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Cultura

"Pantelleria – il gusto delle contrade". Il privilegio di far parte e di scrivere della cultura pantesca

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“Pantelleria – il gusto delle contrade” è un esaustivo ed entusiasmante libro scritto da diversi autori e della cui cura si sono occupate Giuseppina Blanda, Caterina Culoma e Loredana Salerno.

Ho partecipato con piacere e slancio, quando mi fu chiesto, alla stesura di uno dei suoi articoli, relativo ad una delle contrade che meglio conosco e più amo: Gadir. Nel versante orientale dell’isola si trova una nicchia naturale: Cala Gadir. Leggermente protesa verso sud-est, essa è riscaldata dal sole africano sin dalle prime luci del nuovo giorno, che conferiscono alle cupole dei dammusi una colorazione irridiscente, come di perle incastonate tra i terrazzamenti scoscesi della ripida collina. Ha, come poche altre baie dell’isola, una forma semi-ellittica, una specie di abbraccio avvolgente, rassicurante per la vita che vi si svolge; infatti, il porticciolo venne così chiamato all’epoca dei fenici e dei punici e significa “luogo protetto”, ma nulla può contro l’imperversare del vento di levante, che spesso mette a dura prova anche i più abili tra i marinari, per portare in ricovero la propria imbarcazione. Nei tempi antichi, Cala Gadir, era vista dagli isolani come un felice approdo naturale per le imbarcazioni che importavano prevalentemente sale e farina ed altri generi di prima necessità ed esportavano raccolti di capperi ed uva. Le rade dimore, nemmeno una decina nella seconda metà del 1800, servivano per lo più come deposito di merci, che ivi riposavano in attesa o dell’imbarcazione, o del trasporto sino alle contrade collinari limitrofe: stanchi asinelli bai, attraverso la erta mulattiera di terra battuta e roccia levigata che serpeggia timida tra le garche e le matarette (appezzamenti terrieri di varia metratura), trasportavano ingombranti gerle, calpestando di tanto in tanto qualche rovo di more sanguigne. In quel tempo, due erano le casate che dominavano il porto naturale: i Rizzo e i Consolo, che avevano vaste proprietà terriere dedite alla vite, che qui ha un sapore e una fragranza che in nessuna altra parte dell’isola si riesce a riscontrare. A poco a poco, dopo la seconda guerra mondiale, i dammusi cominciarono ad aumentare di numero, e la gente a voler promuovere Cala Gadir come propria contrada di residenza o di villeggiatura per gli isolani, i quali dopo la giornata di sole, mare e lavoro, vi trascorrevano serate di ballo con la musica del violino di Salvatore Casano e l’organetto di Salvatore Rizzo. Dovremo aspettare gli anni ’70, perché essa divenga uno dei luoghi più ameni e turistici dell’intera isola e questo fortunato incipit per una serie di componenti: 1) le acque termali de “Il Caldo (ù càvudu)”. Qui una serie di piscine (zotte) naturali di rocce nerissime e lucenti, di dimensioni varie raccolgono l’acqua sorgiva caldissima i cui effluvi creano vaghe nuvole di vapore acqueo argenteo: un toccasana per dolori reumatici e artritici. Ma la peculiarità è che la zotta più grande, in un punto della murata, presenta una fenditura, cosicché l’acqua fredda del mare si miscela delicatamente con quella sorgiva rendendola piacevolmente tiepida. Questa vasca rappresenta un valido alleato per genitori di bimbi piccoli per le prime incursioni acquatiche in sicurezza, per la sua poca profondità (che varia dai 30 cm. al metro). 