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Cultura

La gita e la scoperta dell’arbusto di Lentisco in una Sicilia ancora autentica…

Redazione

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La camminata lungo il fiume mitologico… paradiso della natura in cui abitò Mercurio A Camminata

Pi camminari basta ca si vivu – Passu ri jornu a jornu Comu ri stazioni in stazioni – No trenu ro ma r’istinu Affaciatu re finestri e ne ciazzi – Ne signali e ne facci Sempri i stissi e sempri riversi – Come n’funnu su i paisaggi.

La partenza e la scoperta Era un’afosa giornata iblea di inizio estate, quando il cielo, striato di rosso e arancione, e il caldo soffocante rendeva nero il terreno e quasi lo bruciava. Il nostro pullman ci attendeva solitario sulla riva a sud del fiume Irminio. Gli animali si erano raccolti lungo le sponde polverose del fiume: la rana verde e il rospo, la volpe e i conigli… ma soprattutto le nutrie, nutrie in quantità. Io e Onofrio caricammo il nostro piccolo bagaglio sulle spalle e attraversammo il fiume nella parte bassa, prima che venissero tutti i compagni di avventura del gruppo estivo “Il Grest dei salesiani…”. Ma ancora non immaginavamo a cosa saremmo andati incontro di lì a poco.

Ai nostri occhi quello che si vedeva dalla riva appena approdati appariva un posto davvero magico: erano le rovine di un'antica casa colonica, probabilmente fatta costruire da un antico barone. Tra i marmi bianchi e semi lucenti erano spuntate piante di ogni tipo, che si erano spinte perfino dentro le camere disabitati da chissà quanti anni. Ai nostri occhi vedevamo agili balzi di gatti che entravano e uscivano come impazzite dalle finestre e dai tetti, sotto lo sguardo vigile di gazze che volavano in gruppo.

Eravamo attoniti sul da farsi… quando il nostro capo gruppo “Guglielmo…” richiamandoci all’ordine per stare tutti vicino, ci propose di esprimere ognuno delle proprie idee sul da farsi…, ed ecco che a un certo punto, Onofrio, l’amico mio più fidato, propose di fare un’escursione in quel bosco che si trovava vicino alle dune di sabbia, ricche di canneti e arbusti di cui sconoscevamo il nome. C’era chi appoggiava pienamente la sua idea e chi, come me, era un po' titubante perché della natura più di tanto io non mi fidavo e quindi avevo un po' di paura… dopo che i miei amici mi

ebbero rassicurato, insieme andammo senza esitazione alla scoperta del boschetto… (pensavo in cuor mio il famoso detto… l’unione fa la forza). Ci addentrammo in quel boschetto che dall’ esterno sembrava pericoloso e cupo, ma poco dopo scoprimmo che era un luogo magico. Oltre alle innumerevoli tonalità di verde che potevamo osservare, vi erano moltissimi animali, per lo più insetti, e ci divertimmo ad ammirarli, chi da vicino e chi da lontano.

Un poco più in profondità trovammo il fiume di cui conoscevamo solo la parte finale, solo la parte che ci "scorreva accanto". In questo fiumiciattolo abbiamo notato alcuni pesci che non avevamo mai visto prima, poiché la parte di fiume che conoscevamo era inquinata dagli scarichi di una fogna che si riversavano sulla parte finale del fiume. Inoltre, abbiamo potuto ammirare una varietà di fiori, dal più grande al più piccolo, dal colore più acceso al colore più spento.

Ah… dimenticavo che a farci da guida c’erano un sacerdote don Miraglia e un laico consacrato il mitico signor Furnari (un uomo tanto grande di corporatura quando buono… ma guai a farlo arrabbiare… una volta lo vidi lanciare un martello raso terra ai piedi di un ragazzo indisciplinato… altri tempi!).

L’erudizione di Don Miraglia e il mastice di Chios Don Miraglia chiamò tutto il gruppo ai piedi di un grande arbusto ed incominciò ad erudirci… ci disse che questo posto era un meraviglioso esempio di vegetazione naturale e testimoniava come le coste siciliane si presentavano un tempo. La caratteristica principale era la presenza della macchia-foresta, un’estesa vegetazionale formata da un fitto arbusteto di Lentisco… molti di noi non capirono subito cosa aveva detto, era la prima volta che tutti sentivamo quel nome, Il Miraglia sorridente lo ripeté ben volentieri ed in modo didascalico Len – Ti – Sco… detto pure “Ginepro coccolone” un arbusto che raggiungeva a suo dire… ragguardevoli dimensioni.

