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Cultura

Pantelleria, il vero nome del Monte Gibele

Redazione

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E’ la seconda vetta dell’isola di Pantelleria e, col suo enorme cratere, visto da lontano sembra un enorme teatro all’aperto.
Stiamo parlando del Monte Gibele.

Ma come mai gli avi hanno voluto dargli quel nome anziché, ad esempio, Monte Piccolo, dato che la vetta più alta dell’isola si chiama semplicemente Montagna Grande?
Essendo appellativo di provenienza araba il suo significato, apparentemente, non ha nulla di particolarmente evocativo: Gibele significa, infatti, semplicemente monte o montagna (G. Caracausi).
Eppure anche Montagna Grande sembra aver avuto un nome differente durante il soggiorno arabo nell’isola. Era chiamata infatti Sciaghibir col significato di Casa o Dono grande di Dio (di Allah) *.

Potrebbe balenare nella mente una sorta di idea, fantasiosa forse, ma in linea con le numerose traslitterazioni linguistiche avvenute nel corso del tempo.

Il cambio di lettera

Quell’idea associa spontaneamente, mutando una sola lettera la G di Gibele in C di Cibele.
Svolgendo verifiche in diversi siti, soprattutto in lingua inglese, il monte piccolo viene già appellato Cibele anziché Gibele e senza che il significato linguistico muti. Infatti Cibele (greco: Κυβέλη Kybelē; latino: Cibelis) dal frigio Matar Kubileya/Kubeleya, significa , forse, “Madre della Montagna” e anche il “forse” diviene più certo quando leggiamo in una ricerca del prof. Pietro Nicolò che “ I Frigi la chiamavano Cibele. Sembra che ne derivassero il nome da una montagna omonima”.

Assodato che i due termini possano avere il medesimo significato, abbiamo tentato di ricostruirne l’origine possibile nell’ etimo e trovato un interessante documento, redatto da Ahmad Al Jallad * che tale idioma derivi da lingue semitiche. Al Jallad è un esperto di lingua safaitica, una forma di alfabeto sud-semitico.

Le popolazioni delle province romane d’Arabia più prossime al mar Mediterraneo non sembrano averla impiegata, dando da credere perciò che la lingua fosse parlata esclusivamente dai beduini berberi di quelle aree.

Sempre Giuseppe Staccioli considera la traduzione araba di luoghi quali Benicuvedi cioè della tribù berbera di Huwedi o Benikulà, della tribù berbera di Kulà, ecc… donando credito agli studi del Jallad sul dialetto berbero safaitico disperso nel Mediterraneo.
Dato che lo stesso Jallad fa derivare tale idioma linguistico ad un ceppo semitico,  pareva scontato cercare il significato del nome del nostro monte Gibele in lingua ebraica.

Il vero nome in lingua ebraica: Montagna Sacra

Il risultato è sorprendente: Baal Jah è il suo nome in lingua ebraica e, utilizzando una trasposizione linguistica sillabica molto nota ai linguisti, la metatesi, otteniamo che Baal Jah diventa Jah Baal .
Pare interessante notare che le due sillabe che compongono il nome Ja o Ya Baal, hanno una notevole attinenza con due noti epiteti biblici: Baal e Ya (wè). Il nome Ya, nella Bibbia ebraica, si ripete per 26 volte e sta ad indicare sempre la divinità israelitica YHWH. Baal è l’epiteto che sta ad indicare il Signore.
Apparebbe logico interpretare il nome Ja (o Ya) Baal come “Signore Yhwh” o, seguendo il significato etimologico, “Montagna del Signore” o “Montagna Sacra” essendo dedicata ad una divinità.

