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Pantelleria pronta ad accogliere profughi ucraini. Ma a proposito, si dice ucràini o ucraìni?

Giuliana Raffaelli

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Non ci sono parole giuste o sbagliate per descrivere la disumanità di una guerra brutale che si sta combattendo alle porte dell’Europa.

Nonostante i pochi che governano stiano sostenendo la battaglia inviando armi, tanti cittadini italiani fanno sentire forte la voce del dissenso. Sventolano in piazza la bandiera della Pace e fanno loro i colori dell’Ucraina. Una ondata di umanità che cerca di travolgere e spazzare via l’orrore. L’orrore di un quotidiano fatto di lacrime amare e sangue. Fatto di immagini forti e colori spenti.

Mentre in Sicilia nasce la piattaforma on line “Sicilia per l’Ucraina”, che raccoglierà servizi e disponibilità per l’accoglienza dei cittadini in fuga, si leva forte la voce dei panteschi che da giorni si mobilitano per sostenere i “fratelli” ucraini inviando aiuti e manifestando disponibilità a ospitare  aprendo le porte delle loro abitazioni.

Ma se non ci sono parole per descrivere questo orrore, ci sono parole che devono essere usate in modo corretto in tutte le loro declinazioni. Ci riferiamo alla parola Ucraina che è prepotentemente entrata a fare parte della nostra vita quotidiana. Ma come si dice esattamente: Ucràina o Ucraìna? E i loro abitanti si chiamano ucràini o ucraìni?

La corretta accentazione dei polisillabi affligge continuamente l’italiano di oggi e riguarda spesso i toponimi. Per fare un esempio siciliano: si dice Belìce o Bèlice? Lo spostamento di accento all’interno delle parole è un tipico fattore dell’evoluzione della lingua, oltre a essere spesso peculiarità dei dialetti. A sentire parlare un pantesco ci si rende conto immediatamente di quanto tale affermazione sia reale. Quante volte abbiamo sentito pronunciare bàule invece di baùle?

Ma torniamo all’Ucraina. Per sciogliere i dubbi e non inciampare in errori durante le nostre conversazioni, diamo parola alla Crusca. L’autorevole Accademia italiana che da quasi 500 anni si occupa di districare i nodi di una lingua complessa e sfaccettata aveva già affrontato la tematica nel 2005, ai tempi della secessione della Crimea.

La Crusca va dritta al sodo e senza giri di parole afferma “oggi sono accettabili entrambe le pronunce, anche se la più corretta, a rigore, sarebbe quella in passato spesso ritenuta sbagliata, cioè quella con l’accento sulla i”.

Sarebbe quindi più corretto parlare di Ucraìna piuttosto che di Ucràina.

Vari dizionari italiani hanno pensato che le due pronunce derivassero dalla diversa accentazione del nome a seconda che fosse pronunciato (con accento sulla i) in ucraino o (con accento sulla a) in russo, le due lingue più diffuse in quella regione. In realtà oggi si dice Ucraìna, ucraìno (Ukraìna, ukraìnskij) tanto in russo quanto in ucraino. …. Il Dizionario degli accenti russi (Slovar’ udarenii russkogo jazyka), che ammette come pronuncia corretta dell’aggettivo solo ukraìnskij, aggiunge questa precisazione: «laccentazione ukràjnskij (dall’antiquatoUkràina), che si incontra non solo in poesia, ma anche nella conversazione comune, corrisponde alla prassi antica»” continua la Crusca.

Un dubbio dalle radici lontane

Prima del Seicento, il termine Ucraina non si riferiva specificamente alla Regione che noi oggi chiamiamo così, ma a qualsiasi territorio di confine, e l’etimologia è molto discussa. La parola ucraina (in cui è controversa persino l’origine della u iniziale, in alcune fonti data infatti come o) contiene secondo alcuni il ceppo krài, limite, bordo, confine, secondo altri il ceppo granìčnij, di confine.

