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Scienza

Razzo cinese in caduta libera su Italia meridionale e Sicilia? Ecco cosa c’è da sapere

Giuliana Raffaelli

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Il razzo cinese Long March 5B, secondo gli attuali calcoli, potrebbe ricadere sulla Terra nei prossimi giorni, e puntare sull’Italia meridionale.

Long March 5B si è staccato dalla componente centrale della futura stazione spaziale cinese e sta vagando nell’orbita terrestre senza possibilità di controllo da parte degli scienziati.

Quello degli oggetti che vagano nello spazio (chiamati “detriti spaziali”) è un problema che, sin dai tempi delle prime esplorazioni spaziali, ha catturato l’attenzione di scienziati e opinione pubblica. Ma oggi colpisce ancor di più noi italiani perché i quotidiani nazionali, anche i più moderati, stanno uscendo in questi giorni con titoli altamente allarmistici, mettendo in prima pagina la notizia del rischio potenziale cui è sottoposto il nostro Paese (soprattutto l’Italia meridionale e quindi anche la Sicilia) a causa della caduta, che avverrà tra pochi giorni (intorno al 10 maggio), del razzo di un modulo spaziale cinese.

Lo scorso 29 aprile alle 5.23 ora italiana, con un lancio impeccabile, i cinesi hanno messo in orbita il primo modulo della stazione spaziale Tiangong (letteralmente “Palazzo Celeste” o “Tempio del Cielo”), che dovrebbe essere operativa nel prossimo anno. Il lancio è avvenuto dal Centro spaziale di Wenchang a Hainan (isola meridionale della Cina) grazie al razzo Long March 5B, tra i più potenti mai costruiti dall’industria spaziale cinese.

Ma dopo il lancio è successo qualcosa di inaspettato. A circa 240 secondi dalla partenza, dal modulo centrale “Tianhe” (“Armonia del Cielo”, che rimarrà in orbita diventando la “casa” dei futuri astronauti) si sono staccati (come è normale che sia) i quattro razzi laterali e questi sono regolarmente rientrati. Dopo 492 secondi stessa cosa è accaduta alla sua parte centrale, che si è quindi staccata e che avrebbe dovuto rientrare anch’essa sulla Terra seguendo una traiettoria controllata o bruciando in atmosfera o, al massimo, finendo nell’Oceano Pacifico nell’area chiamata il “cimitero dei satelliti”.

Ma qualcosa non ha funzionato e il razzo, di 20 tonnellate e lungo circa 30 metri,  non dà più segni di vita.

Questo grosso frammento si sta comportando come un “veicolo passivo”, non controllabile da Terra e che, subendo solo l’azione “frenante” dell’atmosfera (si trova infatti a 160 chilometri di quota), lo sta facendo ricadere verso il nostro Pianeta. Non pensate che si tratti di un fatto così nuovo o inusuale. La stessa cosa era già accaduta l’anno scorso (11 maggio 2020) con “detriti spaziali” di un altro razzo cinese che erano ricaduti in Africa colpendo alcuni villaggi della Costa d’Avorio. Dell’accaduto si era parlato poco a causa dello scoppio della pandemia, ma la comunità scientifica era rimasta due giorni con il fiato sospeso a monitorarne la traiettoria.

Lo stadio del razzo sta ora orbitando intorno alla Terra ogni 90 minuti a una velocità elevatissima (circa 23.400 chilometri all’ora) e anche un piccolo cambiamento potrebbe modificarne traiettoria e luogo di impatto. Sulla base dell’attuale orbita, peraltro analoga a quella dello scorso anno, il rientro dovrebbe avvenire nella fascia compresa fra 41,5 gradi a Nord e 41,5 gradi a Sud. Questa fascia copre circa il 70% della Terra e quindi anche l’Italia centrale e meridionale.  E ciò vuol dire che potrebbe cadere ovunque.

Non bisogna quindi preoccuparsi. L’orbita del razzo potrebbe subire ancora variazioni ed è presto per trarre conclusioni. Inoltre sembra indiscutibile che gran parte del razzo brucerà nell’atmosfera.

