Cultura
“Giornate Europee dell’Archeologia”. Termini Imerese, sulle tracce di antiche Comunità di Cacciatori e Raccoglitori: visita ai Ripari preistorici
“Giornate Europee dell’Archeologia”. Termini Imerese, sulle tracce delle antiche Comunità di Cacciatori e Raccoglitori: visita guidata ai Ripari preistorici
Nell’ambito delle “Giornate Europee dell’Archeologia” e con il patrocinio del Ministero della Cultura, organizzata da BCsicilia, in collaborazione con l’Associazione HimerAzione, si terrà a Termini Imerese, in provincia di Palermo, venerdì 17 giugno 2022, l’iniziativa: “Sulle tracce delle antiche Comunità di Cacciatori e Raccoglitori: visita guidata ai Ripari preistorici di Termini Imerese”. L’appuntamento è previsto alle ore 16,00 presso “A Cuccagna” in via Enrico Iannelli (ingresso Villa Nicolò Palmeri) a Termini Imerese. Lat. = 37.9883492 Long. = 13.6951032. Per informazioni: Tel. 346.8241076 – Email: terminiimerese@bcsicilia.it. Saluti di Duilio Laquidara del Consiglio Direttivo di HimerAzione. La visita sarà guidata da Alfonso Lo Cascio, Presidente regionale BCsicilia. “L’uomo sembra essere arrivato molto tardi in Sicilia”, scriveva negli anni ’50 del secolo scorso, il padre della preistoria siciliana Luigi Bernabò Brea nel suo libro “La Sicilia prima dei greci”, durante il Paleolitico finale, quando l’ambiente aveva raggiunto l’attuale configurazione ed il clima era leggermente più freddo dell’attuale. Egli non era diverso da noi: era l’Homo Sapiens Sapiens del tipo di Cro Magnon (dal nome del riparo della Dordogna, nella Francia meridionale, dove fu rinvenuto nel 1868). Facendo tesoro dei reperti sopravvissuti, custoditi nei Musei di Termini Imerese e Palermo, si può affermare che il territorio termitano sia stato frequentato da gruppi di cacciatori e raccoglitori paleolitici (all’incirca 13000–8000 a. C.) e poi da comunità umane che hanno attraversato tutto l’arco della preistoria siciliana. Il percorso è un lungo viaggio attraverso la presenza dell’uomo preistorico nel territorio termitano a partire dalla prima scoperta, circa 150 anni fa, per opera dell’erudito sacerdote Carmelo Palumbo, che rinvenne in una contrada di Termini i segni dei nostri antichissimi padri, allorquando traevano vita nomade e quasi selvaggia. Il Riparo del Castello. Il sito venne scoperto nel 1899 durante i lavori di sbancamento per la costruzione di una rotabile che dalla parte bassa conduceva alla parte alta della città. Dalle ricerche archeologiche effettuate il riparo è stato datato al Paleolitico superiore. Nel deposito furono rinvenuti un numero inconsueto di utensili litici e schegge di lavorazione, tanto da essere denominato “officina preistorica”. Per una serie di circostanze particolari il sito divenne famoso in tutta Europa e fu visitato dai maggiori paletnologi dell’epoca. Il Riparo di Borgo scuro. Il riparo si trova nella valle del San Leonardo in una sorta di promontorio roccioso con una parete larga, alta una trentina di metri. La prima segnalazione della presenza del sito preistorico risale al 1985. Il riparo risale al Paleolitico superiore, datazione che viene confermata dalla presenza di un piccolo gruppo d’incisioni lineari all’altezza del piano di calpestio su una parete molto levigata alcuni metri a sinistra dello scavo. Si tratta di una decina di linee lunghe da 4 a 17 cm. con l’andamento verticale, con tratto netto e sezione a V, larga circa cm 0,2. Il Riparo di Contrada Franco. La Contrada Franco si trova nel lato orientale del Monte S. Calogero. Si tratta di una parete rocciosa lunga circa 50 m, alta circa 40 m, sulla quale passa il confine comunale Termini Imerese-Sciara. In questa parete, che guarda verso il Fiume Torto, distante alcune decine di metri dalle omonime case con annessa chiesetta, si apre una fessura che può ospitare due persone in piedi. Sulla parete destra a circa m 0,70 dal suolo della stessa, si trovano quattro incisioni lineari lunghe da 2,5 a 18 cm. con sezione ben marcata a V, sparse in uno spazio alto circa un metro. Sull’opposta parete si trovano invece 24 incisioni lineari e diciannove di queste sono raggruppate, lunghe da 2 a 18 cm. Furono le prime incisioni lineari rinvenute in Europa. Lo stanziamento risale al Paleolitico finale. In allegato foto dei graffiti del Riparo di Borgo scuro.
