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Cultura

I sapori di una volta in una Sicilia ormai lontanissima

Redazione

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Mii chi sciauru – susi u cupierciu – la Marianna – ca stampena na una manu – e u vastuni nall’autra – gira a pasta ra fasola no pintuluni – spingi u volumi c’è u telegiurnali – ca porta sempri mali nuvità – io vogghiu mangiari – viviemu nu bicchieri ri vinu – a pasta è pronta – assapuramu a vita nautra vota – binirittu u signuruzzu e so matri Maria… (Poesia di mia nonna Marianna).

Alla fine, questo bizzarro autunno ci sta lasciando, così, in un agognato tempo, dall’oggi al domani ci stiamo trovando ancora una volta a sentire: state a casa, non andate all’estero, non andate dagli amici e parenti, evitate assembramenti… Ancora oggi, ogni volta che accendiamo la TV, sembriamo in guerra, un continuo elenco di contagiati di asintomatici e di morti. Nuove varianti del Covid, Dose una… Dose due… Dose Tre… Sono tornati i virologi/tuttologi a riempire gli schermi, gli spazi sui social e sui giornali virtuali e cartacei. Eccoci, catapultati alle porte nell’inverno, fra poco ci sarà il dolcissimo dicembre di una volta…? no l’odierno tempo ha assunto le sembianze di un piovoso, noioso, triste novembre, in gran parte d’Italia. Sono portato ad associare le stagioni meteorologiche al cibo, una delle passioni mie e il primo che mi viene in mente di questi tempi è la pasta con i legumi freschi di stagione i fagioli. Non solo un cibo, un rituale, qualcosa che arriva in tavola sempre da protagonista. Si prepara non solo per il piacere di mangiarli ma per stare insieme. È uno dei ricordi più nitidi della mia infanzia e adolescenza: “I Fagioli di Testa Rossa il Barbiere”. Ancora oggi è un piatto che da solo fa la festa in casa Battaglia… Tiro in ballo la proprietaria di una bottega che forniva mio padre “U Varbieri” (IL Barbiere) Donna Vicè, era lei la regista di tutta l’attività, un donnino piccolo, curvo sotto il peso degli anni e non solo, lavoratrice instancabile, carattere dolce ma estremamente volitivo, autorevole e mai autoritaria, mai sentita litigare o discutere con i propri clienti… era lei che vendeva e sbucciava i fagioli freschi per cucinarli a casa mia, mia madre lavorava all’ospedale. Il mattino della cottura, cotti rigorosamente sulla cucina a legna, “U Varbieri” andava a prendere il sedano alla fiumara… un odore indimenticabile che inebriava tutta la 750 Giannini. Poi si iniziava, lentamente, a pioggia, a far scendere tutti i semi nella pentola e poi entrava in azione il nodoso bastone, non troppo liscio per poterlo maneggiare meglio, si girava, sempre rigorosamente nella stessa direzione per almeno 40 minuti ad intervalli, il tempo di una Messa si diceva. Alla fine, la pentola veniva svuotata sui piatti antichi di terracotta smaltati e mescolati con la pasta fresca detta i cuddurreddi cotti nel mosto e serviti in tavola con l’inevitabile olio d’oliva vergine… il tocco magico. Per l’occasione veniva invitato lo zio Benito che nonostante fosse già sposato da tempo… non perdeva l’occasione di assaporare il rinomato piatto in presenza di sua sorella alias mia Madre…

Mi viene sempre più spesso da pensare a quei tempi, ai protagonisti che lo hanno popolato, che oggi non ci sono più. Condividere ricordi da soli è triste, ma serve a ritrovare emozioni, la consapevolezza di aver vissuto tempi sereni. Non ritorneranno, ma ogni volta è come rivedere un film di cui conosciamo il copione e i protagonisti.

