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Cultura

Mondello, da “pantano” a residenza della nobiltà palermitana

Redazione

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Mondello è un quartiere e una località turistica di Palermo facente parte della VII Circoscrizione, racchiuso da Monte Pellegrino e Monte Gallo.

Distaccato dalla città dal Parco della Favorita, è raggiungibile per mezzo dei tanti viali reali alberati o tramite collegamenti secondari. La zona è rinomata per la spiaggia, che rappresenta uno dei lidi più ambiti della Sicilia, per le sue numerose ville in stile Liberty, note come migliore espressione dell’Art Nouveau in Italia, e per i siti di interesse storico. È sede del World Festival on the Beach. In questa località, nel 1975 nacque il Premio Mondello, kermesse letteraria oggi organizzata dalla Fondazione Sicilia insieme al Salone Internazionale del Libro di Torino. Le ville in stile Liberty caratterizzano l’architettura del luogo, rendendolo un importante punto di riferimento per la storia del modernismo internazionale. Queste costruzioni (molte ad opera del celebre architetto Ernesto Basile) sono tra i migliori esempi dell’architettura dell’Art Nouveau in Italia e in Europa. Mondello presenta molte strutture ricettive, numerosi club nautici e circoli esclusivi, ristoranti, negozi, un porticciolo ed un antico stabilimento balneare, uno dei monumenti simbolo della città.

Nel periodo estivo vengono offerti diversi servizi incentrati, per esempio, sull’affitto di cabine o su abbonamenti per accedere a frazioni private della spiaggia. Attraverso diverse ordinanze, Mondello dovrebbe essere resa un’isola pedonale chiudendo al traffico la via principale che costeggia la spiaggia. Mondello è caratterizzata da un golfo sabbioso dai colori tropicali che va da Monte Pellegrino a Monte Gallo, con un litorale di sabbia bianca finissima lungo al giorno d’oggi poco più di 1,5 chilometri. Il paesaggio è influenzato dalla Riserva naturale orientata di Capo Gallo e dalla riserva di Monte Pellegrino, definito da Johann Wolfgang von Goethe, il promontorio più bello del mondo. È presente anche una delle più belle gallerie di ficus benjamina della città di Palermo. La galleria si trova nel viale degli Iris, nel tratto compreso tra il viale Principe di Scalea ed il viale del Pioppi, non lontano dalla piazza Valdesi alle spalle del Commissariato di Polizia.

Mondello gode di un clima tipicamente mediterraneo. Per circa due secoli il golfo di Mondello rimase una zona paludosa, fino al 1891, anno in cui ebbe inizio l’opera di bonifica del cosiddetto “pantano”, grazie all’intervento del principe Francesco Lanza di Scalea, senatore del regno. In seguito al lavoro di drenaggio delle acque paludose ebbe inizio un progetto di sfruttamento di tali terreni, allo scopo di trasformarli in un nuovo sbocco per la città di Palermo. Risanate le zone in cui era presente il pantano, proseguì il processo di espansione ed evoluzione iniziato nell’ottavo secolo.

Dal 1912 in poi Mondello si trasformò nella sede dell’alta borghesia e della nobiltà della città: seguirono l’edificazione di numerosi circoli esclusivi e

nobiliari, la costruzione di ville lussureggianti e la valorizzazione dei giardini e delle naturali bellezze. L’Antico Stabilimento Balneare costruito a palafitta sul mare di Mondello Lo Stabilimento Balneare venne progettato dall’architetto Rudolf Stualker, che disegnò un’ampia piattaforma su piloni immersi nell’acqua. La realizzazione fu affidata all’impresa di Giovanni Rutelli, figlio del noto scultore Mario Rutelli, che riuscì a costruire un edificio resistente all’azione corrosiva dell’acqua e della salsedine. La struttura venne decorata con volute, fregi, sculture, vetrate e colori vivaci, così da risultare elegante oltre che funzionale per i bagnanti. L’edificio, unico nel suo genere, rappresenta una delle opere architettoniche in stile Art Nouveau più belle d’Europa. Nel 1995, la struttura fu restaurata sotto il lavoro dell’ingegnere Umberto Di Cristina con i fondi della Società Italo Belga, riuscendo a riportare tutto all’antico splendore e a riesaltare i colori, dal blu oceano al rosso ruggine. PROGETTO Finalmente l’assessorato dei Beni culturali della Regione ha approvato il finanziamento di oltre un milione e mezzo di euro per la riqualificazione urbana dell’intera piazza. Dopo lo stanziamento dei fondi, il prossimo step prevede la progettazione definitiva dei lavori che coinvolgeranno il decoro, mare e coste e la rigenerazione urbana. In seguito, probabilmente entro la fine dell’anno e salvo ritardi dovuti all’emergenza Covid, si potrà bandire la gara per lo svolgimento dei lavori. Il progetto complessivo è stato pensato per un totale e completo restyling con l’obiettivo di ampliare la fruizione pedonale e pensare la piazza come punto di incontro per spettacoli ed eventi pubblici. Esso prevede, tra i primi interventi, la totale sostituzione della pavimentazione della piazza.