Cultura
Pantelleria, oggi presentazione del libro “Le note stonate” di Antonino Maggiore
Questo pomeriggio, 7 dicembre 2025, dalle ore 16.30, presso i noti locali del Circolo Ogigia di Pantelleria Centro, si terrà la presentazione del libro “Le note stonate” di Antonino Maggiore.
Ad affiancare l’autore, Franca Zona e Giovanna Drago, apprezzate donne di cultura, che si alterneranno in una intervista conoscitiva del libro.
Antonino Maggiore, classe 1982, è un docente di musica presso la scuola primaria di Pantelleria, dove unisce rigore e creatività, nel quotidiano rapporto con l’infanzia.
Lo scrittore pantesco non è alla sua prima opera. Negli anni ha già pubblicato due raccolte poetiche: “Niente di importante” e una “Penna x amico“, grazie alle quali ha ricevuto diversi importanti riconoscimenti.
“Le note strane” è un romanzo autobiografico: in viaggio intimistico tra fragilità ed ironia, attraversando il confine spesso sottile tra disperazione e gioia, risa e pianto.
Con il delicato contributo musicale di Maria Bernardo, si profila un piacevole pomeriggio letterario, al caldo e tra “degustatori” di libri.
L’ingresso è libero
Cultura
I racconti del vecchio marinaio di Pantelleria: Il rito antico della dragunera
Quel giorno lasciai gli scogli di San Leonardo più presto del solito, mentre i miei amici erano ancora a mollo a mare, in un’acqua trasparente e azzurrina come solo il mare di Pantelleria sa esserlo. Mi soffermai ancora una volta a leggere le scritte multicolori che rendevano meno triste il vecchio bunker di cemento armato della seconda guerra mondiale. L’amore di sempre: “ti voglio bene, “un cuore solo”, “ti amerò per sempre” precedute da un nome femminile e tante altre scritte, eredità amorose di generazioni di giovani panteschi. Una però faceva a pugni con tutte le altre, “Mariuccia buttana”. Doveva essere stato davvero un brutto tradimento, per bollarlo con un marchio di fuoco e per tramandarlo così ai posteri.
Giunsi sulla banchina e lo vidi seduto sulla solita bitta di fronte al castello, la nuvola azzurrina del fumo della sua pipa gli conferiva una strana aureola di mistero. Avevo deciso di porgli alcune domande, ma appena mi vide cominciò a parlare con voce arrochita dal tabacco e dalla salsedine. “Il veliero Madonna di Trapani era un vero e proprio gioiello della marineria pantesca. Due alberi, bompresso lungo come una lancia, vele latine che sapevano piegarsi al vento, ma non alla paura. Patrun Vitu, il suo comandante, era un uomo di mare e di silenzi infiniti, con le mani dure come la nostra pietra lavica e gli occhi di un verde misterioso, che avevano visto tempeste e miracoli. Nelle sue mani il timone seguiva docilmente l’invisibile linea della rotta fissata.
Quel giorno, ero ancora picciotto ‘i varca, avevamo da diverse ore passatu l’isola di Ustica e puntavamo, con tutte le vele spiegate su Trapani, fermarci qui la notte e il giorno seguente tornare a Pantiddraria, dove dovevamo sbarcare delle merci comprate a Napoli. Il mar Tirreno sembrava quieto e il vento amico, ma ‘ogni marinaio sa che “Cu ventu e cu mari nun si fa cuntrattu” (Col vento e col mare non si fa contratto). Così all’improvviso il cielo cambiò.
Una linea nera si stese sull’orizzonte, e il vento cadde morto di colpo. I marinai si guardarono l’un l’altro muti e attoniti. Il capitano Vito salì sul ponte e scrutò quel cielo nerastro e la vide: una dragunera (tromba marina), la maledizione antica e rabbiosa per chi va per mare. Essa, sottile e affilata, scendeva dal cielo come il dito di dio marino irato, girando vorticosamente sull’acqua.
Il nostromo Turi colse l’ansia e il timore degli altri uomini dell’equipaggio e chiese a patrun Vitu di virare. Ma Vito no, non solo perché la cosa era impossibile per mancanza di vento, ma perché egli era uomo che accettava intrepido le sfide in mare. Lui conosceva lu ritu anticu, lo aveva visto fare
da suo nonno e da suo padre prima di lui. Aprì il baule sotto il timone e ne trasse un coltello d’ossidiana, nero come la notte e affilato come il silenzio che precede la burrasca. Poi disse deciso “Mantenete la rotta, non si fugge davanti alla dragunera. Si tagghia”.
