Segui i nostri social

Cultura

Il Panettone inventato in Sicilia 700 anni fa come Panfarcito fra storia e racconto

Redazione

Pubblicato

-

“Tintu è cu nun mancia a notti ri Natali u Manzapanettum ca famigghia “Meschino e chi non mangia il panettone la notte di Natale con la famiglia. Noi Siciliani, quindi, avremmo inventato un antenato del panettone: un pane farcito, lievitato e ripieno di uva passa e canditi. Il nome siciliano non ha nulla a che vedere con quello milanese, però, quando si parla di ingredienti, forma e tempi di cottura, beh! siamo molto vicini. Nei miei ricordi c’è un racconto di un certo Peppe inteso “Cicuoria” a riguardo della nascita del panettone in Sicilia. Il Peppe, uomo non tanto stabile di mente che circolava presso il quartiere San Paolo di Ragusa Ibla, affermava con vigore ogni anno nel periodo delle feste del Santo Natale che un lontano arciprete di famiglia don Francesco Floridia gli aveva confidato che il panettone era di origine siciliana e che nel suo monastero era custodita una ricetta segreta… custodita nella biblioteca conventuale della Chiesa dell’Immacolata di Messina. La derisione di tanti nel quartiere di San Paolo per il racconto del Peppe “Cicuoria” era una consuetudine consolidata sia per i grandi che per i piccini… destando turbamento ed instabilità maggiore nella mente del povero Peppe… E fu così che un giorno… sia per curiosità che per impiegare meglio le mie vacanze estive, intrapresi la decisione di approfondire l’argomento del racconto di Peppe “Cicuoria”. Andai di buon ora presso il quartiere degli Archi dove abitava un vecchio professore di latino e greco in pensione Ottavio De Dominicis che, oltre ad essere un colto e rispettato professore, aveva qualche fisima che lo contraddistingueva in modo più colorito tra gli abitanti del luogo… lo chiamavano “U Prufissuri Spagnuolu “ il professore spagnolo, perché il professore asseriva con orgoglio che la sua famiglia era assai antica e nobile e era originaria di Valencia il cui cognome primariamente era Domenech e che nel XIV secolo si trasferì nel Regno di Sicilia al seguito del Re Martino d’Aragona e lui era l’ultimo rampollo del ramo in Sicilia. Lo vidi come sempre vicino alla salita del Commendatore proprio davanti alla barberia di mio padre… “Professore… professore buongiorno, volevo chiederle una cortesia” il Professore con estrema cortesia, alzando un po’ il bavero del suo cappello, mi disse “Dimmi ragazzo… come posso servirti?” Io con grande emozione gli chiesi lumi sulla storia che avevo sentito dalle labbra del farneticante Peppe Cicuoria a riguardo del panettone siciliano nato molto tempo prima di quello milanese. Il Professore annuì… e con un semplice sorriso mi disse che c’era un po’ del vero nella storia di Peppe… “Vieni domani alle 9 a casa mia e ti darò dei libri che accertano delle verità celate ai più”.

