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Cultura

Marsala. “Diu dunn’è”: il nuovo brano de I Musicanti di Gregorio Caimi e Riccardo Sciacca per invocare la pace tra poesia e denuncia sociale

Redazione

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Un viaggio musicale e onirico, dove gli strumenti soffiano il vento che attualmente avvolge la terra, vento di guerra, di solitudine, eppure l’umanità implora al cielo la pace e già nel canto nasce la speranza. Il brano, con la forza mediterranea del siciliano, mette ogni uomo al centro del suo deserto e rompe i confini. Pubblicato dall’etichetta romana Cultural Bridge è disponibile su tutte le piattaforme digitali in 240 Paesi
 
 
Un sogno animato dal vento del deserto, metafora dell’aridità che pervade l’umanità, dove il mare si fa tomba e gli uomini si accaniscono contro altri uomini. È innanzi a tale sfacelo che l’essere umano diventa si chiede: “Diu dunn’è”. È questo il titolo dell’ultimo brano de I Musicanti scritto da Riccardo Sciacca sulle musiche di Gregorio Caimi e Riccardo Sciacca. Con l’arrangiamento e la produzione artistica del musicista marsalese Gregorio Caimi, il brano, pubblicato dall’etichetta romana Cultural Bridge, è fruibile su tutte le piattaforme digitali in 240 Paesi.  
 
“Ho scritto “Diu dunn’è” all’età di quindici anni – spiega Riccardo Sciacca, autore e cantore di questo viaggio onirico – quando, affacciandomi dal balcone della mia vita, guardavo il mondo e mi accorgevo che l’essere umano faceva sforzi incredibili per trovare nuovi modi di spargere odio e non amore. Spesso mi capitava di sentire persone che imputavano le colpe di questa deriva umana all’assenza di Dio; mentre io, che bramavo l’amore, l’amore che cura, che pensa, che perdona e che soprattutto ricorda, mi domandavo: “Vuoi vedere che il problema non è tanto l’assenza di Dio, ma l’assenza di amore? Ho deciso allora di scrivere questa preghiera laica, una sorta di invocazione affinché l’essere umano, per trovare la pace, cerchi e diffonda quanto più amore possibile. A sostenere questo pensiero, le parole di mia nonna, che da sempre mi trasmettono sapienza e mi fanno riflettere: “Figghiu miu, aiutati chi Diu t’aiuta”.
 
Il brano si caratterizza per un’atmosfera psichedelica dove le note, i suoni, spesso echi di reali voci d’uccelli, concorrono a far sentire chi ascolta al centro di dune di sabbia dove la vista, lontana, del mare non è infine sollievo dopo la fatica e la sete, ma piuttosto è rivelazione di morte.
 
Ne scaturisce la domanda dell’umanità che si sente inerme innanzi al male e si chiede dove sia Dio perché di certo: “Mezzu stu focu Diu nun c’è”. Risponde lo stesso “sognatore” spostando la responsabilità sull’umanità stessa che non sa più amare: “ca supra sta terra amuri un cinn’è” ed è per questo che Dio sembra essere scomparso.
 
Il sogno prosegue con visioni di guerra: “Vitti cristiani chini di bummi, chini di tuttu ‘stu odio, pronti a sparari a genti li stessi, ma cu divisi diversi”. E ancora una volta la musica cambia “colore” e diventa lirica preghiera che si chiede dove sia Dio. Un’implorazione che è ricerca, che è smarrimento e abbandono al cielo.
 
La conclusione è però la speranza, è una messianica voce che risponde alla preghiera sognata: “Accussì a livari stu ‘nfernu sarò capaci e a fari rignari pi sempri la paci”. Verso che viene ripetuto come un mantra, come un rintocco che sia invito agli uomini stessi.
 
E il vento si placa. L’afoso dolore finisce. A rispondere è la stessa umanità che si ridesta o un Creatore che ascolta il dolore e entra nel sogno e nella storia? 
 
