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Cultura

La marineria di Pantelleria sul finire dell’Ottocento

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Sul finire dell’Ottocento la marineria dell’isola di Pantelleria era ancora una splendida realtà, come d’altronde testimoniavano i cospicui traffici del suo porto locale. A titolo d’esempio prendiamo da documenti ufficiali il movimento di navigazione (arrivi) per l’anno 1893: 351 velieri e 101 piroscafi per un totale complessivo di 72.992 tonnellate di merci trasportate. In quel periodo appartenevano a Pantelleria ben 41 velieri della portata complessiva di 594 tonnellate, 117 barche e battelli da pesca della portata di 111 tonnellate e 21 galleggianti da traffico. Come si vede una marineria di tutto rispetto per una piccola isola. Cosa confermata d’altronde dagli iscritti alla matricola della gente di mare di 1a categoria, in cui risultavano iscritti circa 650 persone, tra cui un capitano di lungo corso, due capitani di gran cabotaggio, 45 padroni e 76 fra marinari autorizzati al piccolo traffico ed alla pesca illimitata. Il capitano di lungo corso poteva comandare un naviglio in viaggio di qualsiasi destinazione, i capitani di gran cabotaggio solo entro i limiti di determinate navigazioni, mentre i padroni (i famosi patruni ‘i varche) potevano comandare velieri soltanto nelle acque del Mediterraneo. Nei registri della gente di mare di 2a categoria erano iscritti 141 panteschi, dei quali 118 pescatori, 2 mastri d'ascia e 21 allievi mastri di ascia e calafati. Tutti questi marinari e pescatori, documentati in carte ufficiali, sono la prova provata della vocazione marinara dell’isola nei tempi passati. Peraltro questi panteschi di mare, una volta a terra, si trasformavano in provetti e valenti agricoltori. Il pantesco antico era quindi un perfetto agricoltore-marinaio, cosa non nuova lungo le sponde del Mediterraneo del passato, a cominciare dai primi colonizzatori greci. Gli arruolamenti degli equipaggi dei velieri panteschi si facevano quasi sempre a viaggio e più raramente “alla parte”, in quest’ultimo contratto si veniva pagati in proporzione del nolo netto (detratti cioè i costi) che il veliero riusciva a spuntare. L’arruolamento “alla parte” era la più antica e bella nostra comunanza sul mare, che faceva una cosa sola del veliero, del capitano e dell'equipaggio. Isolati i contratti “a giornata”, nel qual caso la mercede giornaliera per il marinaro era fissata in lire due. Gli armatori principali erano i fratelli Rallo del fu Bernardo, i fratelli Casano del fu Giuseppe e i D’Ancona, quest’ultimi da secoli protagonisti della vita marinara dell’isola. Sempre nei documenti del Ministero della Marina Mercantile Italiana ritroviamo una precisa e dettagliata descrizione del porto di allora, che qui riassumiamo: il porto di Pantelleria è situato sulla

costa settentrionale dell'isola. Gli avanzi che tuttora si vedono delle scogliere, l'una alla punta Carabella [cognome di un governatore del passato dell’isola] o San Leonardo, e l'altra alla punta del Camposanto o della Croce, lasciano supporre che l'antico porto fosse fra queste due punte racchiuso e che avesse un estensione di molto superiore a quella che ha l'attuale porto, il quale è delimitato dalle sponde murate dell'abitato tra mezzogiorno e levante, dal molo grande che si distende da libeccio a greco e da un molo piccolo con direzione da levante a ponente. Il molo grande ha la lunghezza di metri 270 e la larghezza di metri 4; il piccolo è lungo metri 120, è largo metri 4 e sul piano praticabile di esso vi sono tre colonne di ormeggio. Fra il molo grande ed il Castello vi ha inoltre un piccolo scoglio artificiale che, per mezzo di cinque colonnette di pietra infisse sul piano di esso, serve per presa d'ormeggio ai bastimenti. Le sponde approdabili del porto sono: la banchina esistente fra l'ufficio di Sanità Marittima e l'antico Castello (ricostruito ai tempi di Carlo V) con uno sviluppo di metri sessanta, il molo grande con tre scalette di accesso ed un piccolo sbarcatoio in muratura di metri 17. La massima profondità delle acque è presso la bocca dove arriva fino a m. 4,80 e discende fino a metri 0.40 presso lo sbarcatoio ed a metri 0.20 sotto il Castello. Attesa perciò la insufficienza dei fondali dentro il bacino del porto le navi di grossa portata non possono penetrarvi, né ad esse vien facile l’ancorarsi in rada durante l’inverno per mancanza di boe. La traversia del porto di Pantelleria è costituita dai venti di tramontana e maestro, ma anche i venti dal 4° quadrante rendono difficile la posizione dei bastimenti ormeggiati e la loro entrata in porto. In estate i venti predominanti sono lo scirocco ed il greco. Nel porto esistono due fanali a luce fissa. Uno a luce rossa si trova sulla punta San Leonardo visibile a miglia marine tre e serve di guida ai bastimenti per entrare in porto. L'altro a luce verde è situato in fondo al porto ed è visibile a circa due miglia e mezzo. Acqua potabile: non esiste alcuna presa d'acqua lungo le opere murarie del porto. I velieri si riforniscono con acqua di pozzo trasportata a bordo con barili dal centro del paese. I porti con i quali allora la marineria di Pantelleria aveva più frequenti contatti erano Porto Empedocle, Trapani, Marsala, Palermo, Napoli e Genova in Italia; La Goletta e Tunisi in Africa. Altri porti meno frequentati erano Algeri e quelli sulle coste libiche-egiziane. I generi commerciati consistevano in telerie e manufatti di cotone, vino, uva passa e capperi in salamoia. A quel tempo c’era anche un buon servizio postale marittimo, assicurato dai piroscafi della Compagnia della Navigazione Generale Italiana, che approdavano a Pantelleria quattro volte la settimana. Le linee funzionanti erano due: la Palermo-Tunisi e la Trapani-Porto Empedocle, ambedue con scalo a Pantelleria all’andata e al ritorno.

