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Cultura

La Pasqua in Sicilia tra tradizione, folklore e ricordi

Redazione

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Ricordando in modo particolare quella del 67 “E cu nappi nappi de cassateddi di Pasqua!” Recita così un antico proverbio siciliano per indicare chi ha avuto la fortuna di usufruire di un periodo di prosperità quando poi questo viene a mancare.

I “cassateddi” sono un dolce tipico del periodo pasquale in tutta la Sicilia orientale. Le festività pasquali sono molto sentite in Sicilia e sono davvero tantissime le manifestazioni sacre che nei giorni di festa animano le strade delle grandi città e dei piccoli paesi. La Pasqua è la ricorrenza che, fin dai tempi più antichi e più di ogni altra, ha suscitato in tutto il territorio dell’isola un’intensa partecipazione popolare. Nella Settimana Santa è un susseguirsi di rappresentazioni e processioni che hanno come intento quello della rievocazione e commemorazione della Passione, Morte e Resurrezione di Gesù Cristo.

I cortei che si snodano per le vie delle città sono formati da confraternite di arti e mestieri nei loro caratteristici costumi e seguiti dal clero con i paramenti quaresimali, nonché da simulacri di Gesù morto, della Madre sua in dolore e dagli altri personaggi che contornano la Passione di Cristo. Spesso però queste rappresentazioni sono impersonate dai fedeli che raffigurano con grande pathos i tristi momenti del Calvario di Gesù.

La presenza emotiva dei fedeli è talmente forte che i sentimenti di dolore, per la Morte prima e per la gioia della Resurrezione del Redentore poi, appaiono autentici momenti di teatralità. Forte è la simbologia che connota e caratterizza la Settimana Santa sia a livello decorativo degli scenari per la presenza di elementi rituali quali il grano, il pane, il colore viola dei paramenti, i fiori ed altro che a livello metaforico, in quanto si vuole che la Pasqua, che cade sempre in Primavera, rappresenti il risveglio della Natura dopo il letargo invernale, e quindi la rinascita della Vita ed il trionfo del Bene sul Male.

TRA ANTICHI SAPORI DELLA PASQUA …NELLA TRADIZIONE SICILIANA

Il pranzo di Pasqua in Sicilia è un inno alla tradizione. Sulle tavole dei Siciliani non mancano i ricchi piatti della tradizionale cucina siciliana che celebrano la fine della Quaresima. Così come in tutte le province siciliane anche la Cucina tipica Ragusana è caratterizzata da vari piatti tipici. Il Menù di Pasqua e della cucina Ragusana è un vero trionfo di sapori: dalle “scacce” alle “ ‘mpanate” di agnello o pollo, dalla “Nfigghiulata” di ricotta ai “Turciniuna” fino ad arrivare ai dolci dove primeggiano quelli con la ricotta vaccina come le Cassate Pasquali e il classico cannolo di ricotta. Sul piano gastronomico la Pasqua viene commemorata con una serie di preparazioni rievocative della ricorrenza.

La pasticceria è arricchita dalla produzione di pecorelle di pasta reale così come di pasta reale sono i frutti coloratissimi che le contornano. Ed ancora le “cuddure o aucieddi cu l’ova” una sorta di grande biscotto (a volte a forma di uccello) in cui vengono incastonate una o più uova. Nel territorio messinese è stata riscoperta e riproposta la ricetta dell’antico dolce di Valdina, “la ciauna”, dal gusto unico e delicato. Ed infine la pignolata e la cassata, tipici e rinomati dolci siciliani ormai noti in tutto il mondo. Le “Mpanate” di carne Ragusane Impanate di carne, un altro ricordo della cucina di casa mia. Piatto tipico di Pasqua nella zona di Ragusa. Oggi si preparano anche in altre occasioni. Solitamente venivano fatte con la carne di

agnello ma adesso vengono preparate anche con la carne di tacchino o di pollo.

