Cultura
Sabbinìrica: Un viaggio tra storia, cultura e significati profondi nel cuore della Sicilia

Oggi riscopriamo un Saluto Antico… Il Saluto Antico è “Sabbinirica a Vossia”; un saluto utilizzato sino agli anni ’50-’60 dai Nostri Antenati Siciliani (Nonni, Bisnonni ecc.…).
Questo Saluto si usava in tutti i momenti della giornata,
specialmente la mattina o quando ci si incontrava per strada; esso esprimeva una forma di
Benedizione.
A questo Saluto si rispondeva solitamente con: “Santu e Riccu !” (traduzione: “Che tu sia santo e
ricco!”).
Ai giorni nostri corrisponde all’attuale Buongiorno o Ciao !!! 🙂
Il ricordo del nonno Turiddu e il sabbinirica” mai negato ad alcuno
Era l’ultima settimana di luglio e avevo salutato nonno Turiddu e più ci penso più mi rendo conto
che è corretto dire “quel giorno conobbi meglio mio nonno”…
Quando mio padre nel 1963 lasciò il suo quartiere per creare una nuova famiglia e andare a vivere
nel quartiere nuovo in Corso Italia, in alto vicino alla “Chiesa nova…” (Chiesa di Maria Ausiliatrice
dei Salesiani).
Il trasferimento di mio padre, per i parenti e gli amici, fu un vero tradimento, poiché allora
abbandonare il proprio quartiere “gli Archi” per andare a vivere nella città nuova Ragusa
superiore, era una vera emigrazione…, Scegliendo di vivere altrove, mio padre inevitabilmente
prese le distanze dalla realtà che lo aveva visto crescere.
Non ho mai riflettuto su quanto questo cambiamento avesse influito sui legami della nostra vita
familiare.
Legami forti e saldi che comunque si sono mantenuti e sono cresciuti, legami che di
speciale avevano soprattutto quello che non si dice, che si dà per scontato, che è naturale. Un
legame che sai che c’è e basta, che si nutre della stessa sicurezza che emana: un legame di
famiglia.
Forse per questo e per l’interminabile scorrere delle ore degli ultimi giorni di villeggiatura del mese
di luglio nella nostra casa di mare, il bagno nei miei ricordi mi è sembrato un’immersione in acque
nuove e sconosciute, dove l’eccesso emotivo ha prodotto sorrisi e lacrime allo stesso modo, un
bagno a metà fra che ciò avevo vissuto e ciò che mi ero perso perché lontano, perché distante, ma
che tuttavia mi ha permesso di immaginare oggi che il tutto era soffrire, era andare.
A quel tempo quando si andava a trovare il nonno nel quartiere natio di mio padre (San Paolo…) io,
che sarò stato un bambino un po’ rompiscatole e con addosso un musone da portare imbarazzo ai
miei genitori che cercavano di giustificarmi con imbrodabili supposizioni…, dimostravo
spudoratamente di non essere felice durante quelle visite domenicali. Non saprei dirlo, ma so che le
visite più piacevoli, sono state quelle in cui io insieme al nonno le combinavamo grosse.
Uno di questi episodi fu quando cambiai la disposizione dei quadri del soggiorno (destando
turbamento nella nonna Marianna…) con la complicità del nonno.
Nella casa in cui vivevano i nonni c’era una stanza per piano, e salire fino all’ultimo era una
conquista rara per me. All’ultimo piano vi era un lettone che sembrava avvolto da un velo di
mistero e grandezza agli occhi di un ragazzino impudente ma sensibile… quella stanza sembrava
l’interno di una nave dei pirati con quel baule grande e chiuso ermeticamente da un catenaccio
degno di un forziere del Capitano Nero… (in quel periodo leggevo molto… il mio autore preferito
era Salgari).
Poi era subentrato prorompente il mese di agosto, era il 5, giorno del mio compleanno, arrivai con i
miei genitori di mattina intorno alle 10, in una calda e umida giornata e, finché non fummo tutti i
parenti, non sarebbe iniziata la festa… (il nonno ci teneva tantissimo festeggiare il mio
compleanno… mi chiamavo come lui “Salvatore”).
