Personaggi
Pantelleria saluta il pediatra Papia e lui “Ho incontrato veri amici”. Ecco perchè lascia l’isola – Intervista
Dopo quattro anni e mezzo di servizio sull’isola ci lascia il pediatra, il Doc. Bruno Papia, giovanissimo medico palermitano che è approdato a Pantelleria con grande energia e capacità.
Lo avevamo intervistato al suo approdo a Pantelleria per dargli il benvenuto e ora ripetiamo l’opera per lasciarlo congedarsi.
1. Dottor Papia vuole ricordarci il suo arrivo a Pantelleria? “Era un piovoso Aprile del 2019 quando approdai per la prima volta a Pantelleria carico di speranze e paure
per l’impegnativa esperienza che mi si poneva innanzi.
“Per due anni e mezzo infatti, dopo il pensionamento
della storica pediatra dell’isola, nessuno aveva accettato l’incarico di Pediatra di famiglia e si erano alternati
di settimana in settimana colleghi provenienti dall’Asp di Trapani.”
2. Come mai questa difficoltà ad accettare Pantelleria da parte di altri colleghi? “Per le condizioni ambientali e contrattuali che erano decisamente svantaggiose ma, io, nonostante tutto ho accettato questa sfida e con tanti sacrifici in questi quattro anni e mezzo sono riuscito a costruire un rapporto di fiducia e rispetto reciproco con buona parte dei genitori dei miei piccoli pazienti.”
3. Qui sull’isola ha potuto raggiungere soddisfazioni professionali? “Si per esempio con una campagna antiinfluenzale in età pediatrica pressoché assente al mio arrivo e che nel 2023 vanta già 60 piccoli pazienti vaccinati e un abbattimento della prescrizione di antibiotici, drasticamente ridottasi negli ultimi anni.”
4. Ci parli della decisione del trasferimento. “Da due anni dopo la mia presa di servizio avrei potuto accettare il trasferimento presso l’Asp di Palermo ma ho rifiutato perché prima di una tale scelta avrei voluto garantire una continuità assistenziale dopo di me attraverso una modifica delle condizioni contrattuali o l’intenzione di approdare sull’isola da parte di qualche collega.
Tuttavia negli ultimi mesi si sono verificati degli episodi che mi hanno portato ad anticipare tale mia decisione, privando cosi i piccoli pazienti e le loro famiglie di un riferimento costante.
Da settembre a qualche giorno fa difatti circa 70 bambini in età pediatrica (tra i 6 e i 12 anni), pari a circa il 10% della popolazione pediatrica assistibile, sono transitati al medico di medicina generale, dando il segnale che del pediatra possono farne a meno.
Data la già esigua popolazione pediatrica questa migrazione verso uno o più medici di medicina generale ha reso sia professionalmente che economicamente poco dignitosa la mia presenza sull’isola.
5. E il suo rapporto con l’isola e i panteschi, com’è? Cosa ha trovato e cosa lascia? “Di certo in mezzo a queste difficoltà, ad un ambiente che presenta delle sue forti e non sempre comprensibili peculiarità, ci sono tanti piacevoli ricordi che porterò con me in questa esperienza umana e professionale.
“Ho incontrato amici veri con cui ho costruito un rapporto leale, sincero e disinteressato e che continuerò a coltivare. Allo stesso modo porterò nel cuore il ricordo dei tanti genitori dei miei piccoli pazienti con cui ho costruito un rapporto di rispetto e di fiducia che ci ha permesso di accompagnarli nel loro percorso di crescita. Per tutti questi bambini e per le loro famiglie le mie porte rimarranno sempre aperte.
“Ed eccoci sulla nave a salutare quest’ isola dal carattere forte e selvaggio dove ho lasciato un pezzettino del mio cuore e dove tornerò spesso per godere delle sue bellezze. E ora si torna a Palermo dove, da Pediatra di Famiglia, cercherò di svolgere in scienza e coscienza la mia missione, arricchito dal bagaglio di esperienze che ho maturato sull’isola.
“Dal momento che a Pantelleria ho piantato una piccola radice che mi permetterà di tornare con continuità, un abbraccio e un arrivederci a chi mi ha accolto e voluto bene in questi anni.”
Sebbene l’opportunità di incontrarlo sull’isola rimanga, se si pensa al suo arrivo, al suo percorso, agli attestati di stima che genitori gli hanno rivolto, soprattutto negli ultimi giorni, sapere che non sarà più una presenza fissa è motivo di dispiacere per tutti. Non solo per i picciotti panteschi ma anche per gli adulti che lo hanno conosciuto come uomo e come amico.