La Ricetta della Nonna Marianna… per le “Mpanate” ragusane Ingredienti: 650 gr. carne d’agnello tagliata a tocchetti con o senza ossa sale 12 gr. pepe nero due foglie d’aglio verde tritate, prezzemolo Procedimento: Condire la carne d’agnello la sera prima affinché continui a frollare e gli ingredienti si malghino tra loro
L’impasto viene preparato come per le focacce, basta solo aggiungere della sugna (strutto) per rendere più friabile la pasta, (una noce di strutto per ogni kg. di farina); sul panetto confezionato, come per le focacce, prima di porlo a lievitare, viene praticata con il dorso del coltello una lieve pressione, in modo da ottenere un solco a collare, non molto profondo, che divida il panetto in due parti. Una volta lievitato, il panetto viene diviso in due parti, una parte viene stirata per fare da fondo e l’altra viene stirata per fare da coperchio all’mpanata. Sulla parte inferiore si pone la carne condita e con la parte superiore della pasta si copre; i margini vengono saldati con una leggera pressione delle dita; si creerà un cordoncino intrecciato a spirale (“u rieficu”) che servirà a chiudere l’impanata. La superficie della pasta viene oliata e bucherellata con una forchetta per permettere la traspirazione durante la cottura in forno (per circa un’ora) … e magicamente la “Mpanata” è fatta, pronta per essere degustata.

Un Tour per le Città ricche di usi e tradizioni nel periodo pasquale

AGRIGENTO
A Licata è molto sentita la Festa dell’Addolorata: il Venerdì Santo un corteo di fedeli e bambine vestite come sante segue la statua dell’Addolorata, che termina con la degustazione delle tradizionali muffulette. Aragona si popola di grandi fantocci raffiguranti San Pietro e Paolo, che la domenica di Pasqua sfilano in parata adornati da nastri e primizie. A San Biagio Platani si allestiscono grandi archi composti da pani glassati e frutta, sorretti da una complessa impalcatura fatta di canne: questi archi sono lo scenario dell’incontro tra la Madonna e il Cristo per il giorno della Resurrezione.

CALTANISSETTA
La Settimana Santa di Caltanissetta è celebre in tutto il mondo: è gemellata con quella di Siviglia e le sue celebrazioni durano dal martedì alla domenica. Celebre la sfilata della Real Maestranza, che raggruppa le maestranze locali ed ogni anno è guidata da un Capitano, scelto tra le varie maestranze.

Il Giovedì Santo sfilano le “Vare”, gruppi sacri realizzati in cartapesta che raffigurano le stazioni della via crucis, e che sfilano in centro città accompagnati da congregazioni e da un fiume di fedeli. Altrettanto famosa è la processione del Cristo Nero che sfila il Venerdì Santo tra le vie del centro storico: la statua del Cristo, di un colore tipicamente scuro, è accompagnata dalle “laudate”, canti tradizionali intonati dai fogliamari, custodi di un patrimonio folcloristico che affonda le sue origini in un tempo remoto. Un’altra processione di enormi fantocci è quella che si svolge a San Cataldo: i Sampauluna, grandi personaggi mossi da operatori, sfilano in processione per festeggiare la notizia della Resurrezione di Cristo.

CATANIA
Adrano mette in scena l’incontro tra Cristo risorto e la Madonna nel giorno di Pasqua. A portare scompiglio “i Diavulazzi ‘i Pasqua”, simulacri che raffigurano Lucifero e i diavoli che tentano in tutti i modi di non far avvenire l’incontro. Una tradizione questa che ha origine nel ‘700. Solo l’intervento dell’Arcangelo Michele impedirà che i diavoli abbiano la meglio. A Bronte si svolge la tradizionale visita ai sepolcri: altari decorati con primizie e addobbi floreali, che sono anche i decori dei fercoli che sfilano in processione.

ENNA
Il Venerdì Santo sfilano per le strade centinaia di confratelli incappucciati che portano in processione su cuscini e vassoi gli strumenti della passione. Apre il corteo la Confraternita della Passione. La sfilata si svolge in un particolare silenzio che rende l’evento molto suggestivo. Pietraperzia: celebre è “U Signuri di li fasci”, un altro rito del venerdì santo che vede la statua di Gesù Cristo poggiata su una trave di cipresso portata a spalla da 80 fedeli. Alla trave di legno sono annodate circa 200 fasce di lino bianco lunghe 33 metri, come gli anni di Cristo, che appartengono ai devoti. Il fercolo sfila per le vie cittadine tutta la notte e ogni devoto proprietario di una fascia la tiene stretta tra le mani per tutta la processione.