2) lo scivolo dello scalo, un tempo, era di sottile arenaria dorata, che, per la presenza delle acque calde veniva usata per tonificanti sabbiature terapeutiche; attiguo a questo lieve declivio le buvire e altre vasche d’acqua, ma questa volta bollente, dove le ave pantesche attingevano l’acqua per lavare stoviglie e biancheria: l’unico punto di Pantelleria, forse, questo in cui oltre alla presenza di una lingua di sabbia, l’accesso al mare è più facile e graduale; l’acqua resa tiepida dalle sorgenti, un pò torbida per la sabbia smossa dalla risacca, ciuffi di alga fluttuante chiamata “triscia”; aguglie eleganti e lucenti come piccole sirene. 3) Gadir rappresenta da sempre un approdo facile sia per i pescatori locali sia per i forestieri che, talvolta, arrivavano per ripararsi per qualche ora dal sole cocente, e lo scenario che si presentava loro era quello tipico di una zona di pescatori: reti arrotolate su se stesse, fetide, con i galleggianti arancioni che pendono come gioie, memori del grande lavoro sotto la coltre color indaco delle acque pantesche ricche di prede gustose; qualche nassa ciondolava coma un campana dalla poppa di una barca, cosparse di spine di riccio per la cattura delle aragoste. E il turista, che arrivava accaldato, trovava ristoro in un piccolo ristorante di proprietà di Giovanni Salerno, detto Zorro. 37898332_10212493576234178_6753489920070778880_n Storica, in quell’epoca, la figura di Zorro: grande pescatore, eccellente cuoco, ma sopratutto uomo capace di accattivare chiunque con la sua simpatia, intelligenza e affabilità e tale da cambiare vocazione a Cala Gadir, da mero pied-à-terre marinaro a centro turistico di alto livello. Molti i personaggi illustri che si sono avvicendati presso la piccola omonima trattoria e che negli anni sono tornati: per esempio il grande cantautore italiano, scomparso prematuramente, Sergio Endrigo che aveva instaurato con Giovanni Salerno un rapporto di profonda amicizia. Le cose belle spesso nascono per caso e così è stato per quel ristorante che ogni sera ospitava tavolate di uomini abbronzati, con le loro espadrillas sgargianti, le camice di lino bianche; e le donne ingioiellate di turchesi, abbigliate anche con semplici parei e le borse di paglia. Insomma Zorro, con la sua intraprendenza, spesso, temerarietà in mare aperto, sagacia, aveva lasciato il suo segno in quel borgo, tanto che tutt’ora se ne sente parlare con la nostalgia di un periodo storico irripetibile. V’erano altri personaggi che rendevano vivace il soggiorno a Gadir, tra cui Giovanni D’Amico, detto Ballacullummera (balla con l’ombra, per la sua passione per il ballo). Negli anni il porticciolo si è in qualche modo trasformato per l’opera spesso discutibile dell’uomo, che, con interventi maldestri, è giunto a modificarne l’aspetto, seppur con l’encomiabile intenzione di rendere più agevole e frequentabile la cala, ma depredandola di quella grezza bellezza naturale che l’ha resa magica fino, appunto, agli anni ’70-80. Comunque, per la passione che essa è capace di promanare si tenta sempre di mantenerla viva e vivace, cosìcchè, considerati gli straordinari reperti archeologici subacquei nella baia, per volontà di Edoardo Famularo è stato aperto un importante centro subacqueo. Considerate le numerose popolazioni che si sono avvicendate nei millenni sull’isola (dai fenici ai romani a greci, le cui navi spesso naufragavano) si può bene comprendere la ricchezza del patrimonio che Pantelleria custodisce prevalentemente nelle sue silenziose e fredde acque, trovando testimonianza delle grandi popolazioni attraverso: anfore puniche, greche, romane, il trasporto di vini, olio, e così via. Insomma, Gadir era una località fondamentale per lo scambio e gli approvvigionamenti di tutto il mediterraneo, nei tempi più remoti e oggi essa rappresenta uno dei siti archeologici più importanti e visitati della Sicilia.

