Cultura
Rubrica: Storie di Sicilia U Sceccu, storia degli asini in Sicilia

In questo breve racconto descrivo alcuni episodi della mia vita che riconducono ad un aspetto peculiare della tradizione siciliana: U Sciccareddu sicilianu (l’asinello siciliano)
“U sciccareddu”, dolce e malinconica canzone che cantavo nel pullman durante il tragitto New York-Washinton. Il viaggio di piacere di due giorni per visitare la capitale degli stati Uniti d’America organizzato dal giornale Italo/Americano “il Progresso”, è stato nel 1983… io come al solito presi l’iniziativa di animare la compagnia cimentandomi a cantare alcuni brani siciliani tradizionali per far rivivere l’indimenticata Sicilia ai compagni di viaggio, per la maggior parte immigrati o figli di immigrati italiani… destando gioia e commozione… ricordo ancora l’inizio della celeberrima canzone… una fra le tante era: Poveru sceccu miu…
Chi bedda vuci avia, – pareva un gran tenuri – sciccareddu di lu me cori – comu iu t’haiu a scurdari. E quannu cantava facia: – i-ha, i-ha, i-ha, – sciccareddu di lu me cori – comu iu t’haiu a scurdari. Quannu ‘ncuntrava un cumpagnu – subito lu ciarava, – e doppu l’arraspava – cu granni cariti. Chi bedda vuci avia, – pareva un gran tenuri – sciccareddu di lu me cori – comu iu t’haiu a scurdari… etc.
La mia esibizione fu un successo… i gitanti mi offrirono la loro amicizia e il pranzo… invece destai ilarità e sarcasmo da parte dei due amici con cui avevo intrapreso quel viaggio di piacere alla scoperta dell’America… Ah…! Proposito della celeberrima canzone “ u sciccareddu” è una delle canzoni popolari siciliane più famose. Come alcuni dei canti più famosi dell’isola, non ha una melodia molto allegra e, di fatto, anche il testo è un po’ malinconico; tuttavia il brano è stato apprezzato ed è entrato a far parte della tradizione folkloristica dell’isola. L’autore è ignoto e nel tempo vi sono stati diversi adattamenti e versioni. Lo sciccareddu, cioè l’asino, ha rivestito in passato una fondamentale importanza per la vita delle comunità.
Il Racconto di Mariuzzu u sciumararu Don Mariuzzu mi aveva visto nascere… lui era noto nel quartiere degli Archi con il nome “Mariuzzu u sciumararu” (Mario il coltivatore di verdure presso le sponde del fiume) e per ironia della sorte, per un breve periodo della nostra vita, abbiamo lavorato insieme presso il Molino S. Lucia di Ragusa… Un sabato mattina di fine luglio mi invitò presso i suoi possedimenti vicino la vallata S. Domenica e con grande meraviglia trovai degli appezzamenti di terreni a terrazza ben ordinati e amorevolmente curati, ma la cosa più sorprendente era la gioia e l’entusiasmo che sprigionava il Mariuzzo nel descrivere tutto ciò perché era parte della sua vita la “Sciumara”. Mariuzzu mi
descriveva le varie coltivazioni, la casa dove la sua famiglia aveva vissuto… le varie disgrazie che proprio lì avevano segnato la sua vita per sempre in modo indelebile… la morte della madre e di una sorella uccisi da una bomba lanciata dagli americani durante lo sbarco in Sicilia…, il suicidio di un fratello nella stalla per impiccagione… ma Mariuzzu non destava rancore, (era un uomo di animo buono… a volte si comportava come se quelle disgrazie non fossero mai accadute… e sorridendo parlava d’altro…) proprio dove erano morte la madre la sorella e per ultimo il fratello maggiore… Mariuzzu teneva uno Sceccu (Asinello…) amabilmente curato e tenuto quasi come uno di famiglia… e con molta semplicità mi volle raccontare una storiella che il suo amato padre sin da piccolo raccontava a lui e ai suoi fratelli … come non si poteva destare attenzione… al buon Mariuzzu… e sedutici accanto a Linuzzu (era il nome dell’Asinello…) incominciò il racconto: Chista (questa) storia “ ma cuntau ma patri e iu cun grandi rispiettu ta cuntu senza mintiri e senza livari nenti “ (me la raccontata mio padre ed io con grande rispetto te la racconto senza dire il falso e senza negare qualcosa). Si racconta di un ricco massaro (proprietario di masserie) e di uno Sceccu (Asino) dalle qualità eccellenti. U Sceccu eccezionalmente bello quanto intelligente, aveva un solo difetto, gli mancava la parola.