Elia Fiume

Fonti: Caracausi: (Dizionario onomastico della Sicilia) documenta il lemma (I 720-721) la cui etimologia è dall’ arabo gabal “monte”) *(da L’ultima isola musulmana in Italia, Pantelleria (Bint al-riyāḥ) Giuseppe Staccioli ) ḥ * (Autore del blog su Safaitic e altre iscrizioni arabe: Ahmad Al-Jallad è specializzato nella storia, nella lingua e nelle culture dell’Arabia preislamica)

Cultura

Pantelleria, lavori di adeguamento, messa in sicurezza ed efficientamento energetico della palestra della Scuola Media “Dante Alighieri”

Redazione

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Alla cittadinanza, Il Sindaco comunica che l’Amministrazione comunale di Pantelleria ha portato a compimento l’iter amministrativo e progettuale necessario per il recupero e la piena rifunzionalizzazione della palestra della Scuola Media “Dante Alighieri”, struttura da tempo inagibile e fortemente attesa dalla comunità scolastica dell’isola. Il Sindaco comunica che l’intervento rientra in una più ampia strategia di riqualificazione dell’edilizia scolastica, con l’obiettivo prioritario di garantire sicurezza, accessibilità, sostenibilità energetica e qualità degli spazi destinati alle attività formative e sportive.

Il progetto prevede opere di adeguamento strutturale e funzionale, la messa in sicurezza dell’edificio, il miglioramento delle prestazioni energetiche attraverso l’installazione di impianti moderni e l’utilizzo di fonti rinnovabili, nonché il completo ripristino della fruibilità della palestra per studenti, associazioni sportive e iniziative collettive. Il Sindaco comunica che l’intervento consentirà di restituire alla cittadinanza una struttura fondamentale per la crescita educativa, sociale e sportiva dei giovani di Pantelleria, colmando una carenza che per anni ha inciso negativamente sull’offerta di spazi adeguati alle attività motorie.

L’Amministrazione è consapevole che l’esecuzione dei lavori potrà comportare disagi temporanei; tuttavia, il cronoprogramma è stato definito con l’obiettivo di contenere l’impatto sulle attività scolastiche, con una durata complessiva stimata in circa 14 settimane. L’Amministrazione continuerà a seguire con attenzione tutte le fasi successive, dall’affidamento dei lavori alla loro realizzazione, assicurando trasparenza, rispetto dei tempi e tutela dell’interesse pubblico. Pantelleria guarda avanti, investendo sulle scuole, sulla sicurezza e sul futuro delle nuove generazioni.

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Cultura

Il violinista di Solarino Don Paolo Teodoro e le radici di una tradizione di due secoli

Laura Liistro

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La storia nascosta di un paese che ha fatto della musica una firma identitaria

Nel 1827, quando il paese non era ancora Comune, un documento d’archivio rivela la presenza inattesa di un musicista professionista. Da allora Solarino non ha mai smesso di essere una comunità musicale.

Solarino – Nel 1827 il paese non era ancora autonomo e viveva un momento di transizione politica e amministrativa. Eppure, in quell’anno cruciale, emerge un dettaglio sorprendente che permette di leggere la storia locale da una prospettiva nuova. Tra gli atti conservati presso l’Archivio di Stato di Siracusa compare il nome di Don Paolo Teodoro, registrato come violinista.

Un dato che, per l’epoca, spacca in due l’immagine consueta di un borgo rurale fatto solo di agricoltori e artigiani.

Il musicista che rompe gli schemi

Il documento mostra chiaramente che Don Paolo Teodoro non era soltanto un residente rispettato di Solarino. Era un musicista. Un ruolo insolito in un contesto rurale del primo Ottocento, dove la musica raramente compariva nelle registrazioni ufficiali. Teodoro abitava in via Fontana, insieme alla moglie Costantino Eloisa, ma la sua formazione aveva radici ancora più profonde. Da giovane, infatti, era cresciuto in una parte dell’attuale Palazzo Requesens, allora indicato come Piano Palazzo n.2, oggi cuore dell’odierna Piazza del Plebiscito, luogo simbolo della vita sociale solarinese. Una crescita in un ambiente architettonico e culturale privilegiato che spiega – almeno in parte – la precocità di una vocazione musicale riconosciuta persino dagli atti civili borbonici.

