Cultura
Pantelleria e la leggenda della strega di Salto La Vecchia

La magara
C’era una volta a Pantiddraria tanto, ma tanto tempo fa, così lontano che si perde ormai nella notte dei tempi, una magara ovvero una fattucchiera che abitava in un vecchio e nero dammuso, appollaiato su un costone a strapiombo tra Nikà e Balata dei Turchi.
Il nome di quella magara oggi nessuno lo ricorda più, anche se fino a pochi decenni orsono qualche vecchia popolana di Scauri e di Khamma e che sapeva le parole antiche, quelle magiche di una volta, ne conosceva il nome e lo sussurrava sottovoce con timore reverenziale.
E già perché il solo pronunciare quel nome era foriero di prossime sventure e di malefici per chi avesse solo osato ascoltarlo.
Si racconta, relata refero, che nel tempo di cui parliamo la magara avesse più di qualche centinaia
anni d’età e il suo volto fosse ormai una fitta ragnatela di rughe, orribile a guardarsi.
Eppure non era
stata sempre così. Un tempo i suoi occhi verdi e i suoi capelli neri, lucenti e metallici come l’ala di
un corvo, e il corpo sinuoso e splendido, che le leggeri vesti lasciavano intravedere prepotente e con
i seni irti di desiderio, avevano ammaliato e fatto impazzire d’amore più di un picciotto dell’isola.
Ma inutilmente, perché la giovane e bella magara non si curava minimamente di loro.
La magara innamorata del sultano Ali Soliman
Ella aveva il suo grande e unico amore, un principe turchesco di nome Alì Soliman, che aveva incontrato un giorno a Balata dei Turchi. Quel giorno Alì era sbarcato a Balata con i suoi saraceni da un vascello corsaro e andava a saccheggiare la città murata di Pantelleria. Gli sguardi s’incrociarono e fu subito amore travolgente a prima vista. Un amore che poi continuò ad ardere senza mai spegnersi. Anzi che si ravvivava sempre più nei teneri convegni amorosi, che si consumavano al limitare del frangersi delle onde di un mare sempre complice.
Il tradimento e il tranello all’amato Soliman
Ma un brutto giorno Alì Soliman durante una delle sue incursioni corsare sull’isola, tradito per soldi da un suo giannizzero, fu tratto in un tranello e catturato dalle guardie del castello. Com’era uso in quei tempi crudeli, Alì fu inchiodato presso la porta delle mura cittadine (dove ora sorge l’ex hotel Miriam) e lasciato morire di fame e di sete.
A nulla valsero le preghiere prima, le maledizioni poi della giovane e bella magara. Da quel giorno la donna cominciò a covare un odio implacabile contro tutti gli abitanti dell’isola e si diede, anima e corpo, alla magia nera.
L’ira funesta e la vendetta della magara
Si racconta che avesse perfino sottoscritto un patto di sangue col diavolo in persona per avere in suo dominio diretto gli elementi naturali. Passava così il suo tempo flagellando l’isola con lunghi periodi di siccità, con venti impetuosi che trasportavano l’impalpabile e sottile sabbia africana e che tutto disseccava, con tremende mareggiate che spaccavano il molo e mandavano a picco più di un veliero.
Ma ciò che scatenava
oltremodo l’ira della strega era allorché veniva a conoscenza dello sbocciare di un nuovo amore tra i giovani dell’isola.
Particolarmente presi di mira erano poi i giovani innamorati, che risiedevano nei pressi della sua contrada. Più di un matrimonio era andato in fumo per le sue male arti e non poche ragazze s’erano fatte di conseguenza monache di casa. Contro questo vero e proprio flagello di Dio s’erano più volte mosse le autorità.
Lo stesso governatore aveva ordinato parecchie volte alle guardie del castello di arrestare la strega e condurla alla sua presenza al fine di essere giudicata e ricevere il meritato castigo.
Ma malgrado gli sforzi, gli agguati, la magara non si poteva mai pigghiare. Si raccontava, da chi aveva partecipato a quei tentativi di cattura, che quando si vedeva circondata ella si trasformasse in men che non si dica in un sicarro (falco o gheppio) e così dalle rocce s’involasse rapidamente verso il mare.
Passavano gli anni e di quella malefica donna non si vedeva mai la fine.