Ma quanto ne potrebbe sopravvivere? Secondo Holger Krag, Capo dell’Ufficio del programma per la sicurezza spaziale dell’Agenzia spaziale europea, è difficile valutare quanto materiale potrebbe giungere sulla Terra dopo che l’oggetto avrà attraversato l’atmosfera. Le previsioni più pessimistiche indicano che ne potrebbe sopravvivere anche il 40 per cento.

Ipotesi a parte, come sottolineato da Jonathan McDowell, astrofisico dell’Astrophysics Center dell’Università di Harvard, in una intervista all’inglese The Guardian, quello che sta succedendo è davvero negligente da parte della Cina perché oggetti superiori a dieci tonnellate non si lasciamo cadere dal cielo intenzionalmente, senza alcun controllo. È, inoltre, regola generale che i lanci spaziali prevedano che nessun oggetto oltre le 10 tonnellate sia volontariamente lanciato in orbita per rientrare in modo incontrollato.

La caduta dei frammenti in Africa aveva aperto gli occhi della comunità scientifica internazionale, che si era posta il problema del perché i cinesi non avessero tentato di spostare il razzo su un’altra orbita. Ci si aspetta oggi che, dopo quell’“incidente”, la Cina tenti un rientro controllato. Ma per ora non ci sono notizie in merito e quindi… non resta che attendere gli sviluppi della vicenda.

(Foto di copertina: il razzo cinese Long March 5B)

Giuliana Raffaelli

Laureata in Scienze Geologiche, ha acquisito il dottorato in Scienze della Terra all’Università di Urbino “Carlo Bo” con una tesi sui materiali lapidei utilizzati in architettura e sui loro problemi di conservazione. Si è poi specializzata nell’analisi dei materiali policristallini mediante tecniche di diffrazione di raggi X. Nel febbraio 2021 ha conseguito il Master in Giornalismo Scientifico all'Università Sapienza di Roma con lode e premio per la migliore tesi. La vocazione per la comunicazione della Scienza l’ha portata a partecipare a moltissime attività di divulgazione. Fino a quando è approdata sull’isola di Pantelleria. Per amore. Ed è stata una passione travolgente… per il blu del suo mare, per l’energia delle sue rocce, per l’ardore delle sue genti.

Scienza

Possibile elisir di lunga vita: Topi anziani ringiovaniti con l’infusione di liquido cerebrospinale…

Redazione

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Tornare giovani senza pagare pegno: un sogno che potrebbe diventare realtà, grazie a un'innovativa terapia antiaging che cancella i segni dell’invecchiamento riprogrammando le cellule.

Somministrata ai topi a partire dalla mezza età fino alla vecchiaia, li ha ringiovaniti senza provocare tumori o altri problemi di salute. Lo dimostra lo studio pubblicato sulla rivista Nature Aging dal Salk Institute in California in collaborazione con la società Genentech del gruppo Roche.

“Siamo elettrizzati dall’idea di poter utilizzare questo approccio nell'arco della vita per rallentare l'invecchiamento negli animali: la tecnica è sicura ed efficace nei topi” afferma Juan Carlos Izpisua Belmonte del Salk Institute.

“Oltre ad affrontare le malattie legate all’età, questo approccio può fornire alla comunità biomedica un nuovo strumento per ripristinare la salute dei tessuti e dell'organismo migliorando la funzione e la resilienza delle cellule in diverse situazioni patologiche, come le malattie neurodegenerative". Per riportare indietro le lancette dell’orologio biologico, i ricercatori hanno usato un cocktail di quattro molecole (Oct4, Sox2, Klf4 e cMyc, meglio note come “fattori di Yamanaka”) in grado di riprogrammare l’epigenetica delle cellule, ovvero le modificazioni chimiche (ereditabili o acquisite per effetto dell’ambiente

o dello stile di vita) che rivestono il Dna regolandone l’espressione. Nel 2016 avevano già sperimentato l’elisir di giovinezza nei topi affetti da invecchiamento precoce, mentre in tempi più recenti avevano dimostrato che il mix è in grado di accelerare la rigenerazione dei muscoli nei topi giovani. Alla luce di questi primi esperimenti, altri gruppi di ricerca avevano provato lo stesso approccio per migliorare la funzionalità di tessuti e organi come il cuore, il cervello e il nervo ottico. Nessuno, però, aveva provato a testarne l’efficacia e la sicurezza in caso di un utilizzo prolungato nel corso della vita.