Una tradizione musicale che Solarino non ha mai abbandonato

Il caso di Don Paolo Teodoro non è un episodio isolato, ma il primo tassello visibile di una storia più lunga. Perché a differenza di tanti altri centri siciliani, Solarino non ha mai smesso di essere un paese musicale. Bande storiche, maestri locali, scuole di musica, gruppi giovanili, famiglie che tramandano strumenti da generazioni, musicisti nazionali , la musica, qui, non è un accessorio, ma un linguaggio collettivo. E questa continuità testimonia una capacità rara: fare dell’arte una parte della propria identità civile. Non tutte le comunità hanno saputo compiere questa scelta. Molti centri rurali hanno perso nel corso del Novecento le proprie tradizioni culturali, travolti da emigrazione e modernizzazione. Solarino, invece, ha seguito una traiettoria diversa: ha difeso la musica, l’ha fatta propria, l’ha trasformata in patrimonio comune.

Questo è il vero punto di forza del paese. Una maturità culturale che trova le sue prime radici in persone come Don Paolo Teodoro: uomini capaci, già due secoli fa, di portare l’arte dentro la vita quotidiana di una comunità in trasformazione. Oggi, quando strumenti e prove musicali risuonano nelle case, nelle scuole e nelle piazze, è possibile intravedere un filo diretto con quella firma d’archivio del 1827. Solarino continua a distinguersi per il suo fermento artistico. E la storia del violinista Don Paolo Teodoro si rivela allora molto più che una curiosità d’epoca: è l’origine documentata di un percorso identitario che il paese ha scelto di portare avanti con orgoglio. Due secoli dopo, Solarino resta un paese che suona e questa è, senza dubbio, una delle sue vittorie più grandi.

Laura Liistro

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Cultura

Elena Pizzuto Antinoro: da Santo Stefano Quisquina alla scena internazionale della ricerca linguistica

Laura Liistro

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Donna siciliana, studiosa di straordinaria competenza e voce autorevole della ricerca italiana, Elena Pizzuto Antinoro è considerata una delle figure più influenti negli studi contemporanei sulla comunicazione e sulle lingue dei segni.

Psicologa, linguista e ricercatrice del Consiglio Nazionale delle Ricerche, ha contribuito in modo determinante al riconoscimento della Lingua dei Segni Italiana (LIS) come sistema linguistico pienamente strutturato, superando visioni riduttive che ne avevano a lungo limitato la comprensione. Il suo percorso accademico si è svolto tra l’Italia e gli Stati Uniti, dove ha approfondito la Lingua dei Segni Americana (ASL) entrando in contatto con metodologie di ricerca all’avanguardia. Questa esperienza internazionale fu decisiva: rientrata in Italia, introdusse nuovi paradigmi analitici che avrebbero innovato radicalmente lo studio della LIS, collocando la ricerca italiana in un dialogo costante con quella mondiale. Caratteristica centrale del suo lavoro fu l’approccio interdisciplinare.

Elena operò a stretto contatto con persone sorde, analizzando i processi cognitivi, le strutture linguistiche e le dinamiche comunicative della lingua visivo-gestuale. Le sue pubblicazioni rappresentano oggi un riferimento fondamentale non solo in Italia, ma anche nel contesto internazionale degli studi sulle lingue dei segni. Tra le iniziative più rilevanti da lei guidate figura VISEL, progetto dedicato allo sviluppo di sistemi di scrittura per la lingua dei segni e alla definizione di strumenti didattici innovativi. Un contributo che ha ampliato le possibilità di ricerca e di accesso alla comunicazione visiva, rafforzando il ruolo dell’Italia nel panorama scientifico globale. Colleghi e collaboratori ricordano Elena Pizzuto Antinoro come una professionista rigorosa, dotata di una forte integrità etica e di una visione capace di anticipare nuove prospettive. Il silenzioso applauso con cui la comunità sorda l’ha salutata ne sottolinea il profondo impatto umano e scientifico.

Oggi, Elena Pizzuto Antinoro è riconosciuta come una figura chiave della linguistica internazionale e un esempio di eccellenza femminile nel mondo accademico. Siciliana, figlia di Santo Stefano Quisquina, ha portato la sua terra d’origine nei principali centri di ricerca del mondo, lasciando un’eredità destinata a influenzare a lungo gli studi sulla comunicazione e sulle lingue dei segni.

Laura Liistro

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