Marina Cozzo

Marina Cozzo è nata a Latina il 27 maggio 1967, per ovvietà logistico/sanitarie, da genitori provenienti da Pantelleria, contrada Khamma. Nel 2007 inizia il suo percorso di pubblicista presso la testata giornalistica cartacea L'Apriliano - direttore Adriano Panzironi, redattore Stefano Mengozzi. Nel 2014 le viene proposto di curarsi di Aprilia per Il Corriere della Città – direttore Maria Corrao, testata online e intraprende una collaborazione anche con Essere Donna Magazine – direttore Alga Madia. Il 27 gennaio 2017 l'iscrizione al Consiglio dell'Ordine dei Giornalisti nel Lazio. Ma il sangue isolano audace ed energico caratterizza ogni sua iniziativa la induce nel 2018 ad aprire Il Giornale di Pantelleria.

Cultura

Sanremo 2025: Il Giullare Benigni apre irruente come un uragano la quarta serata all’Ariston

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Quarta serata per Sanremo 2025, la serata è stata dedicata alle cover che si è aperta con Roberto Benigni, mattatore di nuovo sul palco dell’Ariston. Ad accompagnare Carlo Conti nel giorno dei duetti sono Geppi Cucciari con il suo show lungo tutta la durata dello spettacolo, e Mahmood, che incanta nel suo medley in rosso fuoco. Ma hanno incantato anche gli artisti sul palco tra commozione, magia, balli in platea e diverse standing ovation. E tra i protagonisti d’eccezione della serata ecco spuntare anche Topo Gigio. A vincere, alla fine, sono Giorgia e Annalisa con ‘Skyfall’ di Adele Benigni mattatore “Non potete farmi regalo più bello”, dice Benigni che porta sul palco l’ironia su Sanremo e sulla politica, nonché un duetto con Carlo Conti sulle note dell’Inno del Corpo Sciolto. Benigni affronta l’Ariston alla sua maniera, da mattatore: “Figurati se mi perdevo il tuo debutto a Sanremo. Il tuo primo festival da presentatore”. Conti ribatte: “Veramente ne ho fatti quattro”. “Vabbè, a parte gli altri tre, li ho visti tutti”. “Il festival è bellissimo – prosegue Benigni – tutti parlano solo del festival, hai bloccato l’Italia, dovresti fare il ministro dei trasporti”. Poi aggiunge: “Non parliamo di politica, che la situazione è tesa. Ho incontrato Marcella Bella, le ho detto: ‘Bella, ciao’, è successo un casino. Per par condicio ho dovuto salutare i Neri per Caso”. Benigni si complimenta con Conti per il ritmo del festival: “Sei un orologio svizzero, mica come i festival infiniti di Amadeus. Qui dietro ci stanno dei cantanti che ancora aspettano di entrare dall’anno scorso”.

Poi passa all’ironia sui cantanti in gara: “Mi sono presentato a Tony Effe, gli ho detto: ‘sono Roberto B, sto andando da carlo C…’ E lui mi fa: ‘Prestame na’ collana’”, dice tra le risate della platea. E quando Carlo sottolinea che il festival va in eurovisione, Benigni reagisce: “Sai chi ci sta guardando? Elon! Su X ha già votato per il vincitore. Per chi ha votato? Per Giorgia. Giorgia ci stava pure l’anno scorso, e ci starà l’anno prossimo e per un bel po’ di tempo, te lo dico io che di musica me ne intendo”, ironizza. Per poi passare a parlare della presunta simpatia di Elon Musk per Giorgia Meloni: “Oggi è il 14 febbraio, Giorgia è sul satellite con lui, quelli so’ capaci di sposarsi e andare in luna di miele su Marte”.

Da Musk a Trump il passo è breve: “Anche lui è innamorato dell’Italia, vedo già cappellini rossi, ‘make Sanremo great again’. Dopo la Groenaldaia e il Canada, vuole la Liguria. Oppure mette il dazio sulle trofie al pesto”. Quindi l’affondo di satira sugli italiani che salgono tutti “sul carro del vincitore: c’è gente che era dichiaratamente di sinistra che è passata a destra e ai noi di fratelli d’Italia – dice scatenando una fragorosa risata dell’Ariston – ‘sta cosa non ci piace, ne parlavo ieri con Ignazio”. Per concludere, il grande apprezzamento per il capo dello Stato, Sergio Mattarella.

Benigni ricorda quando due anni fa a Sanremo parlò davanti a lui in occasione del 75mo anniversario della Costituzione: “Lui si commosse e si divertì. E vedere divertirsi e commuoversi il Presidente della Repubblica è una cosa che fa veramente una cosa dentro il corpo e l’anima, ti fa stare bene. Perché Mattarella è una

persona straordinaria e volevo dire a tutti voi e al Presidente della Repubblica che siamo sempre vicini alle sue parole, a ciò che dice. Ci riconosciamo nelle sue parole. Non ho mai sentito uscire una parola dal Presidente della Repubblica che non fosse di verità e di pace e quindi siamo orgogliosi di essere rappresentati da Sergio Mattarella nel mondo, per la sua dignità e la sua umanità. Grazie Presidente”.

Salvatore Battaglia

Presidente Accademia delle Prefi

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Spettacolo

Sanremo2025, vince la serata delle cover Giorgia con Annalisa. Tutta la classifica della 4ª serata

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Nella quarta serata del Festival di Sanremo 2025, dedicata alle cover, si sono esibiti tutti i 29 cantanti in gara: alcuni hanno duettato tra loro, altri hanno portato cantanti, cantautori, musicisti e performer.
Carlo Conti, affiancato da Mahmood e Geppi Cucciari ha annunciato il vincitore di questa serata.

La classifica, col suo vincitore, non inciderà tuttavia sulla classifica finale di stasera, sabato 15 marzo, in cui verrà decretato il vincitore assoluto della kermesse.

