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Cultura

Pantelleria alla Convention 2022 delle Città del Vino tenutasi nel Friuli

Marilu Giacalone

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Si è svolta nel giorni scorsi l’assemblea dei  “Sindaci del Vino” tenuto in Friuli con grande partecipazione.  Al cento del dibattito il “ Caso Pantelleria” che stimola l’impegno in prima linea dei comuni per le Do-Ig (vino e cibo). Non linea politica o partitica, ma come gestori e garanti dell’uso, tutela, prevenzione, controllo dell’intero territorio produttivo all’interno delle zone vocate alla qualità, soprattutto con le esigenze di no spreco e no abusi di suolo, cambio climatico, situazione idrica, controllo di malattie e infezioni, transizione e tutela ecoambientale. Il vigneto non è avulso da un sistema distrettuale da preservare con prevenzione. Grazie  Ciao gpc

 

CONVENTION 2022  DELLE CITTÀ DEL VINO A DUINO AURISINA 

Il presidente Angelo Radica punta sul coinvolgimento dei comuni in modo sinergico, fare rete per iniziative a sostegno della viticoltura di qualità nei vari comuni italiani associati.  Aderiscono quasi 500 associati. I coordinatori regionali punto di riferimento per tutti i sindaci. i sindaci devono essere custodi e gestori dei distretti delle produzioni DO-IG in dialogo con le funzioni di ogni Regione.

 

 

Pantelleria al centro del dibattito su iniziativa del sindaco Vincenzo Campo: adesione delle Città del Vino. Nel 2023 Menfi (Sicilia) pende il testimone di città italiana simbolo del vino. L’enoturismo al centro dell’agenda.  Giampietro Comolli ha sollecitato una azione politica della associazione per riportare le amministrazioni comunali nell’ambito decisionale delle Regioni per i riconoscimenti Doc-Dop alla luce della transizione ambientale, riuso produzioni, polizia rurale, uso e no spreco del suolo, prevenzione calamità naturali e abusi di ogni genere nelle zone vitate.

 

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Due giorni al Pavilion di Portopiccolo di Sistiana (Trieste) per la Convention d’Autunno 2022 dell’Associazione nazionale Città del Vino che segna anche il passaggio del testimone di “città annuale 2023 del vino” da Duino Aurisina  e Menfi (Agrigento). Saluti di benvenuto e apertura dei due incontri culturali da parte di Igor Gabrovec sindaco di Duino Aurisina – Devin Nabrežina. La prima giornata ha riguardato la presentazione di uno studio sul regolamento intercomunale di Polizia Rurale dell’Università degli studi di Udine per definire le buone pratiche sostenibili all’interno dell’iniziativa Vite FVG 2030. Tiziano Venturini, coordinatore FVG, ha presentato lo studio e sottolineato l’obbligo della corale partecipazione di tutti gli attori;  Luca Iseppi docente a Udine ha presentato il piano di lavoro e gli obiettivi scientifici. Presenti  Stefano Zannier assessore regionale all’agricoltura, Roberto Marcolin del consorzio doc FVG e presidente della doc Friuli Aquileia. E’ seguito il convegno “Innovare in vigna”, incentrato sulle buone pratiche fra cambiamenti climatici, stress viticoli per carenza d’acqua, macchinari innovativi, vita ed età della vite e risposte certe alla necessità di eliminazione degli agro-fitofarmaci in vigna mantenendo alto la stessa qualità dei vini. Hanno partecipato i docenti Francesco Marangon, Paolo Sivilotti, Sandro Sillani dell’Università di Udine, oltre ai tecnici Giovanni Bigot, Demis Ermacora e Diletta Covre. Coinvolti tutti e 32 i comuni del Friuli Venezia Giulia associati alla Città del Vino.  

 

La assemblea ha significato il passaggio di testimone dalla città del vino di Duino Aurisina  a Menfi, molto partecipata e ricca di spunti.  Ampia la relazione del presidente Angelo Radica sulle attività in un anno di piena ripresa. Ha elogiato i comitati e coordinatori regionali, in primis quello del Friuli Venezia Giulia, il grande lavoro di chiarezza svolto dal predecessore Floriano Zambon e ha evidenziato  l’importanza di aumentare le adesioni di comuni per fare sistema e avere peso, l’impegno fondamentale delle figure degli ambasciatori per portare progetti, i diversi incontri europei e nazionali con altre associazioni e enti pubblici del settore.