Il nonno era già pronto da parecchio tempo: alto, magro, i capelli bianchi (pochi in verità), gli zigomi alti e salutarlo era come scontrarsi in pista da ballo, il naso lungo che mio padre ereditò smussato e che anch’io presi infine misurato (ne riconosco il tratto slanciato, bello, oserei dire importante). Arrivati a casa dei nonni, trovammo il nonno mentre in Tv ascoltava il concerto di musica classica che amava, stando seduto su una poltrona in cui nessuno osava sedersi. Lui era pronto da un bel po’: appena sentiva il rumore della macchina si affacciava dal balcone, poi ci accoglieva con un sorriso di felicità; spariva per un attimo e ricompariva con aria compiaciuta, finché non tirava fuori le banconote da 5 mila lire e ne dava una per nipote, indistintamente… ma per il mio compleanno usciva per me una grande banconota da diecimila lire… (una gioia indescrivibile…).
Non parlava molto, ma di certo osservava tanto: interveniva quando bisognava soprattutto quando noi ragazzi importunavamo la nonna che già da un po’ aveva smesso di ricordare, di riconoscere, di dialogare con tutti noi. Anche quando si “armava” al gioco delle carte, il nonno prendeva posto silenziosamente e agiva da intenditore, poiché trascorreva ogni giorno i pomeriggi al circolo G.B. Odierna vicino alla chiesa de “Le anime del purgatorio”.
Certo, lo scopone richiedeva un’abilità non da poco e si arrabbiava se sbagliavi a giocare la tua mano. Il suo tono rauco e profondo non era mai eccessivo, rimaneva pacato. Non ricordo di averlo mai visto seriamente arrabbiato, se quando era veramente necessario. Era saggio proprio in virtù di questo silenzio, come chi ha vissuto a pieno un’esistenza costellata di cose e persone: la barberia, il motorino, la vita sociale tra i coetanei, le tradizioni impresse nella memoria del cuore, il rispetto espresso in quel sottile “sabbinirica” mai negato ad alcuno. Ricordo che nell’ultimo periodo della sua esistenza non volle più frequentare il circolo perché sentiva le forze lasciarlo, e sì caro nonno… tu lo sapevi che stava arrivando il momento di andare, quando hai chiesto la pizza per un’ultima volta e ti arrabbiasti per quel mancato appuntamento di
una domenica di qualche mese prima di lasciarci per sempre.
Con il cuore lacerato come l’asfalto consumato e mille e più preghiere in testa, sono venuto a salutarti, senza quell’angoscia che ci prendeva negli ultimi tempi quando andavamo via e inevitabilmente ci domandavamo se fosse stata l’ultima visita. Sei stato coraggioso, eri pronto anche quel venerdì, nonostante le lacrime, unico segno di paura e commozione quando le parole sono diventate troppo difficili da pronunciare. Solo un uomo come te poteva trovare il coraggio di amare in eterno, di creare un forte legame tra di noi per quasi 60 anni; con la nonna Marianna hai formato una grande famiglia come sono grandi le famiglie al sud, insieme siete stati punti di riferimento ed esempio: il nonno mi ha insegnato la lezione più grande mostrandomi come l’amore vada oltre la vita stessa, vada oltre l’esserci. L’amore che accudisce e risana le ferite, l’amore che condivide il dolore e lo supporta, l’amore che nella longevità è capace di schioccare baci forti e privi di vergogna, questo amore che sei stato in grado di coltivare e possedere, come il dono più prezioso, come la ricchezza più grande. Sei stato padre, il padre di mio padre e pertanto mi ha lasciato in eredità un nome e un cognome che mai come oggi sono fiero di portare, perché ne ho riscoperto l’identità più profonda, sancita da quel gesto sincronico di quanti, durante i funerali, al tuo passaggio in piazza hanno calato la coppola dalla testa e hanno abbassato lo sguardo, certamente dicendo in silenzio “Sabbinirica Vossia”, e tu che la coppola ce l’avevi accanto perché non volevi andare via senza, avrai risposto “Sabbinirica”.