Si diresse a prua e la sua figura alta e possente sembrò dominare le onde. Il vento intanto aveva ripreso a soffiare forte e impetuoso che a momenti gli strappava il berretto. La dragunera si avvicinava, ululando conne una magara. Vito attese, fermo, come nu parrinu davanti all’artari. Quando la coda della tromba marina fu a portata, egli disse vecchie parole che non si potevano intendere, poi tracciò con il coltello d’ossidiana una grande croce nell’aria e recitò a voce alta questa preghiera:
Nniputenza di lu Patri,
Sapienza di lu Figghiiu,
pi virtù di lu Spiritu Santu
e pi nnomu di Maria
sta cuda tagghiata sia
Un suono sordo, come un lamento, si levò dal mare. La vorticosa colonna d’acqua si dissolse e il cielo si aprì all’azzurro. Tutti noi marinai, increduli, guardavamo ammirati e a un tempo intimoriti il capitano come si guarda un uomo che ha parlato allora allora con gli spiriti. Vito tornò al timone, rimise il coltello di ossidiana nel baule e disse solo: “Adesso a casa”. Al tramonto del giorno dopo Pantelleria ci apparve all’orizzonte, nera e fiera e materna. Il Madonna di Trapani, come sempre, entrò in velocità nello stretto passaggio che dava al porto vecchio. Solo capitan Vito e qualche altro patrun si potevano permettere di sfidare la scogliera cartaginese semisommersa.
La voce del subitaneo taglio della dragunera si sparse, in un battibaleno, in tutte le contrade dell’isola e da quel giorno ogni marinaio pantesco che incrociava patrun Vitu lo salutava con rispetto misto ad ammirazione. Perché non tutti sanno tagghiare la coda a una tromba marina. E soprattutto non tutti hanno il coraggio di farlo”.
Il vecchio marinaio si tacque definitivamente.
Girò le spalle e si mise a guardare, assorto, il mare
come aspettasse l’arrivo di qualcuno, intanto la nuvola azzurrina del fumo della pipa, che lo
avvolgeva in tenui volute, gli conferiva un certo non so che di misterioso.
Orazio Ferrara

Cultura
Trapani e l’oro rosso del Mediterraneo: “Il Corallo anima di Trapani”. Un mese di eventi
Dal 2 al 19 dicembre 2025, Trapani celebra la sua storica tradizione corallara con la seconda edizione di “Il Corallo anima di Trapani”, un programma che coinvolgerà studenti, artigiani, istituzioni e comunità del Mediterraneo.
L’iniziativa, promossa dal Comune di Trapani e dalla Biblioteca Fardelliana con il contributo dell’Assessorato delle Autonomie Locali e della Funzione Pubblica della Regione Siciliana intreccia formazione, cultura e diplomazia mediterranea per preservare e tramandare l’antica arte della lavorazione del corallo.
Dal 2 al 5 dicembre, le botteghe e showroom trapanesi apriranno le porte agli studenti per visite guidate alla scoperta dei segreti di quest’arte millenaria.
Il percorso prosegue dal 9 al 12 dicembre al Museo Regionale Pepoli con il laboratorio creativo “Dal Mediterraneo al Museo – Il viaggio del corallo”, curato dall’Associazione “Amici del Museo Pepoli”.
Il 13 dicembre alle ore 17.00, sempre al Museo Pepoli, verrà presentato il restauro del prezioso Presepe in corallo del XVIII secolo, capolavoro dell’artigianato trapanese.
L’evento culminante si terrà il 19 dicembre alle ore 17.30 alla Biblioteca Fardelliana: la tavola rotonda internazionale “Rotte del Corallo – Dialogo tra culture mediterranee” vedrà rappresentanti istituzionali e maestri corallai e la firma di un protocollo della “Rete Mediterranea delle Città del Corallo”, un’alleanza che consolida i legami tra le comunità mediterranee unite da questa tradizione.
“Quest’anno proponiamo la seconda edizione de “Il Corallo anima di Trapani”. Siamo estremamente orgogliosi che questo progetto prosegua: dopo l’edizione del 2024, oggi varchiamo i confini della nostra città per un momento di dialogo con le tradizioni dell’arte del corallo non soltanto di un’altra città siciliana come Sciacca, ma anche di altre città d’Italia – Torre del Greco e Alghero – e oltre i confini nazionali, nel Mediterraneo con Tunisia e Andalusia.
Ci confronteremo non solo per raccontare la nostra tradizione, durante una sessione scientifica del convegno, ma vogliamo stilare un protocollo d’intesa per costituire una rete mediterranea delle città del corallo. L’obiettivo è avviare un percorso comune e condiviso di promozione, affinché questa antichissima e preziosa arte possa essere rinnovata e valorizzata congiuntamente” – così affermano Giacomo Tranchida, sindaco del Comune di Trapani e Rosalia d’Alí, assessore alla Cultura.
Per tutto dicembre, la Biblioteca Fardelliana proporrà un percorso audiovisivo dedicato al corallo trapanese: un docufilm che racconta tradizione e futuro attraverso l’intelligenza artificiale e un documentario che esplora il corallo tra arte, ricerca e innovazione. Due narrazioni complementari che offrono sguardi contemporanei su un’arte antica.
“Il corallo anima di Trapani” è un modello di valorizzazione che coniuga tutela delle tradizioni, innovazione e cooperazione internazionale.
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