L’indomani alle 9 in punto con mia grande meraviglia al suono del campanello in Via Giusti numero 48… la porta si spalancò e una donnina minuta e canuta mi disse di entrare perché già il professore mi aspettava nella sua biblioteca. Con una certa titubanza mi avviai per la porta indicatami dalla donnina, la terza dopo il quadro raffigurante la regina Isabella II. Aprii la porta e con fare risoluto il Professore mi indicò tre libri che potevano aiutarmi alla mia ricerca… potevo consultarli e prendere appunti ma i libri non potevano uscire mai dalla sua biblioteca. Beh, capirete mi misi nello scrittoio posto vicino alla grande finestra e consultando e scrivendo parecchie notizie e informazioni completai dopo due ore le mie ricerche ed ora con grande piacere vi presento le ricerche sul Panettone Siciliano. Le prime informazioni sul pane farcito siciliano “Panfarcito” li trovai in un elenco proposto da un viaggiatore palermitano a Messina, risalente alla seconda metà del XIV secolo. Nella lista c’era anche il prezzo delle materie prime utilizzate per preparare quel dolce. I pani dolci, nel Medioevo, erano molto diffusi. Si trattava anche di un modo, per i sovrani, di rimpinguare le casse reali. Per la produzione di dolci di questo tipo, infatti, vennero appositamente create varie leggi. Le varie province siciliane facevano a gara per eccellere. Ecco, dunque, quali tipi di panettone siciliano esistevano. Panettone inventato in Sicilia: il Manzapanettum Nel 1311, a Montalbano Elicona, in provincia di Messina si segnala la produzione del Manzapanettum. Si parla di questo dolce anche a Messina, nel 1367, a Corleone (PA) nel 1444, nel 1422 a Trapani e nel 1455 a Palermo. A pensarci un po’ su, ancora oggi esistono alcuni lievitati, in diverse parti della nostra Isola, che sono proprio a base di uvetta e che, nel sapore, richiamano quel gusto a cui ci ha abituato il classico panettone. A proposito di classico panettone, le sue origini sono a metà tra storia e leggenda. Si narra la storia di Messer Ulivo degli Atellani, falconiere, che abitava nella Contrada delle Grazie a Milano che innamorato di Algisa, bellissima figlia di un fornaio, si fece assumere dal padre di lei come garzone. Per incrementare le vendite, provò a inventare un dolce. Impastò farina, uova, burro, miele e uva sultanina, poi infornò. Il Panettone Siciliano esisteva già nel XIV secolo La più antica e certa, attestazione di un “Pane di Natale” prodotto con burro, uvetta e spezie si trova in un registro delle spese del collegio Borromeo di Pavia del 1599, quando tali “Pani” furono serviti durante il pranzo natalizio agli studenti. Quindi i riferimenti in merito al panettone siciliano sono più antichi. Il Manzapanettum è antecedente a queste storie. Non stupisce perché noi siciliani siano abili nella preparazione del panettone: abbiamo una grande tradizione di dolci natalizi! Per motivi di cronaca locale… i primi ad essere informati della ricerca furono i miei genitori, che con grande stupore emisero un’esclamazione degna del teatro di Martoglio “Avia Ragiuni Peppe Cicuoria…! aveva ragione Peppe Cicoria…! Poi volevo immediatamente divulgare la notizia fra i miei amici e conoscenti… ma adiacente alla chiesa delle Anime del Purgatorio vidi un corteo funebre composto di pochissime persone e neanche una ghirlanda di fiori che si avviava presso l’estremo saluto… era il nostro Peppe Cicoria.

Fui così amareggiato della sua scomparsa che al momento non volli divulgare la mia scoperta, ma come avviene molte volte in questo mondo, dopo pochi giorni divulgai tutto ciò che avevo scoperto sul Panettone Siciliano e che il Peppe cicoria aveva detto sempre la verità… Ancora oggi nel quartiere Natio lo ricordano come il Buon Peppe Cicoria e il suo Panettone di Sicilia.

Salvatore Battaglia Presidente dell’Accademia delle Prefi

Pubblicità
Clicca per commentare

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Cultura

Pantelleria, lavori di adeguamento, messa in sicurezza ed efficientamento energetico della palestra della Scuola Media “Dante Alighieri”

Redazione

Pubblicato

il

Alla cittadinanza, Il Sindaco comunica che l’Amministrazione comunale di Pantelleria ha portato a compimento l’iter amministrativo e progettuale necessario per il recupero e la piena rifunzionalizzazione della palestra della Scuola Media “Dante Alighieri”, struttura da tempo inagibile e fortemente attesa dalla comunità scolastica dell’isola. Il Sindaco comunica che l’intervento rientra in una più ampia strategia di riqualificazione dell’edilizia scolastica, con l’obiettivo prioritario di garantire sicurezza, accessibilità, sostenibilità energetica e qualità degli spazi destinati alle attività formative e sportive.