L’ultimo saluto
e il ringraziamento E allora che tu sia benedetto nonno, ora e sempre, benedetto da noi tutti, benedetto tra gli angeli del cielo; che tu sia benedetto accanto al Padre, là dove non serve nemmeno respirare e nel cuore di chi hai protetto per restare… e ora anche se in vita non te l’ho detto mai… Sabbinirica Nonno caro! Per saperne un po’ di più sul detto Sabbinirica… Non solo un saluto, ma anche una forma di rispetto e di augurio, in esso vi è racchiuso un mondo, una cultura: religiosità, rispetto, distanza sociale, sudditanza Sabbinirica, o Assabinirica oppure “Vossia binirica” o “Vo’scenza binirica non è un semplice saluto, è molto di più. Le origini etimologiche più accreditate di tale formula di saluto sono quelle che la fanno risalire all’arabo “As-Salam, soprattutto per l’assonanza. E’ una forma di saluto rivolta solitamente a persone anziane o che hanno una certa autorità.
Un saluto utilizzato sino agli anni ’50 – ’60 dai nostri nonni, bisnonni etc
Molte sfaccettature si intravedono subito nelle varie formule: Ssabinirica o Assabinirica = “Ella mi benedica, o vossia (mi) benedica” Vossia s’abbinirica = “Vostra signoria (mi) benedica” Voscenza s’abbinirica = “Vostra eccellenza (mi) benedica” “Assabinirica” era il saluto che rappresentava il massimo del rispetto portato verso la persona da salutare. Lo usavano i più giovani per salutare “lu tata, la matri, lu tataranni, la mammaranni“, il padre, la madre, i nonni e i parenti più grandi; oppure lo usava il figlioccio verso il padrino. Il figlio, come segno di rispetto, doveva dare del “vossia” (voi) ai genitori, ma anche ai fratelli più grandi. Ma “vossia” lo usavano soprattutto i meno abbienti quando salutavano una persona di riguardo. Così fino agli anni ‘50, nonostante la caduta del feudalesismo in Sicilia risalisse al 1912, si usava ancora dare del “Voscenza binirica” (Vostra eccellenza mi benedica), quel saluto di sudditanza che
il contadino o la persona di basso ceto dava al padrone o a chi stava più in alto nella scala sociale.
Al ricco borghese come titolo si attribuiva il “don”, da dominus, (maestro, padrone) prima del nome, e il “voi” come segno di distinzione; la moglie era chiamata “donna”, per la stessa radice, da domina. Quando per strada si salutava una persona di riguardo, era doveroso alzare il cappello o il berretto e fare un leggero inchino dicendo: “servu sò” oppure “servu di voscenza”. Lo stesso succedeva se la persona di riguardo era affacciata al balcone; si salutava “scappellandosi”.
Ma se al balcone era affacciata una signora di nobile casato o soltanto benestante, uno del popolo, che passava di sotto, salutava senza alzare lo sguardo per non essere troppo sfrontato! Notare come a salutare dalla strada erano quelli col cappello, quindi solo gli uomini. Le donne in casa, al massimo al balcone, ma se benestanti. Quando si incontravano persone di pari “merito” già le cose cambiavano e allora “salutamu” oppure “baciamu li manu”. E qui ci sarebbe da divagare! Ma rimaniamo nella ricerca. Altra espressione siciliana era “Voscenza”, derivante dalla voce spagnola “vuestra excelencia”, ovvero “vostra eccellenza”.
Si tratta dunque di un titolo utilizzato in Sicilia, specialmente nell’uso parlato,
per rivolgersi a persone di riguardo e/o prestigio come, per esempio, nell’espressione: – “Voscenza
mi perdoni se la disturbo, ma ho urgenza di parlare con lei”. Nella collezione degli elogi:
“‘Minenza” (Eminenza), Vossignuria” (Vostra Signoria).
Per le persone appartenenti all’ultimo gradino della scala sociale si usava il “gnuri ” per l’uomo e
“gnura” per la moglie, forse “signuri” o “signura” potevano far montare loro troppo la testa.
I
lavoratori giornalieri, gli antenati degli stagionali di adesso, o peggio dei migranti in nero, che non
avevano alcuna specializzazione nel lavoro, venivano chiamati col loro nome di battesimo. Se poi si
fosse andato avanti con l’età si sarebbero meritati il titolo di “zu” e “za”. Così c’era “u zu Vicenzu”
o “a za Mimma”.
Forse prima c’era più rispetto? Forse!?
Non sono certo le parole ma quello che c’è
dietro e intorno ad esse a fare la differenza.
La poesia Assabbinirica incorniciata presso il circolo “G. Odierna” ad Ibla che frequentava il nonno
Assabbinìrica
Quann’eru nicu la cosa chi cchiù ri tutti sèntiri mi piacìa, era quannu assabbinìrica me patri a me nonna ci
ricìa.