Personaggi
Charlotte da Pantelleria a Live Box di Casa Sanremo 2026
Charlotte, all’ anagrafe Sabina Esposito, cantautrice siciliana originaria di Pantelleria, parteciperà martedì 24 Febbraio 2026 al Live Box di Casa Sanremo, nello spazio Web Music Promotion gestito della Lino Management Berlin e Kalan Eventi Group, presentando il suo ultimo singolo “Come le foglie e il vento“
https://youtu.be/8O17KOBqy38?si=5ZKTu_uTYYuRLypV
L’ artista arriva a questo appuntamento grazie alla collaborazione con l’agenzia
siracusana di eventi e spettacoli gestita da Walter Iannì, da anni operante nel settore
dello spettacolo e nella promozione di talenti emergenti, non solo in ambito musicale.
La stessa è partners commerciale per la Sicilia della Lino Management Berlin per
tutti gli eventi in programma in ambito nazionale.
Conosciamo meglio in breve Charlotte.
La carriera artistica di Charlotte
L’ artista pantesca consegue nel 2018 la
Laurea in “Musica, Spettacolo, Scienza e Tecnologia del suono” presso il Politecnico
Internazionale “Scientia et Ars” di Vibo Valentia con indirizzo Canto Moderno.
Nel corso della sua carriera partecipa a numerose manifestazioni canore nazionali e
internazionali, conseguendo ottimi risultati professionali e la vede sempre
protagonista in vari masterclass musicali.
A Febbraio 2023 supera i casting per il Talent televisivo “The Coach”
nel febbraio 2024, dopo aver superato i casting di Sanremo DOC, si esibisce con il
suo ultimo inedito al Palafiori di Sanremo durante la settimana del Festival di
Sanremo.
Conosce Walter Iannì grazie ad un progetto denominato “ L’ Angolo dei Talenti “,
live su piattaforma social Tik Tok, promosse dalla stessa agenzia è finalizzate alla
promozione e visibilità di artisti in genere.
Successivamente accede di diritto al “Talenti Special 2025 “, talent online, abbinato
al progetto “L’ Angolo dei Talenti “, dove tutt’ora la vede in gara fino al 30 Aprile
2026 con altri colleghi del ramo musicale e artistico.
Artista di carattere e professionalmente preparata, così la definiscono Walter Iannì e
Lino Sansone, responsabile diretto della Lino Management Berlin, augurano all’
artista siciliana il meglio per i prossimi appuntamenti in programma.
Personaggi
E’ morta Brigitte Bardot, icona del cinema e sex symbol degli anni ’60
Si è spenta a 91 anni Brigitte Bardot, diva del cinema per eccellenza e deli anni ’60, nonchè attivista memorabile per i diritti degli animali.
Mai attrice fu più simbolo di sensualità e libertà sessuale.
Le sue iniziali, BB, erano riconoscibili e subito riconducibili a quell’artista completa: oltre che attrice era cantante e modella.
Figlia di un ricco industriale parigino, era appassionata di danza ed entrò al Conservatorio di Parigi nel 1949 e a quindici anni divenne la mascotte della rivista Elle.
L’attrice ha recitato in 56 film prima di porre fine alla sua carriera nel 1973 e di dedicarsi alla difesa degli animali
Il primo ruolo nel cinema fu nel 1952 dal regista Jean Boyer in Le Trou normand al fianco del grande attore Bourvil.
A soli 18 anni sposò Roger Vadim, assistente alla regia di Marc Allegret, a cui si deve, di fondo, la scoperta della Bardot come viso e corpo per il cinema.
Da qui una serie di partecipazioni, come Poppea in Mio figlio Nerone con Alberto Sordi e Vittorio De Sica per la regia di Steno.
Bisogna aspettare il 1956 perchè entri nella leggenda del cinema, grazie al film del marito Vadim (dal quale si separerà nel ’57), E Dio creò la donna, che l’ha immortalata come icona di bellezza.
Dopo il film di Vadim i produttori iniziano a bussare con insistenza alla sua porta e ben presto BB diviene addirittura l’attrice più pagata del cinema francese. E’ arrivata addirittura a girare 4 film in 12 mesi: En cas de malheur (dove recita con Jean Gabin), Les Bijoutiers du clair de lune, Une Parisienne e La Femme et le Pantin. Il ’59 è l’anno di Babette va alla guerra (sul set conosce e si fidanza con l’attore Jacques Charrier) e di La verità di Clouzot dove interpreta un ruolo che la farà soffrire: quello di una donna che viene accusata dell’omicidio del marito, ma che i paesani giudicano come una mangiatrice di uomini e poco di buono.
Nel 1960 diventa mamma di Nicolas, suo unico figlio che tuttavia non accetta e lo affida ad una balia.
Con il film Vita privata, poi, conosce l’attore Sami Frey che diventa il suo nuovo amante dopo la liaison con Raf Vallone e prima di quella con il ricco playboy tedesco Gunther Sachs, che sposerà per divorziare nel 1969.
Le battaglie animaliste
Il 1963 segna l’inizio delle battaglie animaliste, promuovendo un’arma che uccida in modo indolore le bestie nei macelli; a questa iniziativa ne seguiranno decine di altre – forse la più celebre e significativa sarà quella contro le pellicce.
