Cultura
La guarnigione spagnola a Pantelleria agli inizi del 1600
Sfogliando le più antiche carte dei registri delle nascite della Chiesa Matrice di Pantelleria, troviamo annotato in numerosi battesimi, quale padrino, il nome di Francisco Salsedo. In quello del 27 giugno 1587 è presente al battesimo di Vitria, la figlia di Giovanni e Giovanna Grassia (di origini spagnole), la madrina è donna Giovanna di Giovanni Belvis, forse discendente di un ramo collaterale di quel Francesco, falconiere del re e barone feudatario dell’isola nell’anno 1421. Il 22 settembre 1597 Francesco è padrino al battesimo di Narda, figlia di Blasi e Francischella Rafaeli (di origini spagnole), madrina donna Antonella moglie di Antioco Sana. E così di seguito in altri battesimi. Del perché è presto detto, don Francesco Salsedo era in quel tempo un uomo influente e rispettato nell’isola, essendo uno dei comandanti di squadra della milizia regia sostituita a quella feudale dall’imperatore Carlo V a seguito della devastante incursione del corsaro Dragut nell’anno 1553. Tale guarnigione di stanza nel castello a mare, detto poi impropriamente del Barbacano, era agli ordini dello spagnolo don Andrea Rosales, capitano delle armi e castellano dell’isola. Essa era composta, oltre il capitano da tre, secondo lo storico Brignone Boccanera, noi propendiamo per quattro, “uffiziali” o comandanti di squadra (caps d’escadre o escuade), nominati anche tra i panteschi con ascendenti di origini spagnole, come ci conferma la presenza del citato Salsedo (famiglia già da circa un secolo presente nell’isola), e 100 soldati spagnoli. Di questi soldati, sbarcati nell’isola in quel torno di tempo e da cui discendono gran parte delle famiglie pantesche attuali, una forte percentuale non erano proprio spagnoli, ma sardi, i quali da tempo si arruolavano sotto le bandiere dei reggimenti della fanteria spagnola, i famosi Tercios. Anzi a Pantelleria la percentuale è così alta da sfiorare il 30% dell’ intera guarnigione, così come si ricava da uno studio dei cognomi dei militi del castello a quell’epoca. Sardi erano: Franciscus Campo, Bartholomeus Carta, Lavrenzo Mura, Andria Pineda, Giovanni Pinna, Antioco Sanna, Peru, etc. Degli spagnoli veri e propri alcuni provenivano dalle isole Baleari: Sebastiano Ferrer (poi Ferreri) e Antoni Colom (poi storpiato malamente in Culoma) da Maiorca, i Carreras (poi Carrera) da Minorca. Qualcuno da Gibilterra come Gioanne Garsia bombarderi (artigliere), forse il capostipite dei futuri baroni Garsia; altri dalla provincia basca di Guipùzcoa come i fratelli Paulo e Gio
D’Aietti, bombarderi. Dai paesi baschi, precisamente da una valle della terra di Alava sul golfo di Biscaglia, provenivano anche i citati Salsedo. Tra gli altri “miles hispanus” (così si qualificavano) di quel tempo citiamo: Blasius Raphiel (poi Raffaele), che compare nel battesimo del 1597 sopra riportato, Diego Remirez, Blasi Rapolli, Giovanni Grassia di Gibilterra, Franciscus Vincenzi. Questa milizia del castello non disponeva di una vera e propria uniforme. Ogni milite provvedeva al suo abbigliamento in modo estroso e variopinto, anche se i colori fondamentali furono sempre quelli nazionali spagnoli: rosso e giallo. L’unico capo di vestiario comune a tutti fu l’herreruelo, una sorta di soprabito con larghe maniche aperte. Il nostro “uffiziale” don Francisco Salsedo aveva una paga di 7 scudi al mese, il che era una buona paga per quei tempi, considerato che il capitano d’arme e castellano dell’isola, cui incombevano ben più costose spese di rappresentanza, ne riceveva 25. Complessivamente la guarnigione di Pantelleria costava all’erario imperiale spagnolo circa 5.350 scudi