Don Miraglia ci stupì dicendoci che la caratteristica interessante di questa pianta è l’essudazione di una resina oleosa detta il mastice di Chios. Una leggenda racconta che Sant’Isidoro, dopo la conversione al cristianesimo, dovette scappare di casa e si rifugiò nell’isola greca di Kios, dove visse e morì in solitudine con la sola compagnia di un arbusto di lentisco, che dopo la morte del Santo, iniziò a versare lacrime di resina, per piangere la sorte di Isidoro. Siamo nel 250 d.C. circa, periodo a cui risale l’inizio della coltivazione intensiva di una speciale varietà di lentisco nell’isola di Chios, ( la Pistacia lentiscus ). Si dice anche che la resina cristallina (masticha), con quel grado di purezza che ne assicura l’efficacia medicinale, sia tale soltanto in questo luogo, nella zona meridionale dell’isola (Mastichoria), grazie al microclima presente, ma anche ai vulcani sottomarini e al suolo calcareo. Tale resina ha diverse proprietà curative: aumenta la salivazione, è antisettica e antidiarroica e la si raccoglie a fine settembre. Da millenni a Chios si coltiva il lentisco, per la produzione di mastice che nei secoli ha avuto grande rilevanza nei traffici commerciali, tanto che i genovesi, che se ne servivano per sentire meno la sete, alleviare la nausea e proteggere i marinai dalle malattie durante le spedizioni marittime, occuparono l’isola detta allora Scio nel 1346 fino al 1556, quando poi fu dominata dai turchi. Ma chi l’avrebbe detto… che dietro ad un semplice arbusto c’era tutto un mondo da scoprire…

Procedendo per un lungo percorso fummo sorpresi da tante suggestioni Tutto il gruppo procedette per Il fiume Irminio, il signor Furnari ci diceva che era il più lungo della provincia ragusana, nasce dal Monte Lauro, la vetta più alta del massiccio ibleo, poco distante dal fiume Anapo e lungo il suo percorso sfiora diverse città e cittadine, come Giarratana, Modica e Scicli. Oltre ad essere molto affascinante dal punto di vista naturalistico, è molto interessante anche perché porta con sé alcune mitiche leggende… Io lo interruppi subito dicendogli ( essendo un amante della cultura classica) se vi era qualche storia o leggenda classica sul nome del fiume Irminio… e il buon Furnari conoscendomi sorrise e mi disse che si aspettava da me questa domanda e subito egli esaudì la mia richiesta… Il suo nome, infatti, deriverebbe da quello del dio Mercurio, che vi avrebbe abitato. Plinio il Vecchio ipotizzò un’origine del nome “Irminio” da Hermes (nome latino di Mercurio), il Furnari non si dilungò più di tanto e trasse le sue conclusioni sulla gita e sul fiume dicendoci: -Ragazzi, Mitologia a parte, per preservare questo prezioso ambiente nel 1981 è stata istituita la “Riserva Speciale Biologica” con la stessa denominazione. La riserva rientra nei territori di Scicli e Ragusa, la si incontra percorrendo Donnalucata e Marina di Ragusa.