Salvatore Battaglia Presidente Accademia delle Prefi

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Cultura

Castelvetrano, dall’11 maggio in mostra “Il principe dei mari”, gli scatti di Giuseppe Di Salvo

Marilu Giacalone

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A Belicittà la mostra “Il principe dei mari” di Giuseppe Di Salvo
 
Castelvetrano, 30 aprile 2024 – Il Centro Commerciale Belicittà di Castelvetrano ospita la mostra “Il principe dei mari” del fotografo trapanese Giuseppe Di Salvo, che si terrà dall’11 al 26 maggio 2024.

Gli scatti di Di Salvo, catturati nel 1992 al largo delle coste trapanesi nella tonnara di San Giuliano Palazzo, offrono uno sguardo intimo sulla vita dei pescatori e sulle loro tradizioni, il legame profondo tra il mare e la storia della comunità.

L’inaugurazione è prevista per l’11 maggio alle ore 18.00, mentre, tra gli eventi collaterali, il 18 maggio alle ore 18.00 sarà presentato il libro “Il Signore delle Tonnare” del giornalista e scrittore Ninni Ravazza, un approfondimento sulla millenaria pratica della pesca del tonno lungo le coste della Sicilia e un omaggio alla vita avventurosa di Nino Castiglione, che da modesto commerciante, è divenuto l’erede morale dei Florio.

Durante la mostra “Il principe dei mari” sono previsti momenti di degustazione di prelibati prodotti di tonnara, offrendo ai visitatori l’opportunità di assaporare le eccellenze locali e immergersi nell’atmosfera della tradizione marinaresca siciliana attraverso l’esposizione fotografica.

La mostra, organizzata dal Centro Commerciale Belicittà in collaborazione con l’Istituto di Istruzione Superiore “R. D’Altavilla”, l’Istituto TED Formazione Professionale e l’azienda Nino Castiglione Spa, rappresenta un’opportunità unica per riflettere sulla bellezza e sulla fragilità del nostro patrimonio naturale e culturale, celebrando le tradizioni uniche della Sicilia che meritano d’essere preservate.

Il Centro Commerciale Belicittà, confiscato alla criminalità organizzata, oggi costituisce uno spazio sicuro restituito al territorio. Grazie alle sue iniziative, il Centro rappresenta un tangibile tributo alla resilienza della comunità e alla volontà di preservare orgogliosamente le proprie tradizioni di sana economia.

Giuseppe Di Salvo, nato a Trapani nel 1965, è un fotografo di scena e reportage industriale con una vasta esperienza nel campo della fotografia teatrale, della moda e dello sport. Dopo aver conseguito una specializzazione in Fotografia di Scena presso l’Accademia del Teatro alla Scala di Milano, ha iniziato la sua carriera professionale negli anni ’90. La sua versatilità e sensibilità nel catturare momenti significativi lo hanno reso un fotografo apprezzato a livello internazionale. Le sue opere sono state esposte in varie mostre, a Palermo, Parigi e Buenos Aires, contribuendo a forgiare la sua sensibilità nel catturare momenti significativi e storie emozionanti attraverso il suo lavoro nel fotogiornalismo e nel reportage.

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Cultura

Ricerca, Regione investe su alta formazione: triplicate le borse di dottorato

Marilu Giacalone

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 Presidenza della Regione
Fondi più che triplicati, incremento del numero delle borse di dottorato regionali, che passano da circa 50 a 130 circa, regole più snelle e impulso alla collaborazione scientifica. La Regione, attraverso il dipartimento regionale dell’Istruzione, dell’università e del diritto allo studio, investe sull’alta specializzazione post-laurea potenziando le borse per i dottorati di ricerca negli atenei siciliani.

L’avviso, che utilizza risorse del programma Fse+ 2021-27, è stato illustrato nella sala conferenze dell’assessorato dell’Istruzione e formazione professionale, presenti l’assessore regionale e i rettori di Palermo, Catania, Messina, Kore di Enna e Lumsa di Palermo, oltre a enti e organismi di ricerca siciliani. Nello specifico, sono stati stanziati 12 milioni di euro; le borse sono state, anch’esse, quasi triplicate, ed è stato aumentato l’importo tramite il riconoscimento del budget annuale al dottorando.