Addio quindi all’antiestetico asfalto nero, che verrà sostituito da uno strato di pietre di colore grigio simili al marmo di Billiemi diffuso nel centro storico di Palermo. Ma anche questa scelta a mio parere è sbagliata perché tale pavimentazione si addice appunto in centro storico per il contesto dei palazzi nobiliari ivi presenti e per le carrozze con i cavalli che circolano!

Ma a Mondello non vi sono palazzi nobiliari e l’architettura è tipica di un borgo marinaro pertanto avrei previsto una pavimentazione con sassi piatti e colorati che richiamano la spiaggia attigua con disegni a terra con motivi marinari come stelle marine e conchiglie e pesci chiudendo la piazza al transito dei veicoli e trasformandola in isola pedonale per i concerti estivi!

La storica fontana della Sirenetta, che sarà portata più a monte in modo da rendere più ampio lo spazio centrale per manifestazioni ed eventi però la dipingerei anch’essa colorando di azzurro la statua e di bianco la fontana collocandola nell’ angolo vicino la farmacia con panchine in marmo bianche sparse nei 4 angoli e fioriere annesse. Ovviamente il progetto finale, che dovrà essere approvato anche dalla Sovrintendenza, prevederà la sistemazione di aree verdi sia all’interno della piazza che lungo la linea del mare ed in merito prevederei l’installazione su tutto il lungomare dalla piazza a Valdesi di grandi palme con datteri anti coleottero che rievocano le spiagge

tropicali come si configura Mondello per la sua vocazione naturale.

Infine un intervento invisibile ma essenziale riguarderà il potenziamento del sistema di smaltimento delle acque piovane e della rete fognaria.

Tale piazza a mio avviso dovrebbe essere raggiunta dai palermitani ed i turisti solo a piedi tramite la realizzazione della nuova linea del tram con le relative fermate sul lungomare e la realizzazione di nuovi parcheggi limitrofi nella zona attigua denominata da noi palermitani “le 2 piste” in direzione di Partanna Mondello, costituita da grandi viali adiacenti il Viale Principe di Scalea oltre le piazze già esistenti attigue in Viale Galatea da risistemare anch’esse con arredo verde, ed infine imporrei ai privati la ritinteggiatura dei prospetti delle case prospicenti sulla piazza del borgo marinaro con due soli colori uniformi per tutto il borgo, case gialle con finestre bianche come le attigue ville liberty di Ernesto Basile sul lungo mare per rivivere a Palermo finalmente una nuova “bella epoque” come i suoi antichi fasti dei primi del ‘900 con i Florio che la resero “Felicissima”.

Fabrizio Vella

email fabri25@hotmail.com

Cultura

I racconti del vecchio marinaio di Pantelleria: Il rito antico della dragunera

Direttore

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Quel giorno lasciai gli scogli di San Leonardo più presto del solito, mentre i miei amici erano ancora a mollo a mare, in un’acqua trasparente e azzurrina come solo il mare di Pantelleria sa esserlo. Mi soffermai ancora una volta a leggere le scritte multicolori che rendevano meno triste il vecchio bunker di cemento armato della seconda guerra mondiale. L’amore di sempre: “ti voglio bene, “un cuore solo”, “ti amerò per sempre” precedute da un nome femminile e tante altre scritte, eredità amorose di generazioni di giovani panteschi. Una però faceva a pugni con tutte le altre, “Mariuccia buttana”. Doveva essere stato davvero un brutto tradimento, per bollarlo con un marchio di fuoco e per tramandarlo così ai posteri.

Giunsi sulla banchina e lo vidi seduto sulla solita bitta di fronte al castello, la nuvola azzurrina del fumo della sua pipa gli conferiva una strana aureola di mistero. Avevo deciso di porgli alcune domande, ma appena mi vide cominciò a parlare con voce arrochita dal tabacco e dalla salsedine. “Il veliero Madonna di Trapani era un vero e proprio gioiello della marineria pantesca. Due alberi, bompresso lungo come una lancia, vele latine che sapevano piegarsi al vento, ma non alla paura. Patrun Vitu, il suo comandante, era un uomo di mare e di silenzi infiniti, con le mani dure come la nostra pietra lavica e gli occhi di un verde misterioso, che avevano visto tempeste e miracoli. Nelle sue mani il timone seguiva docilmente l’invisibile linea della rotta fissata.