 

Significativi gli interventi del sindaco di Bosa e di Pantelleria improntati sull’importanza della identità territoriale e difesa della denominazione. In particolare Vincenzo Campo, sindaco di Pantelleria, ha illustrato e denunciato come il termine “Zibibbo” sia stato spolpato della sua identità, storia, cultura, origine inserendo la menzione “speciale e distintiva” nella Doc Sicilia, insieme a altri vini di qualità, ma nulla a che fare con l’identità di  un  vino che nasce da millenni sulle rocce vulcaniche e ossidane. Campo ha lanciato un appello all’associazione Città del Vino perché sostenga il territorio pantesco e la difesa della Doc Zibibbo e Pantelleria, nota e apprezzata in tutto il mondo. Con l’estensione a tutta l’isola grande siciliana, tramite il disciplinare della Doc Sicilia, dell’utilizzo del vitigno Zibibbo, si andrà a svalutare la produzione isolana che rischia di diventare marginale, mettendo a rischio la viticoltura pantesca, tutelata dall’UNESCO, l’occupazione generale e l’economia delle cantine, quasi tutte a conduzione familiare con il rischio di abbandono dei giovani agricoltori.

 

Giampietro Comolli, esperto di costituzione e leggi sui consorzi di tutela, portando i saluti alla assemblea del presidente e Cda del Cervim e del presidente onorario Mario Fregoni dell’OIV, sollecitato ad intervenire, ha proposto che una priorità del 2023 dell’associazione sia una proposta di legge che riporti la figura del Sindaco al tavolo decisionale e costituito delle DO-IG, non per motivi politici, ma perché i “cambiamenti e modelli” in atto richiedono la voce del responsabile della gestione del territorio in senso lato, cioè una presenza vincolante nelle Regioni e Province su difesa del suolo, ambiente, no spreco, no abusi.  Comolli ha portato l’esempio della associazione Altamarca Trevigiana, quando dal 2004 al 2014 la sinergia fra 35 sindaci-città e 250 operatori del territorio compreso i Consorzi e Proloco e Gal, garantì una piattaforma unitaria fra produzione, enti pubblici e privati, imprese agricole e turistiche. Oggi una “ rete di distretto” è chiave vincente anche per occupazione e presenza attiva e lavorativa in quei territori difficili montani e di alta collina.   

 

Il presidente Radica ha indirizzato un messaggio chiaro alla neo ministra del turismo Daniela Santanché: “… chiediamo di sostenere il settore enoturistico partendo dai dati e dalle considerazioni dell’osservatorio sul turismo del vino delle Città del Vino, un bagaglio esistente da 20 anni” . Altro messaggio al ministro agricoltura e sovranità alimentare Francesco Lollobrigida: “….chiediamo di far tornare i sindaci protagonisti delle scelte strategiche sulle denominazioni di origine, non in chiave di richieste di nuove Doc, quanto piuttosto a tutela delle Denominazioni stesse. Chiediamo al Governo Meloni di dare più valore ai tavoli ministeriali permanenti  sul tema univoco agro-eno-alimentare-turistico-ambientale coinvolgendo tutti gli attori del Patto di Spello, per una crescita economica virtuosa a vantaggio dei territori rurali”.  Radica, in chiusura di convention difronte a 130 sindaci, ha sottolineato come oggi il ruolo di ogni Sindaco sia centrale anche per il mondo viti-vinicolo in quanto responsabile nella gestione delle problematiche ambientali ed energetiche del territorio. Favorire l’uso di energie alternative, il rispetto suolo, il fattore idrico, i servizi alle imprese, l’occupazione, la protezione civile, la polizia rurale…sono tutte  attività che vedono legami con le imprese agricole, difesa paesaggio, promozione produzioni enogastronomiche di qualità.

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Cultura

Pantelleria, inaugurato il busto a dr. Zurzolo tra gente commossa, riconoscente e affiatata

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L’opera è stata realizzata dal M° Michele Cossyro

Si è svolta ieri, 7 dicembre 2025, la cerimonia di scopertura del busto dedicato al compianto dottor Michele Zurzolo.

In una silenziosa Piazza Perugia, le gente arrivava quasi in punta di piedi, per non disturbare un momento che sarebbe stato prezioso per quel sito e per la comunità pantesca tutta.
Il Sindaco Fabrizio D’Ancona ha aperto la celebrazione annunciando diversi interventi tra cui quello di Maria Casano, che ha promosso l’idea, quello della moglie Anna Maria Brignone, delle due nipoti.