Il massaro fiducioso e carico “ri” di stima verso l’amico a quattro zampe, si era addirittura convinto che l’animale sarebbe stato in grado di apprendere persino le scienze e le lettere, se qualcuno lo avesse istruito e gli avesse dedicato del tempo. In seguito a questa ottimistica visione del ricco massaro, si presentò un giovane maestro proveniente da Frigintini povero e squattrinato. Si offrì d’istruire l’asino (sceccu) in cambio di un piccolo compenso, vitto ed alloggio per la durata di un minimo di dieci anni; perché il ciuco apprendeva sì, ma lentamente. Così pattuito si accordarono felicemente. Al ricco massaro del ciuchino non restava altro da fare che pazientare, finalmente qualcuno gli aveva dato speranza, si sarebbe dedicato ad insegnare tutto ciò che occorreva al bell’asinello. Il giovane maestro dal canto suo, invece, aveva risolto così i suoi problemi economici e di sostentamento per i prossimi dieci anni. Erano tutti contenti, non sappiamo cosa pensasse nel frattempo l’asino… occorre pazientare per poi trarre le dovute conclusioni…
Trascorsi degli anni, lo stalliere fece notare al maestro che u sceccu non presentava un minimo di cambiamento e che gli anni inesorabilmente scorrevano. Il giovane maestro, con lo stesso ottimismo e la stessa scaltrezza che aveva mostrato all’inizio dell’impresa, rasserenò lo stalliere. Rispose invitandolo a non darsi pensiero, a stare tranquillo e conclude dicendo:” DI CCA’ A TANNU O MORI U SCECCU O MORI U PATRUNI “. Traducendo dal siciliano “di qua a quando trascorreranno questi dieci anni, o sarà morto l’asino o sarà già morto il padrone”. Il problema non si pone… e con una sonora risata Mariuzzu mi dette una pacca sulla spalla e insieme ci avviamo verso la cucina per degustare la ricotta calda con il pane di casa, magistralmente preparata secondo gli usi e la tradizione locale…
La ricerca e la scoperta dell’origine del nome in siciliano dell’asinello come Sceccu o Scicareddu Il giorno susseguente all’andata nella sciumara di Mariuzzu andai di buon’ora dal Carrittieri Linu (Carrettiere Lino) Garaffa per cercare meglio l’ origine della parola “Sceccu” nel nostro parlato
dialettale. Il Linu abitava vicino la chiesa di Santa Maria delle Scale a ridosso della casa di Luciano inteso “u Iattu” (il Gatto), conosciutissimo nel quartiere perché aggiustava le ossa e le distorsioni… (era un antesignano dell’ortopedico e del fisioterapista…); per il compenso bastava dare qualcosa di buono da mangiare o in rari casi qualcuno donava qualche soldo… “U Iattu” non pretendeva niente ma gradiva tutto ciò che gli si donava… Suonai ben tre volte nel campanello del Carrittieri e dopo un po' mi aprì con un saluto caldo e sonoro… Buongiorno…! “Chi puozzu fari pi Tia… Tu sii u figghiu ri Testa Rossa u varbieri…” (che cosa posso fare per Te… Tu sei il fiiglio di Testa rossa il barbiere). Io gli risposi che volevo sapere l’origine della parola “Sceccu” nel nostro dialetto e lui immediatamente mi spiegò che secondo una leggenda, per spiegare l’origine di questo nome, dobbiamo risalire al tempo in cui gli Arabi conquistarono la Sicilia. I rapporti tra i due popoli inizialmente non erano tra i migliori. Il re arabo Miramolino voleva a tutti i costi e in tutti i modi affermare il suo potere di sovrano e stabilì delle regole che vietavano ai Siciliani di portare con sé armi e di andare a cavallo, un vero e proprio abuso di potere.
“Né noi, né loro!” pensarono i Siciliani. Per vendicare il torto subito, allora, i siciliani decisero di avvelenare l’acqua di tutti gli abbeveratoi, per fare morire tutti i cavalli presenti sull’isola. Gli Arabi a questo punto decisero di far arrivare in Sicilia dei cavalli provenienti dall’Africa, ma questi morirono in nave a causa di una tempesta. Si salvarono solo degli asini e furono questi che gli Arabi furono costretti ad utilizzare per il loro trasporto. Gli sceicchi sui somarelli… I Siciliani così cominciarono a deridere il re, decisamente ridicolo a cavallo del suo asino, tanto che vista la reale situazione, il re, fu costretto a rivedersi ridando la libertà tolta al popolo siciliano. Da quel momento in poi gli asini furono chiamati “scecchi”, facendo derivare questo nome dal termine “sceicchi”, parola con la quale venivano indicati gli Arabi che cavalcavano gli asini.
