti fondamentali, tra cui gli atti comunali della fondazione. Quell’evento segnò una ferita indelebile nella memoria collettiva della comunità, lasciando un vuoto che ancora oggi non è stato colmato. Se alcuni documenti furono salvati dall’incendio, oggi non esistono tracce ufficiali nell’Archivio Storico Centrale. Tutto lascia intendere che siano finiti in collezioni private non autorizzate, sottratti alla fruizione pubblica e alla stessa cittadinanza.

Una situazione inaccettabile, che trasforma un bene pubblico in patrimonio di pochi, privando Solarino della propria storia e compromettendo la possibilità di ricostruire dati amministrativi, catastali e sociali fondamentali. Le modalità con cui l’incendio e la gestione dell’evento furono affrontate sollevano interrogativi inquietanti. L’inerzia delle autorità comunali dell’epoca e la rapidità con cui i documenti andarono perduti alimentano il sospetto che dietro alla distruzione ci sia stata più negligenza che casualità, se non vere responsabilità organizzate. Oggi, decenni dopo, quella negligenza si traduce in un fenomeno diffuso: molti privati detengono ancora materiali che dovrebbero appartenere al patrimonio pubblico. Il quadro attuale impone un’azione immediata e risoluta.


Chiunque possieda documenti ufficiali di Solarino ha il dovere legale e morale di restituirli all’Archivio Storico comunale, dove possano essere catalogati, conservati e resi accessibili a studiosi, cittadini e scuole. La mancata restituzione non è solo un danno culturale: è una violazione della legge e dei principi fondamentali di trasparenza e pubblicità del patrimonio pubblico.

Solarino rischia di perdere per sempre pezzi irripetibili della propria storia se non si interviene con determinazione.

L’Archivio Storico deve essere messo in sicurezza, dotato di spazi idonei, personale qualificato e strumenti digitali per garantire la consultazione pubblica. Ogni documento recuperato dalle collezioni private deve tornare alla comunità: è l’unico modo per trasformare la memoria perduta in patrimonio condiviso e impedire che la storia venga decisa da pochi privilegiati. L’incendio del 1944 resta un monito: la memoria di Solarino non può essere cancellata dall’inerzia, dall’incuria o dall’interesse privato.

La città ha il diritto di conoscere la propria storia, e chi detiene documenti pubblici senza autorizzazione deve restituirli senza indugio. È una questione di giustizia storica, civile e amministrativa: il tempo della tolleranza è finito.

Laura Liistro

Le immagini sono tratte dall’archivio del Comune di Solarino

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