Cultura
L’ora del tè in Sicilia – a cura di Salvatore Battaglia
Una giornata particolare nella campagna siciliana e la scoperta di una piantagione sconosciuta… L’ura ro tè …E l’ura ro tè fumanti e re libbri ciusi, l’arucizza ri sentiri a fini di la sirata, a stanchizza ncantata e l’addurata attisa di l’ummira nunziali e ra ruci notti na tinuta ra famigghia re Fisichella e tuttu nu ‘ncantu… Una giornata particolare in campagna Ogni anno durante le vacanze di fine anno scolastico, io e la mia famiglia avevamo l’abitudine di trascorrere diversi giorni nella casa dei nonni in campagna nei dintorni della diga di Santa Rosalia. La casa era immersa in una campagna sconfinata, con vasti campi di spighe di grano e sentieri in terra battuta sulla quale erano impresse le orme dei cingoli dei trattori. Dato che a casa non c'era mai nulla da fare, mi piaceva uscire e fare lunghe passeggiate tra i campi e nel bosco adiacente alla diga. Un giorno indimenticabile è stato sicuramente un lunedì di fine giugno del lontanissimo 1967…
Com’ è iniziata questa giornata
La mattina ero uscito con la mia bicicletta e con il pranzo che avevo accuratamente riposto nello zainetto. Salito sulla bicicletta, iniziai a pedalare tra i campi, con le spighe che mi accarezzavano le caviglie e con il sole che mi abbagliava la vista. Improvvisamente il cielo si oscurò, la luce si fece più fioca e fragori di tuoni in lontananza iniziarono a rimbombare nella valle. Mi diressi allora nel bosco, convinto che a breve avrebbe iniziato a piovere. All'improvviso fui accecato da un lampo, chiusi gli occhi e scesi dalla bici. Appena posai il piede per terra giunse il fragore del tuono. Spaventato, mi sedetti e in quel momento iniziò a diluviare. In pochi secondi ero zuppo. Un filo d'acqua mi scendeva dai capelli e mi bagnava le labbra. Rimasi lì ad aspettare ed ascoltare il suono della pioggia che cadeva sul terreno, sulle foglie e sulla bici, interrotto dagli sporadici rombi dei tuoni. All'improvviso tutto cessò.
Il sole tornò a brillare sulle spighe di grano come se nulla fosse successo. Accompagnato da un arcobaleno che sembrava seguirmi, ripresi per la strada di casa meravigliato… quando vicino ad un sentiero con grande stupore notai un campo molto curato con delle piantagioni rigogliose mai viste prima… nel frattempo notai che un uomo da lontano mi invitava ad avvicinarmi al cancello della tenuta… e così incuriosito di tutta la circostanza mi avvicinai con fare crescente presso il cancello principale… un ingresso a dir poco gradevole ornato ai lati da due alberi di carrubo secolari. Lessi al lato del cancello una targa in ceramica (probabilmente ceramica di Caltagirone…) Tenuta Fisichella… (un cognome molto diffuso nella provincia di Catania…). E fu così che subito d’innanzi vidi quell’uomo di gentile aspetto e con abiti curati ma in modo casual.
Ci salutammo e subito egli si presentò… Buongiorno sono Osvaldo Fisichella e sono il proprietario di questa tenuta dedita alla coltivazione del Tè… Ricambiando il saluto risposi che in vita mia non avevo mai visto una piantagione di Tè… Il Fisichella non rimase meravigliato e mi invitò a visitare la tenuta dopo aver dato una carezza ai suoi due dobermann uno era Alan l’altro Drogo inseparabili dal padrone… La loro presenza dava un’aria più autorevole al Fisichella. Capii che anche lui aveva molto tempo a disposizione… e così insieme ci addentrammo nella prima piantagione di tè. Osvaldo Fisichella mi spiegò che la pianta doveva essere potata all’altezza del girovita per facilitare la produzione di getti laterali e la successiva spiumatura, poi incominciò la sua lezione di esperto coltivatore dicendomi che nell’immaginario collettivo quando si parla di coltivazione del tè s’immaginano le sconfinate piantagioni cinesi o l’eleganza di quelle giapponesi. I più appassionati, forse, penseranno alla piovosa regione di Darjeeling nel Bengala occidentale, alle pendici dell’Himalaya, dove si produce l’omonimo “champagne dei tè neri”. In ogni caso in Italia le foglie di Camellia Sinensis – questo il nome scientifico della pianta del tè – sono da sempre considerate un prodotto d’importazione. Eppure, nonostante la produzione sia oggi molto limitata e quasi scomparsa, una delle più importanti tradizioni di coltivazione del tè si trova proprio nella nostra amata Sicilia… e lui e la sua famiglia da molte generazioni erano i più grandi produttori di Tè nell’isola. Il Fisichella mi accennò che, secondo gli studi del maestro del tè Salvo Pellegrino, quella siciliana sarebbe la tradizione più antica dopo quella cinese.