L’amore di Narduzza e Turi di Khamma
Venne però il tempo in cui la tenera Narduzza di Nikà s’invaghì perdutamente (ricambiata) del giovane e forte Turi della contrada di Khamma.
Quell’amore era bello e colorato come i fiori dei campi in primavera. Ogni giorno Turi per recarsi dalla sua bella doveva passare per forza nei pressi del dammuso della magara e quest’ultima, appena saputo di quel nuovo amore, si apparecchiò subito a renderlo infelice con le sue arti magiche.
Per l’occasione la strega escogitò una nuova diavoleria, più insidiosa delle precedenti. Con degli unguenti fatti di misteriose erbe del monte Gibele, riuscì a riprendere le fattezze di un tempo, di quando aveva gli occhi di un verde brillante e il corpo sinuoso e invitante.
E così, nuda, si era fatta vedere da Turi e quell’immagine s’era impressionata, come un negativo, negli occhi del giovane, così che quando aveva abbracciato la sua Narduzza quell’immagine sensuale e peccaminosa s’era interposta tra i due innamorati come un’ombra nera e cupa. Nei successivi incontri Narduzza s’accorse che Turi era diventato più distante e freddo e ne diede, giustamente (amore non inganna), la colpa a qualche maleficio della fattucchiera.
Una notte di luna piena la ragazza si avvicinò al dammuso della magara e cominciò a spiarne le mosse. Vide la vecchia uscire e guardarsi con circospezione tutto intorno, poi la vide avviarsi per un sentiero impervio e fermarsi davanti a una larga roccia spianata con un incavo al centro, che conteneva dell’acqua. La strega si lavò il viso in quell’acqua ed ecco avvenire qualcosa di stupefacente.
Ella si trasformò in un attimo in un gheppio, che con subitaneo volo si lanciò dall’alto della scogliera e prese a roteare, con rapidi voli, sulle mugghianti onde del mare in tempesta. Era il suo modo di divertirsi con gli elementi della natura.
Intanto Narduzza si era avvicinata alla roccia con l’incavo e assaggiò una goccia di quell’acqua: era amara e poteva benissimo trattarsi di acqua di mare, forse mescolata con il succo di erbe amare del
monte Gibele.
Furba Narduzza
Nella mente della ragazza cominciò a balenare un piano per liberarsi una volta per sempre di quella megera. Doveva sostituire quella misteriosa acqua con acqua di cisterna. E così fece una notte di luna piena.
La strega uscì dal dammuso e si portò alla roccia con l’incavo. Si lavò per bene la faccia e subito si slanciò dall’alto della scogliera. Ma la magica metamorfosi non avvenne e la vecchia cadde, sfracellandosi, sulle rocce aguzze sottostanti.
Salto La Vecchia
Da quel giorno della fattucchiera non si sentì più parlare e per decenni delle ossa calcinate biancheggiarono laggiù sulla scogliera. E quel luogo fu chiamato da tutti Salto La Vecchia e i paesani che vi passavano non potevano fare a meno di segnarsi con la croce.
E di Narduzza e Turi?
Il loro amore, come accade fortunatamente in tutte le favole, trionfò e i due
alla fine celebrarono un bel matrimonio, a cui furono invitati tutti gli isolani.
E i doni furono molti
perché tutti erano grati alla ragazza per averli liberati da quel flagello.
Qualcuno ai giorni nostri, percorrendo un impervio e sperduto sentiero presso la scogliera di Salto La Vecchia, afferma di aver veduto una roccia con un incavo al centro contenente dell’acqua. Vicino una bianca e trasparente forma di donna, di cui si scorgevano solo gli occhi verdi.
Orazio Ferrara
Foto: La Magara in un’antica incisione
Cultura
M° Cossyro dona 33 opere a Pantelleria. Cerimonia il 1° agosto

La cerimonia avverrà venerdì 1° agosto, ore 17,30, alla Mediateca civica dell’isola
L’artista appartiene ad una famiglia di maestri d’ascia, che realizzavano le imbarcazioni isolane, tra cui le lance pantesche. Le opere oggetto di donazione fanno parte di un blocco complessivo di 100, che l’artista ha voluto donare al Comune.
Durante la manifestazione verrà spiegata la motivazione di un simile gesto nobile e generoso per la comunità.
Nelle opere che vedremo in Mediateca, dal 1° agosto prossimo, troveremo i maggiori cicli d’opera della sua attività pittorico plastica, comprese installazioni, mosaici o lavori realizzati con materiali inusuali, talvolta rari (ossidiana e altre pietre, giunchi usati per le nasse, specchi e altri materiali).