all’anno. Verso gli anni intorno al 1620, a seguito dei mutati ordinamenti militari spagnoli, anche a Pantelleria vi furono delle innovazioni: tra i cento soldati della guarnigione furono scelti 12 moschettieri (andava ormai acquistando particolare rilevanza il moschetto), restando tutti gli altri picchieri (armati di alabarde) e bombarderi ovvero artiglieri; venne poi ampliata la pianta organica con l’invio di altri 20 soldati, tra cui il medico (uno dei primi fu tale Caradonna), lo speziale (farmacista), il cappellano, i tamburi, i pifferi e il portabandiera o alfiere. Anche l’organico degli ufficiali fu altresì modificato con gradi simili agli attuali: l capitano comandante, che era anche governatore e castellano dell’isola, un l° e 2° tenente ed l alferes (sottotenente). La divisa cominciò ad essere uguale per tutti: lunghi calzoni (greguescos) di panno giallo, un giubbotto di eguale colore a larghe falde, un soprabito marrone (hungarina) a maniehe aperte, un cappello alla vallone con piume rosse, scarpe di pelle di vacca con un fiocco rosso. Ed è questa guarnigione così composta che nell’anno di grazia 1628 sarà agli ordini di quel diavolo d’uomo d’armi, che risponde al nome di Alonso De Contreras. Il capitano De Contreras, autore delle più belle e gustose memorie della letteratura spagnola, amicissimo del grande scrittore e drammaturgo Lope de Vega, conobbe tutti i porti e i postriboli del Mediterraneo, dissipò immense ricchezze, accumulate nella sua incredibile e fortunata guerra da corsa, col gioco e con le belle donne. Abilissimo uomo di mare e corsaro imbattibile beffò più volte in modo atroce i più famosi corsari e pirati turchi del tempo. Per qualche tempo fece scorrerie anche nei lontani Caraibi, dando una severa batosta al famoso e temuto corsaro inglese sir Walter Raleigh, il favorito prediletto della regina Elisabetta I. Ecco come De Contreras racconta nelle sue memorie “Le avventure del Capitano” la nomina a governatore di Pantelleria: “… il Duca di Alburquerque, Vicerè di quel regno (di Napoli e Sicilia),
mi fece grazia del governo di Pantelleria, un’isola che si trova quasi in Barberia, con una piazzaforte ed un castello con centoventi soldati spagnoli… rimasi al governo di Pantelleria sedici mesi…”. Non tralasciando peraltro, in quella sua breve permanenza, di dare una lezione come si deve ad “algunos morillos de los que allí vienen para hacer carne y agua”, (alcuni attaccabrighe che vengono lì per approvvigionarsi di carne e acqua).
di Orazio Ferrara
Foto: Antico libro delle Memorie di Alonso De Contreras
Cultura
Santo Stefano Quisquina da Comunita’ HONOS 2024 a candidata al Premio Paesaggio del Consiglio d’Europa
SANTO STEFANO QUISQUINA
Tra le pieghe morbide dei Monti Sicani, dove i profili delle colline si inseguono come onde di terra e il vento porta con sé l’eco di antichi mestieri, Santo Stefano Quisquina affida al proprio paesaggio la narrazione di un’identità collettiva che ancora oggi resiste, si rinnova e dialoga con il mondo contemporaneo.
È da questo intreccio di natura, memoria e comunità che nasce la candidatura al Premio Nazionale del Paesaggio, promosso dal Ministero della Cultura nel solco della Convenzione Europea del Paesaggio.
Il paese, immerso in un ambiente che alterna boschi, pascoli e antiche vie di transumanza, conserva un tessuto umano fatto di gesti lenti e consapevoli: il lavoro dei pastori all’alba, il ritorno dei contadini lungo i terreni terrazzati, le donne anziane che raccontano proverbi legati alle stagioni.
Qui il paesaggio non è solo sfondo: è protagonista, compagno quotidiano, matrice culturale che continua a modellare comportamenti, relazioni e linguaggi.