La classifica della serata cover
 
Giorgia (Skyfall con Annalisa)
Lucio Corsi (Nel blu dipinto di blu con Topo Gigio)
Fedez (Bella Stronza con Marco Masini)
Olly (Il pescatore con Goran Bregović e la Wedding & Funeral Band)
Brunori Sas (L’anno che verrà con Riccardo Sinigallia e Dimartino)
Irama (Say Something con Arisa)
Roco Hunt (Yes, I know my way con Clementino)
Elodie e Achille Lauro (A mano a mano e Folle città)
Clara (The Sound of Silence con Il Volo)
The Kolors (Rossetto e caffè con Sal Da Vinci)

 Ricapitoliamo il festival

La classifica parziale dopo la terza serata
 

Coma_Cose
Brunori Sas
Irama
Olly
Francesco Gabbani
 
La classifica parziale dopo la seconda serata
 
Giorgia con La cura per me
Simone Cristicchi con Quando sarai piccola
Fedez con Battito
Achille Lauro con Incoscienti giovani
Lucio Corsi con Volevo essere un duro
 
La classifica parziale dopo la prima serata
 
Brunori Sas con L’albero delle noci
Giorgia con La cura per me
Lucio Corsi con Volevo essere un duro
Simone Cristicchi con Quando sarai piccola
Achille Lauro

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Cultura

L’Elogio del potere vince sulla scuola della Civiltà

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Pina Farina They “la scuola pubblica è stata fatta a pezzi a suon di riforme e decreti concertati da pseudopolitici e lobby”

Tutto è compiuto! Il burrone in cui l’Italia sarebbe precipitata è stato completato. Un lavoro di scavo lento, studiato in ogni minimo particolare. Una politica di sinistra slavata, sfilacciata, omologata lo ha consentito! Ma c’era da aspettarselo! Lo hanno voluto quei signori che un tempo difendevano il diritto e la dignità delle fasce più deboli e quelle autorevoli degli intellettuali e dei docenti. Lo hanno permesso con il concorso e il galoppante successo di chi concepisce lo Stato come l’isola felice all’interno dei propri confini; l’orgoglio maschio della propria sovranità; la difesa della sola vera, unica religione; la  glorificazione della famiglia impeccabile, unita e perfetta e la definitiva estirpazione, alla radice, dell’ingombro di chi osa appartenere al genere che si confà alla propria natura e, non ultima, la lenta e inesorabile eliminazione di chi non possiede gli attributi fisici e psichici per contribuire alla realizzazione di un tale Stato forte e sicuro!  

Quindi programmi e finanziarie si sono snocciolate, negli ultimi decenni, e con incredibile successo, sulle note del solito identico mantra: “togliamogli la cultura e la sanità, il lavoro e la casa. Distribuiamo a basso prezzo cellulari e ogni marchingegno tecnologico, facciamoli blaterare, sfogarsi con le loro storie, così si sentono protagonisti di primo piano come quelli che la Rai, i social e Mediaset (già da prima ma soprattutto dopo il famigerato Grande Fratello) elogiano a modelli comportamentali e stili di vita ideali. Ai piccoli bruciamogli da subito il cervello con i video giochi e la frittata è pronta!”.
C’era da aspettarselo da quando la scuola pubblica è stata fatta a pezzi a suon di riforme e decreti concertati da pseudopolitici e lobby di turno svilendo lentamente un mondo docente umiliato, mortificato, vessato, deriso, ridotto alla fame e al silenzio. E così nel Paese di Dante e del suo ‘De vulgari eloquentia’, (preludio alla ‘Divina Commedia’ attraverso cui il poeta consegnava l’italiano e l’etica popolare agli italiani), la Conoscenza non vale quanto valgono il potere e la ricchezza oltre ogni ragionevole misura (e siamo precipitati all’inferno!).

Eccoli i più ‘svegli’! a osannare la vittoria sulla Civiltà e sul diritto in barba a quello che per anni abbiamo cercato di elargire con amore e passione dall’infanzia fino alle superiori. Assisto sconcertata al crollo totale del buon senso attraverso l’uso di un linguaggio sempre più violento e privo di sostanza tant’è che del vulgari eloquentia c’è rimasta solo la volgarità, a partire da una pletora di pseudopolitici che si esprime a ruota libera con i crismi di chi si arroga il diritto di chiamarsi onorevole e senatore, gente di Stato (alcuni dei quali indisturbati e con il pendaglio della frode allo Stato).