Nel 1964 recita in Viva María! e poi comincia a incidere dischi come Le Soleil (1966), Harley-Davidson (1967), poi il regalo d’amore di Serge Gainsbourg: Je t’aime… moi non plus (1967).
BB continua la sua carriera cinematografica dove incontra le colleghe Annie Girardot – Les Novices (1970) e Claudia Cardinale con la quale rifà una coppia di pistolere sexy in Les Pétroleuses. L’Histoire très bonne et très joyeuse de Colinot trousse-chemise (1973) è l’ultimo film della sua carriera.
Dopo questo film, l’artista parigina si dedica anima e corpo alla lotta per la protezione degli animali, come quella contro la caccia alle foche. Alla sua battaglia anche il presidente francese Valéry Giscard d’Estaing si allinea e vieta l’importazione di pelli di foca in Francia. Nella sua lotta, Bardot fu sostenuta da numerose personalità dello showbiz francese e non solo come Isabelle Adjani, Kim Basinger, Johnny Hallyday, Alain Delon e Jacques Chirac.
Con la sua tenacia e il suo impegno riesce a influenzare l’intero paese tanto da vietare l’importazione e il commercio di pelli di cane e gatto.
Cultura
Claudia Ferlita, custode della memoria: il palazzo di piazza Castello che racconta Santo Stefano Quisquina
A Santo Stefano Quisquina, in piazza Castello, sorge un palazzo ottocentesco che sembra aver fermato il tempo. Non è solo un edificio: è custode di una memoria profonda, della storia di una famiglia e dell’identità di un’intera comunità.
Oggi continua a vivere grazie a Claudia Ferlita, che ne ha raccolto il testimone con uno sguardo attento e sensibile, trasformando la conservazione in un atto nobile e civile.
Non esiste ancora una documentazione completa sulla sua costruzione, ma sulla chiave di volta del portale d’ingresso è scolpita la data 1872, probabilmente l’anno in cui Salvatore Puleo, imprenditore intraprendente e uomo “del fare”, lo edificò.
Non nobile, ma protagonista dello sviluppo locale, Puleo contribuì alla realizzazione della strada Corleonese-Agrigentina e della villa comunale, opere che ancora oggi segnano il volto della cittadina.
Il palazzo racconta la sua epoca attraverso dettagli unici: il lungo balcone in ferro battuto decorato con vasi di ceramica di Burgio, una rara targa assicurativa antincendio della compagnia Generali e interni straordinariamente conservati. La cucina in muratura con le maioliche bianche e blu e gli arredi originali restituiscono la sensazione di entrare in un tempo sospeso.
Ma il valore del palazzo va oltre l’architettura.
Custodisce lettere, fotografie e oggetti appartenuti a generazioni della famiglia Puleo, fino ad Angela Puleo in Palma e al professor Ugo Palma, che hanno saputo preservarne la storia e l’identità.
Entrare in queste stanze è come percorrere un ponte tra passato e presente: i mobili e gli oggetti sono rimasti esattamente dove erano stati lasciati, raccontando le vite e le abitudini di chi le ha vissute.
L’incontro di Claudia con il palazzo è stato un vero colpo di fulmine.
Varcando la soglia per la prima volta, percepì che la casa non era morta, nonostante anni di vuoto.
«Avevo la sensazione che la padrona di casa potesse apparire da un momento all’altro», racconta.
La vendita fu gestita da Costanza Palma, nipote di Ugo Palma, che aveva ereditato la dimora dalla madre Angela. Lontana da Santo Stefano e priva di legami con il territorio, decise di non trattenere la proprietà.
Tra tutti gli ambienti, la biblioteca emerge come cuore pulsante del palazzo.
L’odore dei libri antichi si mescola a quello dei mobili, restituendo l’immagine di una famiglia colta e curiosa, aperta al mondo.
Riordinare i volumi ha permesso a Claudia di comprendere meglio la storia di chi ha abitato la casa e di sentire il peso e l’onore di custodire un patrimonio culturale così ricco.
Il gesto di Claudia Ferlita va oltre la proprietà privata: è un atto esemplare di responsabilità culturale e civica, un modello per chiunque possa recuperare e valorizzare altri luoghi storici.
Conservarlo significa rispettare chi ci ha preceduto e permettere a chi verrà dopo di conoscere la propria storia.
Se il palazzo potesse parlare, racconterebbe una storia d’amore: l’amore coniugale per cui fu costruito da Salvatore Puleo per la giovane sposa napoletana, ma anche amore per l’arte, la cultura e la conoscenza.
Oggi lo stupore che suscita il palazzo, la sua autenticità intatta e la memoria custodita, sono destinati a essere condivisi, per permettere a tutta la comunità di attraversare il tempo senza perdere il senso profondo della propria storia.
Grazie alla sensibilità e alla generosità di Claudia, piazza Castello non è più solo uno spazio fisico: è memoria viva, esempio di cura, identità e amore per la cultura e la storia di Santo Stefano Quisquina.
Laura Liistro
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