“Una canzone ancora una volta in siciliano – aggiunge Gregorio Caimi – la nostra lingua, quella viscerale, quella della verità delle nostre origini che ci richiama esseri mediterranei, in un tempo in cui la Terra è ferita da guerre inaccettabili. Abbiamo iniziato a lavorare a questo brano anni fa, eppure sembra pensato adesso. Abbiamo il dovere tutti di innalzare la nostra voce per chiedere la pace. Noi lo facciamo con la musica”.
 
Copertina ad opera di Manolo Linares, di seguito il link per ascoltare la canzone: https://soothesounds.lnk.to/Diudunn

Cultura

Pantelleria nelle cappelle, immagini sacre e racconti, il tour sacro del Centro Giamporcaro il 24 luglio

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Il 24 luglio pv guida d’eccezione tra le rappresentazioni sacre dell’isola Padre Silvano Porta

Giovedì 24 luglio 2025, dalle ore 9 dalla sede del Centro Culturale Vito Giamporcaro, Via Manzoni 72, partirà il tour per cappelle, tempietti, nicchie e tabernacoli stradali.
Il tour si compirà in pulmino e vedrà come guida d’eccezione Padre SIlvano Porta.

Il Centro Giamporcaro offre una occasione più unica che rara: la possibilità di conoscere altri aspetti della nostra isola, comunque di grande fascino culturale, da non perdere.

Per prenotare, contattate il Presidente del Centro, Anna Rita Gabriele al numero: 3384792842

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Cultura

“Fari e Sfari di Luna” Pantelleria celebra la Giornata dell’Astro d’Argento

Redazione

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In occasione del 20 luglio, data proclamata dall’ONU “Giornata Internazionale della Luna”, il Circolo Culturale C.so Umberto organizza una serata dedicata alla luna, alla scienza e all’arte, nello scenario unico di Pantelleria.
Lunedì 21 luglio 2025 dalle 18:30 alle 00:30, Corso Umberto I – Pantelleria centro

Programma

  • h.18.30 – Inaugurazione mostra fotografica “Lunitudine” di Nicola Ferrari
  • h.19.30 – 20.15 – Reading poetico con l’attrice Cristina Barbagallo e intermezzi musicali della cantautrice Nuccia Farina
  • Con i racconti di Antonietta Valenza e Italo Cucci
  • h.21.00 – 21.30 – Proiezione del doc “La luna di Gabriel” di Ferrari e Gabriele dedicato a Gabriel G. Marquez e al soggiorno a Pantelleria del 1969

Approfondimenti astronomici e attività a cura di UniPant
Degustazioni e vetrine a tema lunare lungo Corso Umberto
A seguire: DJ set “La luna nella musica” dagli anni ’60 a oggi
Un evento tra scienza, poesia e comunità per ricordare il fascino della luna che, da sempre, ci ispira.

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Cultura

Pantelleria ricorda Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta

Redazione

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A 33 anni dalla strage di via D’Amelio, questa mattina ci siamo fermati per riflettere, insieme, su un uomo che ha scelto la giustizia fino all’estremo sacrificio.

Nel suo discorso, l’Assessore Federico Tremarco ha ricordato non solo il giudice Paolo Borsellino, ma l’amico, il cittadino, il servitore dello Stato che, dopo la morte di Giovanni Falcone, lavorò instancabilmente sapendo di avere i giorni contati.

“Ricordare non basta. Bisogna comprendere. Serve farsi carico di una storia che è ancora nostra.”
Parole che ci invitano ad agire, a educare, a non dimenticare che la mafia cambia volto, ma resta un pericolo vivo, anche quando silenzioso.

Ai ragazzi è stato affidato un compito chiaro: scegliere ogni giorno da che parte stare, rifiutare i compromessi, e custodire la memoria come atto di resistenza civile.
Perché Paolo non è morto per un’idea astratta.
È morto per noi.
E ora, tocca a noi.

Foto di Clara Garsia

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