Lu sensu bonu di stà pàrola nun la capìa, ma a me nonna tantu cuntènta la facìa.
A tempi antìchi lu rispèttu era cchiù forti, e lì vicchiarèddi anchi scarsi l’amàvi finu a la morti.
Avìlli rintra unn’era un pisu, ti ràvanu cunsìgghi e mittìanu lu surrìsu.
Cù lu tempu càpivi chi era ‘na biniriziòni, e chi a cú la ricivìa ci rava prutiziòni.
Quantu addisiàssi sèntimi diri ancora ‘na vota di me nonna binirittèddu, picchì mi fàcia sèntiri ‘mpurtànti,
amàtu e beddu.
Ci sunnu così chi ti fannu sèntiri ciàvuru di casa, assabbinìrica avi lu stessu sapùri di ‘na vucca chi ti vasa.
È pròpriu veru chi ci sunnu così chi ti porti ‘nta lu cori, di quannu nasci finu a quannu mori.
Salvatore Battaglia
Presidente Accademia delle Prefi
Cultura
Pantelleria . Accorpamento classi liceo, La Francesca (PD) “Decisione inaccettabile”

“Una decisione incomprensibile e inaccettabile quella dell’Ufficio Scolastico Provinciale che ha deciso l’accorpamento delle classi del Liceo Scientifico e del Liceo delle Scienze Umane in un’unica classe per il prossimo anno scolastico 2025-2026. Nello stesso tempo manifestiamo pieno appoggio e solidarietà alla protesta dei genitori dell’istituto superiore a Pantelleria che hanno denunciato, fra l’altro una palese violazione del diritto allo studio.”
E’ questo quanto dichiara il Segretario del Partito Democratico di Pantelleria, Giuseppe La Francesca a seguito dell’incomprensibile decisione di accorpare le prime classi del Liceo Scientifico e del Liceo delle Scienze Umane in un’unica sezione per l’anno scolastico appena iniziato. Vengono così annullate, continua La Francesca, le legittime aspirazioni di 15 ragazzi che avevano fatto una scelta consapevole sul proprio percorso di studio e per l’ennesima volta non si tiene in considerazione le nostre condizioni di insularità. “Non vorrei che dopo che hanno costretto le nostre mamme a partorire fuori Pantelleria, anche tutti i nostri ragazzi siano costretti a iscriversi alle scuole superiori fuori isola!”
Pur consapevoli, chiude il Segretario del PD Pantelleria, che tale scellerata decisione è stata assunta dall’Ufficio Scolastico Provinciale, è necessario che la politica tutta prenda forte e convita posizione sulla vicenda perché per l’ennesima volta è in gioco il futuro dei nostri ragazzi e della nostra isola.
Per approfondire: Pantelleria, accorpate in una sola classe studenti di licei differenti. E’ protesta
Ambiente
Pantelleria diventa “Isola Asinabile”: ad ottobre 1ª edizione festival per l’asino pantesco

L’Isola di Pantelleria celebra il suo legame storico con l’asino e si prepara a diventare la prima “Isola Asinabile” d’Italia
Dal 5 al 12 ottobre 2025, si terrà la prima edizione del “Festival Asinabile”, un evento che punta a valorizzare il ruolo di questo animale, simbolo di fatica, resilienza e, oggi, di riscoperta sociale e terapeutica.
Organizzato dall’Ente Parco Nazionale Isola di Pantelleria in collaborazione con il Comune di Pantelleria, la Regione Siciliana e numerosi partner, il festival è un’iniziativa che va oltre la semplice celebrazione: vuole essere un’occasione per riconnettersi con la natura, promuovere il turismo sostenibile e riscoprire l’importanza dell’asino pantesco.
“Tramite l’asino pantesco riusciremo a riscoprire esperienze di bellezza e grande emotività in modo semplice, circondati dalla meraviglia del paesaggio di Pantelleria – dichiara Italo Cucci, commissario straordinario del Parco – “Prendiamo l’impegno, tramite la celebrazione dell’animale simbolo dell’isola, di far partire da qui un messaggio di positività e bellezza in un periodo storico molto difficile. Sono certo che questo evento lascerà a ciascuno dei partecipanti un grande arricchimento, interiore ecco perché sarà importante esserci”.