La candidatura si inserisce dunque in una visione ampia, che considera il territorio come eredità viva. Negli ultimi anni Santo Stefano Quisquina ha promosso pratiche di tutela e progetti di valorizzazione che hanno dato nuovo senso a luoghi storici e spazi rurali, mettendo al centro la sostenibilità, la partecipazione e la continuità delle tradizioni. La comunità ha fatto del proprio legame con la terra un principio guida, trasformando antichi saperi in strumenti contemporanei di gestione e cura.
Il dossier presentato — un documento che unisce rigore tecnico e profondità culturale — raccoglie questa lunga relazione tra gli abitanti e il territorio.
Le descrizioni del paesaggio sono punteggiate da fotografie, mappe, testimonianze orali e racconti che restituiscono un mosaico complesso e affascinante: la Quisquina come luogo di incontro tra storia e natura, ma anche come spazio affettivo in cui ciascuno riconosce un frammento della propria identità.
L’Amministrazione Comunale, rappresentata dal sindaco Francesco Cacciatore (nella foto) e dall’assessore al Turismo Anna Chillura, ha espresso profonda gratitudine a chi ha contribuito in modo volontario alla redazione del documento.
La Prof.ssa V. Scavone e le architette E. Lo Sardo, D. Toscano e J. Moscatello hanno intrecciato competenze tecniche e sensibilità territoriale, mentre la Consigliera Comunale Lucia Leto Barone e numerosi cittadini hanno offerto conoscenze, memorie e tempo, trasformando la candidatura in un vero progetto collettivo. L’esito del concorso sarà noto nei prossimi mesi. Tuttavia, per Santo Stefano Quisquina, il senso profondo di questo percorso è già evidente: la consapevolezza di abitare un paesaggio non solo da ammirare, ma da raccontare, custodire e tramandare. In un’epoca di cambiamenti rapidi, il paese rinnova così il suo impegno nel riconoscere il territorio come patrimonio culturale vissuto, luogo di appartenenza e promessa di futuro.
E così, da Comunità Honos capace di prendersi cura del proprio patrimonio umano e ambientale, Santo Stefano Quisquina approda oggi alla scena europea come esempio maturo e luminoso di un territorio che ha saputo trasformare la propria identità in valore condiviso.
Laura Liistro
Foto di Francesco Cacciatore
Cultura
Le “sgrappolatrici” di Pantelleria sul Tg Sicilia in un servizio di Laura Spanò – V I D E O
C’erano Rosa, Anna, Anita, Lina e le tre Marie a raccontare Pantelleria nell’operazione dello sgrappolamento
Le preziose e stupende “sgrappolatrici” tornano sotto i riflettori.
Laura Spanò, attenta e sensibile giornalista del Tg Sicilia, ha intercettato una nostra pubblicazione relativa al lavoro delle donne pantesche anche nel campo della vendemmia e della vinificazione. Meglio ancora nella produzione del passito.
Il certosino lavoro, che contribuisce alla produzione di una delle eccellenze eno-gastronomiche dell’isola, non è passato inosservato e così le signore delle contrade di Khamma e Tracino tornano a raccontare il loro compito. Si tratta di una miscela fatta di pazienza, sapienza e amicizia.
C’erano Rosa, Anna, Anita, Lina e tre Marie a tessere l’antica usanza dello sgrappolamento degli acini di zibibbo appassiti.
La Spanò, nel suo mirabile lavoro dedicato a Pantelleria, racconta le fasi di una agricoltura eroica che non ha tempo nè prezzo.
Il servizio
Cultura
Pantelleria, al via la Novena dell’Immacolata. Calendario completo delle celebrazioni
La Chiesa Matrice di Pantelleria ha reso noto il calendario delle messe e celebrazioni religiose in prossimità dell’Immacolata Concezione.
NOVENA DELL’IMMACOLATA DAL 29 NOVEMBRE AL 7 DICEMBRE
- Madonna della Pace (Tracino) novena segue S. Messa – durante tutta la novena dalle ore 16:30 alle 17:00 disponibilità dei sacerdoti per le confessioni
- San Gaetano (Scauri) novena segue S. Messa SS.Salvatore novena segue S. Messa – orari vedi nello schema eguente:

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