Dall’assessorato anche l’incentivo concreto alla cooperazione virtuosa e trasversale tra le varie Università e altri soggetti della ricerca, aprendo la strada alle borse di studio (che dovranno toccare almeno la quota del 50 per cento di quelle finanziate complessivamente) da realizzarsi in collaborazione tra le Università e altri enti di ricerca vigilati dai ministeri, come il Cnr, o altri organismi di ricerca aventi sede operativa in Sicilia, mediante lo strumento del co-tutoraggio. Ancora, una linea di finanziamento peculiare è stata approntata per lo specifico sostegno ai corsi di dottorato di ricerca di interesse nazionale.

Il co-tutoraggio verrà attivato con riferimento alla singola borsa di dottorato sulla scorta di un accordo o convenzione tra Università ed ente o organismo di ricerca. Per ciascuna borsa regionale è previsto che il dottorando svolga un periodo di studi e ricerca all’estero tra 6 e 12 mesi.

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Cultura

Perduto e ritrovato dall’amore di Dio

Redazione

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 Sono nato in una famiglia cattolica come tante. Da bambino ho frequentato l’oratorio dei Salesiani e poi gli scout, il grande amore della mia vita. Dopo il liceo e la lettura di tanti testi religiosi, ho anche studiato teologia.
Avevo fame di mondo e di vita. Sono anche diventato giornalista e ho viaggiato molto.

Cercavo di essere un buon cristiano e pensavo di cercare sinceramente il Signore. Ma, in verità, lo cercavo con paura e con rabbia. Forse dentro di me Dio era come mio padre, un uomo di formazione militare. A Dio, come a mio padre, bisognava solo ubbidire e l’obbedienza non era mai perfetta. Ubbidivo a Dio ma non lo amavo. Dentro di me anzi lo detestavo e lo maledicevo.

Mio padre era un uomo violento. E per me Dio era come lui. Per quanto mi sforzassi, non avrei mai meritato il suo amore. Mi sono sentito spesso come un cane randagio, costretto a mendicare carezze e cibo. Fuggivo da Dio così come avevo passato l’infanzia e l’adolescenza a fuggire dall’umore imprevedibile di mio padre. Pensavo di conoscere Dio, in fondo avevo studiato teologia! Ma lo conoscevo “per sentito dire”, come Giobbe (42,5). In verità, ero morto dentro. Formalmente un buon cristiano, vivevo una vita disordinata. Priva di amore, in continua e sorda ribellione.

Ma il Signore mi ha messo nel cuore una grande nostalgia e mi ha dato la forza di volgere i miei passi verso di Lui. Nell’estate del 2018 durante un corso di esercizi spirituali ho meditato la parabola del figliol prodigo. Ho urlato a Dio tutta la mia rabbia. Ma all’improvviso mi sono accorto della bellezza che mi circondava: il cielo terso, la luce dorata del sole, il mare e le colline. E ho sentito forte, avvolgente il suo amore che mi sanava il cuore. Scoppiavo di gioia!  Il Signore mi aveva riportato in vita. Mi aveva fatto sentire di essere figlio sempre amato, che Lui c’era sempre stato e che dovevo solo aprirgli la porta perché Lui entrasse nella mia vita e prendesse tutto il mio dolore e la mia rabbia.

Più di trent’anni fa, mio padre era spirato fra le mie braccia chiedendomi di perdonarlo per il male che mi aveva fatto. Lo avevo assistito, fin sulla soglia della morte, combattuto da sentimenti contrastanti. Non ero stato capace di perdonarlo. Solo oggi, a distanza di tanto tempo, posso di dire di averlo veramente perdonato.

Dal giorno della mia conversione, ho desiderato solo vivere e parlare di questo amore.

Spero che la mia storia sia una piccola luce per chi ancora vive nelle tenebre della disperazione.

Davide Romano

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