PALERMO
Anche a Palermo si fa visita ai sepolcri: la sera del Venerdì Santo gli altari delle chiese, adornati di fiori e preziosi ex voto, ricevono un fiume di gente che percorre il proprio itinerario di fede la sera. Una commistione di culture quella di Piana degli Albanesi, dove le liturgie pasquali sono officiate in greco e in albanese seguendo il rito bizantino. Le giovani donne del paese sfilano per le strade indossando splendidi abiti tradizionali ricamati con fili d’oro, che fanno parte del loro corredo nuziale. Anche a Prizzi va in scena “l’abballu di li diauli”: le strade arroccate sulla montagna si colorano di diavoli di tutte le età vestiti con costumi rossi, pelli di capra e mascheroni. I diavoli seguono la Morte, vestita di giallo e con una balestra in mano, che provoca confusione tra la folla e cerca di evitare l’incontro tra Cristo risorto e la Madonna. Tutto accompagnato dai balli e dalla musica dei diavoli e delle bande.

RAGUSA

Ragusa Ibla si riempie di statue esposte dalle rispettive confraternite, mentre le luci delle chiese, il Venerdì Santo, restano spente per osservare un rispettoso silenzio. A Ispica si svolge una processione molto sentita: la via Crucis inizia alle 2:00 del mattino e sfila in processione la statua della Madonna. Si dice che in questa “vara” sia custodito un frammento della vera croce del Cristo, che i fedeli omaggiano di ex voto di cera.

SIRACUSA

Noto possiede la Santa Spina che si dice sia una delle vere spine della corona di Gesù, portata qui nel XIII secolo da un frate francescano. La reliquia è portata in processione il Venerdì Santo. A Sortino la notte fra il giovedì e il Venerdì Santo si accende di piccoli falò di rami secchi di mandorlo e agrumi, detti “farati”. Questi fuochi vengono accesi via via che la statua del Cristo portato in processione percorre le strade del paese.

TRAPANI

Celebre la processione dei Misteri, una delle più antiche manifestazioni religiose della Sicilia. Questa processione dura per quasi ventiquattro ore, durante le quali i Misteri (gruppi sacri raffiguranti le stazioni della via crucis) sfilano per la città in un’atmosfera densa di emozione. Le Veroniche sono le protagoniste del Giovedì Santo di Marsala: giovani donne e bambine sfilano per le strade ornate di sontuosi gioielli e portano con loro offerte votive e vassoi di pane. In questo breve viaggio vi ho raccontato soltanto alcune delle spettacolari tradizioni che animano la Sicilia durante le festività pasquali: non resta che scegliere una provincia, preparare un bel pranzo a sacco e partire alla volta della tradizione più antica o quella che ci affascina di più.