Mi chiedo in quale stato di schizofrenia stiamo gestendo i nostri ragazzi, futuri cittadini condannati ad assistere a tale deplorevole spettacolo da circo. Da molti anni, mattina e pomeriggio, a studiare su migliaia di progetti inerenti alla legalità, spesso moderati dalla Polizia di Stato; Laboratori e attività didattiche sulla Costituzione; cineforum su modelli etici come don Puglisi, Giuseppe Impastato, proposte teatrali e incontri su giudici e magistrati, preti, giornalisti che hanno dato la vita per debellare mafia e corruzione; viaggi ad Auschwitz e incontri plateali con i testimoni della Shoa e delle Foibe,  letture e videoconferenze contro ogni forma di bullismo e cyberbullismo; studio sistematico di quelle straordinarie Carte a tutela del diritto sovranazionale del nostro villaggio globale dopo i ripugnanti capitoli del ‘900 affogato nelle dittature e due guerre mondiali. Eccola la notte dei cristalli! al fuoco l’Onu, l’Oms, le Convenzioni sui diritti umani e dell’infanzia, degli adolescenti e di ogni fascia debole.

E l’Agenda 2030? L’educazione all’ambiente? Insomma, due scuole dunque: quella silente che ogni mattina infonde vita, rispetto, amicizia senza differenze di razza, ceto e cultura; la scuola dei poeti e dei letterati; degli artisti, scienziati e dei filosofi e l’altra che indisturbata viaggia attraverso i social e inchioda i cervelli dalla culla alla tomba con distrazioni sciocche, banali fatti a carattere privato e massacrante pubblicità che da Carosello in poi tartassano orientando i gusti e le scelte delle masse. A tutto ciò si aggiungono le volgarità del potere istituzionale a elogio di esseri mostruosi e riprovevoli che saltano sulla scena muovendo con disinvoltura l’ago della bilancia per decidere chi deve vivere e chi deve morire…tutto attraverso tecniche comunicative sempre più sofisticate che scandiscono toni di protezione, gloria, forza, minaccia. Un deja vu che i nostri alunni hanno studiato (badate bene!). Purtroppo, sono orfani i nostri ragazzi!

Figli di genitori impauriti e scontenti molti dei quali ignari dell’autorevole funzione educativa che svolgono maestri e professori, i quali colmano vuoti vertiginosi specie di carattere psicologico e affettivo. C’è da dire che i docenti parlano sempre meno per limitazione di tempo e per acronimi (ds, dsga, fis, pof, pei, pdp, bes, dsa..), azzittiti e spaventati nei collegi, sottoposti a fredde mansioni burocratiche, sacrificano spazi di confronto a favore degli studenti e sono sempre più mutilati nell’autonomia e nel libero arbitrio. Ciò nonostante, perseverano nell’elargire lezioni di vita nel luogo dove non si odia e si studiano semmai le cause dell’odio che hanno determinato, e determinano ad oggi, orrori atroci e disumani nel corso della storia. A tal proposito mi preme sottolineare che i nostri studenti leggono il diario di Anna Frank e guardano le innumerevoli produzioni cinematografiche che testimoniano il ripugnante destino del popolo ebreo che un’Europa cristiana, inetta e priva di idee e saggezza, ha consentito; i nostri ragazzi assistono tuttavia all’atroce sterminio del popolo palestinese di cui conoscono la storia e condannano ogni forma di terrorismo, persecuzione e pulizia etnica (ma non è un lager la striscia di Gaza? Con oltre 70.000 morti di cui il 59% donne, bambini e anziani e un’infinità di gente mutilata, affamata, senza casa, senza storia e a rischio deportazione?).

La storia si ripete. Vince il più forte! Ma non si era detto che i più forti sono i miti, coloro che non praticano violenza e scelgono di stare sempre dalla parte della giustizia, della democrazia e del rispetto della dignità umana? mentre i deboli della storia sono i malati di paura (in pratica ogni dittatore), gli insicuri, gli inesperti e frustrati i quali, tuttavia, oggi trovano il terreno fertile in conseguenza del crescente e diffuso stato di disagio economico e sociale? E si urla, si minaccia, si batte il pugno! Ed è qui che trovano spazio quei pochi arricchiti con la vendita incontrastata di un certo mangime che ha nutrito i cittadini delle società civilizzate: la droga dell’apparire e dell’avere, possedere cose a discapito dell’Essere che di tanto poco avrebbe bisogno per godere di una ricchezza già presente nella natura e nell’universo.

Pina Farina They,

docente scrittrice.

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