Questa passione di coltivare il Tè in Sicilia per la famiglia Fisichella risaliva al capostipite Onofrio Molti anni fa – costantemente alla ricerca di prodotti siciliani da provare – Onofrio Fisichella scoprì con grandissimo stupore l’esistenza in Sicilia di una piccola produzione di tè verde. Non contento di sorseggiare a casa questa rarità quell’anno, che era il 1935, decise di andare a verificare il prodotto sul posto. In realtà sapeva che oltre al tè avrebbe conosciuto una straordinaria storia “siculo-zen”, raccontata magistralmente anche nel doc-film “Quel fiore nel deserto” del regista Gaetano Di Lorenzo… e fu così che al ritorno presso la propria tenuta portò con sé casse piene di germogli di tè pregiati… è fu così che nacque tutta la nostra storia del tè della famiglia Fisichella.
Pertanto, se vi dovesse capitare di perdervi nella Sicilia interna, non disperate… potrebbe essere l’occasione giusta per conoscere la lunga storia del Tè siculo! Il Fisichella, durante la passeggiata nella piantagione del tè, colse l’occasione per erudirmi su tutto ciò che riguardava l’argomento… mi confidò che secondo i suoi studi dopo la Cina la bevanda del Tè fece la propria comparsa proprio in Sicilia, grazie ad un emirato arabo che introdusse la coltivazione della pianta nell’isola intorno al 950 d.c. L’avventura del capostipite Onofrio
Osvaldo, che dall’età di 17 anni, aveva girovagato per 32 anni, partendo dall’Inghilterra e provenendo da una famiglia di pasticcieri, pensò di abbinare la bevanda ai dolci. Questa passione straordinaria lo ha trasformato in un conoscitore formidabile della pianta e dell’Oriente, una dedizione totale che gli ha permesso di ricoprire incarichi importantissimi con le più grandi e conosciute compagnie internazionali di tè. Un lungo percorso di vita che alla fine l’ha riportato definitivamente alle origini, trovando la sua dimensione sicula-zen proprio nella sua tenuta vicino alla diga di Santa Rosalia (nel territorio Ibleo…). La Sicilia ritorna sempre, l’Isola-Uomo che si è allontanato prima o poi farà ritorno nella propria terra -madre. Inoltre, Osvaldo aveva capito che per avere un prodotto “sano” l’unica soluzione possibile era quella di produrre direttamente la pianta magica — da esperto quale era riusciva a capire se il prodotto era “puro” o se veniva trattato con altre sostanze –.
“Caro amico- mi disse Osvaldo Fisichella- stiamo parlando del mio avo un grandissimo esperto, uno che andava a fare il prezzo delle foglie di tè in luoghi di produzione lontani. Un tempo per essere un Maestro
cerimoniere bisognava conoscere tutti i piccoli dettagli di una cerimonia complicatissima, che poteva durare anche 8 ore” Mentre il Fisichella parlava, insieme entrammo in un caseggiato, in cui vi era un piccolo museo, una dimensione altra al mondo del Fisichella. Nei suoi due ettari di terreno si coltivava il tè verde siculo ma anche diversi altri aromi dell’Isola. Per ottenere questo risultato Osvaldo si era fatto portare la miracolosa terra dell’Etna, luogo in cui si recava spesso per la raccolta di altre erbe aromatiche e di cui si serviva per creare delle combinazioni perfette per le sue tisane. Il progetto della famiglia Fisichella era comunque in pieno sviluppo, stavano costruendo con fatica una nuova sede e stavano cercando di arginare un danno procurato dagli enti locali che avevano deviato il corso delle acque piovane proprio sui loro terreni. Il punto più alto di questo percorso è da non credere: sarà l’installazione di una vera pagoda donata dal Giappone. Invece come al solito nessun aiuto arrivava da enti comunali, provinciali, regionali, statali… e beffa delle beffe, non essendo riconosciuta la coltivazione del tè in Sicilia, non potevano godere di particolari agevolazioni.