Il Pranzo e la sorpresa Tutti fummo soddisfatti e con grande piacere all’ombra del decantato Lentisco iniziò l’atteso pranzo a sacco… Già immaginavo cosa avrei trovato nel mio e generalmente non sbagliavo quasi mai… c’era sempre il dieci per cento di sorpresa… (che non guastava mai…), trovai la classica cotoletta impanata alla palermitana… due uova soda incartate da strati e strati di carta stagnola… ( avremmo potuto incartare Tutankhamon e famiglia…) e poi trovai l’inaspettato involucro misterioso… avvolto anch’esso in strati e strati di carta stagnola… e con grande curiosità mia e del mio amico Onofrio lo aprimmo in modo brusco e sgraziato e, meraviglia delle meraviglie, ci trovammo il pane cunzatu… la preparazione e gli ingredienti erano tratti da una ricetta che mia madre custodiva gelosamente in un libretto con altre ricette regalatele da sua mamma cioè mia nonna Giovanna… E ancora oggi ricordo punto per punto sia la premessa che la ricetta descritta: Ppi l’amici re ma amici, simenza ntò munnu, ppi nun scurdari u piaciri di mangiarisi u pani cunzatu, eccu ‘na ricetta sbriciula sbriciula (poi ognunu è libbiru di mittiricci chiddu ca voli) 'Ngridienti ppi 4 amici: * 1 kg di pani (e facemu un chilu e mezzu basta ca c’è a paci) * pumadori maturi e citrigni * furmaggiu a piaciri (cunsigniatu u caciu cavallu) * na para d’acciughi salati * ogghiu illibbatu ma raccumannu * sali, rjinu, pipi (o peperoncino) * capuliatu U pani a ssiri cauru cauru, megghiu si è di granu duru e chiddu 'i casa, Tagghiatilu a mità in sensu orizzuntali, faciti da tutti due i parti cco; cuteddu solchi 'ntà muddica e mittitici ogghiu e sali. Chista è a basi ora si ponu mettiri l’autri cosi, secunnu gustu: i pumadori, furmaggiu picurinu, l’acciughi salati, u rjinu, u pipi etc. Mittiti i ddu mezzi una supra all’autra e scacciatili bonu bonu accussì tuttu l’ogghiu si sciogghi tò pani. Tagghiati a pezzi e… cu c’arriva arriva ah Una metà del mio pane “cunzatu” lo regalai ad Onofrio pretendendo in cambio da lui la cassata di ricotta e cioccolato fatta da suo zio pasticciere il signor Malandrino (titolare a Ragusa di un’ottima pasticceria rinomata sia per il gusto prelibato che per le dimensione dei suoi prodotti di pasticceria, uno fra tutti era il

blasonato Macallè… si trattava di una deliziosa spirale di soffice pasta brioche fritta, farcita di crema di ricotta e gocce di cioccolato… ). Ci avviammo per il pullman e notai che in tutti noi c’era quella soddisfazione di aver trascorso una bella gita ricca di suggestioni di vera amicizia e solidarietà … e anche di buoni sapori all’ombra dell’ormai conosciutissimo Lentisco eletto da tutti noi il re della riserva dell’Irminio…

Salvatore Battaglia Presidente Accademia delle Prefi

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Cultura

Un calendario da tavolo in siciliano per il 2026: l’Accademia della Lingua Siciliana porta i proverbi sulla scrivania degli italiani

Redazione

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Un calendario da tavolo in siciliano
per il 2026: l’Accademia della Lingua
Siciliana porta i proverbi sulla
scrivania degli italiani

Un anno intero scandito dalla saggezza popolare siciliana. È questa l’idea alla base del
nuovo calendario da tavolo in lingua siciliana per il 2026, realizzato dall’Accademia della
Lingua Siciliana su richiesta della storica casa editrice emiliana Celloni Editori, del gruppo
SIGEM, che da ben 37 anni pubblica calendari in dialetto e idiomi locali.
La collaborazione
La Celloni Editori, nota per la sua attenzione alla valorizzazione delle lingue regionali, ha
contattato l’Accademia della Lingua Siciliana per affidarle la redazione di un calendario
interamente dedicato ai proverbi dell’Isola. Nonostante in quel periodo molti membri del
Collegio Scientifico fossero impegnati in altri progetti, l’iniziativa è stata portata avanti con
determinazione grazie all’impegno diretto del presidente Fonso Genchi, tra i massimi
esperti di siciliano letterario.
I proverbi come patrimonio culturale
Il calendario, intitolato “Amunì!”, è uno “strappapensieri” che raccoglie proverbi di ogni
genere, capaci di accompagnare i lettori lungo i 365 giorni del nuovo anno.
Nell’introduzione si sottolinea il fascino intramontabile di queste formule brevi: da un lato la
loro capacità di sintesi, che in poche parole trasmette riflessioni e consigli; dall’altro la
forza evocativa delle immagini, l’ironia e la musicalità che li rendono memorabili.
Molti proverbi hanno origini antiche, spesso legate alla vita familiare e contadina, e si
tramandano da secoli come piccoli tesori di parole. Alcuni fanno riflettere, altri strappano
un sorriso, altri ancora custodiscono la memoria di una cultura che un tempo era
patrimonio condiviso.
Una ricetta tipica per ogni provincia e i QR code ai video di Emanuela Trovato