“Il Dottore Michele Zurzolo, nel corso della sua vita professionale, si è dedicato anima e corpo a tutta questa comunità e oserei dire anche a tutta la cittadinanza di Pantelleria – Ha esordito il primo cittadino – Ma molti di voi hanno avuto anche la possibilità di conoscere un amico, una persona che ha fatto della sua professione una storia di vita.  Lui era una persona di altri tempi e lo ha dimostrato. Abbiamo ritenuto come di regola accade quando una persona si contraddistingue in questa vita terrena per le sue attività, per le sue azioni, per le sue gesta, di ricordarlo in una maniera particolare.  Abbiamo deciso di fare un busto commemorativo e di posizionarlo in questa piazza Perugia che è sostanzialmente il cuore di questa contrada.”

Di poi i ringraziamenti alla giunta comunale e, in modo particolare, ai consiglieri Giuseppe Maddalena e Nadia Ferrandes che hanno perorato il progetto, fino al suo completamento.
Così, dopo i toccanti pensieri dei familiari del dr. Zurzolo, l’intervento di Michele Cossyro. L’artista che ha portato il nome di Pantelleria nel mondo con le sue opere ha ben accolto l’invito a realizzare la richiesta, facendo una vera copia non solo delle sembianze, ma anche dell’espressione del medico. Realizzando un basamento singolare, in pietra lavica, ha poi come proseguito l’opera con il busto di bronzo, adesso lucido e liscio.  

Tra i presenti anche il presidente del Consiglio Comunale, Giuseppe Spata, diversi politici, i presidenti dei circoli e di alcune associazioni importanti, tutti testimoni della benevolenza, dell’umiltà, della nobiltà di un uomo coraggioso, che metteva il paziente sopra ogni altra esigenza e pensiero, elargendo diagnosi sempre precise e puntuali e mai sbagliate, nonostante la strumentazione dell’epoca, a Pantelleria.

Va ricordato, non in ultimo, che il Dr. Zurzolo era un grande studioso originario della Calabria, eppure, egli aveva eletto Pantelleria come sede della sua dimora e del suo lavoro, dove ha affrontato vita e professione sempre con un immancabile e inestimabile sorriso bonario e rassicurante.

La toccante cerimonia si è conclusa con la benedizione di Don Ramses.

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Cultura

Pantelleria, oggi presentazione del libro “Le note stonate” di Antonino Maggiore

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Questo pomeriggio, 7 dicembre 2025, dalle ore 16.30, presso i noti locali del Circolo Ogigia di Pantelleria Centro, si terrà la presentazione del libro “Le note stonate” di Antonino Maggiore.

Ad affiancare l’autore, Franca Zona e Giovanna Drago, apprezzate donne di cultura, che si alterneranno in una intervista conoscitiva del libro.

Antonino Maggiore, classe 1982, è un docente di musica presso la scuola primaria di Pantelleria, dove unisce rigore e creatività, nel quotidiano rapporto con l’infanzia.
Lo scrittore pantesco non è alla sua prima opera. Negli anni ha già pubblicato due raccolte poetiche: “Niente di importante” e una “Penna x amico“, grazie alle quali ha ricevuto diversi importanti riconoscimenti.
Le note strane” è un romanzo autobiografico: in viaggio intimistico tra fragilità ed ironia, attraversando il confine spesso sottile tra disperazione e gioia, risa e pianto.

Con il delicato contributo musicale di Maria Bernardo, si profila un piacevole pomeriggio letterario, al caldo e tra “degustatori” di libri.

L’ingresso è libero

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Cultura

I racconti del vecchio marinaio di Pantelleria: Il rito antico della dragunera

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Quel giorno lasciai gli scogli di San Leonardo più presto del solito, mentre i miei amici erano ancora a mollo a mare, in un’acqua trasparente e azzurrina come solo il mare di Pantelleria sa esserlo. Mi soffermai ancora una volta a leggere le scritte multicolori che rendevano meno triste il vecchio bunker di cemento armato della seconda guerra mondiale. L’amore di sempre: “ti voglio bene, “un cuore solo”, “ti amerò per sempre” precedute da un nome femminile e tante altre scritte, eredità amorose di generazioni di giovani panteschi. Una però faceva a pugni con tutte le altre, “Mariuccia buttana”. Doveva essere stato davvero un brutto tradimento, per bollarlo con un marchio di fuoco e per tramandarlo così ai posteri.