Il Saluto e il Proverbio…
Beh…! Potevo ben dire di aver colmato una delle tante lacune su una delle peculiarità che contraddistinguono la mia amata terra di Sicilia dalle altre regione d’Italia… anzi pensai immediatamente che il giorno dopo avrei raccontato il tutto al mio amico sciumararo Mariuzzu presso il Molino S. Lucia… sicuro che gli avrei fatto cosa gradita… Salutando con gratitudine Don Linu il carrettiere, notai proprio nella parete della cucina una maiolica con un bel proverbio sicicilano “U sceccu si pò vestiri ri cavaddu, ma prima o poi aragghia” e sì disse il Lino: questo proverbio vuole semplicemente dire che si può anche fingere di essere ciò che non si è, ma la propria natura, prima o poi, verrà fuori. Questo modo di dire, dunque, è un invito a non mentire sulla propria natura e a mostrarsi sempre in modo sincero, e fu così che ci salutammo…
Salvatore Battaglia Presidente accademia delle Prefi
In copertina l’asino di Pantelleria
Spettacolo
Spettacolo – Talè Casting cerca uomini e donne di Etnia Cinese e Giapponese per film trapanese

Talè Casting sta cercando figurazioni per un film nel trapanese
Per un nuovo film che sarà girato a Trapani dal 30 maggio al 7 giugno 2025
Stiamo cercando Uomini e Donne di Etnia Cinese e Giapponese.
Contatti e scadenza
Gli interessati, per candidarsi al casting, dovranno inviare un messaggio su whatsapp al numero + 39 3791332746 entro sabato 30 maggio 2025, scrivendo nome e cognome, età, residenza e recapito telefonico
Cultura
Proverbi marinareschi a Pantelleria – “Vinni u mari cu tutti ‘e pateddre”

Varca torta, viaggiu rittu
Barca torta, viaggio dritto. Per imbarcazione “torta” qui non deve intendersi un naviglio guasto e
malandato, ma piuttosto una barca dal profilo marino non troppo riuscito esteticamente per colpa
dei mastri del cantiere navale e che quindi, per la sua linea inelegante e non bella, viene appellata
dai marinai appunto “torta”.
Non dimentichiamo che per i marinai la barca è sempre “fimmina” e
quindi deve avere la sua bellezza esteriore.
Eppure spesso una barca torta ti conduce, con viaggio felice e sereno, nel porto prefissato, a
differenza di imbarcazioni dal profilo bello ed elegante, che però danno non pochi problemi e
grattacapi nel viaggio.
Si dice anche per un uomo non appariscente, non particolarmente dotato nel fisico dalla natura, che
però riesce, a differenza di altri, a raggiungere ambiziosi e difficili traguardi, con meraviglia di
quelli che lo consideravano alla stregua di un “perdente” all’inizio dell’impresa.
Vinni u mari cu tutti ‘i pisci
Venne il mare con tutti i pesci. Ci si riferisce ad una violenta mareggiata, che ha portato a riva
perfino i pesci. O meglio a un evento eccezionale che ha sconvolto completamente la vita di una
famiglia.
Come sempre però c’è una mareggiata che supera tutte le altre e quindi in alcuni paesi
marittimi della Sicilia si è coniato il detto rafforzativo “Vinni u mari cu tutti ‘e pateddre”. Burrasca
davvero tremenda se il mare è riuscito a strappare nientemeno che le patelle dagli scogli. E come
tutti sanno togliere le patelle, per gustarsele, dagli scogli non è impresa affatto facile se non si ha
l’idoneo coltello.
Vopa di maju e trigghia di jinnaru
Boga di maggio e triglia di gennaio. Infatti le boghe sono da pescare nel periodo primaverile perché
più buone da mangiare, mentre le triglie raggiungono la piena maturità nel periodo invernale.
Vuti di marinaru duranu quantu la timpesta
I voti di marinaio durano quanto la tempesta. E già, perché nel momento del pericolo, allorquando
la tempesta è al suo apice, ecco i marinai promettere voti a tutti i Santi e a tutte le Madonne affinché
l’aiuto celeste, invocato con tanto fervore e compunzione, li salvi dalla procella e l’imbarcazione
possa raggiungere infine un porto sicuro. Un minuto dopo che è cessata la tempesta, quei voti sono
già belli e dimenticati. Per la verità tali comportamenti meramente opportunistici non sono solo dei
marinai.
Però, in un certo qual senso, questo proverbio è ingiusto con i marinai, almeno per il passato. Basta
fare una visita ai santuari marittimi e ammirare la moltitudine di ex voti di marinai, per lo più quadri
e modellini navali, appesi alle pareti.
Certo era una pratica del bel tempo andato, di quando la
navigazione era essenzialmente a vela, ma dimostra che la gente di mare di quel periodo non
dimenticava affatto i suoi voti.
Uno dei santuari siciliani, che ha una straordinaria e fascinosa raccolta di ex voti marinari, è senza
dubbio quello della Madonna dell’Annunziata di Trapani.