Il calendario è arricchito anche da nove ricette tipiche siciliane, una per ogni provincia. I
palermitani, così, potranno nel 2026 provare a preparare le scacce ragusane, e i catanesi
il taganu di Aragona. Inoltre, nel calendario sono presenti dodici QR code che rimandano
ad altrettanti mini-video dove l’attrice catanese Emanuela Trovata declama dodici proverbi.
Un ponte tra tradizione e quotidianità
Il calendario non è solo un oggetto utile, ma anche uno strumento di valorizzazione
linguistica: ogni giorno diventa occasione per riscoprire la ricchezza del siciliano, lingua
che conserva immagini, ritmi e saggezze di un mondo che rischia di andare perduto.
Con questa iniziativa, l’Accademia della Lingua Siciliana conferma la sua missione di
tutela e promozione dell’idioma isolano, portandolo fuori dai contesti accademici e
rendendolo accessibile al grande pubblico.

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Cultura

Tradizione e innovazione: i Pizzicotti di melanzane portano la Sicilia al Campionato Italiano

Barbara Conti

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Dal Gran Galà delle Lady Chef a Palermo alla sfida nazionale di Rimini: la Sicilia protagonista. “Un piatto che intreccia memoria contadina e visione contemporanea, simbolo di sostenibilità e passione”

Palermo, 27 novembre 2025 – La Sicilia al femminile conquista la ribalta nazionale. Nelle cucine di Casena dei Colli, a Palermo, martedì 26 novembre, si è svolta la selezione regionale del Trofeo Migliore Lady Chef Professionista. Lo stesso è inserito per la prima volta, per volere della coordinatrice regionale del comparto delle Lady chef Rosi Napoli, nel contesto del Gran Galà delle Lady Chef, evento che ha riunito oltre quaranta professioniste provenienti da sette province siciliane.

La competizione, giunta alla sua quinta edizione e organizzata dall’ Unione Regionale Cuochi Siciliani, ha visto tre province contendersi il titolo, interpretando il tema “Il pomodoro nel piatto tra sostenibilità e innovazione”.

Palermo: Chef Raffaella Nastro con Uovo al pomodoro, piatto dalle radici napoletane ma dal cuore siciliano.
Enna: Tosca Piemonte Benedetta, appena ventenne, con cappellacci al basilico ripieni di mozzarella di bufala, chips di suino nero dei Nebrodi e pomodorini gialli.
Ragusa: Salvina Scottino con i Pizzicotti di melanzane, rivisitazione contemporanea della parmigiana, arricchita da fonduta di Ragusano DOP e riduzione di basilico.

La vittoria di Salvina Scottino
A conquistare la giuria è stata Salvina Scottino, Lady Chef ragusana, con un piatto che ha saputo fondere la forza della tradizione contadina con la freschezza dell’innovazione. I suoi pizzicotti di melanzane e pomodoro hanno esaltato il pomodoro come simbolo di italianità e sostenibilità. Con questa vittoria, Salvina rappresenterà la Sicilia alla fase nazionale del Campionato della Cucina Italiana 2025, in programma a Rimini nel mese di febbraio.

La giuria
La valutazione è stata affidata a una giuria d’eccezione, voluta dal presidente regionale Rosario Seidita, composta da:

Maestro Giuseppe Giuliano (Presidente), Mario Puccio, Fabio Armanno

Un trofeo che racconta le donne
Il Trofeo Migliore Lady Chef Professionista, nato nel 2021 e dedicato esclusivamente alle donne chef, prevede un’unica categoria: Cucina calda. L’inserimento nel Gran Galà delle Lady Chef ha dato alla selezione regionale un valore speciale, trasformando la competizione in un palcoscenico di professionalità, passione e condivisione.

Sicilia tra memoria e futuro
La Sicilia dimostra ancora una volta che la sua cucina è fatta di memoria e futuro, di gesti antichi e nuove visioni. Con i suoi pizzicotti di melanzane e pomodoro, Salvina Scottino porta a Rimini non solo un piatto, ma un racconto di territorio, sostenibilità e passione.