Spettacolo
Pantelleria, tutti gli eventi di agosto 2025

PROGRAMMA EVENTI A PANTELLERIA – dal 30 luglio al 3 agosto 2025
Arte, musica e cultura in tutta l’isola! 🎶📚🌅
🗓️ 30 luglio – ore 18:30
📌 Castello di Pantelleria
📰 “Dalla carta stampata a internet”
50 anni del Panteco e 25 anni di Pantelleria Internet: racconti, aneddoti e proiezioni.
🗓️ 31 luglio – ore 21:00
📌 Circolo Agricolo di Scauri
🎥 “Se l’isola si perde nel tempo” – proiezione e confronto sull’identità dell’isola.
🗓️ 1 agosto – ore 17:30
📌 Mediateca Comunale
📚 Inaugurazione della Mediateca
Con la donazione di 100 opere del maestro Michele Cossyro.
🗓️ 1 agosto – ore 19:30
📌 Castello di Pantelleria
📖 Arte e Sapori
Letture, degustazioni e cultura pantesca con il libro di Giorgia Belvisi.
🗓️ 2 agosto – ore 22:00
📌 Piazza Cavour
🎧 Radio Time ’90
Serata dance all’aperto con DJ Flesca, Pavone e Ferrito.
🗓️ 3 agosto – ore 19:00
📌 Via Manzoni
🎤 Memorial Lillo di Bonsulton
Letture poetiche, installazioni artistiche e ricordi.
🗓️ 3 agosto – ore 21:00
📌 Donnafugata – Khamma
🎶 Zibibbo d’Oro
Giovani talenti in gara tra musica e vino nelle cantine di Donnafugata.
📲 Una settimana piena di appuntamenti da non perdere!
Cultura
Pantelleria, consenso per il murales di Andrea Buglisi in Rione San Giacomo

Annunciata l’inaugurazione per il 31 luglio ore 19,30. L’effetto sui social
Questa mattina il Comune di Pantelleria ha annunciato l’inaugurazione dell’opera murale, per giovedì 31 luglio alle ore 19.30 in via A. Manzoni 91 – Rione San Giacomo.
Saranno presenti il Sindaco di Pantelleria, Fabrizio D’Ancona, l’artista Andrea Buglisi e la Consigliera Comunale Nadia Ferrandes.
Ma dall’annuncio, già i movimenti/commenti di pancia verso l’opera, attraverso i social: piena approvazione per il messaggio di speranza, solidarietà e apprezzamento artistico in sè; pieno consenso per l’uso di una grande area del Rione San Giacomo da dedicare all’arte e ad una Pantelleria aperta e unita verso tematiche che ancora rappresentano tabù, in certi contesti.
Andrea Buglisi
Ma chi è l’artista che si è prestato in questa opera tanto mastodontica quanto significativa?
Nato a Palermo nel 1974 e diplomato in Decorazione all’Accademia di Belle Arti nel 1998 con una tesi sulla Street Art, attualmente insegna Discipline Pittoriche al Liceo Artistico “E. Catalano” di Palermo.
Buglisi si occupa principalmente di pittura, concedendo particolare attenzione alle contaminazioni e ibridazioni fra questa e gli altri media espressivi.
Il suo lavoro lo descrive come un mix tra colpo d’occhio e messaggio critico nei confronti della società che sottostà a nevrosi collettive.
Le opere di Andrea Buglisi sono state presentate in mostre personali e rassegne in Italia e all’estero. (Riso, Museo d’Arte Contemporanea della Sicilia, Mart museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, Stadtgalerie di Kiel, Museum Kunstpalast di Düsseldorf, Biennale di Venezia etc.). Vive e lavora a Palermo.
Ma un passaggio a Pantelleria lo ha imbrigliato per lasciare il suo messaggio contro un tema che non smetterà mai di dare materiale per la cronaca nera, per grandi perdite e dolori incalcolabili, ancora e tutt’ora: la violenza di genere.
Appuntamento dunque, per il 31 luglio alle ore 19.30 in via A. Manzoni 91 – Rione San Giacomo, di Pantelleria e vedere prendere spessore la sua ultima creatura.
Ringraziamo Mimmi Panzarella per aver condiviso con noi i suoi scatti.
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