Il progetto prevede opere di adeguamento strutturale e funzionale, la messa in sicurezza dell’edificio, il miglioramento delle prestazioni energetiche attraverso l’installazione di impianti moderni e l’utilizzo di fonti rinnovabili, nonché il completo ripristino della fruibilità della palestra per studenti, associazioni sportive e iniziative collettive. Il Sindaco comunica che l’intervento consentirà di restituire alla cittadinanza una struttura fondamentale per la crescita educativa, sociale e sportiva dei giovani di Pantelleria, colmando una carenza che per anni ha inciso negativamente sull’offerta di spazi adeguati alle attività motorie.

L’Amministrazione è consapevole che l’esecuzione dei lavori potrà comportare disagi temporanei; tuttavia, il cronoprogramma è stato definito con l’obiettivo di contenere l’impatto sulle attività scolastiche, con una durata complessiva stimata in circa 14 settimane. L’Amministrazione continuerà a seguire con attenzione tutte le fasi successive, dall’affidamento dei lavori alla loro realizzazione, assicurando trasparenza, rispetto dei tempi e tutela dell’interesse pubblico. Pantelleria guarda avanti, investendo sulle scuole, sulla sicurezza e sul futuro delle nuove generazioni.

Leggi la notizia

Cultura

Il violinista di Solarino Don Paolo Teodoro e le radici di una tradizione di due secoli

Laura Liistro

Pubblicato

il

La storia nascosta di un paese che ha fatto della musica una firma identitaria

Nel 1827, quando il paese non era ancora Comune, un documento d’archivio rivela la presenza inattesa di un musicista professionista. Da allora Solarino non ha mai smesso di essere una comunità musicale.

Solarino – Nel 1827 il paese non era ancora autonomo e viveva un momento di transizione politica e amministrativa. Eppure, in quell’anno cruciale, emerge un dettaglio sorprendente che permette di leggere la storia locale da una prospettiva nuova. Tra gli atti conservati presso l’Archivio di Stato di Siracusa compare il nome di Don Paolo Teodoro, registrato come violinista.

Un dato che, per l’epoca, spacca in due l’immagine consueta di un borgo rurale fatto solo di agricoltori e artigiani.

Il musicista che rompe gli schemi

Il documento mostra chiaramente che Don Paolo Teodoro non era soltanto un residente rispettato di Solarino. Era un musicista. Un ruolo insolito in un contesto rurale del primo Ottocento, dove la musica raramente compariva nelle registrazioni ufficiali. Teodoro abitava in via Fontana, insieme alla moglie Costantino Eloisa, ma la sua formazione aveva radici ancora più profonde. Da giovane, infatti, era cresciuto in una parte dell’attuale Palazzo Requesens, allora indicato come Piano Palazzo n.2, oggi cuore dell’odierna Piazza del Plebiscito, luogo simbolo della vita sociale solarinese. Una crescita in un ambiente architettonico e culturale privilegiato che spiega – almeno in parte – la precocità di una vocazione musicale riconosciuta persino dagli atti civili borbonici.

Una tradizione musicale che Solarino non ha mai abbandonato

Il caso di Don Paolo Teodoro non è un episodio isolato, ma il primo tassello visibile di una storia più lunga. Perché a differenza di tanti altri centri siciliani, Solarino non ha mai smesso di essere un paese musicale. Bande storiche, maestri locali, scuole di musica, gruppi giovanili, famiglie che tramandano strumenti da generazioni, musicisti nazionali , la musica, qui, non è un accessorio, ma un linguaggio collettivo. E questa continuità testimonia una capacità rara: fare dell’arte una parte della propria identità civile. Non tutte le comunità hanno saputo compiere questa scelta. Molti centri rurali hanno perso nel corso del Novecento le proprie tradizioni culturali, travolti da emigrazione e modernizzazione. Solarino, invece, ha seguito una traiettoria diversa: ha difeso la musica, l’ha fatta propria, l’ha trasformata in patrimonio comune.