QUELLA PASQUA DEL ’67

Nei giorni precedenti la festa a casa mia in via Ioppolo ad Ibla si notava un continuo andirivieni di donne affaccendate, sporche di farina, questo perché la mia famiglia aveva fatto costruire un forno a pietra dalla capienza di oltre 40Kg che spesso veniva usato anche dai nuclei familiari del “Curtigghiu” (Cortile) per la cottura del pane e non solo. Certo penserete che l’accensione del forno, quell’andare avanti e indietro poteva essere ricondotto ad una giornata come tante altre, invece no! L’aria più mite, gli odori diversi, che provenivano dalle stoppie bruciate per riscaldare il forno, erano insoliti. Il lavorio delle massaie iniziava un po’ prima dell’alba, il loro vociare era un dolce allarme che qualcosa di interessante stava per accadere, oltre ad essere il preludio per una grande festa rionale.
Il piccolo quartiere degli Archi in quei giorni si animava come non mai: canestre vuote uscivano dalle singole porte per poi farne rientro, dopo qualche ora inspiegabilmente coperte da una “pezza” fumante, dalla quale spuntavano forme tondeggianti dorate… erano le “Mpanate” (Impanate). Ecco, verso metà giornata, meraviglie uscivano da quella “bocca infuocata”; dal “Ucieddu” con le uova sode, alla cassata con ricotta, alla crostata con ricotta e pezzettini di cioccolato, fino alla mia preferita, una bomba di calorie, un “ammasso” di delizie, un tutt’uno di pasta, salsiccia, uova sode, formaggi vari e chi più ne ha più ne metta, la “pizza cina” (la pizza piena), un tripudio di odori, sapori e visioni uniche al mondo.
Ma fra tutti questi piccoli e indelebili segni che la Pasqua era vicina, uno, nefasto per me, proveniva dalla TV. Negli anni ’60-‘70 il Venerdì Santo, per me che ero (e sono) un assiduo cultore del tubo catodico, era un deciso colpo al cuore.
All’epoca erano solo due i canali che si riuscivano a vedere e su entrambi, così come lo era il 2 novembre, musica classica per l’intera giornata… Ma, nonostante ciò, ricordo con sana nostalgia quella Pasqua del ’67, poiché la festa era per noi ragazzi un’anticipazione importante: si avvicinava la fine della scuola, ponendo fine a quella che, per molti di noi, giudicavano una forma di reclusione. Infatti, per noi ragazzi di strada, la vera maestra di vita era lo scorrazzare per le viuzze e l’andare nelle vicine vallate dell’Irminio o nelle “sciumare” (terreni adiacenti al fiume) completamente padroni di noi stessi. Festa!
Questa parola si sentiva ovunque, dal cortile spazzato e pulito, agli uomini che vi sostavano con le

camicie bianche fresche di bucato, le scarpe lucide per l’occasione e si scambiavamo pareri e cortesie. Persino gli alberi a quel tempo sembravano più felici. I loro fiori erano più splendenti, più vivi non soffrivano certo l’inquinamento di oggi.

Ed ora? Cos’è la Pasqua ora?
Si, forse andiamo ancora in chiesa (quest’anno non potremo farlo per l’emergenza coronavirus o farlo con tante limitazioni). Non ci manca certo il pane, ma ci manca quello spirito di solidarietà, di comprensione e di rispetto verso le cose e le persone. Abbiamo trasformato il mondo. Ci obbligano a vivere come una continua corsa all’oro. È importante, per noi tutti, ritrovare e risentire profumi e usanze che vanno sempre più perdendosi nel tempo, chi come me ha vissuto quel periodo certamente capirà.

Salvatore Battaglia
Presidente Accademia delle Prefi

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Cultura

Santo Stefano Quisquina da Comunita’ HONOS 2024 a candidata al Premio Paesaggio del Consiglio d’Europa

Laura Liistro

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SANTO STEFANO QUISQUINA

Tra le pieghe morbide dei Monti Sicani, dove i profili delle colline si inseguono come onde di terra e il vento porta con sé l’eco di antichi mestieri, Santo Stefano Quisquina affida al proprio paesaggio la narrazione di un’identità collettiva che ancora oggi resiste, si rinnova e dialoga con il mondo contemporaneo.

È da questo intreccio di natura, memoria e comunità che nasce la candidatura al Premio Nazionale del Paesaggio, promosso dal Ministero della Cultura nel solco della Convenzione Europea del Paesaggio. Il paese, immerso in un ambiente che alterna boschi, pascoli e antiche vie di transumanza, conserva un tessuto umano fatto di gesti lenti e consapevoli: il lavoro dei pastori all’alba, il ritorno dei contadini lungo i terreni terrazzati, le donne anziane che raccontano proverbi legati alle stagioni. Qui il paesaggio non è solo sfondo: è protagonista, compagno quotidiano, matrice culturale che continua a modellare comportamenti, relazioni e linguaggi.