Dopo questa mia scoperta mi permetto di dare un consiglio agli amanti della Sicilia; quello di lasciare per qualche ora le mete più ambite dell’Isola e andare a visitare la tenuta Fisichella per immergersi nel loro piccolo mondo. Vi assicuro che superati i primi 5 minuti di perplessità, una volta varcata la porta della tenuta e del piccolo museo, sarete catturati completamente dai loro racconti-insegnamenti, e questa esperienza vi resterà nella mente ma soprattutto nello spirito. Ricordate, al contrario di quanto si allude e si pensa spesso, una Sicilia senza Siculi non lascia traccia nell’anima, così come un Oriente senza la sua filosofia. L’identità è la più grande ricchezza che abbiamo nella nostra Terra di Trinacria, forse ne abbiamo addirittura in eccesso… e come scriveva Bufalino: “nè so se sia un bene o sia un male”.
Beh… dimenticavo alla fine della mia permanenza nella tenuta degustammo presso il giardino d’inverno dell’ottimo Tè… fummo serviti da Oman il responsabile alla preparazione del Tè, che faceva da cerimoniere per le grandi occasioni di famiglia… Ritornando a casa, pensai che avessi passato una giornata indimenticabile, da raccontare ai posteri.
Salvatore Battaglia Presidente Accademia delle Prefi
Cultura
Pantelleria, concluso il Corso “Agricoltura Bio Naturale” 4 giorni intensi senza perdere partecipanti
La soddisfazione di Giovanni Bonomo e del Presidente del Giamporcaro, Anna Rita Gabriele
Si è concluso ieri, 16 novembre, il Corso “Agricoltura Bio Naturale”, organizzato dal Centro Culturale Giamporcaro di Pantelleria.
La soddisfazione degli organizzatori, Giovanni Bonomo e Anna Rita Gabriele, è stata grande e il loro entusiasmo si percepisce nei loro occhi e attraverso le loro parole: vedere quel gruppo di uomini e donne che rimaneva colpito e interessato durante tutti e quattro i giorni dedicati al workshop.
Ma il centro del successo è nella modulazione del calendario, ma, non di meno, nelle capacità di Luigi Rotondo, ormai definito mattatore di quel teatro che aveva come copione l’agricoltura pantesca, quella difficile, quella eroica,
L’esperto per ben quattordici ore ha tenuto banco con passione verso l’argomento e verso l’attento auditorio, facendo sfiorare le menti dal ricordo del lavoro degli antenati panteschi, la riconoscenza e l’orgoglio di una comunità fiera del proprio lavoro e delle eccellenze che con sacrifici tenta di mantenere vivo.

Il corso si è articolato in una parte teorica conoscitiva dell’ambiente in generale, delle caratteristiche dei terreni panteschi, per poi passare alla pratica. In questa fase, il conferenziere palermitano ha mostrato praticamente come realizzare prodotti fertilizzanti ovvero antiparassitari, con quanto si ha in casa o nell’orto.
In buona sostanza ha dimostrato come l’orto possa aiutare l’orto stesso.
Nella giornata finale, cioè domenica scorsa, la platea è stata condotta presso diversi campi agricoli, tra cui uno presso il Lago, il cui proprietario ha dato mostra della sua maestria e attenzione nelle sue produzioni.
Ora, di quanto si è appreso, bisogna fare tesoro e mettere a disposizione quella preziosa conoscenza del resto della comunità che non è potuta essere presente e, infine, trovare la chiave per avvicinare i ragazzi verso una attività così importante per l’umanità,
Il successo delle cose, spesso è nel lavoro di squadra, anche solo come supporto e quindi tutti i partners dell’evento sono stati grandi sostenitori e si parla, oltre che del Comune, rappresentato per l’occasione dall’Assessore all’Agricoltura Massimo Bonì, e dell’Ente Parco rappresentato dal suo direttore Carmine Vitale e Andrea Biddittu, anche di: aziende Donnafugata, con Baiata, Pellegrino con Poma, Emanuela Bonomo, per il Consorzio Vini Doc il vicepresidente Salvatore Murana e Fabrizio Basile, ma anche dell‘Autonoleggio Policardo, Stel Mond e Steri Gess.