Con la direzione organizzativa di Massimo Montanari, fondatore dell’asineria didattica «Asini di Reggio Emilia» ed esperto di educazione ambientale, il festival si articola in tre aree tematiche principali, accessibili a residenti e turisti di ogni età:
- Piazza Asinabile (Piazza Cavour): Un hub creativo e didattico con stand, laboratori manuali, giochi antichi e un recinto dove interagire e coccolare gli asinelli. Attività come “Asino Lab” e la “Ludonkey” renderanno l’apprendimento divertente per i più piccoli.
- Cammini Asinabili: Passeggiate guidate alla scoperta dei tesori naturalistici di Pantelleria, con percorsi che conducono al recinto di Sibà, dimora degli asini panteschi. Un’occasione per esplorare l’isola con una carota in tasca e celebrare il rapporto con questi affascinanti animali.
- Parole d’Asino: Un ciclo di convegni, dibattiti e incontri culturali che daranno voce a esperti, scrittori e viaggiatori. Tra gli ospiti, figure di rilievo come Daniele Bigi dell’Università di Bologna e Giuseppe Pace, responsabile del progetto di recupero dell’asino pantesco. Saranno esplorate le potenzialità della pet therapy, l’asino come compagno di viaggio e le storie di chi ha dedicato la propria vita a questi animali.
L’evento si aprirà domenica 5 ottobre con l’inaugurazione ufficiale in Sala Consiliare, e si articolerà in numerose attività organizzate aperte alla cittadinanza che riguardano momenti di svago, attività didattiche specifiche per le scuole di ogni ordine e grado, e un convegno conclusivo, sabato 11 ottobre, che sancirà ufficialmente il riconoscimento di Pantelleria come “Isola Asinabile”.
Il Festival Asinabile è reso possibile grazie alla collaborazione di numerose associazioni, che contribuiranno a rendere il programma ricco e variegato. Esoprattutto con l’importante presenza delle aziende agroalimentari e artigianali pantesche che arricchiranno le iniziative di identità territoriale. Il programma completo è visionabile su sito del parco nella sezione dedicata al Festival Pantelleria Asinabile.
Cultura
Divieto dei cellulari a scuola, le reazioni degli studenti di Pantelleria

Sul non uso dei telefoni in classe: interviste a Filippo Maccotta e Emanuele Pinna
Tra le diverse novità che interessano il mondo scolastico, dal 15 settembre 2025 per la Regione Siciliana, tra i banchi delle scuole di ogni ordine e grado è vietato l’utilizzo cellulare.
Figli e famiglie sono divisi: c’è chi la ritiene una strategia formativa e chi, invece, non è d’accordo.
Abbiamo così voluto conoscere la reazione degli studenti di Pantelleria, su questa novità che tanto clamore ha riscontrato.
Sono stati scelti a campione due giovani di diversi contesti scolastici. Si tratta di studenti modello, molto impegnati e maturi per l’età e l’epoca storica che stanno vivendo.
Filippo Maccotta
Il primo, Filippo Maccotta, 15enne al II anno di liceo scientifico, ci ha innanzitutto spiegato che attualmente nel suo istituto i cellulari verranno conservati negli zaini, per tutto l’arco della giornata scolastica e non potranno essere usati nemmeno durante la ricreazione. Nel caso non dovesse funzionare, i docenti o chi per loro provvederanno a requisire gli smartphone.
“Anche prima durante le lezioni il telefono non si poteva utilizzare e sono d’accordo, ma il divieto di utilizzarli durante la ricreazione mi sembra esagerato. L’anno scorso, nonostante si potesse usare durante la ricreazione, stavamo in gruppo e non solamente al telefono. Reputo che sia un po’ inutile proibirlo durante la ricreazione e credo peggiori la situazione perché ci si sente più incatenati. “
Emanuele Pinna
La seconda testimonianza ci arriva da Emanuele Pinna, in classe terza media
Emanuele, cosa ne pensi di questa nuova normativa? “Sono d’accordo con questa nuova normativa perché permette a tutti noi studenti, soprattutto a quelli meno responsabili, di non usare il telefono a scuola. Siamo tutti più coscienti, sapremo quando è corretto utilizzarli e quando no. Sono favorevole al divieto.”
Giada Zona
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