 

 Orazio Ferrara Foto: il piroscafo Egadi in partenza da Tunisi verso Pantelleria

 

 

Marina Cozzo è nata a Latina il 27 maggio 1967, per ovvietà logistico/sanitarie, da genitori provenienti da Pantelleria, contrada Khamma. Nel 2007 inizia il suo percorso di pubblicista presso la testata giornalistica cartacea L'Apriliano - direttore Adriano Panzironi, redattore Stefano Mengozzi. Nel 2014 le viene proposto di curarsi di Aprilia per Il Corriere della Città – direttore Maria Corrao, testata online e intraprende una collaborazione anche con Essere Donna Magazine – direttore Alga Madia. Il 27 gennaio 2017 l'iscrizione al Consiglio dell'Ordine dei Giornalisti nel Lazio. Ma il sangue isolano audace ed energico caratterizza ogni sua iniziativa la induce nel 2018 ad aprire Il Giornale di Pantelleria.

Cultura

Pantelleria, lavori di adeguamento, messa in sicurezza ed efficientamento energetico della palestra della Scuola Media “Dante Alighieri”

Redazione

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Alla cittadinanza, Il Sindaco comunica che l’Amministrazione comunale di Pantelleria ha portato a compimento l’iter amministrativo e progettuale necessario per il recupero e la piena rifunzionalizzazione della palestra della Scuola Media “Dante Alighieri”, struttura da tempo inagibile e fortemente attesa dalla comunità scolastica dell’isola. Il Sindaco comunica che l’intervento rientra in una più ampia strategia di riqualificazione dell’edilizia scolastica, con l’obiettivo prioritario di garantire sicurezza, accessibilità, sostenibilità energetica e qualità degli spazi destinati alle attività formative e sportive.

Il progetto prevede opere di adeguamento strutturale e funzionale, la messa in sicurezza dell’edificio, il miglioramento delle prestazioni energetiche attraverso l’installazione di impianti moderni e l’utilizzo di fonti rinnovabili, nonché il completo ripristino della fruibilità della palestra per studenti, associazioni sportive e iniziative collettive. Il Sindaco comunica che l’intervento consentirà di restituire alla cittadinanza una struttura fondamentale per la crescita educativa, sociale e sportiva dei giovani di Pantelleria, colmando una carenza che per anni ha inciso negativamente sull’offerta di spazi adeguati alle attività motorie.

L’Amministrazione è consapevole che l’esecuzione dei lavori potrà comportare disagi temporanei; tuttavia, il cronoprogramma è stato definito con l’obiettivo di contenere l’impatto sulle attività scolastiche, con una durata complessiva stimata in circa 14 settimane. L’Amministrazione continuerà a seguire con attenzione tutte le fasi successive, dall’affidamento dei lavori alla loro realizzazione, assicurando trasparenza, rispetto dei tempi e tutela dell’interesse pubblico. Pantelleria guarda avanti, investendo sulle scuole, sulla sicurezza e sul futuro delle nuove generazioni.

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Cultura

Il violinista di Solarino Don Paolo Teodoro e le radici di una tradizione di due secoli

Laura Liistro

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La storia nascosta di un paese che ha fatto della musica una firma identitaria

Nel 1827, quando il paese non era ancora Comune, un documento d’archivio rivela la presenza inattesa di un musicista professionista. Da allora Solarino non ha mai smesso di essere una comunità musicale.

Solarino – Nel 1827 il paese non era ancora autonomo e viveva un momento di transizione politica e amministrativa. Eppure, in quell’anno cruciale, emerge un dettaglio sorprendente che permette di leggere la storia locale da una prospettiva nuova. Tra gli atti conservati presso l’Archivio di Stato di Siracusa compare il nome di Don Paolo Teodoro, registrato come violinista.

Un dato che, per l’epoca, spacca in due l’immagine consueta di un borgo rurale fatto solo di agricoltori e artigiani.