Vutu di marinaru e juramentu di jucaturi
Voto di marinaio e giuramento di giocatore. Si dice di solenni promesse che però durano lo spazio
di un mattino.
(15 – fine)
Orazio Ferrara
Cultura
Provola dei Nebrodi D.O.P.: Tradizione, Innovazione e Premiazione il 25 Maggio

Premiazione speciale ai migliori produttori di Provola dei Nebrodi D.O.P.
È con una premiazione speciale dedicata ai migliori produttori della Provola dei Nebrodi D.O.P. che si concluderà, domenica 25 maggio, la giornata finale del progetto PdN SC. CO. Marketing. Un evento che racchiude il senso più profondo dell’iniziativa: valorizzare un’eccellenza casearia della Sicilia orientale, legata in modo indissolubile al territorio dei Nebrodi, alla sua tradizione pastorale e alla sapienza dei casari.
In questi mesi lo si è fatto attraverso il progetto finanziato dal PSR Sicilia 2014/2022 – Sottomisura 16.1 (“Sostegno per la costituzione e la gestione dei gruppi operativi del PEI in materia di produttività e sostenibilità dell’agricoltura”), che porta un titolo ambizioso e programmatico: “Stagionatura collettiva, Concentrazione dell’offerta della Provola dei Nebrodi D.O.P. e nuovi modelli di qualificazione e valorizzazione dei prodotti”. Nel corso di varie fasi si è sviluppato un percorso volto a consolidare il valore della Provola dei Nebrodi D.O.P. mediante attività di ricerca scientifica, sperimentazione, formazione e comunicazione.
In questi anni il progetto ha puntato non solo sul miglioramento della qualità attraverso tecniche di stagionatura collettiva e sfogliatura, ma anche su strategie di marketing avanzate, con il coinvolgimento di università, ricercatori, imprese del settore e professionisti della comunicazione.
La Provola dei Nebrodi D.O.P. è del resto simbolo della Sicilia rurale. Ottenuta da latte crudo vaccino e lavorata con metodi artigianali, è uno dei formaggi storici siciliani. La sua lavorazione, ancora oggi affidata all’esperienza dei casari locali, racconta una storia di tradizione, passione e rispetto per la natura. È una pasta filata che conserva nel gusto e nella struttura tutta la forza di un territorio dove le vacche pascolano libere sulle colline verdi dei Nebrodi.
La sua variante più distintiva è la Provola sfoglia, su cui il progetto ha concentrato specifiche attività di studio, analisi sensoriali, sperimentazioni di packaging innovativi e nuove tecniche di stagionatura per accrescere la riconoscibilità del prodotto sui mercati nazionali e internazionali.
L’evento di Floresta, con convegno, degustazioni e visione per il futuro, si svolgerà presso il plesso scolastico di via Umberto I e sarà un ulteriore momento di divulgazione scientifica e confronto tra ricerca, imprese, istituzioni, scuole e comunità locali, con l’obiettivo di restituire al territorio i risultati ottenuti e tracciare le prossime strategie di crescita.
Dopo i saluti istituzionali del sindaco Antonio Stroscio e dei rappresentanti dell’Assessorato regionale e degli Ispettorati dell’Agricoltura, il convegno entrerà nel vivo con gli interventi di Giuseppe Licitra (responsabile scientifico del progetto) e dei ricercatori Giantonio Calandra e Rosario Petriglieri del CoRFiLaC, che presenteranno i risultati sulle tecniche di stagionatura, sfogliatura e analisi nutrizionali della provola.
Spazio anche alla comunicazione con le relazioni di Donatella Fiorentino e Mario Scolari (Teseo Marketing Research) e del prof. Vincenzo Russo (Iulm Milano), che parlerà di neuromarketing applicato al settore agroalimentare. Seguiranno la presentazione del nuovo packaging, dello spot istituzionale e del piano di comunicazione a cura dei partner del progetto. Il presidente della cooperativa capofila Bio Natura, Piero Valenti, illustrerà il percorso “prima e dopo il progetto”, mentre, a conclusione del seminario, Giuseppe Licitra offrirà una visione sul futuro della D.O.P.
Nel pomeriggio, il programma si arricchirà con il laboratorio d’assaggio a cura dei produttori partner, in collaborazione con l’Istituto Alberghiero di Randazzo, e con la premiazione dei migliori produttori della Provola dei Nebrodi. Del resto dietro ogni fetta c’è un mondo da raccontare perché questo formaggio è memoria collettiva, identità territoriale, valore economico e culturale. Il progetto PdN SC. CO. Marketing ha voluto riconoscerne la potenzialità, investendo sulla ricerca e sulla collaborazione tra attori diversi, con l’obiettivo di costruire nuove prospettive di sviluppo locale sostenibile, in cui qualità, tradizione e innovazione convivano armonicamente.
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