Cultura
L’abbigliamento dei ragazzi degli anni ’60

NOI RAGAZZI DEGLI ANNI’ 60 CI VESTIVAMO IN MODO PIU’ FORMALE… MA GIA’ QUALCOSA STAVA PER CAMBIARE…
L’importanza di Vestirsi bene per i giorni importanti… anni’ 60 L’abito della festa è uno dei miei tanti ricordi da ragazzino. “No! Non puoi mettere quel vestito nuovo oggi, non è domenica e non stiamo andando ad una festa”. Questa era la frase che la mia mamma ripeteva spesso e che io non sopportavo proprio! Soltanto dopo, da adulto, ne ho compreso il senso. Negli anni ’60 era un modo oculato per ottenere la giusta visibilità di decoro nei momenti importanti della vita sociale dell’epoca. Le ristrettezze economiche erano ancora molto diffuse, il boom economico era da poco iniziato. Le mamme dei miei tempi (sono nato nel ’57 e ciò mi fa sentire abbastanza avanti negli anni) provavano ad insegnare a noi figli il famosissimo “buon senso”. Un vestito più ricercato o più elegante non era giustificato per andare a scuola o per andare a giocare ai giardinetti a meno che non fosse domenica, quando si andava a Messa o a fare la passeggiata al Corso. Per la scuola si andava rigorosamente in abbigliamento comodo e pratico… anzi vi era l’obbligo del grembiule con il fiocco… Teoricamente, il grembiule doveva servire a non sporcarsi. Comprensibile, in un’epoca in cui l’inchiostro veniva prelevato col pennino da un calamaio posto sul banco… sebbene già ai miei tempi si usasse la penna a sfera “Bic” (una rivoluzione tecnica per scrivere bene e a basso costo). La finalità più sottile del grembiule, tuttavia, era di natura educativa. Come dicono i sociologi: una forma di progressivo condizionamento psicologico verso l’ordine sociale. Un ricordo indelebile di quegli anni era la divisa scolastica: per i ragazzi e le ragazze il grembiule nero, con colletto bianco e fiocco blu (per i ragazzi che frequentavano una scuola privata… nelle scuole pubbliche il fiocco era rosso per i ragazzi e bianco per le ragazze). Volente o nolente io ubbidivo e ancora oggi, pur avendo una passione sfrenata per abiti, scarpe e felpe, quando mi preparo nella mia mente riecheggia quella frase: “mmmh forse è un po’ troppo… non sto andando mica ad una festa”. Uno sguardo ai giovani di oggi… e un tuffo nel passato Alcuni giorni fa, di fronte al negozio di Zara al centro commerciale di Ragusa, nel bar dove si ritrovano tutti gli adolescenti per i famosi Donuts serviti in modo encomiabile dal barista Andrea…, ho notato che alcuni di loro portavano una pettinatura con il ciuffo, altri con capelli lunghi e basettoni …come negli anni ’60. Ve li ricordate i ragazzi con il ciuffo e i capelloni?
Beh… io appartengo a quella generazione quando noi ragazzi portavamo il ciuffo e ci impomatavamo i capelli alla “Greese”, mentre le ragazze portavano code alte o pettinature molto cotonate, indossavano gonne a ruota …prima dell’avvento della minigonna. Che fortuna per noi della nostra generazione aver vissuto quegli anni di rivoluzione in ogni settore, moda, musica, stile di vita, rinascita economica. Negli anni del boom economico tanti aspetti nella società civile si sono sviluppati fra loro, fino a rendere quegli anni unici e irripetibili. Abbiamo vissuto il più bel periodo del nostro millennio, ne andiamo molto fieri e siamo orgogliosi di sapere che anche i giovani di oggi sono ancora attratti dal mito degli anni ’60. In quegli anni c’era ancora una consuetudine nell’abbigliamento che accomunava uomini e donne, ragazzi e ragazze, ossia la consuetudine, per la domenica o per certe feste importanti, di sfoggiare il vestito “nuovo”, con scarpe e accessori conservati negli appositi contenitori in un angolo ben delimitato dell’armadio. In quegli anni venivamo influenzati da mode e stili di vita degli Inglesi e degli Americani… La rivista che parlava di noi giovani in ambito internazionale. Un giorno il mio amico Giacos, figlio di un insegnante di inglese, aveva portato a scuola una rivista prettamente di moda e stile di vita delle nuove generazioni in Inghilterra… si parlava di I Mod e i Rocker… Noi eravamo completamente all’oscuro di tali tendenze e stili dei nostri coetanei Inglesi. L’articolo sulla rivista spiegava