Il Video
Cultura
Buscemi: Un Borgo da Riscoprire dagli Iblei a Pantelleria
Nell’antico borgo i ruderi del Castello Requesenz, il casato del principe di Pantelleria
Buscemi, piccolo borgo montano nel cuore della Sicilia, non è solo un luogo ricco di tradizioni e bellezze naturali, ma un crocevia di storia, economia e nobiltà, che affonda le sue radici nell’influenza della potente famiglia dei Requesens. Questo paese, che conserva intatto il fascino di un tempo, è stato la culla di una delle famiglie nobili più significative della Sicilia.
Buscemi
I Requesens, di origini catalane, hanno avuto un impatto profondo sulla storia del borgo e dell’isola, e la loro presenza a Buscemi risale almeno al XV secolo. Il Castello Requesenz, i cui ruderi ancora svettano sulle colline circostanti, testimoniano la grandezza del passato di Buscemi, quando il borgo era al centro della vita politica, culturale ed economica dell’isola. La dinastia dei Requesens, attraverso le sue numerose generazioni, ha contribuito a fare di Buscemi un centro di cultura e arte, influenzando anche le tradizioni artigianali locali. Buscemi è infatti da sempre nota per la sua tradizione di lavorazione del cuoio, del legno e della ceramica, che ha avuto un’importanza fondamentale non solo per l’economia locale, ma anche per il legame stretto con territori vicini come Pantelleria e Solarino.
Quest’ultimo, insieme a Buscemi, faceva parte dei domini dei Requesens, unendo la Sicilia interna alla costa e alle isole. Il commercio tra Buscemi, Pantelleria e Solarino ha alimentato un florido scambio di beni artigianali e risorse naturali, rafforzando la coesione sociale e culturale tra questi territori. La ceramica di Pantelleria, celebre per la sua qualità, si univa a quella di Buscemi, mentre le produzioni agricole e artigianali dei due territori si integravano, creando una rete di scambi che ha reso questi luoghi particolarmente ricchi di tradizioni.
Il legame tra Buscemi e Pantelleria è rafforzato dalla figura del Principe di Pantelleria, che era anche Conte di Buscemi e Barone di San Paolo Solarino, una figura nobiliare che ha unito questi territori sotto un’unica egemonia.
Il Principe di Pantelleria, con la sua influenza, ha giocato un ruolo fondamentale nel consolidamento dei legami tra questi luoghi, creando una rete che non solo ha promosso gli scambi commerciali, ma ha anche contribuito a un forte intreccio culturale e sociale. La sua posizione di prestigio ha contribuito a favorire l’integrazione delle risorse naturali e dei prodotti artigianali dei diversi territori, dando vita a un’unica area prospera, in cui la nobiltà dei Requesens aveva un ruolo determinante.
Oggi, la riscoperta di questo legame storico rappresenta una grande opportunità di sviluppo.

Il borgo di Buscemi, con la sua storia nobiliare, può diventare un centro di attrazione per il turismo culturale e per la valorizzazione del patrimonio artigianale che ha forgiato nel corso dei secoli. Il legame con Pantelleria e Solarino, un tempo consolidato dalla figura del Principe di Pantelleria e dai suoi domini, può essere riproposto come un modello di sviluppo sostenibile, che coniuga la conservazione del patrimonio con l’innovazione. Il Comune di Buscemi, riconosciuto dal premio Honos come Comunità Honos 2025, sta puntando sulla valorizzazione della propria eredità storica per creare nuove opportunità di crescita economica e culturale.