C’è chi sostiene che il primo a chiamare Ucràina l’Ucraìna sia stato il re polacco Stefano Batorij, ma oggi anche in polacco l’accento cade sulla i” scrive la Crusca. E continua “Sul vocabolario di Vladimir Dal’ (Tolkovkij slovar’ zhibogo velikorusskogo jasyka, 1882) si ammette per il toponimo solo l’accento sulla a, ma l’unico aggettivo che riporta non è ukraìnskij, ma ukràjnyj, sempre col significato di dal’nyj (lontano), pogranìčnij (sul confine). Invece il recente Fasmer (Max Fasmer, Etimologičeskij slovar’ russkogo jazyka, Moskva 2004, vol. 4, lemma Ukraìna) accetta solo l’accento sulla i, ma riporta anche alcune espressioni antiche in cui si usava l’accento sulla a e divide l’etimo di ukràjnyj, che deriverebbe da y kràje, presso il confine, sul bordo, dai posteriori ukraìnez (abitante dell’Ucraina) e ukraìnskij (relativo all’Ucraina), «inizialmente riferito ai soli abitanti dell’Ucraina orientale, poi diffuso su tutto il territorio (dell’attuale Ucraina)»”.

Il dubbio sulla pronuncia e le oscillazioni dell’accento posano le loro radici anche nella letteratura e nella poesia di ‘800 e ‘900. I poeti più importanti, ancora letti e studiati, continuano a dare nutrimento per dubbi e incertezze.

Ad esempio il poeta russo Aleksandr Sergeevič Puškin nel poema Poltava “usa ripetutamente la grafia Украйна (Ukràjna), in cui l’uso della i breve (й) esclude di per sé l’accento sulla i e lo sposta sulla a”. Questo autore continua a essere letto e presente nell’orecchio dei russi.

Il compositore Rodion Konstantinovič Ščedrin, musicando alcuni versi proprio della citata Poltava (“Ticha ukràjnskaja noč”), “seguì naturalmente l’accentazione voluta da Puškin, che quindi continua a essere presente nell’orecchio dei russi. Anche il poeta Òsip Mandelštam pone l’accento sulla a”.

Curioso il caso di Taràs Grigòrevič Šcevčenko, poeta ucraino del primo Ottocento che è poi vissuto in Russia, che usa, scrivendo in russo, la lezione con l’accento sulla a.

(Credit immagine: https://accademiadellacrusca.it)

Giuliana Raffaelli

Laureata in Scienze Geologiche, ha acquisito il dottorato in Scienze della Terra all’Università di Urbino “Carlo Bo” con una tesi sui materiali lapidei utilizzati in architettura e sui loro problemi di conservazione. Si è poi specializzata nell’analisi dei materiali policristallini mediante tecniche di diffrazione di raggi X. Nel febbraio 2021 ha conseguito il Master in Giornalismo Scientifico all'Università Sapienza di Roma con lode e premio per la migliore tesi. La vocazione per la comunicazione della Scienza l’ha portata a partecipare a moltissime attività di divulgazione. Fino a quando è approdata sull’isola di Pantelleria. Per amore. Ed è stata una passione travolgente… per il blu del suo mare, per l’energia delle sue rocce, per l’ardore delle sue genti.

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Io sono Elisa: due giorni di memoria e responsabilità chiudono il mese contro la violenza di genere

Redazione

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Canicattini Bagni / Avola – Le due giornate dell’iniziativa “Io sono Elisa”, svoltesi il 28 novembre a Canicattini Bagni e il 29 novembre ad Avola, hanno rappresentato un momento di intensa partecipazione collettiva, chiudendo simbolicamente il mese dedicato alla lotta contro la violenza sulle donne.

Un percorso che ha lasciato nei territori tre segni concreti: tre targhe commemorative destinate a custodire nel tempo la memoria di Elisa Claps e a trasformarla in un messaggio permanente di non violenza.

L’evento è stato organizzato dalla Galleria EtnoAntropologica, in collaborazione con il Presidio HONOS di Canicattini Bagni, il Comune di Avola, con il sostegno diretto dei Centri antiviolenza Work in Progress (Canicattini Bagni) e Doride (Avola)e le comunità scolastiche canicattinesi che hanno dimostrato una grande partecipazione ed operatività nell’accoglienza e nel risultato conoscitivo del caso Claps.