Quel giorno, ero ancora picciotto ‘i varca, avevamo da diverse ore passatu l’isola di Ustica e puntavamo, con tutte le vele spiegate su Trapani, fermarci qui la notte e il giorno seguente tornare a Pantiddraria, dove dovevamo sbarcare delle merci comprate a Napoli. Il mar Tirreno sembrava quieto e il vento amico, ma ‘ogni marinaio sa che “Cu ventu e cu mari nun si fa cuntrattu” (Col vento e col mare non si fa contratto). Così all’improvviso il cielo cambiò.

Una linea nera si stese sull’orizzonte, e il vento cadde morto di colpo. I marinai si guardarono l’un l’altro muti e attoniti. Il capitano Vito salì sul ponte e scrutò quel cielo nerastro e la vide: una dragunera (tromba marina), la maledizione antica e rabbiosa per chi va per mare. Essa, sottile e affilata, scendeva dal cielo come il dito di dio marino irato, girando vorticosamente sull’acqua.

Il nostromo Turi colse l’ansia e il timore degli altri uomini dell’equipaggio e chiese a patrun Vitu di virare. Ma Vito no, non solo perché la cosa era impossibile per mancanza di vento, ma perché egli era uomo che accettava intrepido le sfide in mare. Lui conosceva lu ritu anticu, lo aveva visto fare

da suo nonno e da suo padre prima di lui. Aprì il baule sotto il timone e ne trasse un coltello d’ossidiana, nero come la notte e affilato come il silenzio che precede la burrasca. Poi disse deciso “Mantenete la rotta, non si fugge davanti alla dragunera. Si tagghia”.

Si diresse a prua e la sua figura alta e possente sembrò dominare le onde. Il vento intanto aveva ripreso a soffiare forte e impetuoso che a momenti gli strappava il berretto. La dragunera si avvicinava, ululando conne una magara. Vito attese, fermo, come nu parrinu davanti all’artari. Quando la coda della tromba marina fu a portata, egli disse vecchie parole che non si potevano intendere, poi tracciò con il coltello d’ossidiana una grande croce nell’aria e recitò a voce alta questa preghiera:

Nniputenza di lu Patri,
Sapienza di lu Figghiiu,
pi virtù di lu Spiritu Santu
e pi nnomu di Maria
sta cuda tagghiata sia

Un suono sordo, come un lamento, si levò dal mare. La vorticosa colonna d’acqua si dissolse e il cielo si aprì all’azzurro. Tutti noi marinai, increduli, guardavamo ammirati e a un tempo intimoriti il capitano come si guarda un uomo che ha parlato allora allora con gli spiriti. Vito tornò al timone, rimise il coltello di ossidiana nel baule e disse solo: “Adesso a casa”. Al tramonto del giorno dopo Pantelleria ci apparve all’orizzonte, nera e fiera e materna. Il Madonna di Trapani, come sempre, entrò in velocità nello stretto passaggio che dava al porto vecchio. Solo capitan Vito e qualche altro patrun si potevano permettere di sfidare la scogliera cartaginese semisommersa.

La voce del subitaneo taglio della dragunera si sparse, in un battibaleno, in tutte le contrade dell’isola e da quel giorno ogni marinaio pantesco che incrociava patrun Vitu lo salutava con rispetto misto ad ammirazione. Perché non tutti sanno tagghiare la coda a una tromba marina. E soprattutto non tutti hanno il coraggio di farlo”.

Il vecchio marinaio si tacque definitivamente.
Girò le spalle e si mise a guardare, assorto, il mare come aspettasse l’arrivo di qualcuno, intanto la nuvola azzurrina del fumo della pipa, che lo avvolgeva in tenui volute, gli conferiva un certo non so che di misterioso.

Orazio Ferrara


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Cultura

Trapani e l’oro rosso del Mediterraneo: “Il Corallo anima di Trapani”. Un mese di eventi