La storia dei Requesens, la cultura artigianale e i legami storici tra Buscemi, Pantelleria e Solarino sono risorse preziose per un nuovo rinascimento del borgo, che sa restare fedele alla propria identità e tradizione mentre guarda al futuro con ottimismo. In questo contesto, Buscemi non è solo un luogo geografico, ma una comunità che si fa carico del suo passato, che cresce e si rinnova nel segno della sua tradizione storica, restando sempre fedele a se stessa e ai suoi valori. Un borgo che, attraverso la riscoperta delle proprie radici, ha tutte le potenzialità per diventare un punto di riferimento per il turismo, l’artigianato e lo sviluppo economico in Sicilia.
Come afferma il sindaco Michele Carbè: “A Buscemi fare impresa non è un’impresa. Qui, ogni iniziativa che nasce è un’opportunità di crescita collettiva, perché il nostro passato ci insegna che solo unendo le forze e valorizzando la nostra storia, possiamo costruire un futuro prospero.” Un messaggio che racchiude la speranza e la determinazione di un borgo che guarda al futuro con fiducia, portando avanti un cammino che unisce tradizione e innovazione.
Laura Liistro Tutte le immagini sono di gentile concessione di Rosario Acquaviva
Spettacolo
L’Arte di Essere sé Stessi: a Palermo presentazione del corto “Chi sono quando mi vesto”
Il 21 novembre nella Sala Teatro del Convitto, una giornata sui temi del rispetto di genere e dell’inclusività giovanile
Si concluderanno lunedì 17 novembre nelle aule del Convitto Nazionale di piazza Sett’Angeli, a Palermo, i laboratori tematici che hanno visto per tre giornate decine di ragazzi al lavoro insieme a docenti ed esperti di moda e immagine per il progetto “L’ Arte di Essere sé Stessi: corpo, moda e immagine”, proposto dalla associazione Significa Palermo, su idea de I Segni di Venere e del centro commerciale naturale Piazza Marina & Dintorni. L’iniziativa, sostenuta dall’assessorato regionale alla Famiglia, politiche sociali e lavoro della Regione Siciliana, si è avvalsa di un panel di esperti e docenti ed ha utilizzato i linguaggi di moda e immagine come strumenti per promuovere autenticità, rispetto e inclusione.
Ad essere coinvolti sono gli studenti della scuola secondaria e del liceo classico con indirizzo specialistico cinematografico del Convitto Nazionale e gli studenti dell’Accademia di Belle Arti. Grazie a Zonta International Palermo Zyz, l’iniziativa rientra nell’ambito della campagna internazionale “Zonta Says No” di sensibilizzazione contro la violenza di genere. A documentare i laboratori creativi sarà un cortometraggio realizzato da due giovani videomaker formatisi all’Accademia di Belle Arti di Palermo, Alessia Caruso e Vincenzo Marturana, con il contributo del professore Sergio Daricello dell’Accademia e del professore Giovanni Melazzo che cura le classi di produzione cinematografica del Convitto.
La presentazione del corto “Chi sono quando mi vesto?”
La giornata conclusiva, dal titolo “Chi sono quando mi vesto?”, si terrà il 21 novembre nella sala teatro, a partire dalle 9 e sino alle 14, e sarà aperta a studenti, famiglie e scuole della rete cittadina Al Qsar. Interverranno all’incontro la professoressa Cettina Giannino, rettrice del Convitto Nazionale “Giovanni Falcone”, Angela Galvano, consigliera di Parità per la Regione Siciliana, Giovanna Perricone, garante comunale per l’adolescenza e l’infanzia, Giulio Pirrotta, presidente dell’associazione Significa Palermo ETS, Giuseppe Veniero, presidente del CCN Piazza Marina & Dintorni e Maria Giambruno, giornalista, ideatrice del progetto “L’Arte di Essere sé Stessi”.
In programma, a seguire, Angela Chisena, psicologa, Sergio Daricello, docente di fashion design e storia della moda dell’Accademia di Belle Arti di Palermo, Daniela Ferrara, avvocata e presidente di Zonta International Palermo Zyz, Sofia La Porta, merchandiser, fashion coach e creatrice del metodo fashion-up, Anna Laurà, docente, counselor che ha coordinato i laboratori e Tiziana Schiavo, coordinatrice del progetto per il Convitto Nazionale. Modera la giornalista Maristella Panepinto.
Sarà anche inaugurata la “Biblioteca del Rispetto”, una raccolta di testi dedicati a i temi centrali dell’autostima, ricerca del sé, empatia, rispetto e libertà espressiva.
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