Dichiarazioni della coordinatrice regionale Rosi Napoli e del presidente Rosario Seidita

“Dire di essere orgogliosa forse è riduttivo. Vedere le Lady Chef tutte insieme, in un momento di condivisione e di riflessione così importante è stato meraviglioso. E anche il Concorso Cirio, contestualizzato all’interno del Gran Galà, ha assunto un valore ancora più grande. Posso solo dire GRAZIE e al prossimo Gran Galà “.

“Il presidente Rosario Seidita soddisfatto per come si è svolta la selezione regionale all’insegna degli standard federativi e della worldchef e ringrazia la coordinatrice regionale Rosi Napoli per aver organizzato un raduno delle lady, molto partecipato, che sicuramente crea aggregazione e rafforza lo spirito di appartenenza verso la nostra Associazione”.

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Sociale

Pantelleria, successo per lo spettacolo “Figlio non sei più giglio” con Daniela Poggi e Mariella Nava

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“Figlio non sei più giglio” uno spettacolo che induce ad una riflessione da un altro punto di vista

Ieri sera, in occasione del 25 novembre – Giornata internazionale contro la violenza sulle donne – al Cineteatro San Gaetano di Scauri è andato in scena “Figlio non sei più giglio”, scritto da Stefania Porrino e interpretato da Mariella Nava e Daniela Poggi.
La serata è stata aperta dall’Assessore Benedetta Culoma, che nelle sue deleghe segue anche le Pari Opportunità. Nel suo intervento ha ricordato che la violenza sulle donne non riguarda soltanto i casi più eclatanti, ma anche ciò che accade nel quotidiano, nelle relazioni familiari e nei legami più vicini. Ha richiamato l’importanza di riconoscere i segnali e di non abituarsi a forme di controllo, dipendenza o sopraffazione che, purtroppo, spesso vengono normalizzate.


L’Assessore ha sottolineato che questo spettacolo invita a osservare con maggiore attenzione ciò che accade intorno a noi, a non voltarsi dall’altra parte e a domandarsi quale ruolo ciascuno possa avere nel prevenire la violenza, sostenendo chi vive situazioni di difficoltà e rafforzando una cultura del rispetto.
Lo spettacolo ha approfondito proprio queste dinamiche: il peso dei legami, le fragilità, le radici di comportamenti che possono trasformarsi in abuso e il percorso di chi trova la forza di rompere il silenzio.
Un racconto che parla di sofferenza e fragilità.
Un racconto che mette al centro anche il riscatto e la consapevolezza, necessari per provare a interrompere cicli che spesso sembrano senza fine.

Lo spettacolo ha offerto inoltre un punto di vista raro e complesso: quello delle madri degli uomini che commettono femminicidi. Donne che si interrogano su ciò che non hanno visto, su cosa avrebbero potuto fare, su quali segnali, oggi così evidenti, allora erano stati ignorati o minimizzati.
L’attrice ha interpretato questo ruolo con grande intensità, dando voce a una madre che si strugge e ripercorre i meandri della propria memoria alla ricerca di quei momenti in cui avrebbe potuto intuire l’indole violenta del figlio. Le volte in cui si è detta “è solo un ragazzo”, le risposte date per sminuire, i dubbi soffocati, le domande che tornano con forza: se solo avessi… se solo non avessi lasciato…

La componente musicale ha accompagnato la scena in modo delicato, sostenendo un’interpretazione che ha saputo creare un silenzio attento in sala. Un monologo intenso, capace di tenere il pubblico sospeso e di spingere alla riflessione anche dopo la conclusione dello spettacolo.

Il pubblico ha seguito con grande partecipazione. Al termine, Don Salvatore, il Vicesindaco Adele Pineda e l’Assessore Culoma si sono intrattenuti insieme alle artiste per un breve confronto, evidenziando quanto sia fondamentale continuare a sensibilizzare soprattutto i più giovani. Famiglia e scuola svolgono un ruolo importante, ma non sempre bastano: servono strumenti aggiuntivi, momenti di ascolto e linguaggi capaci di raggiungere davvero le nuove generazioni. In questo senso, il teatro può offrire un contributo decisivo.
Un ringraziamento va alle artiste, alla produzione e a tutti coloro che hanno reso possibile questa iniziativa.

La lotta contro la violenza sulle donne riguarda l’intera comunità e ogni occasione di riflessione condivisa è un passo in avanti verso un cambiamento reale.

Foto a cura di Clara Garsia
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