Una sinergia fortemente radicata nel territorio, che ha unito istituzioni, scuole, forze dell’ordine e realtà sociali in un percorso comune di memoria, responsabilità e cittadinanza attiva. A Canicattini Bagni, due targhe sono state posate presso il Liceo “Leonardo Da Vinci” e l’Istituto Comprensivo “Verga”, luoghi centrali della formazione giovanile. La loro collocazione all’interno delle scuole è un gesto che supera la dimensione commemorativa: è un invito quotidiano alla riflessione, al rispetto e alla consapevolezza civile.

Le dirigenti Rita Spada e Clorinda Coppa hanno sostenuto con convinzione questo percorso, inserendo la memoria di Elisa nel cuore dei progetti educativi. Fondamentale è stata la partecipazione delle forze dell’ordine – Polizia di Stato e Arma dei Carabinieri – e di tutte le istituzioni sociali operative nel territorio, che con la loro presenza hanno testimoniato una collaborazione solida e determinata. Una rete che rappresenta la forza della comunità quando sceglie di agire insieme, con responsabilità e fermezza, nel contrasto al femminicidio e nella costruzione di un’autentica cittadinanza attiva.

Il 29 novembre, ad Avola, la terza targa è stata posata presso il Centro antiviolenza Doride, luogo in cui la memoria trova una collocazione profondamente simbolica. Qui, la targa dedicata a Elisa diventa luce e testimonianza proprio lì dove la violenza viene affrontata quotidianamente con professionalità e cura. Un gesto voluto dal Comune di Avola e dalla sua Sindaca Rossana Cannata, che hanno scelto di intrecciare la memoria di Elisa con il lavoro prezioso svolto dal Centro Doride. Il Centro antiviolenza Work in Progress di Canicattini Bagni ha ugualmente contribuito alla realizzazione dell’iniziativa, rafforzando il messaggio delle due giornate e ampliando la rete territoriale di protezione e sostegno.

La Presidente della Galleria EtnoAntropologica, Laura Liistro, ha ricordato come le targhe non siano semplici simboli, ma punti di riflessione permanente, capaci di mantenere viva la memoria di Elisa nel tempo e di trasformarla in un faro per la costruzione di una cultura della non violenza. La presenza della famiglia Claps, di Mariagrazia Zaccagnino, del giornalista Angelo Barraco e della forza luminosa di mamma Filomena ha dato alle due giornate una profondità emotiva intensa, trasformando il ricordo in un abbraccio collettivo.

Tre targhe. Tre luoghi. Due giorni di memoria e responsabilità chiudono il mese contro la violenza di genere responsabilità condivisa: fare in modo che il nome di Elisa continui a illuminare il cammino contro la violenza sulle donne perché la memoria non si posa: cammina.
E finché cammineremo insieme, la luce di Elisa continuerà a guidarci.

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Pantelleria – Violenza donne, tra Cinema e Circolo San Gaetano “3 panchine del rispetto”

Redazione

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Il 25 novembre 2025, nella Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, è stato completato il progetto “Le panchine del rispetto”.

Una collaborazione nata dall’impegno condiviso dell’ASD Scauri, del consigliere Valenza e dell’assessore Culoma, che hanno scelto di unire energie per lasciare alla comunità un segno chiaro di sensibilizzazione.

Davanti al cine-teatro San Gaetano e al Circolo sono state rinnovate tre panchine. Due sono diventate rosse, colore che richiama il contrasto alla violenza sulle donne; la terza è stata dipinta di bianco, a rappresentare la pace e il rifiuto di ogni forma di violenza.

Su ognuna è stata collocata una frase dedicata ai valori del rispetto, della dignità e della parità tra le persone.

Un gesto semplice, condiviso e visibile, che invita a fermarsi e riflettere.

Foto a cura di Clara Garsia
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Pantelleria sede di incontro tra Caritas diocesana Fonsdzione San Vito e animatori parrocchiali

Direttore

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Nei giorni scorsi si è tenuta una reunion tra Caritas diocesana con la sua direttrice, suor Chiara Seno, il presidente della Fondazione San Vito Onlus,, Vito Puccio, e gli animatori della Caritas parrocchiale di Pantelleria.

Negli accoglienti ambienti della parrocchia della Chiesa Madre Ss Salvatore, l’incontro verteva sulla conoscenza degli stessi animatori e delle esigenze della comunità da parte di Suor Chiara.

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