in modo esaustivo I Mod e i Rocker: come si vestivano e come si comportavano le due correnti in quei anni ’60. Si parlava dei Mod e dei Rocker, due sottoculture che incarnavano la necessità di ribellione di noi giovani dell’epoca. Fin dagli inizi delle loro apparizioni, questi due stili di vita finirono inevitabilmente per scontrarsi, causando non pochi problemi nelle tranquille periferie della Gran Bretagna: i giovani si raggruppavano in fazioni e finivano per scatenare risse enormi, con esiti spesso infausti per alcuni dei partecipanti. Ma in cosa differivano queste due correnti? È presto detto: i Mod avevano un’immagine raffinata ed elitaria, ribelle ma con classe, perfettamente in linea con quel “modernismo” da cui traevano il nome. Il loro vestiario era dunque tanto elegante quanto essenziale e minimalista, sia a livello di tessuti che di colori; le uniche vere costanti erano le toppe della Royal Air Force – il cui simbolo era stato adottato dai Mod – e i giacconi Parka fish-tail: sì, proprio le stesse giacche di derivazione militare che ancora oggi vengono utilizzate da molti ragazzi. I Rocker invece, vestivano giacche in pelle riempite di spille e resi ancor più minacciosi dai capelli impomatati e dalle lunghe basette. Questo stile si era già diffuso negli Stati Uniti nel corso degli anni ‘50 e tutti oggi ne riconosciamo gli stereotipi fondanti grazie a film come “Grease” o a personaggi come Fonzie di “Happy Days”. Insomma, gli anni ‘60 furono un decennio davvero ricco di stili e mode maschili molto diverse fra loro: un periodo d’oro che a distanza di mezzo secolo non smette di influenzare il presente.
Anche a noi giovani in Italia non piaceva niente delle generazioni passate, non ci rispecchiavamo nei loro stili di vita e per questo ci chiamavano la generazione dei RIBELLI e dei CAPELLONI!!! Eravamo più vicini ai Rocker che ai Mod. Le mie nonne adoravano Claudio Villa e Luciano Taioli, mio padre amava Rabagliati e Nilla Pizzi….blahhh, quando ascoltavano quelle canzoni io mi tappavo le orecchie. Mi feci regalare la “Fonovaligia”, chi se la ricorda? La mia era beige e rossa, ne andavo molto fiero, quando in casa loro ascoltavano quelle lagne, io mi chiudevo in camera e, a tutto volume, ascoltavo i BEATLES….i miei, i nostri adorati Beatles! Non credo che sia esistito ragazzo o ragazza della nostra generazione che non sia andato in visibilio per questi stupendi ragazzi di Liverpool…io ne andavo pazzo e mi spostavo con la fonovaligia ed i loro 45 giri da una casa all’altra dei miei amici, che ancora non la possedevano. Le nonne erano scandalizzate e lo furono ancora di più quando, al Festival di Sanremo del ’61, apparvero un ragazzino brutto e dinoccolato che cantava “24.000 baci”…Adriano Celentano ed una tipa con i capelli tutti cotonati che cantava una canzoncina… “Le mille bolle blu”… Mina che, oltre ad affascinare il pubblico con la sua voce, influenzò, con il suo stile, molte ragazze di quell’epoca…
La Roberta una delle ragazze più belle e più corteggiate della mia scuola vestiva come Mina, si pettinava alla Mina… e alcuni dicevano anche che le somigliasse… ma non era così…! Lei era la bella Roberta detta la Mina. Adoravo anche i cantautori tristi come Luigi Tenco, Gino Paoli e Sergio Endrigo. Gli anni ‘60 ci hanno distinto in tutto dai nostri genitori, dalla loro severità, dal loro modo di vestirsi eleganti, in giacca e cravatta, abiti fatti su misura…cappelli e guanti. Noi abbiamo conosciuto la libertà di pensiero, di vita, di moda, segnata prima di tutto dai Jeans in tutte le fogge, stretti, larghi a zampa e dal pret- a – porter! Nessuno andava più dalla sarta, finalmente era arrivato il momento di entrare in un negozio e decidere cosa piaceva di più, indossarlo e via… La libertà acquisita l’abbiamo poi lasciata in eredità ai nostri figli…non so se sia stato un bene, so solo che non vorrei mai essere nato in nessun altro periodo che non fosse legato a quei favolosi anni ‘60-
Salvatore Battaglia Presidente Accademia delle Prefi
Cultura
Pantelleria, 29 agosto tutto il programma del Circolo Corso Umberto: da foto a narrativa, serata ricca e imperdibile

Il Circolo Culturale Corso Umberto invita!