Giunsi sulla banchina e lo vidi seduto sulla solita bitta di fronte al castello, la nuvola azzurrina del fumo della sua pipa gli conferiva una strana aureola di mistero. Avevo deciso di porgli alcune domande, ma appena mi vide cominciò a parlare con voce arrochita dal tabacco e dalla salsedine. “Il veliero Madonna di Trapani era un vero e proprio gioiello della marineria pantesca. Due alberi, bompresso lungo come una lancia, vele latine che sapevano piegarsi al vento, ma non alla paura. Patrun Vitu, il suo comandante, era un uomo di mare e di silenzi infiniti, con le mani dure come la nostra pietra lavica e gli occhi di un verde misterioso, che avevano visto tempeste e miracoli. Nelle sue mani il timone seguiva docilmente l’invisibile linea della rotta fissata.

Quel giorno, ero ancora picciotto ‘i varca, avevamo da diverse ore passatu l’isola di Ustica e puntavamo, con tutte le vele spiegate su Trapani, fermarci qui la notte e il giorno seguente tornare a Pantiddraria, dove dovevamo sbarcare delle merci comprate a Napoli. Il mar Tirreno sembrava quieto e il vento amico, ma ‘ogni marinaio sa che “Cu ventu e cu mari nun si fa cuntrattu” (Col vento e col mare non si fa contratto). Così all’improvviso il cielo cambiò.

Una linea nera si stese sull’orizzonte, e il vento cadde morto di colpo. I marinai si guardarono l’un l’altro muti e attoniti. Il capitano Vito salì sul ponte e scrutò quel cielo nerastro e la vide: una dragunera (tromba marina), la maledizione antica e rabbiosa per chi va per mare. Essa, sottile e affilata, scendeva dal cielo come il dito di dio marino irato, girando vorticosamente sull’acqua.

Il nostromo Turi colse l’ansia e il timore degli altri uomini dell’equipaggio e chiese a patrun Vitu di virare. Ma Vito no, non solo perché la cosa era impossibile per mancanza di vento, ma perché egli era uomo che accettava intrepido le sfide in mare. Lui conosceva lu ritu anticu, lo aveva visto fare

da suo nonno e da suo padre prima di lui. Aprì il baule sotto il timone e ne trasse un coltello d’ossidiana, nero come la notte e affilato come il silenzio che precede la burrasca. Poi disse deciso “Mantenete la rotta, non si fugge davanti alla dragunera. Si tagghia”.

Si diresse a prua e la sua figura alta e possente sembrò dominare le onde. Il vento intanto aveva ripreso a soffiare forte e impetuoso che a momenti gli strappava il berretto. La dragunera si avvicinava, ululando conne una magara. Vito attese, fermo, come nu parrinu davanti all’artari. Quando la coda della tromba marina fu a portata, egli disse vecchie parole che non si potevano intendere, poi tracciò con il coltello d’ossidiana una grande croce nell’aria e recitò a voce alta questa preghiera:

Nniputenza di lu Patri,
Sapienza di lu Figghiiu,
pi virtù di lu Spiritu Santu
e pi nnomu di Maria
sta cuda tagghiata sia

Un suono sordo, come un lamento, si levò dal mare. La vorticosa colonna d’acqua si dissolse e il cielo si aprì all’azzurro. Tutti noi marinai, increduli, guardavamo ammirati e a un tempo intimoriti il capitano come si guarda un uomo che ha parlato allora allora con gli spiriti. Vito tornò al timone, rimise il coltello di ossidiana nel baule e disse solo: “Adesso a casa”. Al tramonto del giorno dopo Pantelleria ci apparve all’orizzonte, nera e fiera e materna. Il Madonna di Trapani, come sempre, entrò in velocità nello stretto passaggio che dava al porto vecchio. Solo capitan Vito e qualche altro patrun si potevano permettere di sfidare la scogliera cartaginese semisommersa.

La voce del subitaneo taglio della dragunera si sparse, in un battibaleno, in tutte le contrade dell’isola e da quel giorno ogni marinaio pantesco che incrociava patrun Vitu lo salutava con rispetto misto ad ammirazione. Perché non tutti sanno tagghiare la coda a una tromba marina. E soprattutto non tutti hanno il coraggio di farlo”.

Il vecchio marinaio si tacque definitivamente.
Girò le spalle e si mise a guardare, assorto, il mare come aspettasse l’arrivo di qualcuno, intanto la nuvola azzurrina del fumo della pipa, che lo avvolgeva in tenui volute, gli conferiva un certo non so che di misterioso.

Orazio Ferrara


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