Questo è il vero punto di forza del paese. Una maturità culturale che trova le sue prime radici in persone come Don Paolo Teodoro: uomini capaci, già due secoli fa, di portare l’arte dentro la vita quotidiana di una comunità in trasformazione. Oggi, quando strumenti e prove musicali risuonano nelle case, nelle scuole e nelle piazze, è possibile intravedere un filo diretto con quella firma d’archivio del 1827. Solarino continua a distinguersi per il suo fermento artistico. E la storia del violinista Don Paolo Teodoro si rivela allora molto più che una curiosità d’epoca: è l’origine documentata di un percorso identitario che il paese ha scelto di portare avanti con orgoglio. Due secoli dopo, Solarino resta un paese che suona e questa è, senza dubbio, una delle sue vittorie più grandi.

Laura Liistro

Leggi la notizia

Cultura

Elena Pizzuto Antinoro: da Santo Stefano Quisquina alla scena internazionale della ricerca linguistica

Laura Liistro

Pubblicato

il

Donna siciliana, studiosa di straordinaria competenza e voce autorevole della ricerca italiana, Elena Pizzuto Antinoro è considerata una delle figure più influenti negli studi contemporanei sulla comunicazione e sulle lingue dei segni.

Psicologa, linguista e ricercatrice del Consiglio Nazionale delle Ricerche, ha contribuito in modo determinante al riconoscimento della Lingua dei Segni Italiana (LIS) come sistema linguistico pienamente strutturato, superando visioni riduttive che ne avevano a lungo limitato la comprensione. Il suo percorso accademico si è svolto tra l’Italia e gli Stati Uniti, dove ha approfondito la Lingua dei Segni Americana (ASL) entrando in contatto con metodologie di ricerca all’avanguardia. Questa esperienza internazionale fu decisiva: rientrata in Italia, introdusse nuovi paradigmi analitici che avrebbero innovato radicalmente lo studio della LIS, collocando la ricerca italiana in un dialogo costante con quella mondiale. Caratteristica centrale del suo lavoro fu l’approccio interdisciplinare.

Elena operò a stretto contatto con persone sorde, analizzando i processi cognitivi, le strutture linguistiche e le dinamiche comunicative della lingua visivo-gestuale. Le sue pubblicazioni rappresentano oggi un riferimento fondamentale non solo in Italia, ma anche nel contesto internazionale degli studi sulle lingue dei segni. Tra le iniziative più rilevanti da lei guidate figura VISEL, progetto dedicato allo sviluppo di sistemi di scrittura per la lingua dei segni e alla definizione di strumenti didattici innovativi. Un contributo che ha ampliato le possibilità di ricerca e di accesso alla comunicazione visiva, rafforzando il ruolo dell’Italia nel panorama scientifico globale. Colleghi e collaboratori ricordano Elena Pizzuto Antinoro come una professionista rigorosa, dotata di una forte integrità etica e di una visione capace di anticipare nuove prospettive. Il silenzioso applauso con cui la comunità sorda l’ha salutata ne sottolinea il profondo impatto umano e scientifico.

Oggi, Elena Pizzuto Antinoro è riconosciuta come una figura chiave della linguistica internazionale e un esempio di eccellenza femminile nel mondo accademico. Siciliana, figlia di Santo Stefano Quisquina, ha portato la sua terra d’origine nei principali centri di ricerca del mondo, lasciando un’eredità destinata a influenzare a lungo gli studi sulla comunicazione e sulle lingue dei segni.

Laura Liistro

Leggi la notizia

Seguici su Facebook!

Cronaca

Cultura

Politica

Meteo

In tendenza