4° serata “Sotto il cielo del Corso” – Venerdì 29 agosto ore 19 negozi aperti
Programma
19:00 Piazzetta Sauro – Presentazione del romanzo biografico “Elvira” di Flavia Amabile.
L’autrice, in dialogo con Irene Pollini Giolai, racconta di Elvira Notari, prima donna regista e produttrice cinematografica in Italia, a 150 anni dalla nascita.
Letture di Gianni Bernardo
20:30/21:00 Piazzetta Sauro – Proiezone cortometraggio “Napoli sirena della canzone” del 1929
Nel corso della serata saranno proiettate alcune immagini di Elvira Notari custodite dalla Cineteca di Bologna di “Napoli sirena della canzone” del 1929.
Tutta la serata:
RESISTENZA di Carlotta Vigo
“Il giorno in cui questo Paese perderà contadini e artigiani, non avrà più storia”, diceva Pasolini. A questa riflessione conducono gli scatti di Carlotta Vigo in mostra alla galleria “Le Alcove di van der Grinten”. Dettagli intimi e quotidiani, frammenti di un mondo fatto di dignità, fatica e saperi antichi.
Protagonisti allevatori, pescatori, contadini, macellai, apicultori e artigiani. Donne e uomini. Sono loro i protagonisti degli scatti di Carlotta Vigo.
Visitabile fino il 22 settembre – Giovedi e Sabato > orario > 11-13 e 18-21
Appuntamenti: 379-2677711 – Gereon Pilz & 331-9900899 – Carlotta Vigo
“I contadini volanti” di Flavia Amabile
Eccezionalmente in occasione della serata sarà possibile visitare una selezione di foto in b/n di Flavia Amabile sui raccoglitori di limoni della costiera amalfitana e della coltivazione dell’alberello pantesco quali testimoni e rappresentanti dell’agricoltura eroica.
> Micro Spazio Hydra, Corso Umberto, 17
Quando: Venerdì 29 agosto dalle ore 19.00
Dove: Corso Umberto I & Piazetta Nazario Sauro
Patrocinato dal Comune di Pantelleria
Tutti i negozi del Corso Umberto resteranno aperti durante la serata culturale –
Il tratto del Corso diventa zona pedonale dalla Scuola Elementare fino l’Ex albergo Miriam.
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Il Circolo Culturale Corso Umberto in cooperzione con la galleria d’Arte “Le alcove di Van der Grinten *spaces for the urban arts” desidera, tramite manifestazioni pubbliche e attività culturali lungo il Corso Umberto I, riportare l’antico splendore al centro di Pantelleria.
Lo scorso anno, nasceva su iniziativa del Presidente, Gereon Pilz van der Grinten, sin dall’inizio con il supporto del Comune di Pantelleria, una seria di eventi culminando nelle serrate con titolo “SOTTO IL CIELO DEL CORSO” che hanno avuto grande successo. Quest’anno la festa “Fari & sfari della luna” e la apertura della mostra “RESISTENZA” hanno conquistato i cuori dei visitatori.
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Circolo Culturale Corso Umberto APS
Gereon Pilz van der Grinten – Presidente
Corso Umberto I, 48-50
I – 91017 Pantelleria
Cultura
A Pantelleria Flavia Amabile presenta “Elvira” ritratto di Elvira Coda Notari, prima donna regista in Italia

Flavia Amabile, giornalista de La Stampa, scrittrice e fotografa sarà presente a Pantelleria venerdì
29 agosto alle 19.00, ospite del Circolo culturale Corso Umberto, per la presentazione di “Elvira”
un ritratto di Elvira Coda Notari, la prima donna regista e produttrice in Italia. Un’anticipatrice ed
innovatrice di cui esistono pochissime testimonianze sia dell’immenso lavoro, sia della vita privata:
quattro fotografie, e solo due film e mezzo fra i sessanta girati e prodotti, oltre a un centinaio di
documentari.
L’autrice dialogherà con Irene Pollini Giolai, sceneggiatrice, mentre a è affidata a Gianni Bernardo la
lettura di alcuni brani del romanzo.
Elvira Notari, di cui ricorre quest’anno il 150esimo della nascita, fu attiva tra il 1906 e il 1929, anni
in cui fondò, insieme al marito Nicola Notari, una casa di produzione cinematografica, la Dora Film,
con sede anche a New York.