Il musicista che rompe gli schemi

Il documento mostra chiaramente che Don Paolo Teodoro non era soltanto un residente rispettato di Solarino. Era un musicista. Un ruolo insolito in un contesto rurale del primo Ottocento, dove la musica raramente compariva nelle registrazioni ufficiali. Teodoro abitava in via Fontana, insieme alla moglie Costantino Eloisa, ma la sua formazione aveva radici ancora più profonde. Da giovane, infatti, era cresciuto in una parte dell’attuale Palazzo Requesens, allora indicato come Piano Palazzo n.2, oggi cuore dell’odierna Piazza del Plebiscito, luogo simbolo della vita sociale solarinese. Una crescita in un ambiente architettonico e culturale privilegiato che spiega – almeno in parte – la precocità di una vocazione musicale riconosciuta persino dagli atti civili borbonici.

Una tradizione musicale che Solarino non ha mai abbandonato

Il caso di Don Paolo Teodoro non è un episodio isolato, ma il primo tassello visibile di una storia più lunga. Perché a differenza di tanti altri centri siciliani, Solarino non ha mai smesso di essere un paese musicale. Bande storiche, maestri locali, scuole di musica, gruppi giovanili, famiglie che tramandano strumenti da generazioni, musicisti nazionali , la musica, qui, non è un accessorio, ma un linguaggio collettivo. E questa continuità testimonia una capacità rara: fare dell’arte una parte della propria identità civile. Non tutte le comunità hanno saputo compiere questa scelta. Molti centri rurali hanno perso nel corso del Novecento le proprie tradizioni culturali, travolti da emigrazione e modernizzazione. Solarino, invece, ha seguito una traiettoria diversa: ha difeso la musica, l’ha fatta propria, l’ha trasformata in patrimonio comune.

Questo è il vero punto di forza del paese. Una maturità culturale che trova le sue prime radici in persone come Don Paolo Teodoro: uomini capaci, già due secoli fa, di portare l’arte dentro la vita quotidiana di una comunità in trasformazione. Oggi, quando strumenti e prove musicali risuonano nelle case, nelle scuole e nelle piazze, è possibile intravedere un filo diretto con quella firma d’archivio del 1827. Solarino continua a distinguersi per il suo fermento artistico. E la storia del violinista Don Paolo Teodoro si rivela allora molto più che una curiosità d’epoca: è l’origine documentata di un percorso identitario che il paese ha scelto di portare avanti con orgoglio. Due secoli dopo, Solarino resta un paese che suona e questa è, senza dubbio, una delle sue vittorie più grandi.

Laura Liistro

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Cultura

Elena Pizzuto Antinoro: da Santo Stefano Quisquina alla scena internazionale della ricerca linguistica

Laura Liistro

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Donna siciliana, studiosa di straordinaria competenza e voce autorevole della ricerca italiana, Elena Pizzuto Antinoro è considerata una delle figure più influenti negli studi contemporanei sulla comunicazione e sulle lingue dei segni.

Psicologa, linguista e ricercatrice del Consiglio Nazionale delle Ricerche, ha contribuito in modo determinante al riconoscimento della Lingua dei Segni Italiana (LIS) come sistema linguistico pienamente strutturato, superando visioni riduttive che ne avevano a lungo limitato la comprensione. Il suo percorso accademico si è svolto tra l’Italia e gli Stati Uniti, dove ha approfondito la Lingua dei Segni Americana (ASL) entrando in contatto con metodologie di ricerca all’avanguardia. Questa esperienza internazionale fu decisiva: rientrata in Italia, introdusse nuovi paradigmi analitici che avrebbero innovato radicalmente lo studio della LIS, collocando la ricerca italiana in un dialogo costante con quella mondiale. Caratteristica centrale del suo lavoro fu l’approccio interdisciplinare.

Elena operò a stretto contatto con persone sorde, analizzando i processi cognitivi, le strutture linguistiche e le dinamiche comunicative della lingua visivo-gestuale. Le sue pubblicazioni rappresentano oggi un riferimento fondamentale non solo in Italia, ma anche nel contesto internazionale degli studi sulle lingue dei segni. Tra le iniziative più rilevanti da lei guidate figura VISEL, progetto dedicato allo sviluppo di sistemi di scrittura per la lingua dei segni e alla definizione di strumenti didattici innovativi. Un contributo che ha ampliato le possibilità di ricerca e di accesso alla comunicazione visiva, rafforzando il ruolo dell’Italia nel panorama scientifico globale. Colleghi e collaboratori ricordano Elena Pizzuto Antinoro come una professionista rigorosa, dotata di una forte integrità etica e di una visione capace di anticipare nuove prospettive. Il silenzioso applauso con cui la comunità sorda l’ha salutata ne sottolinea il profondo impatto umano e scientifico.

Oggi, Elena Pizzuto Antinoro è riconosciuta come una figura chiave della linguistica internazionale e un esempio di eccellenza femminile nel mondo accademico. Siciliana, figlia di Santo Stefano Quisquina, ha portato la sua terra d’origine nei principali centri di ricerca del mondo, lasciando un’eredità destinata a influenzare a lungo gli studi sulla comunicazione e sulle lingue dei segni.

Laura Liistro

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