Per farlo, i ricercatori del Salk Institute hanno somministrato il cocktail di molecole a topi sani di 15 mesi fino all’età di 22 mesi (l’equivalente di una terapia assunta dai 50 ai 70 anni nell’uomo) e a topi di 12 mesi fino ai 22 mesi (dai 35 ai 70 anni nell’uomo), mentre un terzo gruppo di topi di 25 mesi (pari a 80 anni nell’uomo) è stato trattato per un mese. "Volevamo verificare che l’utilizzo di questo approccio per un arco di tempo più lungo fosse sicuro  afferma Pradeep Reddy, ricercatore del Salk Institute.” In effetti, non abbiamo riscontrato alcun effetto negativo sulla salute, né sul comportamento o sul peso corporeo di questi animali”. Alla fine della terapia, infatti, nessun topo presentava alterazioni delle cellule del sangue, anomalie neurologiche o tumori.

I topi più anziani trattati per un mese non hanno mostrato segni di ringiovanimento, mentre i topi trattati per sette o dieci mesi sono migliorati, sia per quanto riguarda l’epigenetica delle cellule della pelle e dei reni, sia per le molecole 'spia' del metabolismo presenti nel sangue. Gli effetti dell’elisir di giovinezza, però,

non risultano apprezzabili a metà del periodo di trattamento, ma solo alla fine. Questo potrebbe indicare che i fattori di Yamanaka non fermano soltanto le lancette dell'orologio biologico, ma riescono proprio a farle tornare indietro.

Salvatore Battaglia Presidente Accademia delle Prefi

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Scienza

Etna, la violenta eruzione del 10 febbraio. Tra flussi piroclastici ed effetto triboelettrico. VIDEO e FOTO

Giuliana Raffaelli

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Il 10 febbraio l’Etna si è risvegliato. Mettendo in scena il primo parossismo del nuovo anno. Un parossismo di violenza inaspettata e anche inconsueta per l’Etna, che di norma si manifesta con eruzioni stromboliane e colate di lava di modesta entità. Una violenza degna dei più pericolosi vulcani indonesiani e giapponesi. Una potenza che ha generato un raro fenomeno fisico, noto come triboelettricità.

Ma vediamo più in dettaglio che cosa è successo.

Dopo un periodo di calma, in cui si sono verificate soltanto sporadiche e lievi esplosioni, “a’ muntagna” è entrata nuovamente in attività mostrando uno dei più straordinari spettacoli degli ultimi anni. I primi segnali sono stati registrati nel pomeriggio del 10 febbraio e hanno avuto luogo nel cratere di sud-est (a circa 3mila metri di quota). L’attività stromboliana ha formato un’alta fontana di lava e una colata che è scesa lungo il versante sud-ovest. Poi, all’improvviso, una nube di cenere si è levata alta nel cielo, fino a raggiungere un’altezza stimata tra gli 8 e i 10 km. Infine una parte del cono è collassata, forse a causa dell’apertura di una fessura eruttiva lungo il fianco sud-est, dando luogo a un flusso piroclastico. Quest’ultimo è annoverato tra i più violenti e spaventosi fenomeni vulcanici. Si tratta di vere e proprie valanghe incandescenti (fino a 1000°C) formate da un mix di gas, cenere e frammenti di roccia che precipitano lungo i fianchi vulcanici a velocità impressionanti. Velocità che possono raggiungere anche i 700 km orari. Impensabili per questo tipo di prodotti ma possibili grazie alla formazione di cuscinetti d’aria tra colata e terreno. Fenomeni rari per l’Etna ma di cui è stato protagonista 15mila anni fa, durante le eruzioni pliniane dell’ultima fase della sua formazione. Fase che ha dato origine all’immensa caldera che vediamo oggi e che disegna la skyline del vulcano, nella quale si sono impostati l’attuale cratere centrale e quello di nord-est.