Elvira racconta la vita del popolo dei vicoli di Napoli, ma soprattutto la condizione delle donne
costrette a tacere, a rinunciare, a essere invisibili e a sacrificarsi. La regista ribalta la narrazione del
cinema muto dell’epoca e dà “voce” a queste donne, pagando in prima persona per la propria
caparbia volontà, ricevendo il disprezzo dei colleghi, la censura del regime e, in ambito privato, il
risentimento delle sue figlie che in lei vedevano solo una donna ambiziosa, poco attenta ai loro
bisogni.
Oggi Elvira Notari, dopo un lungo e incomprensibile periodo di oblio, torna alla ribalta grazie al
libro, edito da Einaudi, di Flavia Amabile che racconta di questa giovane donna che, all’inizio del
‘900, entra in un cinematografo per la prima volta a 27 anni e decide che il cinema sarà la sua vita.
Il rinnovato interesse per questa interessante figura è testimoniato anche dalla presenza alla
Mostra del cinema di Venezia, del documentario “Elvira Notari. Oltre il silenzio” di Valerio Ciriaci
che sarà proiettato in anteprima domenica 31 agosto.
Flavia Amabile è nata a Salerno e vive a Roma. E’ scrittrice e giornalista de “La Stampa”, dove si
occupa di attualità. Ha pubblicato numerosi romanzi e libri di viaggio tra cui I Baroni di Aleppo, Il
Profumo del Mediterraneo , I contadini volanti, libro fotografico pubblicato nell’ambito di un
progetto che raccoglie diversi reportage sul tema dell’agricoltura eroica. Tra questi anche la
coltivazione dello zibibbo a Pantelleria, Il limone sfusato di Amalfi, lo Sciacchetrà delle Cinque
Terre. La giornalista ha incontrato i coltivatori per fotografarli e filmare i loro gesti, le tecniche, il
loro sapere antico per portare alla luce l’opera, la fatica, e l’insostituibile ruolo nella preservazione
del territorio. Eccezionalmente il 29 agosto sarà possibile visitare una mostra ospitata dal Micro
Spazio Hydra (Corso Umberto n.17) con 20 foto in b/n dei raccoglitori di limoni della costiera
amalfitana e della coltivazione dell’alberello pantesco.
Cultura
Pantelleria com’era: il 28 agosto l’Unipant presenta una conferenza per scoprire l’isola nella storia

Attraverso gli studi di Anthony H. Galt, Nuccia Farina ci parlerà della stratificazione sociale dell’isola, delle sue particolarità rispetto al resto del Sud Italia e delle sue tradizioni
Com’era Pantelleria nel XVIII e XIX secolo e poi dopo? Che significa che Pantelleria basava la sua organizzazione sociale su classe, onore e burocrazia? Perché a Pantelleria i Circoli hanno una connotazione egalitaria a differenza dei circoli siciliani che ne hanno una elitaria? Perché a Pantelleria si facevano meno figli in un’Italia in cui il sud aveva il record di nascite? Qual era l’importanza del Carnevale sulla società pantesca? E qual era l’uso del malocchio su quest’isola?
A queste e a tante altre domande cercherà di rispondere la conferenza storica che si terrà domani, giovedì 28 agosto alle ore 19.00 presso l’Aula Consiliare del Comune di Pantelleria. Un evento del progetto Unipant PANTESCHITÁ ESTATE 2025, patrocinato dal Comune di Pantelleria e dal Parco Nazionale Isola di Pantelleria, dal titolo “Pantelleria com’era: lo sguardo di Anthony H. Galt. Memorie di Pantelleria negli anni 1968-74”.
La conferenza sarà tenuta dalla Vicepresidente dell’Unipant, Nuccia Farina, che partendo da quanto registrò in una serie di articoli per delle riviste etnologiche americane, Anthony H. Galt tra il 1968 e il 1974, ci parlerà di quello che era in origine l’humus sociale e storico dell’isola a partire dal 1700 per arrivare alla Pantelleria degli anni ’70, dando anche una spiegazione a tante caratteristiche che anche oggi distinguono l’indole pantesca da quella siciliana, come gli stessi isolani ci tengono a sottolineare.
Un piccolo assaggio di una serie più ampia di appuntamenti che si terrà nella stagione invernale all’Unipant, ma che darà modo a panteschi, isolani e turisti di capire meglio l’isola, le sue abitudini, le sue tradizioni e perché è tanto diversa e unica rispetto ad altre realtà della Sicilia e più in generale delle culture mediterranee.
All’inizio della conferenza sarà letto anche un saluto di Janice Galt, moglie del giornalista e storico ormai scomparso. L’ingresso è libero.
Pantelleria, 27 agosto 2025
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