Redazione

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Dal 2 al 19 dicembre 2025, Trapani celebra la sua storica tradizione corallara con la seconda edizione di “Il Corallo anima di Trapani”, un programma che coinvolgerà studenti, artigiani, istituzioni e comunità del Mediterraneo.
L’iniziativa, promossa dal Comune di Trapani e dalla Biblioteca Fardelliana con il contributo dell’Assessorato delle Autonomie Locali e della Funzione Pubblica della Regione Siciliana intreccia formazione, cultura e diplomazia mediterranea per preservare e tramandare l’antica arte della lavorazione del corallo.
Dal 2 al 5 dicembre, le botteghe e showroom trapanesi apriranno le porte agli studenti per visite guidate alla scoperta dei segreti di quest’arte millenaria.
Il percorso prosegue dal 9 al 12 dicembre al Museo Regionale Pepoli con il laboratorio creativo “Dal Mediterraneo al Museo – Il viaggio del corallo”, curato dall’Associazione “Amici del Museo Pepoli”.
Il 13 dicembre alle ore 17.00, sempre al Museo Pepoli, verrà presentato il restauro del prezioso Presepe in corallo del XVIII secolo, capolavoro dell’artigianato trapanese.
L’evento culminante si terrà il 19 dicembre alle ore 17.30 alla Biblioteca Fardelliana: la tavola rotonda internazionale “Rotte del Corallo – Dialogo tra culture mediterranee” vedrà rappresentanti istituzionali e maestri corallai e la firma di un protocollo della “Rete Mediterranea delle Città del Corallo”, un’alleanza che consolida i legami tra le comunità mediterranee unite da questa tradizione.
“Quest’anno proponiamo la seconda edizione de “Il Corallo anima di Trapani”. Siamo estremamente orgogliosi che questo progetto prosegua: dopo l’edizione del 2024, oggi varchiamo i confini della nostra città per un momento di dialogo con le tradizioni dell’arte del corallo non soltanto di un’altra città siciliana come Sciacca, ma anche di altre città d’Italia – Torre del Greco e Alghero – e oltre i confini nazionali, nel Mediterraneo con Tunisia e Andalusia.
Ci confronteremo non solo per raccontare la nostra tradizione, durante una sessione scientifica del convegno, ma vogliamo stilare un protocollo d’intesa per costituire una rete mediterranea delle città del corallo. L’obiettivo è avviare un percorso comune e condiviso di promozione, affinché questa antichissima e preziosa arte possa essere rinnovata e valorizzata congiuntamente” – così affermano Giacomo Tranchida, sindaco del Comune di Trapani e Rosalia d’Alí, assessore alla Cultura.
Per tutto dicembre, la Biblioteca Fardelliana proporrà un percorso audiovisivo dedicato al corallo trapanese: un docufilm che racconta tradizione e futuro attraverso l’intelligenza artificiale e un documentario che esplora il corallo tra arte, ricerca e innovazione. Due narrazioni complementari che offrono sguardi contemporanei su un’arte antica.
“Il corallo anima di Trapani” è un modello di valorizzazione che coniuga tutela delle tradizioni, innovazione e cooperazione internazionale.

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Cultura

Solarino: l’incendio del 1944, la memoria perduta e i documenti spariti

Laura Liistro

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Nel dicembre del 1944, un incendio devastò il Municipio di Solarino, distruggendo gran parte degli archivi storici della città e cancellando documenti fondamentali, tra cui gli atti comunali della fondazione. Quell’evento segnò una ferita indelebile nella memoria collettiva della comunità, lasciando un vuoto che ancora oggi non è stato colmato. Se alcuni documenti furono salvati dall’incendio, oggi non esistono tracce ufficiali nell’Archivio Storico Centrale. Tutto lascia intendere che siano finiti in collezioni private non autorizzate, sottratti alla fruizione pubblica e alla stessa cittadinanza.

Una situazione inaccettabile, che trasforma un bene pubblico in patrimonio di pochi, privando Solarino della propria storia e compromettendo la possibilità di ricostruire dati amministrativi, catastali e sociali fondamentali. Le modalità con cui l’incendio e la gestione dell’evento furono affrontate sollevano interrogativi inquietanti. L’inerzia delle autorità comunali dell’epoca e la rapidità con cui i documenti andarono perduti alimentano il sospetto che dietro alla distruzione ci sia stata più negligenza che casualità, se non vere responsabilità organizzate. Oggi, decenni dopo, quella negligenza si traduce in un fenomeno diffuso: molti privati detengono ancora materiali che dovrebbero appartenere al patrimonio pubblico. Il quadro attuale impone un’azione immediata e risoluta.


Chiunque possieda documenti ufficiali di Solarino ha il dovere legale e morale di restituirli all’Archivio Storico comunale, dove possano essere catalogati, conservati e resi accessibili a studiosi, cittadini e scuole. La mancata restituzione non è solo un danno culturale: è una violazione della legge e dei principi fondamentali di trasparenza e pubblicità del patrimonio pubblico.

Solarino rischia di perdere per sempre pezzi irripetibili della propria storia se non si interviene con determinazione.

L’Archivio Storico deve essere messo in sicurezza, dotato di spazi idonei, personale qualificato e strumenti digitali per garantire la consultazione pubblica. Ogni documento recuperato dalle collezioni private deve tornare alla comunità: è l’unico modo per trasformare la memoria perduta in patrimonio condiviso e impedire che la storia venga decisa da pochi privilegiati. L’incendio del 1944 resta un monito: la memoria di Solarino non può essere cancellata dall’inerzia, dall’incuria o dall’interesse privato.

La città ha il diritto di conoscere la propria storia, e chi detiene documenti pubblici senza autorizzazione deve restituirli senza indugio. È una questione di giustizia storica, civile e amministrativa: il tempo della tolleranza è finito.

Laura Liistro

Le immagini sono tratte dall’archivio del Comune di Solarino

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