La candidatura si inserisce dunque in una visione ampia, che considera il territorio come eredità viva. Negli ultimi anni Santo Stefano Quisquina ha promosso pratiche di tutela e progetti di valorizzazione che hanno dato nuovo senso a luoghi storici e spazi rurali, mettendo al centro la sostenibilità, la partecipazione e la continuità delle tradizioni. La comunità ha fatto del proprio legame con la terra un principio guida, trasformando antichi saperi in strumenti contemporanei di gestione e cura.

Il dossier presentato — un documento che unisce rigore tecnico e profondità culturale — raccoglie questa lunga relazione tra gli abitanti e il territorio. Le descrizioni del paesaggio sono punteggiate da fotografie, mappe, testimonianze orali e racconti che restituiscono un mosaico complesso e affascinante: la Quisquina come luogo di incontro tra storia e natura, ma anche come spazio affettivo in cui ciascuno riconosce un frammento della propria identità.
L’Amministrazione Comunale, rappresentata dal sindaco Francesco Cacciatore (nella foto) e dall’assessore al Turismo Anna Chillura, ha espresso profonda gratitudine a chi ha contribuito in modo volontario alla redazione del documento.

La Prof.ssa V. Scavone e le architette E. Lo Sardo, D. Toscano e J. Moscatello hanno intrecciato competenze tecniche e sensibilità territoriale, mentre la Consigliera Comunale Lucia Leto Barone e numerosi cittadini hanno offerto conoscenze, memorie e tempo, trasformando la candidatura in un vero progetto collettivo. L’esito del concorso sarà noto nei prossimi mesi. Tuttavia, per Santo Stefano Quisquina, il senso profondo di questo percorso è già evidente: la consapevolezza di abitare un paesaggio non solo da ammirare, ma da raccontare, custodire e tramandare. In un’epoca di cambiamenti rapidi, il paese rinnova così il suo impegno nel riconoscere il territorio come patrimonio culturale vissuto, luogo di appartenenza e promessa di futuro.

E così, da Comunità Honos capace di prendersi cura del proprio patrimonio umano e ambientale, Santo Stefano Quisquina approda oggi alla scena europea come esempio maturo e luminoso di un territorio che ha saputo trasformare la propria identità in valore condiviso.

Laura Liistro

Foto di Francesco Cacciatore

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Le “sgrappolatrici” di Pantelleria sul Tg Sicilia in un servizio di Laura Spanò – V I D E O

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C’erano Rosa, Anna, Anita, Lina e le tre Marie a raccontare Pantelleria nell’operazione dello sgrappolamento

Le preziose e stupende “sgrappolatrici” tornano sotto i riflettori.
Laura Spanò, attenta e sensibile giornalista del Tg Sicilia, ha intercettato una nostra pubblicazione relativa al lavoro delle donne pantesche anche nel campo della vendemmia e della vinificazione. Meglio ancora nella produzione del passito.

Il certosino lavoro, che contribuisce alla produzione di una delle eccellenze eno-gastronomiche dell’isola, non è passato inosservato e così le signore delle contrade di Khamma e Tracino tornano a raccontare il loro compito. Si tratta di una miscela fatta di pazienza, sapienza e amicizia.
C’erano Rosa, Anna, Anita, Lina e tre Marie a tessere l’antica usanza dello sgrappolamento degli acini di zibibbo appassiti.

La Spanò, nel suo mirabile lavoro dedicato a Pantelleria, racconta le fasi di una agricoltura eroica che non ha tempo nè prezzo.

Il servizio

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Cultura

Pantelleria, al via la Novena dell’Immacolata. Calendario completo delle celebrazioni

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La Chiesa Matrice di Pantelleria ha reso noto il calendario delle messe e celebrazioni religiose in prossimità dell’Immacolata Concezione.

NOVENA DELL’IMMACOLATA DAL 29 NOVEMBRE AL 7 DICEMBRE

  • Madonna della Pace (Tracino) novena segue S. Messa – durante tutta la novena dalle ore 16:30 alle 17:00 disponibilità dei sacerdoti per le confessioni
  • San Gaetano (Scauri) novena segue S. Messa SS.Salvatore novena segue S. Messa – orari vedi nello schema eguente:

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