Durante questa ultima nuova eruzione, ripresa dall’Ingv e postata nel canale Youtube dell’ente, gli sguardi più attenti hanno notato un fenomeno piuttosto raro, che ha aggiunto fascino alla già straordinaria bellezza dell’evento.

Nel buio della notte, tra boati e crepitii, tra il grigio della nube eruttiva e il rosso incandescente dei prodotti emessi dal vulcano, ha avuto luogo un fenomeno noto come triboelettricità. Un raro fenomeno che un giovane siciliano, Giuseppe Tonzuso (studente di Geologia), è riuscito a immortalare. Dalla nube eruttiva, densa e minacciosa, fuoriescono fulmini che rendono ancora più magica e inquietante la notte etnea.

Ma come si forma questo fenomeno? Ce lo spiega Giuseppe Tonzuso nel suo post su facebook “Il materiale piroclastico (caratterizzato da differenti proprietà) interagendo, genera cariche locali di segno opposto. Si viene a creare una differenza di potenziale che, quando è sufficientemente elevata, supera la resistenza dell’aria e determina il passaggio della scarica elettrica”. Si formano così i fulmini nella colonna eruttiva.

Ma sono davvero tante le foto scattate e pubblicate su internet. Tra le altre vogliamo menzionare quella di Dario Giannobile, ingegnere di Siracusa che in passato ha stregato la Nasa e l’Osservatorio di Greenwich, ricevendo numerosi premi. La sua ultima foto è stata pubblicata dall’Istituto nazionale di Astrofisica di Catania.

(Foto di Dario Giannobile)

L’immagine dell’Etna, acquisita alle 9.50 UTC dell’11 febbraio da uno dei satelliti Sentinel-2, è stata anche scelta come immagine del giorno (12 febbraio) dal progetto Copernicus dell’Unione europea. Essa mostra il raffreddamento del flusso di lava emesso sul fianco meridionale del vulcano.

(Foto di Sentinel-2)

(Credit immagine di copertina: Giuseppe Tonzuso)

Giuliana Raffaelli

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Cultura

Oggi è il 10° World Radio Day. Alcuni cenni storici della grande scoperta tutta italiana

Direttore

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Oggi,  13 febbraio 2022, è il World Radio Day.

La ricorrenza è alla sua decima edizione, infatti era l’anno 2012 quando l’Unesco ha deciso di celebrare il rapporto evidente che esiste tra radio e società.

SI tratta di una data non scelta a caso, visto che nello stesso giorno del 1946 veniva fondata la radio delle Nazioni Unite.

La giornata è organizzata da Radiospeaker.it che terrà una maratona radiofonica dalle ore 10 alle ore 18, durante la quale interverranno ospiti, speaker, e altri del settore, con il coinvolgimento di altre radio nazionali e locali.

E’ possibile seguire la diretta attraverso i canali social del portale.

Il telegrafo

La commemorazione di Guglielmo Marconi non poteva non essere un grandissimo evento. L’inventore bolognese che sconvolse la comunicazione già da fine ottocento, rendendo possibile, con una serie di esperimenti, trasmettere informazioni, tramite onde elettromagnetiche a 2 km. con un segnale in codice morse. Questo era fatto di punti e linee.

Ma il genio italiano dopo soli sei mesi si superò e superò anche l’Oceano Atlantico, riuscendo a trasmettere quelle linee e quei punti in America: aveva inventato il telegrafo.

La radio

Ma la radio moderna, composta di musica parole, la si deve all’inventore canadese Reginald Fessenden che aveva scoperto come trasformare i segnali  in un mezzo di diffusione per la musica e la voce.
Correva l’anno 1906, quando lo stesso scienziato produsse e condusse il primo programma radiofonico della storia.

In Italia, invece la prima società radiofonica, la URI, nasceva soltanto nel 1924 a Roma, ricoprendo il ruolo, inizialmente, di strumento di propaganda politica.

Dagli anni ’40 la radio non si è più fermata e mantiene sempre il suo ruolo importantissimo, nonchè il suo fascino senza tempo.

Marina Cozzo

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